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Autore: vampiredrug    19/03/2012    8 recensioni
Questo racconto mescola avvenimenti sia dei volumi di Charlaine Harris (per l'accenno ai servigi resi a Sophie-Anne) sia della serie tv.
E' una visione di come si poteva evolvere il rapporto tra Eric e la telepate, che però tralascia la vicenda della perdita della memoria da parte dello sceriffo.
Una volta cancellato Bill dalla sua vita, Sookie prova a liberarsi anche del legame con Eric ma... non sempre le cose sono come sembrano.
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eric Northman, Sookie Stackhouse
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Basta, decisi con risolutezza.

Ero stanca, stanca di vivere di dubbi, stanca di essere assillata da vampiri che volevano qualcosa da me, stanca di sentirmi solo un mezzo per raggiungere un fine, qualsiasi esso fosse.

Questa situazione doveva finire, e in un modo o nell’altro sarebbe finita stanotte.

La regina Sophie Anne era già stata archiviata, per quel che mi riguardava non le dovevo più niente e, anzi, al limite era lei ad essere in debito con me.

Bill aveva scoperto le sue carte e, anche se per me era stato straziante scoprire che il mio primo “vero” amore mi aveva mentito durante tutta la nostra relazione, non sarei certo tornata sui miei passi. Avevo revocato il suo invito a entrare in casa mia e gli avevo intimato di tenersi alla larga da me e dai miei amici.

Restava solo lui… Eric.

Questa storia del blood bond mi stava mandando al manicomio, non sapevo più distinguere dove finiva il potere del sangue e dove iniziava… qualcos’altro.

Sono umana, eterosessuale e soprattutto ci vedo perfettamente, per cui non posso certo negare il fatto che Eric sia l’uomo più bello che abbia mai visto (anche più di Claude, mio cugino nonché fata, che è di una bellezza troppo leziosa per i miei gusti), ma non posso negare nemmeno il fatto che la mia fiducia nei suoi confronti non fosse certo cristallina.

Lo sceriffo Northman non aveva mai fatto mistero dei suoi traffici, mi aveva esplicitamente detto molte e molte volte di volermi portare a letto e ancora più spesso aveva sfruttato il mio potere per ottenere qualcosa. Ma questa sua sfrontatezza, alla luce dei propositi occulti di Bill, cominciava ad essere quasi apprezzabile.

 Almeno con lui era tutto alla luce del sole, se mi passate il termine.

Il problema nasceva da questo legame di sangue che ormai si era innescato tra noi: nonostante avessi ingerito solo un paio di gocce del sangue di Eric, il blood bond si era manifestato in tutta la sua potenza, provocandomi sogni a sfondo decisamente erotico e accecando il mio giudizio in sua presenza.

Era una tortura bella e buona: quando lui era accanto a me, il mio corpo si tendeva come una corda di violino ma allo stesso tempo avvertivo anche una sorta di calma interiore, come se con lui nulla potesse farmi male… avevo tutti i diritti di essere confusa e spaventata.

Confusa perché… ultimamente Eric, che in effetti mi aveva già salvato la pelle più d’una volta, era diventato molto protettivo nei miei confronti, quasi affettuoso, per quanto questo termine risulti bizzarro applicato a un vichingo di 1000 anni il cui carattere sembrava scolpito nella roccia.

Spaventata perché… queste sue attenzioni mi facevano più piacere del dovuto.

Spaventata dal fatto che potesse essere l’ennesima illusione ad opera del suo sangue.
 

Quindi decisi di andare a trovarlo al Fangtasia, e di chiarire la nostra situazione una volta per tutte.

 

Mi preparai con cura, ma in modo non troppo evidente (se Eric avesse intuito che mi ero agghindata per lui mi avrebbe dato il tormento per sempre, con quel suo maledetto sorrisetto obliquo): capelli sciolti, gioielli discreti, trucco leggero e un bel vestito che avevo preso al negozio di Tara: bianco, scollato stile impero, con due spalline sottili e un’ampia gonna morbida.

Soddisfatta di me, mi diressi al Fangtasia.

