Fanfic su attori > Cast Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Emily Kingston    15/03/2012    6 recensioni
“Ci sta provando con me, Rupes?” disse, inarcando le sopracciglia.
Rupert si portò di fronte a lei, abbassando lievemente il capo, in modo da avere i propri occhi al pari dei suoi.
“Può darsi.”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Emma Watson, Rupert Grint
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I wanna be drunk when I wake up on the right side of the wrong bed

 
Emma sorrise ai fotografi, appoggiando una mano sul fianco, fasciato da uno scintillante ed attillato abitino dorato.
Si era sempre sentita un po’ in imbarazzo di fronte ai fotografi; nonostante ormai ci avesse fatto l’abitudine, l’idea che tutti avrebbero parlato di lei, contestando il suo modo di vestire, o il suo modo di acconciarsi i capelli, o dicendo che era bellissima, la faceva sentire imbarazzata.
Permise ai giornalisti di farle qualche altra foto prima di sparire al di là delle porte di un locale nel centro di New York, accompagnata dalle sue guardie del corpo.
Il rumore causato dai numerosi flash e dalle voci dei giornalisti, fu subito sostituito con quello della musica diffusa per tutto il locale.
Voltandosi verso i due robusti omoni vestiti di nero, Emma gli sorrise e disse loro che da quel momento in poi se la sarebbe cavata benissimo anche da sola.
Non ci mise molto, infatti, ad individuare i suoi amici in un angolo del locale, intenti a bere e ridere di chissà quale battuta divertente.
“Salve a tutti!” esclamò, raggiungendoli dopo aver lasciato la giacca e la pochette nel guardaroba del night club.
Tom, il quale teneva un braccio attorno alle spalle della sua ragazza, si voltò verso di lei, distogliendo l’attenzione dalla barzelletta che stava raccontando un già alticcio Devon*. Il ragazzo le sorrise, indicandole con lo sguardo di sedersi sull’unico divanetto rimasto libero prima che qualcun altro occupasse quel posto.
Lei e Tom avevano sempre avuto un rapporto un po’ speciale, fatto più di sguardi che di parole, ed era una cosa che Emma apprezzava particolarmente.
Se con Dan poteva parlare di tutto e con Rupert moriva dalle risate, era felice di avere un amico silenzioso che riuscisse a scorgere le parti più nascoste di lei.
Sorridendo in direzione del ragazzo, aggirò la sedia dove si trovava Jamie* con Bonnie sulle ginocchia, e si posizionò sul divano, appoggiando la schiena contro il morbido bracciolo ricoperto di pelle nera ed appoggiando i piedi sui cuscini.
Osservò i suoi amici per i seguenti dieci minuti, ritrovandosi a provare un pizzico d’invidia per il modo in cui Jamie accarezzava distrattamente la schiena di Bonnie e lo sguardo con cui Tom guardava Jade di sottecchi.
“Venti minuti!” esclamò una voce, sovrastando la musica. “Venti fottutissimi minuti per qualche drink!”
Emma spostò il volto tanto velocemente da sentire il collo che scrocchiava.
Rupert sbuffò, appoggiando su un basso tavolinetto qualche bottiglia di birra ed alcuni superalcolici.
Le labbra della ragazza erano pronte ad aprirsi in un sorriso, ma appena la chioma biondo-castana di Jessie sbucò alle spalle di Rupert, l’ultima cosa che le venne in mente di fare fu sorridere.
La ragazza, entrata nel cast solo quell’anno per interpretare il ruolo di Lavanda Brown, si alzò sulle punte dei piedi ed appoggiò il mento sulla spalla di Rupert, soffiandogli tra i capelli.
“E piantala!” borbottò il ragazzo, infastidito.
Jessie sbuffò, allontanandosi ed appoggiando i bicchieri che aveva portato sul tavolino, insieme alle bottiglie.
“Come sei permaloso,” si lamentò, raggiungendo Alfred* e Matt che stavano giocando a poker qualche divano più in là.
Quando Jessie sorpassò Rupert e gli sfiorò un braccio con la mano, Emma sentì lo strano impulso di alzarsi e frapporsi tra il braccio del suo amico e la mano della ragazza.
E la cosa più strana era che non capiva cosa le desse fastidio di preciso.
Sicuramente non si trattava di antipatia nei confronti di Jessie. Nonostante fosse la nuova arrivata e fosse decisamente una ragazza un po’ eccentrica e fuori dagli schemi, nessun essere umano al mondo sarebbe stato in grado di odiarla. Era dolce, gentile ed emanava un alone di sicurezza che ti portava a raccontarle qualsiasi cosa senza il minimo problema.
