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Autore: taemotional    17/03/2012    1 recensioni
[KokiXJin]
"Sperò, di poter andare al mare. Tutti quegli impegni lavorativi gliel’avrebbero impedito, ne era certo, ma non voleva smettere di sognare le onde di Chiba.
Pensava a questo, e al fatto che le temperature erano già abbastanza alte per un bagno, quando una voce bassa di tonalità lo chiamò. Uhn? Dove ho già sentito questa voce? E intanto aveva premuto il pulsante per chiamare l’ascensore. Si voltò.
“Koki?” gli disse.
Sbarrarono entrambi gli occhi. Per poco non si riconoscevano."
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Jin, Koki, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Commento: Ho aperto la mia sezione ficci e mi è caduto l'occhio su questa trilogia... ebbene sì, avrà un seguito x°°D Questa ficci risale al Maggio 2011... se penso che qui faccio riferimento a 47 Ronin mi viene da piangere x°°D ma si briga ad uscireeee!?!!?!?!? x°D comunque, buon angst!!! <3

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-Uno di fronte all’altro.
Ti sto guardando in un posto segreto.
Non abbiamo bisogno di spazio,
Voglio stringerti a me ancora una volta.-
 
“Ne, Koki! Dove vai?”
“Queste riunioni mi annoiano sempre.”
Yuichi lo osservò mentre usciva dalla sala e si chiudeva la porta alle spalle. Ultimamente ti comporti in maniera diversa...
Koki strascicava i piedi e si diresse lungo il corridoio senza una particolare meta. Non è vero che quelle riunioni lo annoiavano, semplicemente si sentiva un po’ debole, e quella pressione costante che il loro manager imprimeva nel loro cervello iniziava davvero a soffocarlo.
La macchinetta delle bevande è al piano terra, vero? Gli conveniva prendere l’ascensore, perché avrebbe rischiato di cadere se avesse deciso di prendere le scale. Forse quel leggero giramento di testa era causato dalla dieta che gli allenamenti di arti marziali gli avevano imposto. Poco male, l’estate stava per iniziare, e lui voleva essere in forma per il mare.
Sperò, di poter andare al mare. Tutti quegli impegni lavorativi gliel’avrebbero impedito, ne era certo, ma non voleva smettere di sognare le onde di Chiba.
Pensava a questo, e al fatto che le temperature erano già abbastanza alte per un bagno, quando una voce bassa di tonalità lo chiamò. Uhn? Dove ho già sentito questa voce? E intanto aveva premuto il pulsante per chiamare l’ascensore. Si voltò.
“Koki?” gli disse.
Sbarrarono entrambi gli occhi. Per poco non si riconoscevano.
“Che diavolo hai fatto ai capelli?” borbottò Jin avvicinandosi, con gli occhi socchiusi, come chi non riesce bene a mettere a fuoco ciò che vede.
Due anni sono lunghi. Ma sono davvero passati due anni?
“Akanishi, sei te?”
Aveva perso l’abitudine di vederlo in quell’ambiente. Ma certo, dopotutto lui era ancora nella Johnny’s Entertainment. Solo che gli sembrava che stonasse in quel luogo di costrizioni.
Non eri tu lo spirito libero? Che fai qui? Speravo non venissi...
“Certo che sono io! Sei diventato anche cieco?”
“Non sei cambiato, sempre pungente...”
L’ascensore aprì le sue porte, che cigolarono. Jin restò un po’ sorpreso da quel Koki, che invece era diverso da come lo ricordava.
“No... non volevo insultarti...”
Akanishi lo seguì all’interno della cabina. Forse hai solo la luna storta oggi.
“Dove devi scendere?”
“Piano terra,” rispose Jin e lo osservò mentre l’altro pigiò il pulsante giusto. Le porte si richiusero e iniziò la discesa.
“Che hai?” buttò là Jin senza pensarci troppo.
“Che ho? Niente.”
“Qualcosa ti rende diverso...”
