Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama
Ricorda la storia  |      
Autore: Sarugaki145    17/03/2012    9 recensioni
Si, Courtney era madre di tre bellissimi ragazzi, una femmina, la più piccolina, e due maschi, che ormai frequentavano entrambi le scuole superiori.
E aveva anche un marito, di tre anni più anziano di lei, che lavorava in banca e riusciva a sopportare e ad amare quella donna, ma mai era riuscito a domarla, il suo nome era Samuel.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Courtney, Duncan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Niente regole per una serata all’anno.

 
Courtney aveva 37 anni, portati in modo magnifico. I suoi capelli lunghi erano raccolti in uno chignon fissato accuratamente sulla nuca, le lentiggini ancora coloravano il suo nasino e i suoi occhi rilucevano ancora di quella luce che avevano avuto in passato.

Aveva un lavoro di tutto rispetto, era un’eccellente avvocato e in aula riusciva a tirare fuori quel suo carattere cocciuto e scaltro per poter vincere tutti i processi.

Il suo carattere era migliorato negli anni, non si era addolcita, ma la sua acidità era diminuita, ora era semplicemente una madre severa che però sapeva amare i suoi figli e il marito con immenso rispetto.

Si, Courtney era madre di tre bellissimi ragazzi, una femmina, la più piccolina, e due maschi, che ormai frequentavano entrambi le scuole superiori.

E aveva anche un marito, di tre anni più anziano di lei, che lavorava in banca e riusciva a sopportare e ad amare quella donna, ma mai era riuscito a domarla, il suo nome era Samuel.
Ma quella sera Courtney era in macchina, come faceva ogni anno da sempre quel giorno, e non sarebbe tornata a casa dal marito e dai figli.

Vagava, vagava sulla sua porche senza badare a ciò che la circondava. Continuava ad andare, a vagare per le vie affollate di quella città. Non prestava attenzione a tutto ciò che la circondava, era come se le scivolasse tutto addosso, come se nulla avesse importanza quella sera.

Si, quella sera non sarebbe tornata a casa al caldo a mangiare, ma sarebbe rimasta su quella macchina chissà fino a che ora, finché sfinita e con gli occhi arrossati sarebbe tornata a casa, nella sua enorme casa.

Le vie erano affollate di persone che, mentre si stringevano nei cappotti pesanti, correvano per arrivare attorno alla tavola che a casa gli aspettava.

Quel giorno da anni arrivata una certa ora prendeva la macchina e da sola iniziava a vagare per la città, non vedendo nulla a parte la strada. Vagava per ore a volte, ma tutte le volte inesorabilmente giungeva alla periferia di Toronto e parcheggiava l’auto.

Era stata spesso quand’era più giovane in quelle strade e nel tempo non erano cambiate, al massimo erano diventate ancora più degradate di un tempo.

Suo marito non le diceva mai niente di quel suo rituale, in fondo era l’unica volta in trecentosessantacinque giorni in cui lei avrebbe infranto le sue regole.

Perché la sua vita ancora si ergeva su regole ferree da rispettare, sia per lei che per i figli.

Al mattino doveva alzarsi a quella data ora, preparare il pranzo per i figli da portare a scuola, accompagnarli e poi andare al lavoro. E li lavorare, lavorare, lavorare. Perdere ore e ore nei tribunali a difendere persone di cui neanche gli importava la colpevolezza o meno, l’importate era vincere, perché quella era la sua regola.

Ma quella sera, ogni anno, le regole non importavano.

Prese una ciambella dalla grossa scatola che aveva di fronte e la mangiò, sporcandosi le labbra di zucchero, ma non si pulì, perché quella sera avrebbe potuto non stare alle regole del buon costume.

Scese dalla macchina chiudendola e si mise a camminare stringendosi nel cappotto elegante che indossava, mentre l’aria fredda dell’inverno le congelava le lunghe gambe snelle.

Era esattamente dall’altra parte della città, un posto che non frequentava mai una signora rispettabile come lei.

Ma lei era li per una ragione ben precisa, perché li abitava lui.