Lei e Jessie avevano legato fin da subito, nonostante l’ostilità che c’era tra i loro personaggi, e molte volte Emma si era ritrovata a chiederle consigli in merito alla propria vita sentimentale.
Quindi, no, non si trattava affatto di antipatia nei confronti di Jessie.
Ma allora, che cos’era?
Quella stretta allo stomaco che le faceva voglia di andare lì ed interrompere tutto, cos’era?
Gelosia.
Come prego?
Ge-lo-sia.
No, impossibile.
Emma scosse il capo, ignorando qualsiasi cosa la sua mente avesse voglia di dirle in quel momento, ed afferrò un bicchiere, riempiendolo della prima bevanda che le capitò tra le mani.
Dal colore ambrato doveva trattarsi di whisky.
Senza pensare troppo a ciò che realmente conteneva il suo bicchiere, buttò giù il liquido, sentendo la gola ardere a contatto con l’alcol.
Con la coda dell’occhio, noto Jessie che si sedeva alle spalle di Alfred e gli appoggiava una mano sulla spalla, sporgendosi in avanti per osservare il gioco.
Aveva ripreso a sorseggiare il suo drink quando, inaspettatamente, Rupert le si piazzò davanti, le afferrò le gambe, si sedette e poi le permise di nuovo di appoggiare i piedi sui cuscini del divano.
“Non te l’hanno mai detto che la tecnica del ‘bere per dimenticare’ non funziona?” disse, massaggiandole distrattamente una caviglia.
Emma si strinse nelle spalle.
“Probabilmente sì, ma deve essermi sfuggito,” disse, continuando a bere il contenuto del suo bicchiere.
“Molto male, Watson, molto male,” ridacchiò il ragazzo.
Emma gli colpì l’anca con il tallone, sbuffando, e Rupert prese a ridere ancora più forte. Era assurdo, quel ragazzo, più lo picchiavi e più gli veniva da ridere.
Assurdo.
Fantastico.
Assurdo.
Fantastico.
Assurdo.
Fan-
Assurdo, chiuso l’argomento!
“Se funzionasse non sarebbe poi tanto male,” osservò.
Rupert si girò verso di lei, guardandola in viso.
“C’è qualcosa che non va?”
“Dovrebbe esserci qualcosa che non va?”
“Tu non ti ubriachi, Em,” disse Rupert, diventando serio. “Non ti ubriachi perché hai un problema.”
“Dan si è visto?” domandò Emma, ignorando le precedenti affermazioni di Rupert.
Il fatto era che aveva ragione, lei non si ubriacava perché aveva un problema, non si ubriacava e basta. Era capitato, certo, ma lei non prendeva una bottiglia e si riempiva un numero indefinito di bicchieri finché non ne vedeva quattro invece di uno.
“E’ passato a salutarci a inizio serata,” rispose lui, dandogliela vinta. “Ha detto che non poteva trattenersi perché domani mattina presto ha un’intervista.”
Emma annuì, abbassando lo sguardo sul contenuto del suo bicchiere.
“Detto tra noi,” le sussurrò Rupert, avvicinandosi al suo orecchio. “Secondo me aveva degli affari di cui occuparsi. Affari con un paio di tette, non so se mi spiego.”
Emma gli dette una gomitata tra le costole, soffocando una risata.
Rupert era veramente una persona fuori dal normale, riusciva ad essere timido ed incredibilmente sfacciato in maniera quasi preoccupante.
Notando che aveva sorriso, Rupert sorrise a sua volta, appoggiando la schiena contro i cuscini del divanetto scuro.
“Allora, per sapere cosa ti è successo devo fare una richiesta scritta o pensi che me lo dirai?”
Emma lo guardò con la coda dell’occhio, sospirando.
“Jay* mi ha chiesto una pausa di riflessione,” disse, facendo ondeggiare il rimasuglio di bevanda che era rimasto sul fondo del suo bicchiere.
“Ma non è questo il problema,” aggiunse. “Cioè, io e Jay siamo stati insieme per tanto tempo, è ovvio che la cosa non mi è del tutto indifferente, ma sono certa che sarà meglio così. Il punto è che lui ha detto che non sa se la mia popolarità gli va bene.”
“Capisco,” biascicò Rupert, guardando verso di lei.
Emma alzò lo sguardo, incontrando gli occhi del suo amico.
“Sai, a volte ho paura di rimanere sola.”
Rupert spostò le gambe di Emma e strisciò sul divanetto, avvolgendo un braccio attorno alla vita della ragazza e guidando il suo capo sulla propria spalla.
“Lo so, a volte anch’io mi sento così.”
 