“Ma che ne sai te come sono io di solito. Non ci vediamo da due anni.”
Jin restò imbambolato. Ma qualcosa lo riscosse subito e un rumore acuto gli fece scorrere un brivido lungo tutta la schiena.
“Eh?” esclamò Koki, mentre la cabina si bloccò di scatto con uno scossone, “Non siamo arrivati, vero?”
“Siamo...” disse l’altro guardando in alto, “Tra il sesto e il settimo piano...”
Koki deglutì rumorosamente. Non aveva paura, ma non si trovava certo a suo agio, soprattutto con Jin lì vicino. La sua maschera da innocente stava per sgretolarsi.
“Quindi...” continuò l’altro portando una mano al mento, “Se dovessimo cadere da quest’altezza non dovremmo farci troppo male!”
Koki trasalì.
“Ma sei idiota?”
Jin rise.
“Hai paura?”
Koki rispose di no, assolutamente. Non era una cosa per cui preoccuparsi, prima o poi sarebbero venuti a tirarli fuori.
“Non sono mica come quelle ragazzine americane che ti ballano intorno ai concerti.” Ecco, lo aveva detto.
Jin aggrottò le sopracciglia. Aveva visto un suo concerto? Ma soprattutto, era una provocazione quella?
Gli si avvicinò costringendolo a schiacciarsi contro la parete di metallo, e gli puntò un dito contro.
“Che vuoi dire? Non insultare le mie ballerine.”
“Galline, vorrai dire.”
In un impeto, Jin lo prese per il collo della maglia.
“Insulti loro, ma ti sei visto te? Tremi come una foglia.”
“Ti ho detto che non ho paura!” poi lo scansò bruscamente, “Perché non te ne torni da loro allora? Visto che gli vuoi tanto bene! Che fai qua? Tornatene da quelle che ti sbavano dietro in quel modo.”
Jin stampò sul viso un ghigno.
“Aaaah, capisco...” disse lascivo, e tornò a schiacciarlo sulla parete, “Sei geloso.”
“Eh? Ma sei davvero impazzito.”
“Vuoi tornare a quei tempi quando eri l’unico a sbavarmi dietro?”
Koki si irrigidì, mentre l’altro passò una mano lungo la sua gamba.
“Non ricordi?” continuò risalendo la coscia, “Io ti facevo così... era il tour del 2006...”
“Allora non hai dimenticato tutto di noi due...” sussurrò l’altro, tornando con la mente a quell’anno, a quel palco, al suo singolo, alle prove.
“Alle prove... tu pensi che sia stato un errore quando, per puro caso, le mie labbra hanno toccato le tue?”
“Eh...?”
“Avevi la parrucca, ci ha nascosti, per questo ho potuto baciarti.”
“Che diavolo dici? E’ stato un errore quello! Lo hai detto anche te!”
Non puoi dirmi così, non sai per quanto tempo ho pensato a quell’istante, ritenendolo casuale, un dolce momento concessomi dal fato. Niente di più.
“Ma che errore... non si bacia la gente per errore! Quello accade solo nei manga, baka.”
“Zitto...”
“Ma tu non hai voluto capire... che cosa buffa, ridevi, e non vedevi la realtà dei fatti. E io ti ho lasciato fare, aspettando il momento in cui te ne saresti accorto, dei tuoi sentimenti. Ma non mi sembra che tu sia ancora pronto.”
“Sei tu che non vedi la realtà. Io sono proprio conscio dei miei sentimenti. Sapevo che eri tornato in Giappone, per quello sono uscito dagli studi. Sapevo che saresti venuto qui.”
Jin restò sorpreso.
“E se non mi avessi incontrato?”
“E’ una settimana che non faccio altro che uscire prima dalle riunioni e girare per l’edificio senza meta. Un paio di volte sono pure entrato nell’ufficio di Johnny-san per vedere se eri là. Gli altri KAT-TUN devono pensare che sia diventato pazzo di botto.”
