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Autore: Nekorii    19/03/2012    7 recensioni
"Ogni tanto sapevo essere anche io gentile, cosa credeva, quel bruto?
Solo, non doveva abituarcisi troppo. Non ero tipo da coccole o smancerie, io. Il gesto di prima era, beh, un gesto di compassione, ecco! Sapevo quanto triste e vuota la sua vita doveva essere, senza la mia presenza, e quindi avevo deciso di colmarla con una piccola dimostrazione d’affetto, tutto qui! "
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Accenno di FrUk.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi svegliai, come ogni mattina, ad un orario indefinito. La causa del mio risveglio era stata, come al solito, il cinguettio di quegli odiosi volatili che se ne stavano appollaiati sugli alberi fuori dalla finestra. Che cosa avevano da canticchiare così allegramente poi? Un giorno me ne sarei mangiato uno, allora non sarebbero stati più tanto allegri.
Mi leccai i denti affilati al pensiero.
Mi stropicciai gli occhi, mi grattai leggermente le orecchie e mi stiracchiai completamente, prima di alzarmi dal letto. Cominciai a vagare per casa alla ricerca di qualcosa da mangiare.
Un rapido sguardo in giro mi permise di capire che ero da solo. Francis doveva essere andato a lavoro prima che io mi svegliassi. Quanto meno aveva avuto il garbo di non fare troppo rumore e di non svegliarmi, e questo mi aveva permesso di godermi un sano e meritato riposo.
A giudicare dalla luce che entrava dalla finestra però, sembrava abbastanza tardi. Dovevo aver dormito più del solito. Oh, beh, meglio così. Dormire di più mi faceva sempre godere al meglio la giornata, visto che potevo affrontarla con più energie.
Ora, chissà se quel dannato francese aveva fatto qualcosa di utile e mi aveva lasciato pronto qualcosa da mangiare. Mi addentrai in cucina e vidi pronta per me una tazza di latte. Tsk, si era proprio sprecato, quell’idiota. Mi avvicinai e cominciai comunque a bere avidamente il liquido, che probabilmente era stato versato caldo nella tazza, e che ormai si era raffreddato fino a raggiungere una gradevole temperatura ambiente. Non che l’avrei mai dimostrato davanti a lui, ma in realtà adoravo bere il latte. Mi leccai le labbra gustando il dolce sapore della bevanda cremosa.
Quando finii la mia colazione, decisi di ispezionare un po’ l’appartamento alla ricerca di qualcosa di interessante da fare.  La noia mi uccideva.
Non feci nemmeno in tempo a decidere  da dove cominciare la mia ricerca, che sentii il familiare rumore di chiavi che venivano inserite nella serratura, e la facevano scattare, e la porta che si apriva.
-Arthur, mon cher, je suis retourné!- mi sentii chiamare.
L’idiota era tornato. Scossi la testa infastidito dalla sua frase. Perché diamine doveva parlare francese? Il solo fatto di venire da quel paese di pervertiti non gli dava certo il diritto di usare quella lingua con me!!
Mi avvicinai a lui con aria annoiata. Non che fossi contento che lui fosse ritornato! Era solo che mi annoiavo, e al momento non avevo niente di meglio da fare, per questo mi diressi verso di lui per abbozzare un saluto.
Mi sedetti davanti a lui e gli rivolsi uno sguardo di superiorità. Io avevo già fatto la mia parte arrivando fin lì, ora il resto toccava a lui!
-Oh, eccoti qui petit, ti sono mancato?- No per niente!
Lo vidi abbassarsi fino a raggiungere la mia altezza, mi afferrò mettendomi le mani sotto ascelle e mi sollevò in aria, ritornando poi in piedi. Cominciai a divincolarmi. Odiavo essere sollevato in aria, diamine!
-Oh, oui, tu mi sei mancato tanto, non vedevo l’ora di tornare à la maison chez toi, ogni volta mi sento così in colpa a lasciarti qui tutto solo!- E allora non andartene via ogni giorno, dannato idiota! Non che io abbia bisogno di te comunque, io so cavarmela benissimo da solo.
