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Autore: Milla Chan    20/03/2012    5 recensioni
Sgranò gli occhi, e strinse più forte la mano inerme con una smorfia.
-Norge, ti prego.-
Nor lo guardava, ogni muscolo dolorante, ogni piccolo gesto terrificante, gli occhi tremanti.
Li socchiuse, abbassando impercettibilmente la testa.
Lo guardò un’altra volta, prima di abbassare le palpebre come se non avesse neanche più la forza di riuscire a tenerle aperte, probabilmente nel tentativo di dirgli qualcosa, o di cercare un modo per salvarsi, farlo per se stesso e per lui, in qualche disperato modo, mentre una lacrima gli rigava la guancia sempre più pallida.
Non voleva sparire.
Genere: Angst, Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Danimarca, Norvegia
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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Danimarca carezzò ancora una volta, carico di apprensione, i suoi capelli e la fronte calda, senza sapere cosa fare, fissando addolorato gli occhi umidi, arrossati e paurosamente vuoti del ragazzo steso tra le coperte.
 
Anche quando aveva iniziato a sospettare che qualcosa non andasse in lui, non si era mai preso l’impegno di provare a curarlo davvero, pensando che si sarebbe risolto tutto perché, semplicemente, non gli era neanche passato per la testa che potesse diventare una cosa tanto grave. E si sentiva male. La parte di lui che si distaccava dai suoi doveri di Nazione, la sua persona si sentiva male. Non aveva idea di cosa avrebbe potuto fare per evitarlo, ma se solo si fosse dato una mossa, magari, in qualche modo, sarebbe riuscito ad evitare di vedere Norvegia in quello stato pietoso.
Perchè adesso erano arrivati ad un punto di non ritorno, non poteva fare davvero niente, se non starsene seduto affianco a lui, magari tenendogli la mano paurosamente bluastra, a vederlo tremare -a volte sussultava talmente forte che si spaventava-, vederlo magro come non lo era mai stato, quasi uno stato di trance terrificante. Non riusciva a muoversi, Norvegia. Dan gli parlava, e la maggior parte delle volte non rispondeva affatto, o apriva soltanto la bocca per poi rinunciare a parlare.
In quei giorni, l’unica parola che aveva sentito distintamente uscire dalle sua labbra era “Vann”. “Acqua”.
Ogni suo respiro sembrava uno sforzo che gli richiedeva la massima energia, tra un rantolo e un colpo di tosse che esalava dalle labbra secche e socchiuse.
A volte si chiedeva se Norge fosse felice di averlo affianco.
In ogni caso, non avrebbe potuto lasciarlo solo, in nessun modo, neanche se l’altro avesse voluto. Con quale coraggio avrebbe potuto lasciare la stanza, abbandonare il corpo moribondo di Norvegia?

Si risvegliò dai suoi pensieri quando, inaspettatamente, sentì la presa di Norvegia farsi più debole di quanto già non fosse e il suo respiro pesante, affannoso, gli trafisse il cuore in modo atroce.
Alzò lo sguardo, spaventato come non lo era mai stato, su di lui.
Dio, quanto era magro, quanto era pallido.
Quanto era... Trasparente?
Sgranò gli occhi, e strinse più forte la mano inerme con una smorfia.

-Norge, ti prego.-

Nor lo guardava, ogni muscolo dolorante, ogni piccolo gesto terrificante, gli occhi tremanti.
Li socchiuse, abbassando impercettibilmente la testa.
Lo guardò un’altra volta, prima di abbassare le palpebre come se non avesse neanche più la forza di riuscire a tenerle aperte, probabilmente nel tentativo di dirgli qualcosa, o di cercare un modo per salvarsi, farlo per se stesso e per lui, in qualche disperato modo, mentre una lacrima gli rigava la guancia sempre più pallida. Non voleva sparire.
Dan sentì un soffio sfuggire dalla bocca di Nor con un gemito, mentre la fronte si corrucciava appena e il collo in tensione si ammorbidiva.


Il danese scosse la testa, sentendo le dita bluastre muoversi lievemente con scatti involontari, supplicando che non succedesse niente, sperando con tutto se stesso che tutto sarebbe andato per il meglio, provando a non notare che, di fatto, riusciva quasi a scorgere il letto attraverso il corpo di Norvegia.
Com’era diventato freddo.
Col timore di poterlo rompere, Dan represse l’impulso che gli diceva di stringerlo al petto, ma non riuscì a fare lo stesso le crudeli lacrime che ormai gli solcavano il viso, increspato in un’ amara smofia di dolore.
Singhiozzò sentendo il cuore strigersi, la stessa sensazione che aveva provato la prima volta che gli aveva detto che lo amava. Ironia della sorte.
Non riuscì ad evitare i suoi occhi, socchiusi e assenti, il respiro irregolare che continuava a rompegli i timpani.

Si portò una mano sul cuore con un gemito. Era tenuto fermo sull’orlo del baratro, uno straziante dolore che sarebbe riuscito a farlo impazzire, ne era sicuro.
Perché era tutto bloccato.
Norvegia restava trasparente.
Non spariva.
Ma nemmeno tornava se stesso.
Dan si piegò in avanti, allungando il pollice verso la sua guancia per accarezzarla con la maggior delicatezza possibile.
Gli sembrò di accarezzare una goccia di pioggia.
Prese un respiro, tremolante, per tentare di stabilizzare la voce.

-Non andare via...-


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Angolo autrice e piccoli chiarimenti.
Eccomi qui. Questa l’ho scritta sei mesi circa fa, ma non ho mai preso il coraggio di pubblicarla perché:
1) Non mi sembra di averla scritta benissimo.
2) Noto di star scrivendo cose troppo tristi.
Ma, dato che “Qui si legge tutto!” [Cit. happylight] (...XD) ho detto “Massì. Mettiamola un po’ a posto e pubblichiamola, amen.”
Spero non vi sia dispiaciuta <3

Adesso passiamo ai chiarimenti:
Siamo tra il 1349 e il 1350. Infuria la peste nera. Ma lo saprete sicuramente meglio di me. :’D
Il fatto è che la Norvegia è stato uno degli stati più devastati, tanto che, alla fine dell’epidemia, la popolazione si era ridotta di un mezzo (se non di due terzi!).
Per questo ho pensato: la popolazione è quasi del scomparsa, ergo Norge è quasi scomparso. Chissà quanto ha sofferto ;AAA;
Non smetterò di ripete che mi sento una persona cattiva. ç_ç

   
 
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