Si, una volta all’anno si lasciava sommergere dai ricordi di quell’uomo che tanti anni prima l’aveva per la prima volta fatta sentire fragile. Tornava a pensare a quell’uomo che le aveva spezzato il cuore senza un solo rimpianto, che l’aveva tradita con una delle sue migliori amiche.

Ma in quel momento poco importava, perché lei aveva Samuel, suo marito, e lo amava con tutta se stessa.

Non sapeva dire cosa provasse per quel punk per cui tanti anni prima aveva perso il cuore, sapeva solo che ora non sarebbe tornata con lui, per nulla al mondo.

Ora aveva la vita che aveva sempre sognato, con un uomo per bene, con il lavoro dei suoi sogni, con tre magnifici figli che le illuminavano le giornate.

Eppure una volta all’anno, proprio nell’anniversario in cui tra lei e quell’uomo era finita per sempre, lei tornava li.

Sentiva che una sera all’anno doveva non stare alle regole della vita, doveva tornare indietro, fino alla sua giovinezza e respirare un po’ di quella libertà che solo quell’uomo le aveva fatto provare.

Arrivò di fronte a quella casa malconcia, notò senza disappunto il prato non falciato, il disordine infernale che regnava nel giardino e la poca cura con cui era tenuta la casa. Un giorno qualunque avrebbe arricciato il naso e aumentato il passo per non dover vedere quello spettacolo osceno, ma quella sera non le importava, non era li per essere la Courtney che era sempre.

Restò diverso tempo nascosta nell’ombra ad osservare quella casa, a cercare di immaginare cosa stesse succedendo li dentro, a ricordare i bei momenti passati in compagnia di quell’uomo.
Poi, improvvisamente, sentì la sua voce.

Era più rauca di quella di un tempo, rovinata dal fumo e dall’alcool, ma il timbro di quella voce non poteva che appartenere a lui.

Stava urlando, stava urlando contro la donna che tanto tempo addietro le aveva portato via quell’uomo, quei due stavano litigando.

Succedeva spesso quando andava li e ancora non capiva il perché non si fossero lasciati una volta per tutte, senza dover vivere con una persona che a quanto sentiva dovevano odiare.

Poi lui uscì.

Uscì sbattendo la porta alle sue spalle e borbottando insulti contro la donna con cui viveva e Courtney solo per un attimo vide quanto era ancora bello.

Il cuore della ragazza ogni anno che passava si incrinava sempre di più, vedendo la fine misera che aveva fatto quel ragazzo e ogni anno si imponeva di restare fredda e distante, perché era ciò che lui stesso si era scelto.

Gli occhi azzurri del ragazzo scintillarono quando passò sotto la luce di un lampione, mentre si avviava nella sua direzione.

Courtney riprese a camminare velocemente per non doverlo incrociare, per non dover mostrargli che anche quell’anno la sua debolezza era stata tale da andare in quel posto, quindi si incamminò per la strada più lunga verso la sua auto. Arrivò alla macchina e notò che un biglietto di carta era stato appoggiato sotto un tergicristallo. Lo prese curiose e vi lesse con una calligrafia disordinata che conosceva fin troppo bene:

 
“Grazie principessa. E scusa per lo spettacolo penoso a cui devi assistere ogni anno.”
 

Delle grosse lacrime si formarono ai bordi degli occhi della ragazza, che mise in tasca il biglietto senza una parola. Salita sull’auto mise in moto e partì, mentre grosse lacrime le rigavano il viso.

Duncan la osservò andar via su quella bella porche in silenzio, appoggiato ad un lampione non funzionante. Osservò con malinconia allontanarsi la macchina con su l’unica ragazza che non gli avrebbe permesso di ridursi in quel modo.

Quando la macchina scomparve nel buio e i fari non furono più visibili il ragazzo si incamminò verso casa, verso quel destino che lui stesso si era scelto tanti anni addietro.
 
  
Leggi le 9 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama / Vai alla pagina dell'autore: Sarugaki145