Quella sera evidentemente la fortuna era dalla mia, visto che Pam non era all’entrata, in caso contrario avrei dovuto subire un esame radiografico della mia persona da parte della vampira più sarcastica che avessi mai conosciuto, per non parlare del fuoco di fila di battutine che mi avrebbe certamente riservato; passai così con disinvoltura all’interno del locale, ormai familiare, cercando Eric con lo sguardo.

Rimasi delusa nel vedere il suo trono vuoto (non sto scherzando, Eric in genere stava su un vero e proprio trono) e nel vagare con lo sguardo alla ricerca della sua imponente figura mi resi conto che non era da nessuna parte all’interno del locale.

Quasi mi prese un groppo in gola (che nervi, Sook, cosa sei, una bambina?), ma poi realizzai che era davvero molto presto e che lui, in genere, faceva la sua trionfale entrata quando il locale era pieno dei suoi adoranti (e, a mio avviso, patetici) fan.

 

Conoscendo ormai il Fangtasia come le mie tasche, mi diressi con sicurezza verso l’ufficio di Eric.

Bussai ed entrai senza nemmeno attendere una risposta.

 

Lui si trovava lì, in tuta e infradito, sprofondato nel divano, a esaminare una serie di scartoffie. In quel momento mi sembrò così umano che mi venne spontaneo sorridere come un’idiota.

Nello stesso istante lui alzò la testa, accigliato, probabilmente scocciato dall’intrusione, poi realizzò chi fossi e il suo viso si distese in un largo sorriso.

Non il suo solito sorrisino ironico, o l’espressione ammiccante con cui in genere tentava di imbarazzarmi, sto parlando di un sorriso vero, spontaneo, da mattina di Natale. Un sorriso che  avrebbe fermato il traffico.

 

- Hem… ciao Eric. -

- Sookie, tesoro, a cosa devo questa visita inaspettata? – rispose lui, serafico.

- Noi due dobbiamo parlare - Fantastico. La battuta più scontata del secolo. Perché diavolo essere sola con lui mi rendeva così nervosa?

- Oh, che ho combinato stavolta? -

- Niente… per ora. Ma dobbiamo parlare di quello che è successo a Dallas. Io… io non sto bene, da allora. -

- In che senso, non stai bene? Sei stata ferita? A me sembrava che fosse tutto a posto… - replicò con espressione preoccupata, raddrizzandosi sul divano.

 

La mia determinazione stava andando a farsi benedire, a casa mi era parso tutto decisamente più facile, mentre ora l’unica cosa che volevo era fuggire a gambe levate per colpa delle sensazioni incontrollabili che la sola vista di Eric mi provocava.

 

- Sookie? Mi vuoi dire che ti succede? A me sembra che tu stia benone, anzi, a dire il vero… sei bellissima. - concluse con aria ammirata Eric, dandomi una squadrata da far tremare le ginocchia.

 

Di bene in meglio.

 

- Sì, ecco, è proprio di questo che dobbiamo parlare - dissi, chiudendo la porta - Le sensazioni che entrambi stiamo provando devono sparire. -

 

- Sensazioni? Entrambi? Scusa, potresti gentilmente rendermi partecipe? – replicò lui con aria lievemente esasperata.

 

- Maledizione, sto parlando del blood bond, Eric! – mi ritrovai quasi a sbraitare - Non so cosa tu mi abbia fatto, ma mi sta facendo ammattire. Tutto questo deve finire. Adesso. Fallo sparire! - intimai.

 

Lui restò un bel po’ in silenzio, soppesando le mie parole. Posò le carte che aveva in mano e intrecciò placidamente le mani sullo stomaco.

 

- Stai forse parlando di quelle tre misere gocce di sangue che hai ingerito ormai più d’un mese fa? –

- Lo sai benissimo. Certo che parlo di quello.

- Ma, Sookie, come ti ho appena detto, erano tre gocce. Che male vuoi che ti abbiano fatto? Tu e Bill vi siete scambiati sangue a litri, che c’entro io? –

 

In effetti, era vero. Tra me e Bill avrebbe dovuto esserci un legame fortissimo, invece non mi era mai accaduto di provare sensazioni destabilizzanti come con Eric. Certo, il suo sangue era molto antico ma…

Vacillai.