Emma scoppiò a ridere, mentre Rupert raccontava il finale della sua barzelletta su un prete, un coniglio e Mago Merlino che s’incontravano al bar.
A poca distanza da loro, Alfred e Matt avevano smesso di giocare a poker, e quest’ultimo si trovava con Jessie su una stretta poltroncina ed erano avvinghiati così strettamente che sarebbe stato difficile dire quali arti erano di chi.
Tom e Jade si erano volatilizzati da poco, abbastanza sobri da poter chiamare un taxi, ma troppo ubriachi per rimanere nel locale ancora per molto, e Bonnie e Jamie si erano avventurati tra la calca qualche ora prima, ma non ne erano ancora riemersi.
Gli unici che ancora si ostinavano ad intervallare chiacchiere inutili con un bicchiere di qualsiasi cosa gli capitasse per le mani, erano lei e Rupert, seduti in una posizione un po’ equivocabile sullo stretto divanetto di pelle del locale.
“Ti va di fare un giro?” urlò Rupert all’orecchio di Emma.
Lei annuì, scoppiando a ridere senza un motivo particolare.
Il ragazzo sorrise, alzandosi e porgendole la mano per aiutarla nonostante egli stesso non fosse stabile sui propri piedi. Così, un po’ barcollanti si avviarono verso l’uscita.
L’aria fresca della notte di New York sferzò sui loro volti, alleviando un po’ l’accaloramento dovuto all’alcol e alla calca che c’era dentro al locale.
Quando Rupert tirò fuori il cellulare dalla tasca per chiamare un taxi, Emma vide una delle tradizionali macchinine gialle sfrecciare sull’asfalto e, correndo verso il ciglio della strada, iniziò a sventolare le mani in aria.
“TAXI! TAXI! YHUUU!”. 
Rupert proruppe in una fragorosa risata, cercando di rimettere il telefono in tasca, anche se gli ci vollero tre tentativi prima di riuscirci.
Mentre Emma continuava a sventolare le mani in aria, cercando di attirare l’attenzione dei tassisti, Rupert tirò fuori dalla tasca posteriore dei jeans un pacchetto di sigarette ed un accendino.
Quando Emma si voltò verso di lui e lo trovò con una sigaretta stretta tra le labbra strabuzzò gli occhi, distogliendo l’attenzione dai taxi gialli di New York.
“Tu fumi?!” esclamò, puntando l’indice verso di lui.
Rupert annuì, prendendo la sigaretta tra l’indice ed il medio e allontanandola dalla bocca per buttar fuori una nuvoletta di fumo.
“Mi fai provare?” domandò, emozionata.
Rupert si strinse nelle spalle e le porse le sigaretta. Emma la portò velocemente alle labbra, aspirando il fumo quasi con foga.
“Che schifo!” tossicchiò, allontanando la sigaretta dalla bocca e porgendola di nuovo a Rupert. “Ma come fai a fumarti questa roba?”
Rupert non rispose, riafferrò la sua sigaretta e continuò a fumarla in silenzio.
Quando il ragazzo gettò il rimasuglio di sigaretta a terra, pestandolo col piede, una piccola macchina gialla si accostò al ciglio della strada ed il volto grassoccio di un tassista indiano fece capolino dal finestrino, chiedendo se avevano bisogno di un passaggio.
I due annuirono e, accompagnati dai gridolini emozionati di Emma che non era mai salita su un taxi newyorkese, salirono. Rupert comunicò al tassista l’indirizzo del proprio albergo e quello, senza fare troppe domande sulla loro identità, annuì, concentrandosi sulla guida.
Il tragitto dal night club all’albergo dove alloggiava Rupert gli costò dieci dollari ed una lunga discussione su chi avrebbe pagato. Alla fine, dopo una lunga arringa in cui aveva sottolineato più e più volte che lui era l’uomo della situazione, l’aveva avuta vinta Rupert ed il tassista era potuto andare via.
Emma sbuffò, incrociando le braccia al petto e guardando male il ragazzo mentre riponeva il portafogli nella tasca dei pantaloni.
Quando entrarono all’interno dell’albergo, Emma dimenticò completamente la discussione avuta per il pagamento del taxi, colpita dall’arredamento eccentrico e decisamente lussuoso. C’era oro praticamente ovunque, anche le ante dell’ascensore davanti al quale si fermarono erano dorate.
Quando l’ascensore arrivò al piano, annunciandosi con un familiare tin, le ante dorate si spalancarono, rivelando la cabina le cui pareti erano occupate da tre grandi specchi.
Rupert s’infilò dentro velocemente, seguito da Emma, e premette il dito sul tasto numero venti.
“Uffa!” si lamentò la ragazza, osservando i numeri segnati sui tasti che si trovavano su un riquadro rettangolare, alla sinistra di uno degli specchi. “Stai all’ultimo piano.”
“Be’, almeno possiamo farci venti piani qui dentro, soli soletti,” ammiccò lui.
Emma gli dette una botta sul capo con la pochette.
“Non fare il maniaco con me, Rupert Grint!”
Rupert ridacchiò, dando le spalle alle ante dell’ascensore e puntando lo sguardo sul proprio riflesso in uno degli specchi.
“Lo sai che sei terribilmente sexy con questo vestito?” disse il ragazzo, spostando lo sguardo dal proprio riflesso a quello di Emma.
La ragazza si voltò verso di lui, facendo oscillare la complessa acconciatura che le teneva insieme i capelli e che, ormai, era quasi disfatta.
“Ci sta provando con me, Rupes?” disse, inarcando le sopracciglia.
Rupert si portò di fronte a lei, abbassando lievemente il capo, in modo da avere i propri occhi al pari dei suoi.
“Può darsi,” rispose, vago.
“Be’, non pensare che accetterei le tue avances,” ribatté Emma, alzando il mento e facendo qualche passo indietro, per distanziarsi da lui.
“Ah, no?” cantilenò Rupert, ridacchiando.
Anche Emma ridacchiò, toccando con la schiena il freddo vetro dello specchio attaccato alla parete.
“La vuoi sapere una cosa?” sussurrò Rupert, appoggiando i palmi delle mani ai lati del busto di Emma, intrappolandola tra la parete e il proprio corpo. Emma annuì, alzando gli occhi verso quelli di Rupert. “Io non perderei tempo a farti avances.”
La ragazza fece per ribattere, piccata, ma le labbra di Rupert non glielo permisero, appoggiandosi inaspettatamente sulle sue. La bocca del ragazzo si mosse per qualche minuto su quella di Emma, le sue mani ancora appoggiate alle parete.
“E questo cos’era?” domandò lei, quando Rupert si allontanò.
“Si chiama bacio,” rispose il ragazzo, ridacchiando. “Di solito è una cosa piacevole.”
“Lo so cos’è, idiota!” lo rimbrottò la ragazza, riacquistando un po’ di lucidità. “E’ solo che-”
Ma di nuovo, le labbra di Rupert pensarono che non fosse necessario che lei parlasse e pensarono bene di mettere fine a qualsiasi cosa Emma avesse intenzione di dire.
Questa volta, però, le braccia della ragazza si avvolsero attorno al collo di Rupert e lei spinse il proprio corpo più vicino a quello del ragazzo, passandogli le mani tra i capelli.
Quando le ante dell’ascensore si aprirono i due arrancarono nel corridoio, cercando di raggiungere la stanza di Rupert, ancora incollati per le labbra.
Quando si fermarono di fronte alla stanza numero ventiquattro il ragazzo tirò fuori la chiave elettronica dalla tasca e, infilandola nella serratura alle spalle di Emma aprì la porta, catapultando entrambi nel buio della camera.
 
