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Autore: ValeriaLolita    20/03/2012    0 recensioni
Nessuno si lega mai troppo al proprio professore, per vari motivi, o semplicemente perché esso non vuole avere niente a che fare con i propri studenti.
Per Nicola che è forse il peggior studente che l'istituto di ragioneria abbia mai visto, non funziona esattamente così.
"Senti. Se c'è qualcosa che posso fare per te, non esitare a chiedere"
Genere: Fluff, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Smettetela di farvi pensieri nefasti, cosi" e queste erano le ultime parole che Nicola aveva sentito uscire dalle labbra del nuovo prof di italiano, e solo perché contenevano la parola nefasti già non perché non ne sapesse il significato, ma perché era così raro sentire una parola simile, soprattutto da professori così giovani.  Ma ben presto, la sua attenzione fu rapita da un piccolo merlo che zompettava fuori dalla finestra. Anche se questo professore gli restava simpatico, non riusciva a stare concentrato senza sbadigliare. Non perché fosse noioso, tutt'altro, ma non ci riusciva. O forse, non ci provava.
Rimase incantato per un tempo che sembrò infinito a guardare fuori dalla finestra.
"Nicola, sai, ci farebbe piacere avere anche la tua attenzione" lo riprese il professore, ma non sembrava infastidito. Gli sorrideva. Sergio Mignacco. Apparentemente, sembrava un giovane come tanti altri, solo che aveva scelto di torturare altra gente come era stato fatto a lui. Alto e slanciato, capelli biondi di media lunghezza leggermente mossi, talmente chiari da sembrare bianchi. Alcune ciocche andavano a contornare il viso dai lineamenti decisi e leggeri al tempo stesso. Lineamenti che venivano addolciti dagli occhi color nocciola chiaro, attorniati da una coroncina grigio-blu. Labbra non troppo sottili e un naso fin troppo perfetto. Non sembrava molto prestante, non che fosse mingherlino, anzi, ma lo avevano visto tutti umiliare totalmente il professore di educazione fisica ad una partita a pallavolo.
In quel momento lo fissava a sopracciglia leggermente inarcate, ad apparire quasi sconcertato.
"Non credo che ad altri cambierebbe se io mi mettessi ad ascoltare o meno" rispose Nicola, forse sovrappensiero. Lui sembrò sorpreso, poi rise leggermente, scuotendo la testa.
"Facciamo così, allora. Stavo parlando per me stesso, solo che ero posseduto dal mago Otelma" scoppiarono tutti a ridere, mentre lui ancora lo fissava sorridente. Era un gran professore, questo lo doveva riconoscere.  Poi il suo sguardo si addolcì un poco, assieme al sorriso.
"Fai un piccolo sforzo, la lezione è quasi finita" lo incoraggiò, per poi ritornare a spiegare. Nicola lo fissò, per un attimo che sembrò infinito e cercò di concentrarsi su qualcosa che stava dietro di lui, per far sembrare almeno in parte che lo stesse ascoltando.
Non ricevette un sguardo, ma non ne fu stupito.
Cercò di capire che cosa stesse dicendo, fino al suono della campanella dell'ultima ora. Nicola si sentì come liberato da un peso. Fece con tutta calma lo zaino, sincerandosi che non venissero pieghe ai libri. Quando ebbe finito, notò che il professore lo stava guardando. E sorrideva. Nicola si sentì arrossire.
"Hai da dedicarmi cinque secondi?" chiese Mignacco, aggirando la cattedra per andare a sedersi. Non che durante la lezione girasse per i banchi, ma aveva detto fin dall'inizio che non sarebbe stato seduto per molto tempo. Nicola gli si avvicinò, e lui gli fece segno di prendere una sedia a sua volta.
"Posso chiederti una cosa senza andare sul personale?" chiese, ma tanto vi sarebbero andati comunque.
"Mi dica"
"Dammi del tu, per favore, non sono uno che esige tutto questo rispetto"
"Non credo di potercela fare"
"Mh… passando ad altro. Volevo chiederti il motivo per cui tu a 21 anni sei ancora in 4a superiore?" fortuna che non era personale.
