Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: rei__    20/03/2012    2 recensioni
dalla storia: Ricordo ancora bene la prima volta che ti ho incontrato sai?
Anche se non te lo confesserei mai, se un giorno ti capiterà di chiedermelo sappiamo entrambi bene che ti dirò una delle mie frasi da sbruffone, e tu ti fingerai offeso solo per farti coccolare ancora di più, perchè sai benissimo che sto mentendo.
Lo ricordo bene....
primo esperimento shonen ai ^_^ siate buoni e fatemi sapere che ne pensate! :D
Genere: Fluff, Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Attimi di te e me




a tutti coloro che credono che l'amore non abbia sesso né genere
Perché come dice Pascal “il cuore alle sue ragioni, che la ragione non conosce”







Ti osservo mentre tracci con mano sicura le tue belle linee scure, facendo diventare magico un semplice pezzo di carta.
Ti guardo mentre con l'aria da perenne ragazzino fissi con le sopracciglia inarcate quello che hai appena disegnato. Non ti piace, lo so, esattamente come so che fra poco prenderai la piccola gomma bianca e cancellerai.
Sono troppi anni che stiamo insieme, per non saperlo.
Anzi no, non sono troppi...il tempo passato con te non è mai troppo.
Lo so che stai pensando che io dorma, te lo lascio pensare perchè adoro guardare il tuo viso assorto quando non sai che ti scruto.
I tuoi corti capelli mielati fanno ombra sugli occhi azzurri, concentrati sul foglio. Con una mano ti tieni il mento rigato da un filo di barba bionda, sei stato così preso dalla tua amata arte che il tempo per la barba proprio non l'hai avuto. Trattengo una risatina solo per godermi ancora un po' il pensiero di te in solitudine.
Ricordo ancora bene la prima volta che ti ho incontrato sai?
Anche se non te lo confesserei mai, se un giorno ti capiterà di chiedermelo sappiamo entrambi bene che ti dirò una delle mie frasi da sbruffone, e tu ti fingerai offeso solo per farti coccolare ancora di più, perchè sai benissimo che sto mentendo.
Lo ricordo bene.
Ricordo il tuo viso da ragazzino sveglio, le tue mani sporche di tempere, e l'espressione di gioia pura quando hai riabbracciato tuo fratello.
Da quanto tempo non lo vedevi?
Eri un ragazzino quando se ne andò, e lui era un ventenne pazzo, partito militare con l'incoscienza dell'età.
Eravamo arrivati con un giorno di anticipo e Zack non vi aveva chiamati proprio per fare un sorpresa. Finalmente avevamo ottenuto un posto stabile, dopo sei anni di continui sacrifici, pericoli e spostamenti.
Tua madre aveva pianto dalla gioia quando Zack l'aveva informata per telefono.
La mia? La mia aveva fatto appena un mormorio d'assenso.
A casa tua invece tutti si erano precipitati nel piccolo ingresso, appena sentita la voce di tuo fratello, potrei giurare di aver visto un lacrima sul viso di tuo padre.
Li ho sempre adorati i tuoi, dei genitori fantastici.
Di quelli che i figli li hanno desiderati con tutte le proprie energie.

Ricordo com'eri quel giorno.
La tua testolina bionda si era appena affacciata dalla rampa di scale, avevi il viso macchiato di tempera gialla così come le mani, e appena hai visto tuo fratello hai quasi fatto le scale volando per riabbracciare il tuo mito.
-Zack!! O dio! Zack! Zack! Sei tornato!-
e gli sei saltato al collo, macchiando di adorabile giallo la sua divisa verde militare.
Mi sentivo un intruso in quel momento, un qualcuno intrufolatosi senza motivo in un nido familiare non suo.
Poi quella splendida donna che è tua madre ha abbracciato anche me, e mi sono sentito a casa. Anche se era la prima volta che mettevo piede in quell'ingresso.

Quando ci hanno presentati, mi sei sembrato più ragazzino che mai, e per la prima volta in tutta la mia vita, era un complimento.
Non eri così tanto più piccolo di me, diciott'anni li hai compiuti solo due mesi dopo, stavamo già insieme. Eppure c'era qualcosa  di infantile in te e nelle tue mani agili e aggraziate, pallide e macchiate di colore. O forse c'era qualcosa di troppo adulto nei miei venticinque anni di vita, la maggior parte dei quali passati nel freddo di un'accademia militare.

-tanto piacere di conoscerti, Ciel- hai detto con voce calda e un sorriso.
-piacere mio, Haydn-

ecco, credo sia iniziata così con una stretta di mano, primo mattone di una qualsiasi amicizia.
Tutto il resto, tutte le altre cose di quella splendida avvenuta e magia che siamo noi, è iniziato poco dopo.
Ringrazierò per sempre, Dio, il destino, o qualsiasi altro per avermi donato l'insonnia di quel periodo.
Tua mamma, mi aveva praticamente obbligato a stare da voi per l'estate, il tempo di trovare casa e mettere col lavoro un po' denaro da parte.
Io, dopo mille reticenze avevo accettato, non avevo altro posto dove andare.