Un raggio di sole arrivò dispettoso ad illuminarle il viso, interrompendo il sogno che stava facendo. Con un mugolio si rigirò tra le coperte, attorcigliandosi le lenzuola attorno al corpo.
Per qualche minuto cercò di riprendere sonno, ma quel raggio di sole non ne voleva sapere di lasciarla in pace.
Con uno sbuffo aprì appena gli occhi, ritrovandosi faccia a faccia con il soffitto bianco della stanza. Si sentiva stanca ed appesantita, come se non avesse chiuso occhio per tutta la notte, ma uno strano senso di completezza le rimestava nello stomaco, facendole dimenticare l’indolenzimento.
Sorridendo, allargò le braccia per stiracchiarsi quando, inaspettatamente, incontrò qualcosa alla sua sinistra, qualcosa che somigliava terribilmente a un naso. Un conosciuto naso lungo e un po’ più largo del normale.
Forse con un po’ troppa foga tastò quello che, senza ombra di dubbio, era un volto. Il labbro superiore era leggermente più pieno di quello inferiore, i capelli ricadevano scomposti sulla fronte e le gote erano soffici e piene.
Il suo misterioso compagno di letto mugolò, allontanando il viso dalle carezze maldestre della sua mano. Al suono di quella voce – seppur mascherata da un mugolio – il cervello di Emma riprese a lavorare. 
 