"Sono stato bocciato"
"Ovvio. Ma io vorrei sapere il perché, se non sono indiscreto"
"I voti"
"Si, mi sembrava. Sei un ragazzo tranquillo" commentò lui. Gli venne quasi da chiedere perché faceva domande a cui sapeva già la risposta.
"Perché i tuoi voti sono sempre stati così mediocri?" ne sembrava dispiaciuto.
"Beh… non studiavo, non ascoltavo, restavo a casa quando potevo"
"Stai parlando come se avessi smesso"
"No, non l'ho fatto" ammise.
"Me ne sono accorto. Che cosa ha attirato la tua attenzione, prima?"
"Un merlo" rispose semplicemente Nicola. Il professore rise leggermente.
"Si, catturavano anche la mia, d'attenzione, durante le ore di matematica"
"Mi spiace se mi sono distratto" disse quasi in automatico Nicola.
"C'è una materia che ti piace particolarmente, o magari più delle altre"
"La sua, da quando l'insegna lei. Perché una materia piaccia, sono convinto che il professore deve piacere"
"Sono lusinghe? Non credo tu mi possa comprare così a buon mercato" Nicola rise, nervosamente.
"A parte gli scherzi, l'ho visto che non sei stupido" continuò il professore.
"Non so questa tua mancanza di impegno da dove venga e non credo tu voglia dirmelo, ma non sei stupido" Nicola inarcò le sopracciglia.
"Non voglio tirare fuori la solita cazzata dell' è intelligente ma non si applica, perché tu sai meglio di me che è una cazzata enorme" Nicola annuì mestamente.
"Solo che, se c'è qualche problema, cerca di risolverlo. Se non puoi, almeno parlane"
"E con chi. Non ho nessuno"
"I tuoi genitori?"
"Chi? Mio padre? Ma per piacere" lui si mordicchiò il labbro inferiore.
"Non sono molto presenti i tuoi genitori, vero?" Nicola scosse la testa.
"Mi dispiace, non volevo metterti tristezza" rispose.
"Non è colpa sua, lei non lo poteva sapere" annuì.
"Non voglio cercare scuse. Ma davvero non hai amici?" chiese ancora. Il ragazzo scosse la testa.
"Ah… Sai che puoi parlarne con me, vero?"
"Con i professori si può parlare di tutto, no?" 
"Diciamo di si" rispose lui, sorridendo. Ma era un sorriso un po’ malinconico.
"Senti. Se c'è qualcosa che posso fare per te, non esitare a chiedere" forse era un modo per tagliare corto.
"Grazie, ma ora dovrei andare" lui annuì e gli sorrise un ultima volta.
"Ci vediamo domani" gli fece Nicola, prima di uscire.
"A domani".
Nicola corse fuori, deciso a prendere la corriera. Di solito, quando i professori lo fermavano, era infastidito, ma questa volta non lo era affatto.

Il bus che portava all'ospedale era fermo a porte aperte proprio in quel momento e Nicola vi ci si fiondò all'interno. Era un bus piccolo, ma di posti ne aveva abbastanza. Si sedette e cominciò a guardare fuori dal finestrino. I palazzi della città passavano veloci, fuori da lì. Davvero veloci, troppo forse.
Cercò di rilassarsi, ma gli venne in mente il suo professore. Quell'uomo non era come gli altri prof che aveva avuto, era diverso. Aveva qualcosa di umano. Forse era giovane e quindi ancora non ne aveva visto, ma dava l'impressione di averne viste molto più di quelli che insegnavano da sessant'anni, così rigidi loro, con le loro convinzioni a cui ti dovevi per forza abituare. Persone non contente finché non gli davi ragione. Lui, invece, era così liberale. Non si era neanche arrabbiato quando Nicola gli aveva risposto, aveva semplicemente sorriso e c'era da chiedersi il perché.
Se c'è qualcosa che posso fare per te, non esitare a chiedere. Era ciò che dicevano tutti i professori, ma detta da lui era una cosa che sembrava vera.
Si accorse d'essere quasi arrivato alla sua fermata, così si sporse per premere il pulsante.
L'ospedale, oltre ad essere l'unico della zona, era enorme. Non che lo stupisse, ma ne era irritato i primi giorni, non riuscendo mai ad orientarsi.