Avvicinò il suo viso al mio, e sfregò il suo naso contro il mio, morbido e umido.
Miagolai di disappunto. Perché diavolo lo faceva ogni volta? Sapeva quanto mi dava fastidio!
-Ok, ok, ti metto giù, quante storie!- disse ridacchiando e lasciando la presa.
Saltai giù atterrando con grazia sul pavimento, attutendo l’impatto con i cuscinetti sotto le mie zampe. Lo fissai dal basso socchiudendo lievemente gli occhi.
Certo, sapevo che il francese voleva solo dimostrarmi il suo affetto, in qualche modo. Decisi per una volta di renderlo felice. Gli passai in mezzo alle gambe strusciandomi contro i suoi pantaloni, tenendo la coda alta, e miagolai un paio di volte.
Sembrò sorpreso. Sorrise e mi disse -Wow, che ti prende, di solito non sei mai così dolce con me!-
Si abbassò ad accarezzarmi, ma io me la svignai rapidamente, lontano dalla sua mano. Mi girai a osservarlo e gli rivolsi un mezzo soffio, prima di voltargli le spalle e dirigermi nella direzione opposta.
Ogni tanto sapevo essere anche io gentile, cosa credeva, quel bruto?
Solo, non doveva abituarcisi troppo. Non ero tipo da coccole o smancerie, io. Il gesto di prima era, beh, un gesto di compassione, ecco! Sapevo quanto triste e vuota la sua vita doveva essere, senza la mia presenza, e quindi avevo deciso di colmarla con una piccola dimostrazione d’affetto, tutto qui! Dopotutto, sono un gentlecat, io!
Scrutai Francis da lontano. Lo vidi sfilarsi il cappotto, appoggiare, purtroppo lontano dalla mia portata, la sua borsa di pelle sulla quale mi sarei volentieri rifatto le unghie, e infine lo seguii con lo sguardo fin quando non vidi la sua sagoma sparire nella porta della cucina.
Tornai nella direzione dalla quale ero venuto, e gli andai dietro distrattamente. Non che mi interessasse stare con lui o vedere quello che stava facendo. Semplicemente, prima quell’idiota mi riempie di attenzioni e dice che si sente in colpa a lasciarmi solo, e poi se ne va in un’altra stanza, ignorandomi completamente, senza nemmeno interessarsi a me.
Entrai in cucina, e mi diressi verso la poltrona preferita di Francis, quella che aveva appena fatto rifoderare, e sulla quale non voleva io salissi, probabilmente a causa delle mie belle unghiette affilate. Ovviamente ci balzai subito sopra, senza esitare un attimo. Feci un paio di volte il giro intorno a me stesso, ben attento ad estrarre le unghie durante il processo, e quando finalmente decisi di aver trovato la posizione più comoda, mi tuffai sui morbidi cuscini rivestiti di un delicato color blu cielo.
Sollevai la testa, soddisfatto della mia azione dispettosa, con un sorrisetto beffardo dipinto sul volto, aspettandomi di vedere la faccia arrabbiata del francese  che cominciava a sbraitarmi contro.
Rimasi un po’ deluso nel vedere che invece non era stata degnata una sola attenzione né a me né al mio gesto provocatorio.
Ma guardalo, quell’idiota, nemmeno era tornato a casa, e subito cominciava a bere vino. Che poi, non sapevo come facesse a berne così tanto. In realtà non sapevo come facesse a berne proprio. Una volta provai a leccarne un po’ dal bicchiere che aveva lasciato mezzo pieno sul tavolo. Il sapore era davvero terribile, lo sputacchiai tutto intorno e subito dopo mi sentii strano e non riuscivo più a reggermi sulle zampe.
Tsk, umani.
Mi girai comodamente dall’altro lato, dandogli le spalle. Se lui mi ignorava, lo avrei ignorato anche io.
Poi lo sentii parlare. Sembrava avesse cominciato a parlare da solo. Raddrizzai l’orecchio che rimaneva dalla parte esterna della poltrona, dal lato sul quale non ero appoggiato. Non che mi importasse sentire quello che stava dicendo, semplicemente controllavo che non fosse impazzito. Povera creatura, non so come avrebbe potuto sopravvivere senza il mio controllo vigile e costante su di lui.