 

- Sookie, Sookie, il tuo Bill non ti ha proprio spiegato niente? Il blood bond, in caso di scambio di sangue tanto minimo, non funziona se i soggetti coinvolti non provano niente l’uno per l’altro… o meglio, funziona nel senso che il vampiro può avvertire se l’umano sta male o è felice, ma niente di più. Perché il legame sia davvero intenso dev’esserci attrazione tra le due parti… – disse con un sorriso che trasudava soddisfazione.

 

Oddio. Non poteva essere. Però… la mia attrazione verso Bill, in effetti, si era scatenata dopo aver bevuto il suo sangue. Tanto, sangue. Un sacco.

Oh. Mio. Dio.

No.

Quindi lui aveva potuto sentire per tutto il tempo quello che provavo, attingendo da me aveva potuto usare queste informazioni a suo piacimento… e per di più aveva rafforzato di continuo il nostro legame! Mi vennero le vertigini per il senso di nausea che provai.

Come avevo fatto a non esserci arrivata prima?

E dire che, pensando ai miei trascorsi con Bill, credevo di aver toccato il fondo dello squallore. Invece adesso stavo cominciando a scavare.

Non solo aveva fatto in modo di conoscermi e frequentarmi per conto della regina, non solo mi aveva fatta innamorare, ma lo aveva fatto in modo artificioso. Mi aveva… drogata col suo stramaledetto sangue!

Sentii affiorare due lacrimoni.

 

La voce di Eric mi riportò alla realtà.

 

- Sookie, non farlo - mi bloccò Eric, visibilmente a disagio - Non… non piangere, per favore… senti, so cosa stai pensando in questo momento, ma ormai è passato e al passato non si può porre rimedio. Devi cercare di buttarti questa storia alle spalle -

 

- Come posso lasciarmi alle spalle Bill? E’ stato il mio primo e unico “uomo”, e ora l’unico altro maschio con cui ho una sorta di “legame” sei tu. E tu sei un vampiro. Un vampiro che vuole legarmi a sé col sangue… con dei… dei mezzucci. Come ha fatto quel figlio di puttana di Bill. Come credi che mi faccia sentire questo? - risposi umiliata.

 

- Io non voglio legarti a me col sangue. L’unico motivo che mi ha spinto a farti ingerire il mio sangue è che volevo ti accorgessi del legame che già c’era tra noi –

 

- Non c’è nessun legame, a parte quello che hai creato tu con la menzogna! – sbottai.

 

- Sookie, allora non sei stata attenta, prima – ribatté lui, con tono accondiscendente, come se parlasse a un bimbo piccolo - Ti dico che se non c’è vera attrazione il blood bond si manifesta in maniera molto blanda… e mi pare di capire che per te non sia così, o sbaglio?_

 

- So che sei una ragazza orgogliosa, indipendente eccetera, ma puoi davvero giurare che ti sono completamente indifferente? – continuò, sollevando le sopracciglia bionde con aria interrogativa - Io non ho mai fatto mistero della mia attrazione per te, ti desidero dalla prima volta in cui ti ho messo gli occhi addosso…

 

- Bè… - balbettai - Non posso certo dire di trovarti… brutto… ma non mi fido di te, Eric. -

 

Lui sorrise.

 

- Ah, allora non sono brutto, eh? Sono commosso... negli ultimi mille anni ho sentito definizioni più creative, ma se ti impegni puoi migliorare – mi canzonò.

 

Mi sentivo messa all’angolo, costretta ad ammettere, a lui e a me stessa, cose che finora non solo avevo rifiutato di vedere, ma che mi spaventavano a morte.

 

- Piccola Sookie, non sto dicendo che sei innamorata di me, FIGURIAMOCI – sottolineò sarcastico - Credo solo che tra noi si sia creato un rapporto, negli ultimi tempi. Chiamala amicizia o come ti pare, ma al momento so che se dovessi essere uccisa non sarei affatto contento, e credo che sia lo stesso per te.-

 

Probabilmente per uno come Eric quello doveva essere un complimento pazzesco, ma il fatto che lui potesse essere infastidito dalla mia prematura dipartita non mi entusiasmava quanto sperava lui.

 

La sua frase, però, mi fece riflettere, perché se fino a pochi mesi prima la scomparsa di Eric non mi avrebbe fatto né caldo né freddo, ora quest’ipotesi mi scavava un buco d’angoscia nello stomaco.

