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Autore: Prof    17/03/2012    6 recensioni
Dunque si volta, placido e con collaudata rassegnazione, pronto a poggiare con svogliatezza gli occhi sull’oggetto in questione.
La prima cosa che il suo cervello riesce a elaborare, dopo quello che definirebbe una specie di blackout mentale, è la speranza che Sherlock sia pratico in manovre di rianimazione, perché gli è appena andato di traverso il caffè.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: What is it?
Prompt: “preservativo”, rating inferiore al rosso
Fandom: Sherlock (BBC)
Personaggi: Sherlock Holmes, John Watson
Genere: slice of life, voleva essere comico ma mi sono persa per strada
Rating: verde
Avvertimenti: one-shot
Note: scritta per il cow-t 2 di Maridichallenge. A scanso di equivoci, di questa serie tv ho visto sì e no una puntata e mezzo (tra l’altro perdendomi anche la prima), quindi, se dovessero esserci delle incongruenze riguardo certi particolari, chiedo scusa in anticipo.
Provvederò a colmare le mie lacune il prima possibile. ^^’’






“E questo cosa sarebbe?”

Quattro semplici parole, combinate in una delle frasi più banali mai pronunciate dall’umanità da quando riuscì ad attribuire significato ai suoni emessi dalla bocca, tanto che per un solo attimo John abbassa fatalmente la guardia, dimenticandosi che razza di soggetto sia colui con cui è costretto a condividere, non solo il bugigattolo che definiscono appartamento, ma oramai proprio gran parte dell’esistenza.

Ignaro, indifeso - vuoi perché fondamentalmente di natura buona, vuoi, d’altro canto, perché la caffeina non è ancora entrata per bene in circolo -, se vogliamo anche superficiale nel sapere carpire gli stimoli, gli indizi, che provengono dal mondo esterno – come del resto gli viene sempre rimproverato -, con l’animo dell’uomo comune appena alzato al mattino che si gode la sua – scarna – colazione a base di caffè e numero uno biscotto – pure raffermo – ruota sulla sedia con la lodevole intenzione di dare risposta al quesito.
Non tiene ovviamente conto che non sta avendo a che fare con un altrettanto ‘uomo comune’.

Dunque si volta, placido e con collaudata rassegnazione, pronto a poggiare con svogliatezza gli occhi sull’oggetto in questione.

La prima cosa che il suo cervello riesce a elaborare, dopo quello che definirebbe una specie di blackout mentale, è la speranza che Sherlock sia pratico in manovre di rianimazione, perché gli è appena andato di traverso il caffè.

La seconda, è che almeno non trovi troppo noioso organizzare il suo funerale, nel caso suddetto coinquilino non si ricordi il numero del pronto intervento. Non gli piace l’idea che i suoi resti siano lasciati a marcire sul pavimento di quell’angolo cucina, surclassati d’importanza da un qualsiasi super-criminale schizzato ritenuto meno ‘noioso’.

Tossisce, mentre posa la tazza sbeccata sul tavolo, nel vano tentativo di prendere tempo. La recondita speranza è che, nel voltare lo sguardo una seconda volta, il suo inquisitore senza pietà sia ‘puff!’ sparito.

Cosa che ovviamente non accade.
Sherlock è ancora lì, in impaziente attesa, puntandogli addosso gli occhi di ghiaccio nemmeno volesse trafiggerlo, mentre ancora regge fra pollice e indice, in bella vista e ad altezza viso, l’oggetto del contenzioso.

Sospira di fronte all’ovvietà della risposta, domandandosi se discrezione per caso rientra nel vocabolario del signor genio dell’investigazione.

“È…”
“…un preservativo.” Conclude Sherlock al posto suo, perentorio e spazientito.

“…già.”
Penosa capitolazione di fronte all’evidenza dei fatti; ora, l’unica cosa che rimane da fare al dottore è pregare che il discorso – se così si può chiamare - si possa definire chiuso. Basterebbe solo che Sherlock avesse quel poco di cuore, appena un pizzico, giusto un fiato di umanità nascosta da qualche parte.