“Sembri proprio impazzito, in effetti.”
Koki sorrise, ora che sai la verità? Jin continuava a tenerlo pressato contro la lamina di metallo, il suo respiro si era fatto improvvisamente pesante.
Continuavano a guardarsi negli occhi senza il minimo accenno di voler fare una qualche mossa, come se il tempo si fosse fermato, e avesse ripreso a scorrere quando Jin gli rubò le labbra in un bacio rovente. L’altro venne talmente preso alla sprovvista che non poté far altro che assecondarlo.
Gli strinse i lembi inferiori della giacca e chiuse gli occhi. Le labbra bagnate aderivano e si separavano, tra sospiri e respiri profondi, mentre gli schiocchi rompevano il silenzio a intervalli regolari. 
Quando Jin si allontanò, fu come se Koki avesse ripreso a pensare, dopo essersi smarrito nel suo odore. E allora cercò di allontanarlo bruscamente, é passato troppo tempo.
L’altro oppose resistenza. Fu una lotta breve, e alla fine Koki venne di nuovo spinto al muro, ma con le spalle verso Jin, che poggiò il mento sulla sua spalla e guardò avanti a sé: uno specchio rettangolare li immortalava in quella posizione, e Jin sorrise ancora, di quel suo sorriso sghembo.
“Ne, Koki... non siamo una coppia perfetta?” e gli baciò più volte il collo, con dolcezza.
Koki era immobile e guardava quella foto in movimento senza mettere bene a fuoco. Sembrava di stare in uno di quei suoi sogni erotici in cui si osservava mentre veniva posseduto da Jin. Perché più volte l’aveva sognato, e ogni volta si svegliava fradicio, la mano tra le gambe, e i lenzuoli irrimediabilmente segnati.
Socchiuse gli occhi e Jin fece scivolare una mano dal fianco fino alla pancia. Gli aveva alzato la maglia e le sue dita gli solleticavano la pelle, mentre disegnavano cerchi attorno al proprio ombelico.
Un brivido gli corse veloce lungo la spina dorsale e tremò.
“Cos’hai?”
Jin continuava a parlare, e l’altro a non rispondere. Temeva di poter dire cose che non pensava seriamente, com’era accaduto fino a quel momento.
Osservò la mano di Jin tirargli giù la zip e slacciargli i jeans, che caddero a terra con un piccolo tonfo. Non era spaventato, quello era solo un altro sogno. Gli permise di infilare le dita negli slip.
Non era diverso dai suoi sogni, si ritrovò a sorridere, perché aveva talmente assimilato la personalità e l’immagine di Jin che i suoi movimenti non differivano affatto da quelli che costantemente immaginava nella propria mente.
Fu a suo agio, quando lo trascinò sotto di sé, la pelle nuda a contatto con il pavimento freddo. Jin continuava a baciargli la pelle, gli lasciò segni visibili senza preoccuparsene. Sei sempre stato così, continui a non rispettare le regole.
Gli passò le dita tra i capelli che ricordava molto più lunghi.
“Li hai tagliati...” sussurrò, mentre Jin gli sfilava completamente gli slip.
E se i soccorsi dovessero arrivare ora? Sei proprio un incosciente. Un sospiro mischiato a un gemito.
“Sì... non volevo sembrare un samurai in America.”
“Ma non ti importa di interpretare un ronin.”
Jin alzò il viso dal suo sesso, smettendo di succhiare. Koki era già venuto, e le labbra erano sporche di quel liquido.
“Sei proprio informato su quello che faccio...”
“Non mi perderei nulla di quello che fai per niente al mondo.”
Jin sorrise. “Ho accettato il contratto perché volevo ritornare un po’ verso la mia cultura... sentivo che stavo rinnegando la mia natura.”
“Non l’avrei mai detto, non facevi di tutto per allontanartene?”
Gli allargò le gambe di scatto e Koki sussultò. Non era così impetuoso il Jin dei suoi sogni mentre lo penetrava.