Quella notte c'era un afa bestiale, la mia insonnia mi torturava da tre sere, e stanco di stare a letto a farmi schiacciare dal caldo, mi ero diretto con passo felpato nel vostro salotto.
Tu eri seduto sul divano rosso a tre posti, te ne stavi rannicchiato con la schiena appoggiata al bracciolo e il piccolo lumino acceso. Con le gambe tirate al petto e il blocco da disegno appoggiato sulle ginocchia.
-che fai sveglio a quest'ora?- ti chiesi usando il mio tono più calmo, nonostante questo sei sobbalzato, eri così preso da non esserti accorgerti di me prima che parlassi.
-oh...ciao!- puff! Sei caduto dalle tue nuvole. -ecco, stavo...bhè, disegnando!- hai continuato poi con imbarazzo, ma allo stesso tempo sembrava che per te fosse la cosa più ovvia del mondo.
-questo lo vedo, ma a titolo informativo sono le 3 del mattino- 
mi sedetti nel divano, lasciando un po' di spazio fra noi. Tu hai riso e  hai poggiato il tuo blocco sul tavolo di vetro di fronte al divano.
-bhè, a volte la notte mi sveglio e sento il bisogno di...di dipingere o disegnare o anche solo riguardare qualche vecchio disegno...e allora non posso fare a meno di farlo, è come eseguire un ordine, e se non lo faccio poi non dormo più-
mi hai spiegato mentre con una mano ti grattavi la testa per dissimulare l'imbarazzo. Era la prima volta che sentivo un discorso del genere e ripensandoci, già da allora ho capito che per te, che ti nutri e ti nutrivi anche allora di emozioni, l'arte non sarebbe mai stata al secondo posto. Era un esigenza, un bisogno, faceva parte di te, semplice e pura.
Ti sorrisi -è una cosa molto bella...temo che la mia spiegazione sarà molto meno poetica-.
-sentiamola!- ha detto già ridendo.
-semplice insonnia itinerante.-
sapevo dove tuo fratello teneva le scorte di sigarette, così andai a cercare nel piccolo mobile vicino al camino, e senza fatica ne estrassi un pacchetto e un accendino.
-fumi?- 
-ho provato a fare un tiro tempo fa...ma ho tossito così tanto che non ho più riprovato-
-e hai fatto bene!- ti risposi, ma intanto io la mia l'avevo già accesa -è un bene non prendere il vizzio-
-tu però stai fumando- hai constatato facendomi sorridere -”vedo il meglio...ma è poi al peggio che mi appiglio” disse un grande-
-Petrarca- hai detto sicuro
-esatto! Non pensavo indovinassi ragazzino...di solito qua gli autori italiani non si fanno in maniera troppo approfondita!-
-frequento il privato...- hai ammesso con un pizzico di vergogna.
Quasi mi dimenticavo che eri cresciuto come un piccolo principino, coccolato nella bambagia.
-vuoi continuare a parlare di letteratura italiana o...vuoi che ti lasci in pace a disegnare?-.
Mi fa ancora sorridere il ripensare a come ti sei affrettato a trovare pretesti per farmi restare.
-potremmo vedere un film!- accettai, e abbiamo perso almeno un'ora per metterci d'accordo sul cosa guardare.

Iniziarono così le nostre nottate. Dopo quell'incontro casuale per due settimane ci siamo ritrovati insieme su quel divano a litigare scherzosamente discutendo di film.
Mi piacevi, non lo nascondevo a me stesso. Non mi sono mai nascosto la mia attrazione per gli uomini, eppure...sentivo che in qualche modo ciò che provavo per te era diverso. L'affetto, l'infatuazione che sentivo erano diversi dalla passione che avevo già provato verso altri. Ti trovavo bello, bellissimo...ma la verità è che notte dopo notte mi sono infatuato della tua anima, dei tuoi disegni dai toni sognanti, delle espressioni del tuo volto. Era un amore che mi faceva bene e male. Bruciavo di lava dolce, mentre tu mi legavi, forse inconsciamente, a te.
Poi in una delle nostre notti, senza un motivo ci siamo avvicinati l'uno all'altro, sarebbe facile dire “ho iniziato io” oppure “ti sei avvicinato tu”, ma la verità è che ci siamo cercati e attratti come i poli opposti di una calamita. Nella dolcezza più inconsapevole ci siamo ritrovati accolti in un abbraccio tenero, col tuo capo poggiato sul mio petto, mentre in sottofondo si sentivano le voci dei personaggi di quell'infantile cartone animato che mi stavi obbligando a vedere, Rapunzel.
Eravamo stretti insieme come se fosse la cosa più naturale del mondo, sembrava un gesto ripetuto migliaia di volte. Nessuno dei due disse niente, io mi limitai a stringerti al petto. Era tutto perfetto, un incanto rotto dal misero rumore di passi dalla scala. Appena li hai sentiti ti sei scostato da me come scottato. Quella volta mi hai ferito, non lo nego, ma non mi offesi. Comprendevo fin troppo bene le tue insicurezze, la paura verso te stesso, e verso quelle emozioni che non capivi. Paura della razione della tua famiglia. Lo capivo.
Tuo fratello si affacciò dalla porta del salotto e ci trovò tranquillamente seduti a guardare il cartone.
Per tutto il giorno seguente ci comportammo come se quell'abbraccio fosse stato un sogno collettivo da cui ci eravamo svegliati. Quando poi alle solite 3 scesi in salotto e non ti trovai, il senso di vuoto nascosto stoicamente per tutta la giornata prese tutto me stesso.
Ero deluso, avvilito, triste per me, ma soprattutto per te. Non volevo che tu ti nascondessi, che rifiutassi te stesso e egoisticamente non volevo che rifiutassi me. Presi a fumare con amarezza, guardando fuori dalla finestra per un tempo che mi parve interminabile. Quando schiacciai con rabbia il mozzicone di sigaretta sul piccolo posacenere, avvenne quello che non avevo più osato sperare.
-ehi...scusa il ritardo- mi voltai di scatto e ti vidi a testa bassa a pochi metri da me.
Eri venuto alla fine, eri lì! Proprio di fronte a me a realizzare il mio sogno.
Ti sei avvicinato quasi correndo e mi hai buttato le braccia al collo. Poi con un'audacia che non ti riconoscevo hai catturato le mie labbra con le tue.
Anche solo ricordare quel momento, ancora oggi dopo tutto questo tempo, mi fa sentire nella bocca il tuo sapore di sonno e dentifricio alla menta.
Quel bacio era qualcosa fuori dal tempo, dallo spazio. Il caldo, le tue paure e le mie, i tuoi genitori che dormivano al piano di sopra...era tutto dimenticato. Come se riguardasse un altro mondo alieno. Nel nostro esistevamo solo noi e le nostre labbra unite. 

Da quella sera iniziò uno dei periodi più belli della mia vita, anche se pieno di ombre. Il nostro primo mese insieme, da “coppia” passò sotto il silenzio più assoluto, così come il secondo. Fu un periodo di sorrisi nascosti, di notti bianche rubate e di dita intrecciate sotto il tavolo, di abbracci scambiati quando nessuno guardava.
Fu bello e malinconico al tempo stesso. Era un amore nostro, esclusivo e privato, vissuto nel buio. Ma dietro ogni carezza c'era l'insicurezza di un futuro oscuro, la tua paura e la mia frustrazione per quel silenzio. Tu volevi nasconderti, come biasimarti? Avevi paura di perdere l'affetto dei tuoi genitori, di vedere mutare i volti dei tuoi amici. Eri un ragazzino, lo capivo.
Ma io, che avevo perso tutto solo per essere nato come sono, non volevo più nascondermi. 
Iniziarono così le litigate, e anche queste andavano sussurrate nel silenzio della notte, una cosa che mi mandava ancora più in bestia.
La più lunga durò una settimana, che rimane tutt'ora il tempo più lungo in cui non ci siamo parlati. Alla fine di quei sette giorni, ti sei presentato tremante nella mia camera in una mattina assolata.
-oggi glielo dico...va bene!? Oggi giuro che glielo dico, ma ti prego non essere arrabbiato con me- vedendoti così spaurito ho dimenticato tutta la rabbia e ti ho semplicemente stretto al petto.
-non devi farlo per me Ciel! Devi farlo per te stesso, non perchè hai paura di un mio rifiuto-
hai annuito -si...lo so, sono stanco Haydn, ma ho paura-
-andrà tutto bene vedrai, e se le cose non dovessero andare così, troveremo una soluzione... io e te, d'accordo?-
-si, d'accordo-
-fammi un sorriso adesso, ecco...così mi piaci. Vuoi che venga con te?-
-no...no, è una cosa che devo fare da solo-.
E mentre uscivi dalla mia stanza a testa alta, mi sei sembrato più vecchio di vent'anni.