Entrò, salutando le infermiere alla reception, poi si diresse al reparto di neurologia.
Quando era più giovane, non sopportava quel colore azzurrino che avevano le pareti degli ospedali.
Raggiunse in fretta la stanza di sua madre, dove una donna che non aveva mai visto lo aspettava in piedi di fianco al lettino.
"Salve" disse lui, appoggiando lo zaino a terra.
"A lei" rispose la donna. Era sulla quarantina, capelli neri e lunghi fino alle spalle, occhi neri e gradi. Era truccata, quelle signore con chili e chili di trucco sulla faccia.
"Lei è il signor Nicola Stano?" chiese la donna. 
"Si, sono io". Lei gli porse la mano.
"Ivana Patierno , piacere"
"Piacere mio" e cercò di sorriderle ottenendo un nulla. Non gli metteva molta allegria.
"Non ha ancora pranzato, immagino" disse la donna.    
"Il mio professore di italiano mi ha fermato per parlarmi di… un progetto… non ho avuto tempo"
"Capisco. Venga, le offro il pranzo. Devo parlarle di una cosa" Nicola guardò la madre per un attimo, poi annuì.
Vicino all'ospedale stava una sorta di fast food, anche se la tipa non sembrava di quel tipo, cercò di adattarsi con un insalata.
"Così, di cosa deve parlarmi?" chiese Nicola, una volta seduti.  
"Sa chi sono io?" fece la donna. Lui scosse la testa. 
"Sono l'avvocato di famiglia"
"Mio padre si è sempre occupato di queste cose, signora Patierno. Non mi chieda niente"
"Non devo chiederle niente. Mi è stato dato l'ingrato compito di darle una brutta notizia riguardo a sua madre" Nicola sentì lo stomaco stringersi.
"Si?"
"Si. Anni fa, sua madre e suo padre hanno stipulato un contratto che riguardava le loro preferenze in caso di coma. Solo io e suo padre siamo a conoscenza di queste preferenze, e suo padre mi ha chiesto di riferirle"
"Immagino che, se lei è qui davanti a me, vogliate staccare" la donna annuì.
"Quando, questo?" chiese ancora Nicola, spaventato dalla risposta.
"Fra tre giorni, quando suo padre tornerà dall'America". Nicola si alzò in piedi.
"Cazzo… Non mi va più, lo mangi lei" fece, spingendo il vassoio verso di lei e uscendo nell'aria di aprile. Si sentiva male, gli girava la testa e avrebbe vomitato di li a poco. Pensò di tornare a casa, non abitava molto lontano da lì.  
Suo padre non aveva neanche avuto il coraggio di dirglielo in faccia, quello stronzo.
E che cosa avrebbe fatto, dopo? Aveva dedicato tutta la sua vita a sua madre, facendosi bocciare più volte. Non erano molti i professori che lo sapevano e quasi tutti quelli che lo sapevano se ne fregavano, tartassandolo comunque.
Andò a prendere lo zaino, mentre nella sua testa mille pensieri giravano per la sua testa. Pensava a sua madre, suo padre e tutto quello a cui avevano dovuto rinunciare. E lui con un uomo come suo padre non ci sarebbe restato.
Non riusciva neanche a piangere, tanto stava male.
Casa sua era fredda. Non vi entrava molto spesso, lasciava tutti i libri sotto il banco.
Lanciò lo zaino da una parte. Avrebbe fatto la doccia, poi avrebbe letto quel libro che il professor Mignacco aveva chiesto alla classe di leggere. Nicola non sapeva di che parlava, ma lo avrebbe presto scoperto.
Mignacco gli stava simpatico, perché aveva sempre qualche libro da consigliargli, oltre a quelli che dava da leggere a tutti. A Nicola, personalmente, leggere piaceva molto. Leggeva qualsiasi cosa, dalle poesie agli horror.
La sera non ci badò molto ad arrivare, e lui aveva già letto quasi la metà del libro.
Mentre si coricava, gli venne in mente una frase che si era completamente dimenticato.
Se c'è qualcosa che posso fare per te, non esitare a chiedere. Non avrebbe esitato, no.

  
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