E non era il senso di perdita che avrei provato nei confronti di Tara, o Jason, no… era… l’incubo che vivi quando perdi un arto, quando se ne va una parte di te.

Eric ormai faceva parte della mia vita e dei miei pensieri molto più di quanto fossi disposta ad ammettere.

O a tollerare.

 

Lo guardai.

Per una volta, i suoi occhi azzurri erano limpidi. Per una volta, non stava tentando di convincermi, plagiarmi, deridermi o una delle cose che faceva di solito e che mi facevano incazzare a morte.

Non faceva altro che fissarmi, bello come solo un essere sovrannaturale riusciva ad essere, aspettando che il mio lento cervellino umano facesse click.

 

E quando successe, il mio cuore perse un paio di battiti.

 

Eric c’era sempre stato, per me, fin dall’inizio: mi era venuto a trovare in ospedale anche se mi conosceva a malapena, quando ce n’era stato bisogno mi aveva protetta, mi aveva fatto piccoli regali (un cappotto, un cellulare nuovo) mascherandoli come gesti dovuti, aveva costretto Bill a rivelarmi i retroscena del nostro “casuale incontro”, mi aveva aiutata economicamente sborsando cifre esorbitanti per ogni mia “prestazione di lavoro”, contrattando il minimo necessario a salvare la faccia… quando avevo avuto bisogno d’aiuto mi ero sempre, istintivamente, rivolta a lui, e non perché Eric era lo Sceriffo dell’Area 5, ma perché… sapevo… sapevo che mi avrebbe comunque aiutata!

Magari ricattandomi, magari sbuffando per il fastidio che gli procuravano i miei miseri problemi umani… tutta una facciata, me ne rendevo conto solo ora… si era preso persino una pallottola per proteggermi, e io mi ero lasciata imbeccare da Bill come un’imbecille, credendo al fatto che un vampiro mettesse in pericolo la propria vita solo per procurarmi qualche sogno bagnato!

 

Forse è vero che le bionde sono un po’ dure di comprendonio, se no come potevo aver frainteso così tanto l’atteggiamento di Eric?

Paradossalmente, quello che avevo ritenuto per mesi uno sporco doppiogiochista, era stato in effetti l’unico a essere sempre onesto con me.

Brutale, ok, ma onesto.

E se io ero stata così ottusa da non accorgermene, tutto ciò che lui aveva fatto per me aveva, almeno a livello inconscio, scavato una nicchia nel mio cuore.

 

Provavo davvero qualcosa per Eric!

Non era il blood bond, né tantomeno il glamour vampirico, visto che ne ero immune… non appena questa consapevolezza affiorò nella mia mente, mi colpì con tutta la violenza delle implicazioni che ciò comportava.

Ero… innamorata di Eric?

Oh, signore.

 

Ripensai per un attimo al dolore lancinante provato all’idea della sua scomparsa. Se non era amore, era qualcosa di pericolosamente simile.

Il mio mondo, le mie convinzioni, si erano rovesciate nello spazio di un pensiero, ma non avrei lasciato che tutto questo mi sopraffacesse. Oh, no.

Stavolta niente panico.

Niente stupide fughe.

Niente Solita-Sookie.

Stavolta avrei seguito il mio istinto, al resto avrei pensato domani.

 

Finalmente mi mossi e gli andai incontro, fisicamente ma soprattutto col cuore.

 

Nel frattempo lui era rimasto in attesa, completamente immobile, nell’innaturale fissità propria dei vampiri, ma non mi aveva mai tolto gli occhi di dosso. Probabilmente sul mio viso si erano susseguite una carrellata di emozioni e lui aveva cercato di decifrarle tutte, proprio come me.

 

Era rimasto seduto sul divano anche mentre mi avvicinavo.

Con deliberata lentezza, mentre, per una volta, incombevo su di lui, mi sollevai leggermente la gonna, in modo da riuscire a sedermi a cavalcioni delle sue ginocchia.

Nonostante la sua immobilità, vidi comunque le pupille di Eric dilatarsi, mentre i canini si allungarono leggermente.

Restò completamente fermo.

Se mai fosse stato possibile, direi che stava trattenendo il fiato.