“Non dire sciocchezze,” e si bagnò due dita infilandole contemporaneamente nell’apertura di Koki. Che gridò e strinse forte i pugni fino a conficcarsi le unghie nella pelle.
“Ma sei diventato pazzo?” cercò di regolarizzare il respiro ma Jin non gli lasciava la possibilità di fare una pausa.
“Ah...” disse lascivo, “...parla quello che fa le ronde alla mia ricerca.”
Koki arrossì. Era vero, ma sperava davvero di non poterlo mai più incontrare. Giusto, se cerchi di fare una cosa assiduamente e con tutte le tue forze, prima o poi la raggiungi.
“Verranno a tirarci fuori, sbrigati...”
Jin rise.
“Ma se non abbiamo nemmeno richiesto l’S.O.S. che sta là,” e indicò il pannello dei pulsanti sopra di loro, “Oppure...” continuò con un ghigno, “E’ perché non vedi l’ora si sentirmi dentro di te?”
“Quale delle due sia, fa come ti ho detto.”
“Okay, okay...”
 
“Li vede, signore?” chiese Yuichi all’operaio, con il suo solito tono educato, e Tatsuya sbuffò, smettila con questi formalismi anche in situazioni del genere. Si avvicinò alla fessura dell’ascensore e tentò di guardare dentro. Dietro di lui, l’operaio che stava cercando di aprire le porte incrociò le braccia.
“Ah... la cabina è più in basso di questo piano...” commentò Tatsuya, chiudendo un occhio per vedere meglio “Ma è un gradino piuttosto basso...” poi si rivolge al tecnico, “Insomma, li vuole tirare fuori?”
Kazuya si mette a ridere, l’educazione ce l’hai sotto le scarpe.
Quando le porte furono completamente aperte Junno fu il primo a guardare dentro.
“Eh?”
Kazuya lanciò un’occhiata veloce e storse le labbra.
“Sbaglio o stanno dormendo?”
Koki e Jin erano seduti, le spalle contro lo specchio, e si tenevano per mano. Koki poggiava la testa sulla spalla dell’altro e sembrava stessero entrambi dormendo profondamente.
Tatsuya saltò dentro e la cabina oscillò leggermente.
Koki fu il primo ad aprire gli occhi. Si spaventò, vedendo Tatsuya che lo scrutava dall’alto.
“Ah...!”
Ah un corno!” disse Yuichi, rimasto sul piano, “Ci hai fatto preoccupare...”
“Scusate...” lasciò le dita di Jin, “Si è bloccato...”
“Abbiamo visto!” commentò Kazuya, “Ma dopo tre ore uno si preoccupa non trovandoti da nessuna parte!”
Koki lanciò un’ultima occhiata a Jin, domani te ne vai di nuovo, vero? Salì sul gradino con l’aiuto di Yuichi e si incamminò lungo il corridoio, le mani in tasca.
“Koki!” gridò Kazuya.
“Ma che faceva con Akanishi...?” chiese sottovoce Tatsuya, che era rimasto nella cabina, e si accucciò a svegliare l’altro.
 
Yuichi raggiunse Koki e gli diede una leggera spinta.
“Dove vai?”
“Vieni a bere qualcosa al bar?”
Yuichi annuì poco convinto. Koki lo sapeva che poteva parlargli di qualunque cosa, ma rispettava il suo silenzio.
“Grazie,” disse Koki. Per non avermi mai chiesto nulla, in questi giorni di stranezze, sebbene so che ti preoccupi per me. Ma ora sarebbe tutto tornato normale.
“Per cosa?” e uscirono fuori dall’edificio.
“Un giorno te lo dirò.”
“Okay.”
Tornerà tutto normale.
 
- Siamo una cosa sola, due re senza corona.
Due foglie controvento, due specchi con un solo fuoco di riflesso.
Solo una voce, solo una voce.-
   
 
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