Scesi con te alla fine, ma una volta di fronte alla porta dello studio di tuo padre,sei entrato solo.
L'attesa era tremenda. Come un leone in gabbia non facevo che percorrere il piccolo corridoio.
-Haydn!? Puoi venire un attimo in cucina?-  la chioma riccioluta di tua mamma si era affacciata dallo stipite bianco in fondo al corridoio.
Entrai nella grande cucina verde e bianca.
-oh! Tesoro, gentilmente mi prenderesti quella ciotola blu? Quella là in alto-
 disse senza alzare gli occhi dalla farina che stava impastando.
Senza troppa fatica eseguii la sua richiesta.
-grazie! Perchè non ti siedi e mi tieni un po' compagnia?-
rimasi un attimo indeciso e buttai un'occhiata nervosa al corridoio.
“perchè ci sta mettendo tanto!?” era la domanda che mi rimbombava in testa.
Alla fine mi sedetti su uno degli sgabelli verdi. Magari facendo due chiacchiere con tua mamma il tempo sarebbe passato più in fretta...
Melanie prese a parlare del più e del meno, era piacevole ascoltarla. Non spettegolava come certe galline di altro borgo...raccontava con empatia fatti che vedeva a lavoro, oppure semplicemente di qualche fatto di cronaca.
-Zack è uscito a farmi una commissione...Ciel dov'è?- mi chiese.
-ehm...credo sia nello studio di Noah, doveva dire qualcosa a suo padre..-
tua madre, non sembrava aver notato il mio nervosismo, e prese a parlarmi di te. Di quanto eri sensibile, e di come erano belli i tuoi lavori...la sua voce trasudava orgoglio.
-sai, ha mandato qualche lavoro alla Julliard! Da una parte...desidero con tutto il cuore che lo prendano, è il suo sogno! Ma se lo penso a New York! Così lontano..- sospirò -amo molto i suoi lavori...incantano, ne hai mai visto qualcuno?-
-qualche volta...- cincischiai. Altro che qualche volta! Li conoscevo a memoria, avevo anche avuto l'onore di vedere alcuni in lavorazione, anche se sbirciando...tu odi che qualcuno veda i tuoi disegni prima che siano finiti.
Il discorso sembrava chiuso, e fu allora che Melanie mi sorprese
-andate molto d'accordo tu e Ciel...- disse con un sorriso da volpe.
-bhè...insomma... si, abbastanza-
-Haydn, rispondimi sinceramente, per favore...cosa c'è fra te e mio figlio?-
mi spiazzò. Tua madre in quel momento mi tolse 10 anni di vita, e non solo per la domanda, ma anche per il tono calmo e sereno che aveva usato.
-stiamo insieme!- dissi secco.
Mi morsi la lingua l'istante dopo. Non riuscivo a credere di averlo detto davvero a voce alta. Semplicemente quelle parole erano uscite dalle mie labbra come se la bocca avesse un cervello autonomo, del tutto distaccato da quello centrale che, a dirla  tutta, stava tentando il suicidio in quel momento. Sperai con tutto me stesso di non aver causato “danni”...in fondo, non ne stavi parlando con tuo padre in quel momento?
Melanie si limitò ad annuire con il volto tranquillo e sereno, era passato forse un attimo di stupore nei suoi occhi e poi erano tornati calmi...non tolleranti o rasseganti, solo tranquilli, come se le avessi detto “sta iniziando a piovere”.
Come se nulla fosse riprese a stendere l'impasto della crostata.
-Melanie?-  la chiamai cauto
-si, dimmi- sollevò gli occhi azzurri come i tuoi su di me.
-ecco...tutto qui?-
rise di gusto -tutto qui..cosa?-
-bhè...annuisci e basta?-
-cos'altro dovrei fare?-
-ah...non saprei, a casa mia quando ho deciso di dirlo ai miei, mia mamma ha pianto come un'isterica come se le avessi detto che...non so...che stessi per morire o qualcosa del genere. Mio padre, brav'uomo, mi ha mollato un pugno spedendomi poi in accademia militare...perciò, fa due conti Mel e capirai la mia sorpresa!- le riassunsi con ironia e amarezza. Era da tempo che non parlavo dei miei genitori e bastava il loro ricordo ad innervosirmi. Mi avevano urlato contro che ero un deviato, una vergogna.
Lo sguardo di tua mamma si addolcì e mi diede una carezza leggera sul capo
-mi spiace tanto Haydn...ma non provare a pensare che ci sia qualcosa di sbagliato in e o in Ciel!-
-lo so...ora lo so- le sorrisi.
-bravo, nasciamo così...non c'è un perchè! L'attrazione verso gli altri è qualcosa che non possiamo decidere...come potrei vedere mio figlio in maniera diversa? O te?
Non gli ho mai fatto una colpa per non essere nato coi miei capelli castani...non gliene farò una per questo!-
disse tentando di buttarla sul ridere.
-Haydn...non avercela troppo con i tuoi...certi gesti sono solo dettati dall'ignoranza...- 
-non ne voglio parlare, per favore...non giustificarli-
-no, certo...e comunque sappi che io lo sospettavo da un po'!- disse orgogliosa, per cambiare argomento.
-che cosa?- strabuzzai gli occhi.
-sono sua madre! Credi che non mi accorga se mio figlio fa gli occhi dolci a qualcuno!?- disse ridendo alla mia espressione.
-Haydn...io voglio solo che mio figlio sia felice, ogni genitore dovrebbe desiderarlo, e voglio che i miei figli trovino qualcuno che li ami e li protegga quando io e mio marito non ci saremo più..capisci? Di che sesso sia, passa in secondo piano-
-sei eccezionale Mel...davvero.- 
e non lo stavo dicendo tanto per, lo pensavo sul serio. Ma dovevo immaginarmi che persone speciali come te e tuo fratello non nascessero dal caso.
-Ciel è andato a dirlo a Noah...la pensa come te, giusto?-
inarco le sopracciglia -e secondo te io avrei potuto sposare un uomo che la pensi diversamente?- chiese retorica.
-no, non credo- dissi ridendo. Tutto mi sembrava meraviglio, facile e bellissimo.
-solo un'ultima cosa...vuoi bene a Ciel?-
-credo di amarlo Melanie- dissi guardandola negli occhi.
Tua madre sorrise e la nostra conversazione si chiuse lì.
Tu sei uscito poco dopo dallo studio. Avevi un'espressione adorabilmente felice, sereno come non ti vedevo da tanto.
Non mi hai mai raccontato cosa vi siete detti tu e tuo padre, ma ho la sensazione che la vostra conversazione non sia stata troppo diversa da quella che avevo avuto io con tua mamma.