Ad un certo punto, captai nel suo discorso, la parola Arthur. Mi rilassai, ma tenni ancora l’orecchio dritto, in ascolto. Non si poteva mai sapere. Almeno non era impazzito, se era Arthur il suo interlocutore. Non mi degnai nemmeno di girarmi a guardarlo. Sapevo che l’idiota non stava parlando con me. Sicuramente stava nuovamente usando quella strana scatoletta che gli permetteva di comunicare con le persone che non erano in casa. E se non stava parlando con me, conoscevo solo un altro Arthur con il quale Francis poteva parlare.
-Oui cher, je suis à peine retournè à la maison… Ohnohnhon ~…  Je suis desolé, pardonne moi…  Ah, ok, ok, la smetto, mio piccolo permaloso di un inglese!... Oui, possiamo fare quando tu esci dal lavoro… Dimmi tu l’orario che va bene pour toi, e io sarò lì ad attenderti, mon amour… Mmm… E il dopocena a casa mia, o a casa tua?... Ugh, Arthur, non gridare così, rovinerai i miei timpani delicati! Dopo come farò ad ascoltare i tuoi gemiti di piacere?...Mon Dieu, non gridare ti ho detto!!...-
Soffiai piano contro il vuoto del dorso della poltrona. Quell’idiota faceva sempre discorsi sconvenienti. O almeno, tali dovevano essere, se facevano  arrabbiare Arthur.
Arthur era, da quanto ne sapevo io, un caro amico di Francis. Mi piaceva parecchio. Per prima cosa era inglese, e questo segnava già un punto a suo favore. Poi condividevamo lo stesso nome. Mi piaceva il nome Arthur. Nobile e regale, eco di antiche dinastie reali britanniche, si addiceva ad un gatto di alto lignaggio come me.
Mi trovavo molto a mio agio, ogni volta che Arthur veniva a trovarci. Era una persona amante del buon gusto e dai modi aggraziati ed eleganti. Inoltre mi faceva spesso assaggiare una bevanda molto buona, tè, così la chiamava lui, che oserei dire essere a dir poco deliziosa. Dal sapore intenso e aromatico, ma tuttavia leggero e inebriante, era diventata una delle mie bevande preferite. Peccato che Francis non me la preparasse mai.
Fu  Arthur a regalarmi a Francis, quando ero un cucciolo. Deve volergli un gran bene, per avergli affidato un angelo custode attento e vigile come me, a vegliare su di lui. Giuro, è ovvio che senza di me sarebbe perso.
Suppongo di aver ricevuto il mio nome in onore della loro amicizia speciale. Va bene così, Arthur è una persona che stimo e rispetto.
Peccato che Francis, a quanto pare, abbia fatto la stessa cosa con lui. Solo che ad Arthur non è andata così bene. Ogni volta che Arthur viene a trovarci, purtroppo, porta con sé la mia “controparte felina”, ovvero Francis. Come se di Francis non ce ne fossero abbastanza, in questa casa!
Quel gatto è insopportabile! È invadente e appiccicoso, altezzoso e pieno di sé. In realtà somiglia parecchio al Francis umano, a pensarci bene. Ha un lungo pelo bianco, un incubo da toelettare, ma di cui lui va estremamente fiero. Certo, per essere, il suo pelo è liscio è soffice. Non che io lo sappia per qualche motivo in particolare, ovviamente!! È solo che quel tipo non fa altro che strusciarsi addosso a me e tenta sempre di farmi le coccole. Disgustoso, naturalmente. Se glielo lascio fare è solo perché ci guadagno un bagno gratis, visto che ci tiene tanto a farlo lui per me, quindi perché rifiutare?  Non che io abbia altro da fare, comunque. Forse Arthur porta con sé Francis per farmi distrarre dal fatto che loro spariscono nella stanza da letto per qualche ora, ogni volta che viene. Ma io non sono mica stupido. Tra le fusa smodate di questa palla di soffice pelo bianco, li sento miagolare dall’altra stanza per tutto il tempo. Non che siano bravi a farlo, a dir la verità. Ma suppongo che per un umano non deve essere facile miagolare come si deve. Certo, poverini, loro ci provano, ma non capisco perché abbiano bisogno di chiudersi a chiave in un’altra stanza per farlo, quando io potrei benissimo insegnar loro come di fa.