“Ahio!” si lamentò Emma, sbattendo la schiena contro il materasso del grande letto che era nella stanza.
“Scusa,” sussurrò il ragazzo, sistemandosi su di lei ed iniziando a baciarle la pelle del collo.
Emma scosse il capo, accarezzandogli i capelli mentre Rupert portava le mani dietro alla sua schiena, cercando di sganciare la lunga cerniera del vestito.
 
Con la coda dell’occhio dette un occhiata a quello che, ormai, non era più uno sconosciuto compagno di letto. Capelli rossi e carnagione pallida.
Inspirando profondamente, si voltò su un fianco, scontrandosi con i chiari occhi azzurri di Rupert.
“Ciao.”
Emma deglutì, stringendosi il lenzuolo contro il petto.
“Ciao.”
Rupert si mosse inquieto tra le coperte, osservando con timidezza il corpo di Emma, avvolto dalle lenzuola. Poi sospirò, affondando il viso nel morbido guanciale.
“Scusa,” sussurrò, la voce distorta dalla stoffa del cuscino. “Sono un tale idiota…”
Emma si morse un labbro, guardandolo con aria colpevole.
 
Rupert ansimò, afferrando i fianchi di Emma e avvicinandola ancora di più al proprio corpo, strofinando i palmi ai lati del suo busto.
La ragazza sospirò, mordendosi le labbra per non gemere. Socchiudendo gli occhi passò le mani sulle spalle sudate di Rupert, raggiungendo il suo viso. Gli avvolse le guance con i palmi e portò prepotentemente le proprie labbra su quelle del ragazzo.
Rupert mugolò nella sua bocca, muovendosi verso Emma con lentezza ma decisione. La ragazza spalancò gli occhi all’improvviso, incidendo con le unghie la pelle pallida delle spalle del ragazzo.
 
Gli occhi di Emma saettarono alle spalle di Rupert dove alcune scie rosate si stagliavano sul pallore della pelle.
Inconsciamente, allungò una mano e le percorse con la punta delle dita, facendo tremare Rupert.
Quando il ragazzo alzò gli occhi, entrambi arrossirono ed Emma ritirò la mano.
“Non è stata colpa tua,” disse. “Non è stata colpa di nessuno.”
Rupert annuì, spostando lo sguardo oltre le spalle della ragazza, verso lo scorcio di New York che s’intravedeva dalla finestra.
“Dovrei andare,” sussurrò la ragazza, cercando i suoi abiti con lo sguardo.
Rupert riportò velocemente gli occhi su di lei che, intanto, si era seduta sul bordo del materasso, dandogli le spalle.
“Perché…perché non resti invece?”
 
Il petto di Emma si alzava ed abbassava freneticamente, sovrastato dal peso del corpo di Rupert che, con il volto nascosto tra il collo della ragazza ed il cuscino, respirava affannosamente.
“Tu…” ansimò il ragazzo, facendo perno sulle mani per alzare il volto e guardare Emma negli occhi. “Tu sei fantastica.”
Emma sorrise debolmente, chiudendo gli occhi, assaporando ciò che rimaneva del sapore della pelle di Rupert sulle proprie labbra.
 