Agosto è stato il nostro mese più bello. Eravamo liberi nonostante l'odio che a volte incontravamo per la strada, liberi nonostante le ingiustizie che sentivamo in giro. Eravamo liberi nel nostro piccolo mondo.
In realtà facevamo le stesse cose di prima. Ma se farle di nascosto aveva il sapore dolce-amaro del proibito, farle alla luce del sole aveva il gusto dello zucchero filato.
Temevo la fine dell'estate, tu avevi ricevuto la tanto sospirata lettera di ammissione alla Julliard, io avevo iniziato a traslocare nel mio nuovo, piccolo appartamento.
Entro il venti di settembre dovevi essere a scuola per iniziare i corsi.
Significava stare lontani, sentirci solo per telefono e poterti abbracciare solo poche volte l'anno.
Ma era il tuo sogno, la tua vita, il tuo futuro. E io mai e poi mai mi sarei messo in mezzo, volevo e voglio tutt'ora solo il tuo bene, la tua felicità.
Ricordo ancora la tensione di quei giorni; ricordo i nostri discorsi sussurrati nelle prime ore del mattino, bisbigliati per non svegliare gli altri abitanti della casa.
-forse non dovrei andare...- hai detto una volta. Eravamo entrami distesi sul tuo letto a una piazza e mezza, coperti solo dalle lenzuola. Avevi la testa poggiata sulla mia spalla e gli occhi assonnati.
-che vuoi dire?- feci finta di non capire, tirando l'ultima boccata di fumo dalla sigaretta.
-si...ecco, insomma...forse non dovrei andare..potrei restare qui-
schiacciai con stizza il mozzicone di sigaretta sul portacenere che era magicamente spuntato sul tuo comodino da qualche settimana.
-e sentiamo...per fare cosa?-
-bhè...potrei frequentare i corsi d'arte in questa città...e diventare, non so, professore..o qualcosa del genere- hai farfugliato.
Spostai il braccio e mi sollevai per poterti guardare in faccia.
-stai scherzando, spero- avevo una voce tanto seria da risultare autoritaria.
Tu ti sei limitato a distogliere lo sguardo
-Ciel...no! Perché mai dovresti farlo!? Tanto per chiarirci Ciel, tu sei entrato in una delle accademie delle arti più importanti del mondo! E l'hai fatto solo col tuo talento, Perché vali! Senza aiuti o raccomandazioni! E vorresti dire “no grazie, resto in una piccola cittadina di provincia a fare il professore per un branco di mocciosi celebro lesi”!-
-bhè...ecco, si potrebbe essere un'idea...- hai sbottato, facendomi completamente saltare i nervi.
-perchè!?-
-perchè dovrò stare lontano, solo...io non sono mai stato solo! E poi...io e te...staremo tanto tempo senza vederci...-
sospirando tornai sdraiato di schiena, facendoti mettere la testa sul mio petto.
-possiamo farcela...e anche tu Ciel, tu puoi farcela!-
-si, certo...come no..-
-vuoi un pugno, per caso? La vuoi finire di svalutarti!? Tu devi andare lì, sarai il primo della classe, diventerai un'artista di fama mondiale..e poi tornerai qui, e mi troverai ad aspettarti...se mi vorrai ancora- aggiunsi.
Avevo anch'io le mie paure. Tu avevi diciott'anni, e solo do poco ti eri messo in pace con te stesso, accettato.
-certo che ti vorrò ancora! io...ti vorrò sempre con me Haydn...- 
risi alla tua frase mezza risoluta e mezza timida.
Risi perché mi sentivo quasi rincuorato e perché solo tu avevi il potere di darmi tutta la dolcezza che da troppo tempo mancava alla mia vita.
-promettimi che ti farai sentire ogni giorno!-
-sai meglio di me che non lo farò..-ti dissi fra il serio e l'ironico
-andiamo...mica una lettera! un...sms!?-
-mmm...forse-
-tanto lo sai che ti chiamerò ogni giorno e incaricherò Zack di tenerti d'occhio-
-dio mio! Sto tremando di terrore!-
risposi baciandoti piano il collo bianco, passai delicatamente la mia mano sul tuo petto, prima con una carezza poi iniziammo a farci il solletico punzecchiandoci a vicenda, ci addormentando in fine fra una risata e l'altra. Stringendoci nel nostro abbraccio il dolore per la distanza sembrava dimenticato.
Passarono anche quegli ultimi giorni e te ne andasti.
Poco dopo, mi capitò di andare a casa tua per parlare con Zack, per caso passai di fronte la tua camera, vederla vuota fu ammettere davvero la tua partenza. Non c'erano i tuoi vestiti buttati a caso sulla sedia, i fogli e i pennelli sparsi, la libreria piena di tutti i tuoi libri...era come se portando via le tue cose dalla casa fosse sparita che la tua presenza.
Fu da quel momento che venni assalito da una solitudine quasi insopportabile.
No, non era nel mio stile diventare uno zombie depresso, ma imparai a vivere con la tua assenza, sapendo che comunque stavi vivendo il tuo sogno e io dovevo essere felice per te.
Chi ama dovrebbe sempre volere la felicità dell'altro, è questa la più grande forma d'amore. Che senso avrebbe avuto obbligarti a stare con me? Soffocare il tuo talento per il mio egoismo?
Col tempo mi avresti odiato, avresti visto in me solo la negazione dei tuoi sogni, delle tue ambizioni...immaginare un futuro del genere mi aiutava a sopportare la solitudine.
Tu mi chiamavi ogni sera, quando ti stancavi di aspettare invano una mia chiamata, questo comportamento a lungo andare scatenò in te una gelosia infondata, io non ti chiamavo per il mio stupido orgoglio, perché non era da me dipendere da qualcuno.
Presto arrivarono le liti, ricordo ancora una delle prime e più violente.
-pronto?-
-ehi...ciao- avevi la voce un po' tesa ma tanto, tanto stanca...avevi pure chiamato più tardi del solito.
-sei stanco, tesoro?-
-un po'..mi sono svegliato alle 4 del mattino...volevo rendere bene l'idea dell'inizio dell'albeggiare-
-e ci sei riuscito?
-mmm...più o meno, non mi fa impazzire...- era la prima volte che ti sentivo insicuro riguardo un tuo lavoro. Di norma o ti piaceva o no...l'indecisione, la via di mezzo, non erano contemplate.
-...è successo qualcosa Ciel?- ti chiesi preoccupato e senza volerlo feci scattare la tua ira.
-nulla!- hai sbottato
-Ciel...-
-ma “Ciel” cosa!? Mi chiedi cos'ho!? Bene! Non ti fai sentire! Ieri sera sono crollato a letto e non ti ho chiamato! E oggi non ti sei nemmeno degnato di chiamarmi! Non ti importa nulla di me! Ammettilo, hai un altro!-
a quell'ultima accusa quasi mi veniva da ridere! Io che pensavo a te costantemente, come avrei potuto cercare altri!?
Avrei dovuto dirti questo e invece...
-sei impazzito o cosa, Ciel!? Mi conosci sai come sono fatto!-
- e come sei!? Sentiamo! Io so solo che non ricevo una tua email da mesi! Che non mi chiami, non mi cerchi!-
-lo sapevi! Te l'avevo detto! Non sono uno di quei tipi che si rincitrulliscono, che mandano 200 messaggi al giorno! Quando sei andato via...lo sapevi!-
Una voce nella mia testa mi diceva “ forza Haydn, non essere stupido! Digli come stanno le cosa, che ti manca da morire, digli che non lo chiami Perché sei stupido e orgoglioso.”
-non prendere scuse! Dimmi la verità! C'è un altro!-
restammo per qualche attimo in silenzio, sentivo il tuo respiro corto al di là della cornetta, e mi trafiggeva l'orecchio macinando i chilometri di distanza che ci separavano.
-ciel!?- chiamai, ma tu ti rifiutavi di rispondere -Ciel?...-
-non mi hai risposto!- hai sbottato alla fine.
Mi sentivo offeso dalla tua mancanza di fiducia. Avevi ragione, vincere il mio orgoglio e chiamarti ogni tanto...magari avrei anche potuto farlo, ma come non potevi fidarti di me!?
-Ciel! Stai facendo discorsi inutili da isterico!-
in tutta risposta, da bravo cocciuto quale eri e sei, mi hai chiuso il telefono in faccia.