Invece il suo inquisitore si addentra nel cucinotto, avanzando a passi veloci e pesanti e testa china, chiaramente immerso nelle sue elucubrazioni; e dovendo dare per forza forma fisica a tutta l’elettricità che l’esporre le sue deduzioni gli immette in corpo, comincia a percorrere il poco spazio avanti e indietro quasi febbricitante, sotto lo sguardo attonito del povero John, vittima di nuovo del comportamento più che bizzarro di quell’uomo.

“Un preservativo. Nel tuo portafoglio. Un elemento che contrasta decisamente con il tuo schema comportamentale. Una discrepanza, un vulnus, un dato su cui bisogna fare al più presto chiarezza.”

John non può che rimanere a fissarlo, inchiodato a quella sedia traballante, pietrificato sul posto da quella sfilza di informazioni rivelate involontariamente dal fiume di parole che cola dalla bocca dell’altro; e anche dal fatto che nella veemenza del parlare Sherlock agita quel preservativo su e giù, facendogli fare ampi movimenti circolari nel piccolo spazio in cui sono costretti, per poi portarlo sotto il naso e picchiettare la confezione sulle labbra – cosa normalissima se stessero parlando di una biro, una matita, un’agenda, ma non con quel genere di cose!

“Del resto, - continua lui, del tutto insensibile all’assenza di reazioni vitali da parte di Watson. – è palese che la relazione con… con… come si chiamava? … la tipa del nostro appuntamento…”

“Sarah. Si chiama Sarah. E l’appuntamento era nostro. Mio e di lei. Non tuo e mio. Tu ti sei imbucato.”

“Dettagli”

“E ci abbiamo quasi rimesso la pelle, per colpa tua!”

“Altri dettagli. John, per carità, non sviare l’attenzione dal caso presente! Adesso ascolta bene e tenta di seguirmi…”

John si irrigidisce sul posto, raddrizzandosi sulla sedia in modo quasi innaturale, mentre mascella e mani si serrano con tale forza da far male, nel vano tentativo di trattenersi dal saltare al collo dell’altro.
Bisogna avere pazienza con Sherlock, tanta.

Fortuna vuole che il dottore ne sia più che abbondantemente provvisto.
Si alza, e nel mentre inspira, profondamente, chiudendo gli occhi e riempiendosi i polmoni di aria fresca.
Avrebbe tante cose da dire al suo acuto amico.

La prima: lui, John Watson, non è un caso da analizzare.
La seconda: i dettagli della sua vita privata, in special modo sessuale, sono affari suoi di cui non ci si deve impicciare.
La terza: deve smetterla di agitarsi per quello scherzo di cucina sventolando un preservativo in mano, ché nel caso arrivasse Mrs. Hudson, non vorrebbe di certo far fronte a un infarto – o peggio, scatenare supposizioni sulla loro relazione decisamente infondate.
La quarta: ehi! Ma che diamine ci faceva con le mani nel suo portafoglio?!

Espira, apre gli occhi e si para davanti a Sherlock, bloccandolo nel suo andirivieni instancabile. Prende la tazza di caffè, ormai freddo e imbevibile.

“Non mettere mai più le mani nella mia roba.” Scandisce bene, minaccioso, guardando dritto negli occhi l’altro, che, forse sorpreso da quella reazione, si dimentica per qualche istante di ribattere con qualche arguta osservazione.

Sherlock, infatti, non fa in tempo ad aprire bocca, che John, repentino, gli strappa di mano la prova materiale di “non si sa che cosa”.

“Per punizione per aver frugato nella mia roba, per la prossima settimana la spesa la vai a fare tu. E questo – dice, intascandosi il preservativo – lo prendo io. A te è più utile questa.” E detto ciò, gli rifila in mano la tazza, con una tale foga da far oscillare pericolosamente il caffè all’interno.

Gira i tacchi e, senza aggiungere altro, fila verso le sue stanze.

Solo la porta richiusa con ‘un po’ troppa enfasi’ pare riscuotere Sherlock, rimasto zitto per almeno un minuto e mezzo. Un record.
Al detective privato non rimane che sbattere un paio di volte le palpebre, guardarsi intorno un po’ spaesato come se fosse appena stato catapultato nella realtà, prima di posare lo sguardo sulla tazza.

Si affaccia appena in direzione del disimpegno, fissando la porta dietro la quale si è rinchiuso John.
Sorseggia il caffè.

John Watson: proprio un personaggio strano.

   
 
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