Invece in quei momenti mi tocca sopportare la compagnia di questo gatto francese che non fa che miagolarmi cose strane nell’orecchio, e annusarmi il pelo. Fin troppo appiccicoso per i miei gusti.
Ma, visto che il suo pelo è morbido quasi più della poltrona preferita di Francis, approfitto della sua presenza e del fatto che lui vuole starsene sempre appiccicato a me, per godermi un bel riposino comodo. In realtà, il Francis felino sarebbe pure abbastanza simpatico, se solo fosse un po' meno invadente. Ma suppongo sia come il Francis umano. Non riescono proprio a fare a meno della mia presenza.
Ogni tanto anche io sono stato portato a casa di Arthur, per fare compagnia a Francis. Non che la storia vada diversamente comunque. Loro stanno a miagolare nell'altra stanza, Francis miagola cose a me, e io, in base all'umore, miagolo, lo ignoro, o, spesso e volentieri, gli soffio contro.
Una vita da gatti, insomma!
Chissà a casa di chi saremmo stati, quella sera. Probabilmente a casa di Arthur. Avevo cominciato a capire come funzionava, ormai. Dalla conversazione che stavo ascoltando, capii che era Francis ad andare a prendere Arthur. Ciò voleva dire che sarei stato messo in quell'odioso trasportino e portato a casa sua. Mi avrebbero lasciato nelle grinfie di Francis per qualche ora, poi sarebbero tornati a casa di Arthur e si sarebbero chiusi in stanza.
Tesi nuovamente l'orecchio. Francis aveva smesso di parlare. La conversazione doveva essere finita. Non avevo però intenzione di voltarmi a guardarlo. Se lui continuava ad ignorarmi, io averi fatto lo stesso. Non mi importava essere badato, in realtà, era più una questione di principio!
Non mi girai verso di lui nemmeno quando sentii chiamare il mio nome. E stavolta sapevo bene che stava parlando con me.
-Arthur, petit, viens- Certo, dannato di un francese, adesso che hai finito di pensare alle tue cose, ti ricordi che esisto eh? E poi se pensi di convincermi parlando la tua lingua, non sperare di ottenere qualche risultato con me!
Sbadigliai sonoramente, in modo da palesare il mio disinteresse verso di lui, così magari mi avrebbe lasciato in pace.
Il mio orecchio attento udì il rumore dei suoi passi lontani, che si avvicinavano a me sempre di più. Lo sentii abbassarsi per la seconda volta per raggiungere la mia altezza.
-Oh, Arthur, quante volte ti devo dire di non salire sulla poltrona? L’ho già dovuta rifoderare due volte per colpa di quelle tue belle unghie affilate-
Miagolai soddisfatto. Finalmente l’idiota se ne era accorto. Ma ormai per il suo bel rivestimento morbido non c’era più niente da fare.
Aspettai una sgridata che però non arrivò. Ciò che invece arrivò, e che io non mi aspettavo, fu la mano delicata di Francis che si appoggiò su di me e cominciò piano ad accarezzarmi. Le sue lunghe dita affusolate percorsero con attenzione il retro della mia testa, risalendo in cima quando arrivavano alla nuca, per poi riseguire lo stesso percorso, in un ritmo ipnotico.
Socchiusi piano gli occhi e mossi appena un orecchio. Miagolai sommessamente. Non perché stessi apprezzando il suo trattamento. Volevo solo ricordargli quanto fosse piacevole avere a che fare con me, e che gli sarebbe convenuto non ignorarmi tanto spesso.
