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Autore: Keiko    17/03/2012    3 recensioni
Sono un ossimoro, loro due: cuore caldo possiede la principessa e gelo spettrale a solcare le lande dell'animo sterile del mago; pelle eburnea contro pelle color dell'ebano; possiede la leggerezza d'una piuma lei, la robustezza ancorata ai riti della terra lui, l'Oscuro. La grande magia di Belle è stata una, che l'ha colto come un'aurora boreale sullo stretto delle terre del Nord, nell'immensità di un cielo verde acido e malevolo e così spettacolare da strapparti il respiro: Belle non ha avuto paura di lui.
Mai.
[Belle/Rumpelstltskin]
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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A Sweet Revenge © [17/03/2012]



  

A Kay e a un assolato sabato di marzo,
che sono inconsapevolmente stati la causa della nascita di questa storia.
 
 
Rumpelstltskin sa che Belle non tornerà. È  la certezza con cui lasci andare ciò che più ami al mondo ad aver guidato le sue azioni. Belle è una principessa, la più meravigliosa di tutte, e non per bellezza, ma perché nel cuore racchiude la nobiltà di una regina e il coraggio di una fiera. Le ha permesso di recarsi al villaggio, libera di tornare da suo padre: ora che l'assalto degli orchi è solo un ricordo, così come pure quel bell'imbusto di Gaston trasformato in rosa per la sua sposa mancata. Al piacere di quella vittoria, il volto livido e duro di Rumpelstltskin viene solcato da un sorriso sghembo e malevolo, labbra che paiono crepa nella roccia, fredde come il suo cuore e come la sua pelle, più simile alla rugosa e forte corteccia di un abete piuttosto che a quella morbida ed eburnea della sua bella. Sono un ossimoro, loro due: cuore caldo possiede la principessa e gelo spettrale a solcare le lande dell'animo sterile del mago; pelle eburnea contro pelle color dell'ebano; possiede la leggerezza d'una piuma lei, la robustezza ancorata ai riti della terra lui, l'Oscuro. La grande magia di Belle è stata una, che l'ha colto come un'aurora boreale sullo stretto delle terre del Nord, nell'immensità di un cielo verde acido e malevolo e così spettacolare da strapparti il respiro: Belle non ha avuto paura di lui.
Mai.
Nemmeno una volta, nemmeno quando si gli si è offerta senza sapere chi fosse in realtà e quale condanna fosse vivere in un antico maniero caduto in rovina sotto i colpi delle maledizioni di altre streghe. Rumpelstltskin arresta l'arcolaio, tra le dita ossute e spigolose un filo d'oro che brilla come un diadema di stelle. Sogghigna alla beffa che il fato ha riservato a quel castello e ai suoi vecchi proprietari, e all'arcolaio incantato che ha rubato vita e giovinezza alla bella e triste Rosaspina. La maledizione più grande, quella, il prezzo da pagare per avere una figlia, un erede: cederla alla vanesia furia di Malefica. Rumpelstltskin ha visto molto e vissuto a lungo, ha attraversato regni incantati solcati da guerre e gettati nella miseria dalla furia degli uomini, rendendo le creature fatate solo un ricordo dei più, i maghi come lui divenire lentamente più potenti che mai. A quel pensiero si fa serio, riprendendo a filare la rocca incantata, trasformando in oro ciò che viene da lui sfiorato, come se la maledizione di Re Mida fosse, in parte, anche la sua, nonostante in verità sia solo un semplice incantesimo per mantenere possedimenti e ricchezze. L'oro liquido e morbido che gli scivola tra le dita gli riporta alla memoria un dono impacciato e una serata che l'ha terrorizzato, arrendevole tra le braccia di una donna che avrebbe potuto ucciderlo con un soffio, tanto si era rivelato imprudente e vulnerabile. È  stata quella notte a indurlo a lasciare libera Belle prima che l'amore potesse diventare un'arma con cui essere annientato.
E lui deve vivere in eterno.
Stringe le palpebre tra loro, pesanti e affaticate, lasciandosi andare ai ricordi mentre l'arcolaio veloce fila altra ricchezza fatata. Ha tessuto per lei un abito d'oro e le ha offerto un diadema di stelle da tenere sul capo, rendendola per una notte soltanto una regina.
La sua.
 