Ci sentivamo entrambi offesi e non ci rendevamo conto che stavamo litigando per il nulla. Passò una settimana, come era già stato per la nostra prima lite, però fu totalmente diverso questa volta e ancora più doloroso...
non ti vedevo né sentivo, non sapevo che facevi o con chi eri.
Sette giorni di silenzio assoluto. Alla fine fui io a cedere e presi il telefono in mano.
Il mio cuore mancava un battito e sprofondava ad ogni squillo vano della cornetta.
Quando stavo per arrendermi e cedere, hai risposto.
-...si?-
-ehi...- ho mormorato. Tu sei rimasto glacialmente e crudelmente zitto
-Ciel, andiamo...come, come puoi anche solo pensare che io...possa avere qualche altro!? Mi manchi da impazzire-
finalmente ero stato in grado di ammetterlo, di far uscire fuori da me quelle dannate parole.
Bisogna starci attente a quelle piccole infami...le parole pronunciate hanno sempre un peso diverso, sprigionano qualcosa, prendono vita, concretizzano i pensieri.
-anche tu...- hai ceduto alla fine -ma...non mi chiami! Non ti fai sentire, come faccio a non farmi venire dubbi...-
-Ciel!- ti ho interrotto -...ascolta, la verità è che io...io non mi faccio sentire Perché non è da me provare...questo! Questa mancanza! La verità è che mi manchi da morire!  Cercarti concretizza il mio...la mia voglia di averti qui!-
presi fiato, imbarazzato Perché mi sentivo quasi uno scemo a dirti queste cose per telefono.
-avrei preferito...fare questo discorso di persona.- conclusi
-credo...di aver capito-
-...sei ancora arrabbiato?-
-no...- hai sospirato -mi manchi troppo per restare arrabbiato-
mi hai rubato un sorriso e il mio cuore a risalito in fretta su un ascensore immaginario tutti i piani da cui era precipitato, ora poteva tornare a battere sereno.
-quando torni?-
-fra poco...una settimana circa, appena prenoto il volo te lo dico...resto almeno due settimane-
provammo a parlare d'altro, di tutto quello che potevamo fare insieme quando saresti tornato, volevamo dimenticare quel litigio.
-ci conviene andare a letto mio piccolo Monet... è tardi- ti ho sussurrato
-hai ragio...ne- mi hai risposto sbadigliando come a voler confermare.
-a domani..tesoro-dissi imbarazzato
-a..domani, buona notte...Haydn?-
-dimmi?-
-...nulla, a domani...ti...-
avevo capito perfettamente quello che volevi dirmi, e da quanto eri impacciato sorrisi di tenerezza.
-si...Ciel, anch'io-
agganciammo, e respirai quella splendida pace momentanea.

Arrivasti di domenica.
E come un perfetto sciocco innamorato arrivai in aeroporto con troppo anticipo, per aspettare il tuo arrivo.
Sedetti buono, buono su una panchina. Accanto a me c'erano due signore una attempata ma che se li portava bene i suoi anni l'altra più algida e meno “ben conservata”
la signora più giovane era la classica vecchietta curiosa che ama attaccar briga
-oh! Giovanotto, se posso chiedere... chi aspetta?- disse con fare malizioso -la sua ragazza?-
io da bravo bastardo ghignai.
-più o meno,signora...aspetto una persona veramente importante-
e il destino voleva proprio farmi fare due risate, perché non so come ma quella si mise a parlare tutta convinta di famiglia,tradizione e giovani d'oggi, e tutte quelle cose “da vecchietta”
io annuisco appena, trattenendo a stento le risate.
-come mai la sua “persona speciale”è via?- dice facendomi l'occhiolino complice
-oh...ecco, frequenta i corsi d'arte alla Julliard- 
-ma che bello! Un'artista! Però è un lavoro così...precario- ed eccola ancora a parlare sola di economia a catafascio e lavori sicuri, e tradizione...
l'amica, quella più algida, sembra stia quasi per addormentarsi o darle un pugno.
Finalmente ti vidi spuntare dal gate degli arrivi e il mio cuore fece una capriola, mi alzai di scatto ignorando la signora che blaterava.
Eri pallido e stanco, magari pure un po' spaesato.
Ma appena mi hai scorto fra la folla non mi hai rifiutato un sorriso.
Mi sono avvicinato quasi correndo
-ehi...- ho sussurrato chinandomi vicino la tua bocca
-ehi- hai mormorato sorridendo, facendomi sentire il tuo sorriso sulle mie labbra.
Mi hai gettato le braccia al collo e ci siamo baciati come due assetati che vedono nelle labbra dell'altro una fonte di vita.
In mezzo a tutto quel caos di voci e genti, sentivo solo le tue labbra sulle mie e il mio corpo che urlava di gioia per poterti stringere.
Quando ritenemmo di aver dato abbastanza spettacolo ci staccammo e mentre ti tenevo per mano col cuore leggero, gettai un'occhiata alla vecchietta.
Lei, la signora logorroica, aveva un'espressione quasi buffa che oscillava fra il ribrezzo e la sorpresa. Abbastanza prevedibile.
La vera sorpresa fu la signora algida, che contro ogni prognostico mi sorrise stirando le rughe vicino la bocca.
Lascia l'aeroporto felicemente sorpreso.