D’istinto, gli presi le mani che ancora poggiavano sul suo stomaco e me le portai sui fianchi, poi dalle ginocchia mi lasciai scivolare verso di lui, aiutata dal tessuto setoso della tuta.

 

- Sookie? Ma che ti prende, è uno scherzo? -

 

Non gli risposi, seguitando a guardarlo negli occhi con l’espressione più risoluta che mi riuscì.

 

Eric sembrava sempre più stranito, come se non fosse in grado di reagire.

 

- Sei… sei vera? Non sei un sogno, stavolta? – domandò lui, incantato.

 

Ah! Evidentemente non ero stata l’unica vittima di certi sogni, pensai con una sfumatura di soddisfazione.

 

Mi avvicinai al suo viso, fino ad arrivare a un paio di centimetri dalle sue labbra.

 

- Preferiresti che fossi un sogno? – sussurrai, accarezzandogli i capelli.

 

- No, io… i sogni non profumano come te… - mormorò lui dopo un attimo d’incertezza, fissandomi con bramosia per un tempo che mi parve infinito e colmando infine la distanza che ci separava.

 

Fu un bacio lunghissimo.

 

Le labbra di Eric erano sorprendentemente morbide e calde, e indugiarono parecchio sulle mie prima che la lingua osasse di più.

Le sue mani si insinuarono tra i miei capelli, con l’urgenza di avvicinare ancora di più i nostri volti, poi iniziarono a correre sulla mia schiena, ad accarezzami le spalle, mentre in preda alla frenesia cominciai a strusciarmi su di lui, provocando un’entusiastica reazione nella zona su cui ero seduta.

Mentre armeggiavo con la zip della tuta, scoprendogli il petto e mordicchiando quelle favolose spalle, riuscivo a pensare solo che volevo che mi prendesse lì, su quel divano, o magari sulla scrivania.

 

Poi ci fu un colpo di tosse e una risatina.

Pam.

 

- Scusa Eric, non sapevo che stessi… revisionando i conti del locale. All’entrata mi hanno detto che era arrivata Sookie e volevo… però vedo che l’hai già… hem, trovata. - sogghignò.

Quindi, invece di girare i tacchi e tornare da dov’era venuta, restò appoggiata allo stipite della porta, ad osservarci con un sorriso estatico che strideva parecchio con la sua mise da lavoro, al limite del sadomaso.

 

Eric, che in genere l’avrebbe spedita via con un secco ordine, appariva imbarazzato. Per uno che aveva quasi fatto sesso con una ballerina nel bel mezzo del locale, era un bel traguardo.

 

- Pam, c’è altro? –

- No, capo – sottolineò beffarda.

- Allora vai – intimò Eric.

 

Con uno sbuffo di disappunto ed evidentemente a malincuore, Pam si allontanò in uno fruscio di vinile.

In qualunque altro momento l’incanto sarebbe stato spezzato da una simile interruzione, ma ero completamente presa dalla mia nuova consapevolezza e soprattutto dalla vicinanza di Eric. Mi voltai nuovamente verso di lui e vidi che mi fissava con un’espressione che non lasciava spazio a interpretazioni.

Reggendo il mio peso con una mano sulla mia schiena e l’altra sotto al mio posteriore, si alzò in piedi senza sforzo e, con me sempre abbarbicata addosso come un koala, fece scattare la serratura della porta. Poi, con un unico movimento fluido mi distese sul divano e nel mentre riuscì anche a sfilarsi la giacca della tuta (posso solo dire: wow!).

Si sedette sul bracciolo del divano, all’altezza dei miei piedi, fissandomi pensieroso. Poi d’improvviso abbandonò ogni remora, mi afferrò le caviglie e mi tirò verso di sé, si stese su di me e ricominciò a baciarmi molto lentamente, una manovra che mi mandò letteralmente al manicomio.

Anche solo sentire sotto le mani quella schiena ampia, oppure il contatto del suo torace nudo su di me, mi toglieva ogni straccio di lucidità.

Cominciai a contorcermi sotto di lui, in preda a un desiderio mai provato prima: volevo solo che si togliesse il resto di quella maledetta tuta, che mi strappasse il vestito e che facesse di me ciò che gli pareva.