 
“Come si addice a una vera principessa” le aveva sussurrato all'orecchio, posandole tra i capelli una corona retta dagli astri stessi.
“Non sono solo una governante?”
“Anche una semplice governante può diventare regina, se il fato le offre la giusta occasione o se Rumpelstltskin le offre un contratto a cui non può sottrarsi.”
“Questa meraviglia a chi l'avete strappata?”
Nelle domande di Belle aveva imparato a leggere qualcosa di diverso dalla diffidenza o dall'astio. Era curiosità, la sua, la stessa che la travolgeva con entusiasmo nelle ore che perdeva tra le pagine ingiallite dei tomi della biblioteca, immersa a inseguire le epiche gesta di qualche antico eroe dimenticato.
“A nessuno. È stato il pegno pagato da una principessa per poter incontrare ancora una volta il suo grande amore.” (*)
“E vi è riuscita?”
“Rispetto sempre gli accordi. Ne dubitate ancora?”
Gli sorrise, schiudendo le labbra rosse come un invito a essere sfiorate e conosciute, ma senza malizia.
“No, ma voglio sapere com'è finita questa storia. La principessa ha incontrato il suo principe?”
“Non è stato come l'aveva previsto.”
Belle volteggiò sulle punte delle scarpe in raso, la stoffa leggera dell'ampia  gonna che le volteggiava attorno come una coltre di nubi al tramonto, morbide e allungate verso le ombre della sera.
“Viene dal vostro arcolaio vero?” gli chiese poi soffermandosi a guardarlo senza abbassare lo sguardo. Non la ripugnava la presenza di un mostro, la vista della pelle dura che non poteva sfiorare e dita gelide al tocco, innaturali e morte.
“Spero possa piacervi.”
“Cosa festeggiamo? È  la prima volta che mi invitate ufficialmente alla vostra tavola. La riuscita di un ottimo contratto?” gli chiese divertita.
“Concedetemi un ballo” proseguì poi, stringendogli d'istinto le mani nelle proprie.
 “Non so ballare.”
“Allora v'insegnerò io. E poi non credo che voi non lo sappiate fare. Siete solo timido, ve lo leggo in faccia.”
Leggere oltre la scorza della corruzione e scorgervi un animo gentile, sfiorarlo senza avere paura o provare orrore per la sua umanità perduta, sorridergli come avrebbe sorriso a un uomo come James o Gaston. Con Belle, una parte di Rumpelstltskin tornava a vivere e ad agitarsi tra ragnatele e vecchi ricordi, tra organi che avevano smesso di funzionare tanti anni prima e che pure, gli sembrava stessero solo aspettando di essere smossi dalla loro posizione calcificata.
“Non abbiamo la musica.”
Belle scoppiò a ridere correndo oltre la sala da pranzo. Per un istante Rumpelstltskin ebbe la convinzione di essere vittima di un terribile sortilegio e Belle solo un'illusione, ma poco dopo riemerse tenendo tra le mani un vecchio carillon, recuperato probabilmente tra i ricordi abbandonati nel castello dai suoi vecchi proprietari.
“E questo dove l'avete trovato?”
“In una stanza dell'Ala Est mentre ripulivo i corridoi dalle ragnatele. È  bellissimo, non trovate? E la musica che produce è persino più incantevole. È straziante. Chi l'ha ideato deve essere un uomo dall'animo gentile, ne sono certa.”