Nei primi giorni della tua vacanza tutto andò bene.
Non vivevamo più assieme, come in estate, ma passavamo più tempo insieme che separati.
Raggiungemmo un nuovo equilibrio, e le tue paure su un mio eventuale tradimento si erano momentaneamente dissolte, o così almeno mi sembrava.
Poi accaddero una serie di coincidenze che ancora mi fanno sia ridere che piangere.
Una sera avevo invitato alcuni miei colleghi per una serata rilassante con qualche birra e un poker.
Dovevate venire anche tu e tuo fratello, ma avevate una cena a casa di vostro zio Derek, il fratello di tuo padre.
Quella sera io e gli altri  finimmo coll'alzare un po' il gomito, fra una giocata e l'altra. Niente di serio, a fine serata erano quasi tutti perfettamente in grado di guidare
Tranne Mark, un mio collega che era stato da poco mollato dalla ragazza, così aveva decisamente esagerato,e se ne stava collassato senza maglietta sul mio divano, dato che in un delirio di onnipotenza da ubriaco se l'era tolta.
-Anche lui viveva solo, e quindi avevo deciso di non svegliarlo e lasciarlo buono sul divano gettandogli una coperta addosso.
Io e la casa eravamo indecenti e puzzavamo di fumo.
Odore che detestavi, così da bravo fidanzato, pensando di farmi trovare in buone condizioni, dato che saresti sicuramente venuto l'indomani mattina,  così andai a fare una doccia e aprii le finestre del soggiorno.

Caso sadico volle che il tuo cervellino ebbe la felice idea di farti venire la voglia di “farmi una sorpresa”, quindi senza avvertire, finita la serata in famiglia sei venuto a trovarmi, entrando a casa con le tue chiavi, chiavi che fra l'altro ti avevo dato proprio per farti vedere che potevi stare tranquillo e fidarti.
Quando sei entrato hai trovato,Mark dormiente mezzo nudo sul divano e me, che in accappatoio ero andato a prendere una bottiglia d'acqua prima di mettermi a letto.
All'inizio non avevo nemmeno capito il malinteso. Ma appena ho visto il tuo sguardo ferito che sfrecciava fra me e Mark ho collegato tutto.
Senza dire una parola sei scappato via. La mia mente elaborò che se non ti avessi fermato ora quel malinteso ci avrebbe uccisi.
Iniziai a correre, ti inseguivo urlando per la scala il tuo nome, l'indomani potevo anche trovarmi un'orda di condomini infuriati, non mi importava, potevano anche sfrattarmi.
-Ciel! Aspetta!- 
c'è da dire che per essere un pittore correvi proprio bene!
Certo, forse il fatto che fossi scalzo e mezzo nudo stava un po' influendo sulla mia velocità. Forse però.
Ti ho raggiunto quando, finalmente stanco, ti sei fermato a riprendere fiato.
Eri arrivato già nel cortile esterno del palazzo, e piegato con le mani sulle ginocchia ansimavi cercando aria.
-Ciel!- ti poggiai una mano sulla spalla, coprendomi alla meglio con l'altra, come minimo rischiavo una multa e una polmonite.
-lasciami!- mi hai urlato scostandoti -lo sapevo, lo sapevo!- 
-Ciel! Ascoltami! È stato tutto un malinteso, lo giuro! Lascia che ti spieghi-
hai scosso la testa afflitto, eri rosso e stravolto per la fatica e le lacrime.
-un malinteso!?- tirando fuori una parte di te che non conoscevo mi hai tirato un pugno a sorpresa sulla spalla, poi ancora più irato me ne arrivò un altro che riuscì a schivare. Colpivi quasi alla cieca, erano più i colpi che davi al vuoto e quelli che schivavo che quelli che mi colpivano.
Tuttavia ricordo ancora che faticai parecchio per bloccarti.
-Ciel..basta! Finiscila, fammi spiegare!- ti urlai addosso, per farti star fermo ti bloccai  tenendoti stretto, fermando le tua braccia fra i nostri corpi.
-Mark è un amico! Non e successo nulla, si è ubriacato e per non farlo guidare e rimasto a dormire da me! Io ho fatto una doccia perché abbiamo fumato e so che ti da fastidio!- ti ho spiegato tutto d'un fiato urlando.
Tu hai scosso la testa, eri troppo sconvolto per poter provare a credermi.
-Ciel, santo cielo! Sto crepando dal freddo e ti ho inseguito per le scale mezzo nudo e scalzo!-
continuavi a non rispondermi, portando il mio nervosismo alle stelle.
Avevo una paura dannata in quel momento, così gelida e concreta da sentirne il sapore amaro sulla lingua.
Irritato ti ho scostato bruscamente da me facendoti barcollare.
-non possiamo continuare così, tu non ti fidi di me Ciel...e se manca la fiducia una rapporto non è nulla- dissi amaro.
Stavo gelando fuori e dentro, ero stanco, avvilito e arrabbiato...con me stesso, con te, con quella maledetta casualità.
Senza aspettare una tua replica mi girai per tornare indietro, una parte di me sperava con tutta se stessa di sentire i tuoi passi venirmi dietro.
Ma sentii solo il silenzio denso della notte, tanto fitto da assordarmi la mente.
Tornare dentro, ripercorrere quel percorso così conosciuto mi sembrò quasi irreale.
Tutto mi era estraneo, sembrava che fossero passate vite intere dall'ultima volta che ero stato dentro il mio piccolo soggiorno, eppure al contempo tutto era immobile e impassibile, dentro di me c'era stato un terremoto ma fuori, in realtà, non era successo nulla.
Era finita fra noi? Forse.
Quello scherzo del destino aveva trovato campo fertile nel nostro rapporto già così pieno di crepe. Se fossimo stati più solidi, forse le cosa sarebbero andate in maniera diversa.