Frattanto Eric aveva delicatamente abbassato le spalline del mio abito e aveva preso a baciare e mordicchiare la zona appena sotto il collo, le clavicole, le spalle, accarezzandomi il seno attraverso il tessuto leggero. A quel punto cercai di insinuare una mano tra noi per poterlo accarezzare a mia volta, ma lui mi fermò afferrandomi un polso.

Ma cos’era, uno scherzo?

 

- Non… stasera… amore – ansimò con evidente sforzo.

- Mi stai… mi stai rifiutando? – domandai incredula.

- Non ti sto “rifiutando”, non ho mai voluto niente e nessuna come voglio te adesso, solo che preferirei non farlo qui al locale su uno scomodo divano. Ho aspettato talmente tanto questo momento che aspettare ancora non mi pesa molto. Più o meno… – mormorò rauco.

- Aspettare… quanto? - domandai, delusa.
 

Ad Eric sfuggì una risatina sommessa. E felice.

 

- Domani. Domani notte vieni a casa mia. Avremo… tempo. -

 

Eric aveva una casa? E io che credevo che dormisse lì al Fangtasia! D’altra parte, perché non avrebbe dovuto averla? Era straricco e molto antico, era normale che non si riducesse a dormire nei sotterranei del suo locale. Non mi ero mai posta il problema perché non mi ero mai interessata veramente a lui, ma in effetti Eric doveva avere tutta una serie di aspetti che io ignoravo. Chissà com’era casa sua, chissà se viveva con Pam, chissà…

 

- Sookie? - mi riscosse Eric - A che pensi? -

- Hem, niente, solo che non so dove abiti - mentii.

 

Lui si alzò e si diresse alla scrivania, scarabocchiò in fretta un indirizzo su un foglietto, lo piegò in due e lo infilò nella scollatura del mio vestito.

- Così, quando ti spoglierai, stasera, penserai a me… - disse con il suo solito sorriso sghembo.

 

Quello che non poteva sapere era che probabilmente avrei pensato a lui, mentre mi spogliavo, per parecchio, parecchio tempo, con o senza indirizzo!

 

Mi raddrizzai sul divano, incerta se rimettere a posto o no le spalline del vestito e sentendomi oltremodo goffa e imbarazzata, ma Eric si sedette accanto a me e lo fece lui al mio posto.

 

Proprio quando stavo per interpretare quel gesto più come disinteresse che autocontrollo, lui mi scostò i capelli, mi baciò delicatamente il collo e cominciò a sussurrarmi all’orecchio con un tono da far tremare i polsi.

 

- Tu non sai quanto mi costa lasciarti andare così… è da quando ho alzato gli occhi e ti ho vista sulla porta che sogno di fare a brandelli questo bel vestitino bianco – mormorò, squadrandomi con desiderio - Cerca di riposare, stanotte, perché domani ho intenzione di non farti chiudere occhio. Voglio guardare, baciare e leccare ogni singolo centimetro del tuo corpo, voglio accarezzarti fino a sentirti tremare, voglio prenderti in ogni posizione conosciuta, voglio che urli il mio nome, voglio farti venire come non sei mai venuta… e questa non è una minaccia. E’ una promessa. -

 

Mi resi conto di avere il fiato corto e di essere arrossita all’inverosimile. Non sapevo nemmeno se sarei riuscita ad alzarmi in piedi, mi sentivo ubriaca, le parole di Eric mi rimbombavano in testa e mi creavano un doloroso senso di vuoto, al pensiero di dovermi staccare da lui e tornare a casa.

 

Ma Eric si alzò e mi aiutò a fare altrettanto, poi mi pilotò verso la porta. Quando mi prese nuovamente il viso tra le mani per darmi un lungo, profondo bacio di commiato, pensai seriamente di svenire, per fortuna ero appoggiata al muro.

 

- Buonanotte Sookie. Scusa se non ti accompagno all’uscita ma non mi sembra il caso di attraversare il locale in queste condizioni. -

 

Lì per lì non capii a cosa si riferisse, poi mi cadde l’occhio sul cavallo dei suoi pantaloni e soffocai una risata. Effettivamente, quella tuta non lasciava molto spazio all’immaginazione…

 

Molto a malincuore mi decisi a salutare Eric, e mi diressi alla mia auto con un sorriso idiota stampato in volto.

 

A domani, Eric.

A domani.

   
 
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