Rumpelstltskin non accennò alcuna sorpresa, quando sulla superficie del carillon spuntò un corollario di rose a fare da cornice a una coppia che volteggiava in una pioggia di petali, riflessi all'infinito sullo specchio che faceva da pedana alle piccole statue, volteggiando sulle note di una nenia malinconica e triste.
Puoi possedere palazzi e persone, ma il cuore, quello non puoi averlo senza essertelo guadagnato.
Lanciò un'occhiata a quella fedele riproduzione di Rosaspina e del giovane Philip, così intima racchiusa nella disperazione di quella sinfonia che aveva portato un intero regno a cadere sotto la maledizione-benedizione di un sonno eterno, in attesa che la sua principessa potesse di nuovo aprire gli occhi sul mondo. Aveva offerto a quei regnanti disgraziati una figlia, in attesa di avere per sé un pagamento soddisfacente; Malefica gliel'aveva strappata; Rumpelstltskin aveva concesso loro la possibilità di un'attesa lunga un'eternità in cambio del castello e delle foreste tutt'attorno, un rifugio sicuro per la Bestia. Da qualche parte, tra le cianfrusaglie del maniero, si trovava anche il regno di Rosaspina, racchiuso in una sfera di vetro in attesa di essere liberato dal giovane Philip, perduto chissà dove e dietro chissà quale impresa – folle d’eroismo e passione -, troppo giovane e spavaldo per decidere di affrontare un noioso mago quando gli altri principi uccidevano draghi e orchi.
“Mi concedete un ballo?”
Belle allungò la mano guantata verso di lui, abbozzando un sorriso incerto. Per la prima volta la vedeva dubbiosa davanti a lui, per la prima volta, per altro, sembrava temere un rifiuto.
“Vi pentirete di questo desiderio.”
“Non credo.”
Sulle note malinconiche di quel carillon, presero a volteggiare lungo la vecchia sala da ballo, alle pareti specchi nei quali la loro immagine veniva riflessa all'infinito, come se le coppie di ballerini – innamorati – fossero centinaia. Rumpelstltskin non aveva mai ballato con una dama o meglio, il tempo in cui si era lasciato andare ai piaceri di una vita fatta di quotidiano e affetto era lontano secoli, decine di strati di pelle e di cuore prima. Belle si appoggiò a lui senza timore, dritta come un fuso tra le sue braccia, lasciandosi cingere la vita socchiudendo gli occhi, abbandonandosi totalmente alla sua stretta. Il carillon sembrava voler suonare in eterno la propria nenia ma a poco a poco la sua musica si affievolì, riportando Belle alla realtà, l'aria corrucciata di disappunto a fiorirle sul viso, infastidita da quel brusco risveglio.
“Avrei voluto che non finisse così presto.”
La sua voce fu un bisbiglio soffiato contro il petto dello stregone e qualcosa, al suo interno, prese a muoversi in modo singolare. A muoversi, soprattutto, perché Rumpelstltskin pareva essere in grado di registrare solo quell'anomalia, non le dita di Belle che gli stringevano la stoffa del panciotto in modo quasi convulso, il viso nascosto oltre la sua spalla.
“È  ora di andare a cena. Avete preparato tutto vero?”
Lei annuì e l’uomo la staccò da sé con una certa riluttanza, con un gesto privo di forza e veemenza che tradiva il desiderio di un altro ballo.
Di un altro abbraccio.
 