Chiusi con un gesto stanco la finestra, non mi importava più nulla della puzza di fumo. Per calmarmi feci un'altra doccia, avevo i piedi doloranti e un raffreddore garantito.
Lascia che il getto bollente mi incidesse la pelle, lavasse via l'angoscia, ma nonostante tutto il tempo passato immobile sotto l'acqua non ebbi grandi risultati. Senza forze mi lascia cadere sul piatto della doccia, e finalmente sfogai tutto quello che tenevo dentro.


Mi svegliai l'indomani alle 10:00, dopo un sonno senza ristoro, a mettermi un po' d'anima in corpo fu l'odore forte di caffè che proveniva dalla cucina, da lì capii che Mark doveva essere miracolosamente sveglio.
Con passo pensante raggiunsi la cucina, piccola e già piena di sole, tanto per contrastare il mio umore nero. Quasi avrei preferito che il tempo nella vita reale fosse come quello dei film, dove piove ogni volta che qualcuno muore o si lascia, tutta l'allegria che volevano mandarmi quei raggi di sole mi dava quasi fastidio.
-ehi- biascicai strisciando i piedi fino a una sedia
-ehi...Haydn, grazie per ieri sera...- mi disse Mark
-figurati, non avevo proprio voglia di mettermi giacca e cravatta per il tuo funerale-
-è successo qualcosa? Hai la faccia stravolta-
con voce piatta provai a raccontargli quello che era successo la notte scorsa, tanto non aveva alcun senso nasconderlo a far finta che non fosse accaduto.
Mark a fine racconto fece una faccia a metà fra lo sconvolto e  l'imbarazzo, che probabilmente in un altro momento mi avrebbe fatto piegare in due dalle risate.
-Haydn! Cristo, mi dispiace!-
scossi il capo -tranquillo...di certo non è colpa tua, avevamo già problemi-
il discorso venne chiuso. 
E da bravo amico con i sensi di colpa mi aiutò a sistemare casa, solo verso l'una decisa di tornare a casa, voleva provare a parlare con Itsumi, la sua ragazza di origini giapponesi.
-non stare troppo giù Hay...vedrai che riuscirete a risolvere- disse dandomi una pacca sulla spalla, mentre io me ne stavo seduto scompostamente sul divano.

Sentì la porta aprirsi 
-emmm...Haydn?- mi chiamò -credo che ci sia qualcuno per te...-
mi alzai dal divano, e sporgendomi appena ti vidi dietro a Mark, stavi poggiato alla parete del corridoi, proprio difronte al mio uscio, e dormivi accovacciato a terra.
Mark, abbozzò un sorriso e senza aggiungere nulla andò via.
Mi diressi difronte a te, piegandomi poi sulle ginocchia, ti avevo sempre preso in giro per la tua capacità innata di addormentarti ovunque e in qualsiasi posizione, proprio come i bambini, ma non credevo a quei livelli!
Rimasi a fissarti per un po', tenevi le gambe strette al petto e la testa poggiata sulle ginocchia, con le braccia incrociate sopra, come a volerla nascondere.
Ringraziai il cielo che i miei unici vicini di pianerottolo fossero fuori per le vacanze di primavera, Mrs Scott la tipica madre di famiglia bigotta e frustrata, cercava pretesti per mandarmi via da quando alla domanda
“lei ha la ragazza?” le avevo risposto “no, il ragazzo”. Se ci fosse stata e ti avesse visto, come minimo avrebbe chiamato, polizia, carabinieri e vigili del fuoco!

-Ciel!- Ti scossi un po' per svegliarti -Ciel!-
incerto hai aperto un occhio ceruleo -Haydn...- hai mormorato assonnato.
-che ci fai qui?- ti chiesi nascondendo l'emozione che provavo.
-io...ecco...io...mi dispiace- hai balbettato con voce rauca,  senza guardarmi negli occhi.
-vieni..- sospirai tendendoti la mano.
senza dire altro l'hai accettata e una volta dentro, mentre io andavo in cucina per recuperare un pò di santo caffè, tu ti sei lasciato cadere sul divano tutto arruffato e stonato per il sonno scomodo.
solo uno come te poteva avere l'idea di restare a dormire una notte, circa, in corridoio!
poggiai un piccolo vassoio di plastica con tazzine, zucchero e caffettiera sul tavolino di legno rovinato che stava davanti al divano e mi sedetti accanto a te, cercando di rimanere calmo e freddo.
-io...io, ho paura Haydn- hai detto senza guardarmi -sono terrorizzato dall'idea che tu possa trovare un altro...qualcuno meno ragazzino, qualcuno che stia qui con te sempre! e...e ho paura, perchè non so cosa farei senza di te-
sospirai a quelle parole. come potevo restare indifferente?
-Ciel...ascolta, io ti amo. Non potrei mai trovare un altro! Finché so che tu sei con me, anche se distante, non li guardo nemmeno gli altri!- ti ho accarezzato teneramente una guancia - Devi credermi, non è successo nulla con Mark!-
-ti...ti credo!- hai mormorato -e anche se non fosse vero...ti crederei comunque...perchè non posso fare a meno di te- hai concluso, con voce così sconfitta da farmi star male.
provai paura per quelle parole.
Quella tua sensibilità, quasi scontata per la tua indole artistica, ti portava troppo spesso a essere...fragile, eccessivo a volte sia in bene che in male.
Quella tua "dipendenza" da me, mi lusingava per certi versi e terrorizzava per altri.
-Ciel- scesi dal divano per accovacciarmi di fronte a te, volevo guardarti in faccia, dritto negli occhi.
-ascoltami, e ascoltami bene. Io ti amo, e ti amo come credo di non aver amato nessuno. Ma tu non devi dipendere da me, non devi dipendere da nessuno! Tu sei tu, Ciel! Splendido e indipendente, forte a modo tuo...tu non hai bisogno di me per vivere, l'amore non è dipendenza o ossessione! Amore è due persone che scelgono di passare insieme la vita, che scelgono di stare insieme per affrontate la...la solitudine che la stessa natura umana ci impone, e se io e te ci riuscissimo...sarebbe la cosa più bella del mondo, la cosa migliore della mia vita!- 
era colpa tua se un militare come me era diventato tanto filosofo, era colpa di tutti i libri che mi avevi spinto a leggere, di tutti i quadri che mi avevi mostrato. L'arte aveva aperto una parte di me che non conoscevo.
-tu non devi essere la mia ombra, se sbaglio devi correggermi! picchiarmi se necessario! Devi urlarmi contro, e...avere la facoltà di scegliere di lasciarmi. Questa volta ti giuro che non è successo nulla, ma tu devi fidarti di me!-
senza darmi il tempo di pensare mi sei saltato addosso gettandomi le braccia al collo -ti credo! ti credo! scusami!-
Ti strinsi forte, e il nodo che sentivo in gola si sciolse magicamente. Tutto sembrava dimenticato.
Dopo un pò ferrai bene la presa sui tuoi fianchi e provai ad alzarmi con te in braccio
-che fai?- hai sussurrato
-ssh...ci porto a letto, siamo distrutti-
-mettimi giù...dai!- hai detto ridacchiando
-ssh...zitto- ti ho sussurrato nell'orecchi dandoti poi un bacio.
eri più pesante del previsto, ma alla fine riuscì a farci arrivare entrambi integri a letto. Stanchi ci siamo addormentati tenendoci stretti.