“Non posso. Tutto questo è sbagliato.”
“Io non credo che lo sia.”
Emma si voltò di scatto, guardando Rupert diritto in viso.
“Cosa vuoi dire?”
Rupert deglutì, sedendosi sul materasso.
“Voglio dire che credo che non sia poi così sbagliato.” Muovendosi tra le coperte si avvicinò ad Emma, portando il proprio volto ad un passo da quello della ragazza. “Voglio dire che non penso che noi due siamo poi così sbagliati.”
Emma sbatté le palpebre, sentendo una strana sensazione all’altezza del petto.
E quello cos’era adesso? Batticuore?
“Rupert io ho un ragazzo. Tu non…tu non puoi…” le ultime parole di Emma si persero tra le labbra di Rupert.
“Smettila!” esclamò la ragazza, puntando i palmi delle mani sul petto del ragazzo e allontanandolo da sé. “Non puoi fare così! Non puoi!”
Rupert inspirò, puntando gli occhi nei suoi. Non era arrabbiato, Rupert non si arrabbiava mai, ma il suo sguardo colpì Emma con la stessa potenza di un proiettile.
“Neanche tu potevi, sai?” disse, la voce un po’ più acuta del solito. “Neanche tu potevi farmi innamorare di te. Ma l’hai fatto comunque.”
Emma spalancò le palpebre, colpita, e Rupert si avvicinò di nuovo a lei, ad un passo dalle sue labbra.
“Quindi sì,” sussurrò, sfiorando la bocca della ragazza, “posso eccome.”
E la baciò di nuovo, e ancora, e ancora, e in un attimo Emma si ritrovò stesa sul letto con le labbra di Rupert incollate alle proprie e le mani del ragazzo che le accarezzavano la pelle dei fianchi. E nonostante ci fossero un sacco di motivi giusti per i quali lei e Rupert non potevano fare ciò che stavano facendo, in quel momento Emma non riuscì a trovarne neanche uno abbastanza giusto per dirgli di smettere.
 
-
 
I wanna be drunk when I wake up
On the right side of the wrong bed
And every excuse I made up
Tell you the truth I hate
What didn’t kill me
It never made me stronger at all
 
Love will scar your make-up
Lip stick to me
So now I’ll maybe leave back there
I’m sat here, wishing I was sober
I know I’ll never hold you like
I used to
 
But our house gets cold when you cut the heating
Without you to hold, I’ll be freezing
Can’t rely on my heart to beat it
‘Cause you take part of it every evening
Take words out of my mouth just from breathing
Replace with phrases like when you’re leaving me
Should I? Should I?
Maybe I’ll get drunk, again
I’ll be drunk, again
I’ll be drunk, again
To feel a little love
 
I wanna hold your heart in both hands
I’ll watch it fizzle at the bottom of a coke can
And I’ve got no plans
For the weekend
So shall we speak then
Keep it between friends
Though I know you’ll never love me
Like you used to
 
There maybe other people like us
You see the flicker of the clipper when the lights up
Flames just create us
Burns don’t heal like before
You don’t hold me anymore
 
On cold days Coldplay’s out of the bands name
You know I can’t heal things with a handshake
You know I can’t change as I began saying
You cut me wide open like landscape
Open bottles of beer but never champagne
We’ll applaud you with the sound that my hands make
Should I? Should I?
Maybe I’ll get drunk, again
I’ll be drunk, again
I’ll be drunk, again
To feel a little love
 
All by myself
I’m here again
All by myself
You know I’ll never change
All by myself
All by myself
 
I’m just drunk, again
I’ll be drunk, again
I’ll be drunk, again
To feel a little love

-


Allora, questa è la prima volta che mi decido a pubblicare una Rupert/Emma. Precedentemente ho già postato una storia in questa sezione, ma diciamo che era più uno scorcio di quello che penso sia il destino di questi due *muhahaha*
Comunque, dopo averne scritte a decine, finalmente ne è uscita fuori una abbastanza decente per essere letta. Perciò, dato che questa poverella mi farà da cavia sarei felice di sapere se l'esperimento è riuscito o meno - senza contare che questa storia tratta di un perfettissimo esemplare di Rupert Grint, non so se mi spiego ;) Se non volete farlo per me, fatelo almeno per lui. 
Scherzi a parte, sarei davvero contenta di sapere cosa ne pensate, se avete qualche dritta da darmi o correzione da fare  :)
Alla prossima, 
Emily. 

Fatto il misfatto. 

* Devon Murray interpreta Seamus Finnigan. 
Jamie Campbell è il fidanzato di Bonnie Wright e interpreta Gellert Grindelwald da giovane. 
Alfred 'Alfie' Enoch interpreta Dean Thomas.
Jay Barrymore è stato il fidanzato di Emma nel 2009.




   
 
Leggi le 6 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Emily Kingston