 
Rumpelstltskin riapre gli occhi, sgranandoli nell'oscurità nella quale è stata gettata l'immensa sala da pranzo, avvertendo distintamente i cardini del portone cigolare sul proprio asse seguito da passi leggeri lungo i corridoi immersi nella tenebra, la stessa che Belle aveva sradicato dalla magione e che lui ha prontamente reinstaurato non appena lei l'ha abbandonato per vivere la propria vita.
Sto impazzendo, si dice, fermando la ruota dell'arcolaio tra le dita ceree.
“State ancora filando? Ormai sarete l'uomo più ricco del reame.”
Quella voce non è un'illusione, o forse è il gioco di prestigio di qualche stupida strega.
“Perché siete tornata?”
La domanda gli esce in tono duro, perentorio e persino infastidito, nulla a che vedere con quella sensazione di calore che gli risale dalle viscere sino alle labbra secche e spaccate dalla maledizione.
“Non potrete più andarvene ora” sogghigna lui, come a volerla ferire a ogni costo, cercando sul suo viso la traccia di una delusione, del terrore, della disperazione. Qualsiasi cosa che cancelli quello sguardo di smeraldo e le labbra piene distese in un sorriso imbarazzato mentre risolleva il capo e si dirige a passo deciso verso di lui, probabilmente dopo aver ponderato attentamente il da farsi.
E se c'è una cosa che ha imparato nella loro forzata convivenza, è che Belle non riflette mai, prima di agire.
“Non voglio andarmene. Il mondo là fuori non vale la pena di essere visto senza di voi.”
È una frazione di secondo ma basta ad abbattere ogni barriera, ogni resistenza. È un grido che sale dal cuore, l'estasi dell'uomo finalmente libero dal proprio giogo, che rimbomba come un'eco violenta nella sua testa quando Belle, avidamente e con presunzione, posa le proprie labbra sulle sue.
È  un grido che sale dalla testa, il dolore del mago beffato mentre sente la magia scorrergli fuori dal corpo con la forza di un torrente in piena che tracima i propri argini. Avverte i muscoli del volto distendersi, il calore pervadere i punti nevralgici della sua carne mortale – testa, cuore, fegato e intestino – e la corteccia spessa svanire sotto il tocco rovente della principessa.
È un grido di rancore, gutturale, da bestia braccata e presa in gabbia, il suo, quando allontana da sé Belle bruscamente, facendola cadere a terra.
“Come avete osato?” sibila a denti stretti, di nuovo le labbra indurite dalla magia oscura e il volto contratto in una smorfia colma di furore.
“Mi ha detto... che il bacio del Vero Amore è la magia più potente, io credevo...”
Tu credevi! Sciocca e disgraziata ragazzina! Cos'hai fatto? Come hai osato?”
“Potevamo essere felici... credevo che lo saremmo stati se...”
“Io sono già felice, stupida!”
Belle non ha più il coraggio di replicare: sconfitta, rifiutata dall'uomo che ama – non le riesce nemmeno ora, di chiamarlo mostro – si lascia trascinare lungo i corridoi, lasciando che le venga tolta la libertà, così come la luce, impossibile da raggiungere dalle viscere del castello nel quale l'ha rinchiusa.
“Quando farà di nuovo giorno te ne andrai di qui.”
Lei non risponde, vorrebbe chiedergli qualcosa, ma il suo sarebbe solo un inutile tentativo.
Rumpelstltskin è un folle, ebbro di magia e potere: il resto è secondario.
Abbandono, è l'unica parola che le viene in mente mentre si lascia andare a un pianto consolatore, immersa nel silenzio della solitudine della sua cella.
Tradimento, continua a ripetersi come un pazzo ipnotizzato dal peggiore dei ciarlatani Rumpelstltskin, mentre risale le scale distruggendo tutto ciò che incontra lungo il proprio cammino. Dalla sua furia cieca si salva solo una povera tazza da té, sbeccata a causa di una caduta ad opera di una disastrosa domestica.
Una pessima governante, questo deve ricordare di Belle.
Abbandono.
Tradimento.
Lacrime.
Esseri scheggiati dalle scelte e dalla vita, portati a essere grandi nell'insignificante attimo in cui le loro esistenze si sono sfiorate. Quell'ultima notte – di abbandono ai ricordi, di sentimenti e aspettative tradite, di lacrime di pietà e disperazione – sarà per loro la più difficile. Resterà poi solo il ricordo di ciò che lascia dietro di sé una rovinosa caduta: un corpo ammaccato, ricoperto di ferite e cicatrici invisibili; una mente deviata, in balia della follia e della disperazione, perduta tra le memorie dolci di un’altra vita.
Un altro tempo.
 
 
 
 
Note dell'autrice.
A questo punto, credo siano inevitabili.
(*) Il riferimento al diadema di stelle è legato alla mitologia greca, alla storia di Arianna e Teseo, in cui  la principessa – abbandonata dall’eroe dopo averlo aiutato a fuggire dal labirinto – viene accolta da Bacco, di cui diviene la moglie. Il dio, in onore della sua bellezza, le offre un diadema di stelle: la Corona di Arianna, appunto, una delle costellazioni della volta celeste.
La bella addormentata” sono un mio felice viaggio mentale, legato all’arcolaio (come si sarà capito). Rosaspina è il vero nome della principessa, mentre nella storia originale il principe non ha un nome. Essendo l’immaginario Disney molto vicino agli sceneggiatori della serie, ho pensato di dargli il nome del principe Philip, presente nel film Disney appunto.  La storia, ha comunque subito una rivisitazione da parte mia, come si sarà capito. Potrei anche decidere di scriverci su una storia, ma per ora, mi limito a questa semplice bozza di background per questo missing moment.
   
 
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