Passammo 4 anni fra alti e bassi, fra le gioie e i sacrifici che ora però ci hanno portati qui, che hanno fatto di noi ciò che siamo ora.
Non dimentico il nostro dolore, tutte le volte che ci siamo feriti a vicenda, perchè anche questo  ha creato e fa parte di quel percorso che lentamente ci ha portato in questa stanza illuminata dal sole, nella casa che abbiamo costruito insieme.
Se qualcuno mi avesse detto che , un giorno, dopo tutte le discriminazioni e le angherie subite, avrei potuto avere una vita del genere, non ci avrei mai creduto. 
Una casa semplice ma bella e piena di quadri e libri, una fede alla mano sinistra e un compagno che amo ancora dopo tanti anni insieme. Tutte cose splendide perché semplici.
E' una vita normale, non troppo diversa da quella di tante altre famiglie. Eppure, ero sempre stato convinto che per "quelli come noi" non fosse possibile viverla.
Le persone non considerate “normali” dall'ignoranza, non possono avere una vita come quella degli altri, no?
O almeno, questo è quello che dicono i bigotti che sostengono che l'amore e l'attrazione che provo per te siano perversione.
Credo che il fatto che noi siamo riusciti a farcela, sia la prova che forse, e solo forse, il mondo inizia piano a cambiare. Ne sono prova tutte le persone stupende che ci stanno vicine e che abbiamo incontrato.
Finchè al mondo ci saranno persone come loro, so per certo che l'ignoranza non ha vinto.


Sento la tua bocca sulla mia tempia che con un bacio mi trascina fuori dal turbine dei miei pensieri. Sei tornato a letto infilandoti sotto le lenzuola azzurre.
-Guarda che lo so che sei sveglio- dici poggiando la testa sul mio petto
-è colpa tua che tieni le tende aperte!.
-ehi, mi piace svegliarmi con la luce!-
-poetico amore, ma non di domenica mattina!-
-uff! Zitto borbottone!- dici lasciandomi una piccola scia di baci umidi sul collo.
-oggi si va dai tuoi, giusto?- ti chiedo
-si, e vengono anche Zack e Aqua con i gemelli-
sbuffo, ma sai bene che sotto sotto scherzo -dio mio! Le pesti!- mormoro lamentoso.
Tu ridi -ah! Non fare così! Sono un amore i nostri nipoti.-
-eh! Come no!? Adorabili come due calabroni che ti ronzano nelle orecchie-
-se se, fai pure il burbero, tanto lo so che li adori!-
Restiamo a coccolarci ancora un po' prima di alzarci per iniziare la nostra routine domenicale: colazione e pranzo dai tuoi, poi pomeriggio fuori con Zack e la sua famiglia, porti i bambini fra musei e gallerie, niente zoo perché ti mette tristezza vedere gli animali in gabbia, inoltre tu e Aqua siete d'accordo nel voler che i bambini si abituino all'arte, dite che in piccole dosi e senza annoiarli, fa bene alla loro crescita.
La sera stiamo fra noi, spesso stretti sul divano a guardare film in ricordo dei primi tempi, oppure viene qualche collega, mio o tuo.
È una vita che ti piace, esattamente come piace a me.
Però so bene che ti manca qualcosa, me ne hai accennato indirettamente, quasi in maniera inconscia direi, buttando qualche parola a caso.
Abbiamo una stanza da letto in più nel nostro appartamento, e so che che a te piacerebbe riempirla con un bimbo.
Io adoro i bambini, ma non so se sono pronto a crescerne uno, inoltre per quelli come noi...creare una famiglia è sempre più difficile del normale.
Ci bastiamo a vicenda, tu non rendi vuote le mie giornate e so, o almeno spero, da fare lo stesso per te.
Tuttavia so che a volte ti dispiace pensare che saremo “io e te” senza terzi, per tutta la vita.
Chissà...l'idea di crescere qualcuno con te non mi dispiace.
Abbiamo ancora tempo per pensarci, in ogni caso.
-Haydn? Che hai? Sei sulle nuvole oggi!- dici abbracciandomi da dietro
mi volto e ti sorrido -nulla...pensavo-
-a cosa?-
mi chino, e ti do un bacio leggero 
-a noi.-








note del surrogato d'autrice
grazie infinite per chi è riuscito ad arrivare fin qui senza cliccare quella deliziosa X che c'è in alto :D
è il mio primo esperimento di Shonen-ai, e non me ne vogliano le \ gli autrici \  autori esperte \i in materia che seguo da un bel po' su questo sito ^_^
spero che il risultato piaccia, così come spero di non essere stata troppo mielosa! Volevo scrivere qualcosa di non troppo assurdo, che avesse bene o male una sua verosimiglianza. So bene che, ahimè! Nella vita reale sono  poche le coppie fortunate come loro due, così come sono pochi i ragazzi e le ragazze che hanno genitori come quelli di Ciel.
Tuttavia, volevo dare un po' di tenerezza (anche molta va xD) a questa storia, e magari strappare un sorriso a quelli che leggendola si identificheranno nei personaggi. Non pretendo molto, so bene di non essere la Virginia Wolf del 2012 xD
So che c'è senza ombra di dubbio chi scrive meglio di me, ma era un tentativo innocente! Giuro! XD

Ringraziamenti:
e chi potevo mai ringraziare se non la mia Hermana? ^_^
grazie perché si sta lasciando piano piano convertire allo shonen ai xD
grazie perché mi ha assecondata nella creazione di questi personaggi
grazie perché ha contribuito anche lei alla loro caratterizzazione,
grazie perché semplicemente esiste e asseconda con gli occhi al cielo le mie pazzie e manie (comprese FF yaoi e musica giapponese xD)
grazie.
Ti voglio bene cucciola mia.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: rei__