In quella notte, la pioggia non era l'unica cosa che risuonava.
Le dolci note di una probabile nuova canzone invadevano l'aria e la mente di Rachel.
Era da molto che le sue dita non sfioravano i tasti ebano e avorio producendo qualche suono, infatti era solita sfiorarli senza però alcuna precisa intenzione,
e per lo più lo faceva di nascosto...da chi non lo sapeva nemmeno lei, forse da se stessa?
Il Baldwin era ormai da qualche anno che si trovava in una angolo remoto della acsa, coperto solo da un telo scuro, quasi che la ragazza volesse rinnegare tutto,
o anche forse cercare di dimenticare, in qualche modo, tutto quello che quel pianoforte significava per lei.
Nicholas se n'era andato da due anni, e mai alcuna notizia le era arrivata dalla famiglia Jonas,
se non i soliti educati ma forse ancora più fastidiosi auguri di natale e del ringraziamento.
Cartoline fatte a mano una ad una, dove facce allegre della famiglia riunita le creavano un senso di vomito, che in realtà si accorgeva sempre più essere nostalgia,
ma mai l'avrebbe ammesso con nessuno. Anche lei faceva parte di quel quadretto. Sì esatto, faceva.
«Ma cosa vuoi Rachel?» suono sordo e graffiante venne dal suo bloccarsi.
Si era spaventata della sua stessa voce. La sua domanda  poteva suonare come un'accusa a se stessa, ma era un prendersi in giro, tanto quanto nascondere il Baldwin.
Per questo era tornata a suonare, aveva capito che la colpa era solo sua. Lei aveva cacciato, ancora una volta spaventata dalla potenza dell'amore, Nicholas.
Ora era tardi e lo sapeva anche lei, ma la musica, musica che lei legava a lui,
era l'unico dono che Rachel custodiva e che Nicholas aveva insistito perchè lei imparasse,
come se già sapesse che le sarebbe stata amica.
Smise di piovere.
La tempesta di Rachel però era alquanto peggiore, e solo il suo sole poteva placarla. Lei lo sapeva, aveva bisogno di lui.
Senza di lui si sentiva come la voglia di mare nell'inverno più freddo.
Fra le mani la foto dell'ultimo natale a casa Jonas, il sorriso di lui appena accennato, gli occhi stanchi e il viso scavato.
«E' triste» non sapeva neanche lei perchè parlasse da sola, ma sapeva che non doveva andare avanti così.
Il numero di lui, impresso nella sua memoria.
Pochi secondi e il telefono squillava...
«Pronto...» tirò un lungo sospiro
«Rachel? Sei tu Rachel?»
Non poteva farcela a rispondergli.