Sentii la sua voce che mi sussurrò nell’orecchio -Il tuo padroncino è stanco e vorrebbe proprio riposare un po’, perché non vieni a fargli compagnia, petit Arthur? Mh? S'il te plaît?-
Mi risvegliai dalla trance causata dal movimento della sua mano e scossi lievemente la testa, girandola verso di lui e rivolgendogli un soffio indignato. Odiavo quando si definiva il mio padrone. Chi diavolo credeva di essere? Se io ero lì, non era certo perché ero una sua proprietà! Se io ero lì era solo ed esclusivamente perché ero io a volerlo. Voglio dire, non era come se io avessi avuto bisogno di lui o chissà che. Potevo benissimo andarmene e starmene per conto mio, se solo avessi voluto, me la sarei cavata benissimo. Se rimanevo ancora lì con lui, è perché sapevo benissimo che quel povero umano non se la sarebbe certo cavata da solo! Era una creatura inferiore, dopotutto! Ma questo non gli dava certo il diritto di considerarsi “il mio padrone”. Tsk, semmai era il contrario!
Tuttavia, mi girai su me stesso, e con un rapido balzo scesi dalla poltrona, ben attento a lasciare in mostra i segni delle mie unghie.
-Oh, oui, mon petit, on-y-va?-
Si diresse verso la stanza da letto e io gli andai dietro pigramente. Non volevo davvero riposare con lui, ovviamente. Solo, non si poteva mai sapere! L’idiota poteva, non so, soffocarsi nel sonno mentre dormiva! Con lui, dovevo aspettarmi di tutto! E io, essendo buono e caritatevole, dovevo occuparmi di lui, chiaro, no?
Quando entrai con grazia nella stanza, lo trovai già steso a letto, pronto per addormentarsi. Cosa poteva aver mai fatto, per essere così stanco?
Tsk, umani!
Saltai agilmente sul letto e mi sedetti a fissare Francis, muovendo lentamente la coda. Addormentato non era poi così male. Sembrava dolce e pacifico. Quasi carino, per essere un umano. Mi avvicinai a lui. In fondo, riposare un altro po’, non mi avrebbe certo fatto male. E poi era per controllare che lui non facesse niente di stupido.
Mi infilai sotto il suo braccio e mi acciambellai contro il suo petto, godendomi il calore del suo corpo, e miagolando piano. Sentii il suo braccio stringersi con delicatezza attorno a me, per avvicinarmi di più a sé. Lo udii mormorare  -Bonne nuit petit-, prima di addormentarsi completamente.
Beandomi della sua stretta, e del suo calore, pian piano cominciai a sentire le mie palpebre chiudersi e il sonno calare su di me. Prima che me ne accorgessi mi ero già addormentato. Ovviamente non l’avrei mai fatto in sua presenza quando lui era sveglio, ma, prima che me ne accorgessi, avevo anche già cominciato a fargli le fusa. E non potevo dire di esserne sicuro, ma avrei giurato, a quel suono, di vedere un sorriso silenzioso  apparire sulle sue labbra.



Art © me.

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Angolino dell'autrice!
Niente di che, una cosuccia che mi è venuta in mente mentre passeggiavo e ho visto un gatto. Sì, ho visto un gatto e tutta la fanfiction si è scritta nella mia testa. Nyan~
Beh, chiunque la legga, mi piacerebbe sapere che ne pensate, se ci sono errori vi prego di segnalarmeli.
Spero di essere riuscita a rendere al meglio i caratteri dei personaggi.
E spero che nel complesso il mio lavoro vi sia piaciuto ^^
Enjoy~

Traduzioni Francese-Italiano

Arthur, mon cher, je suis retourné! = Arthur, mio caro, sono tornato!
Petit = Piccolo
à la maison chez toi = A casa da te
Oui cher, je suis à peine retournè à la maison = Sì caro, sono appena tornato a casa
Je suis desolé, pardonne moi = Sono desolato, perdonami
Puor toi = Per te
Mon amour = Amore mio

Arthur, petit, viens = Artur, piccolo, vieni
S'il te plaît = Per favore
On-y-va? = Andiamo?
Bonne nuit = Buonanotte
  
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