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Autore: Winterlynn    21/03/2012    1 recensioni
Allison, Allie per gli amici, ama la tranquillità e odia le grandi città e i suoi abitanti. Hannah, coinquilina e migliore amica di Allie, ama i ragazzi. Byron è un ragazzo di città ed è rimasto chiuso fuori dalla casa degli zii nel cuore della notte con suoi due amici ed è ospitato a casa di Allie, contro la volontà di questa. Allie odia Byron con fervente passione.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le braccia conserte, poggiate sul freddo davanzale in marmo della finestra della cucina mentre le tenebre mi cullavano. Se qualcuno mi avesse chiesto quale fosse la cosa che mi rilassava di più, avrei sicuramente risposto che non vi era nulla di più  rilassante di quel lampione solitario che si ergeva davanti alla mia dimora. Era un vecchio lampione in ferro battuto la cui fioca luce illuminava il fogliame degli alberi vicini che stagione dopo stagione, sembravano volerlo inglobare tra le loro folte chiome come per poter usufruire solo loro di quel piccolo miracolo notturno. Così nel cuore della notte, quando l’unico rumore percepibile era quello del proprio respiro, mi fermavo a guardare rapita quel lampione come un insetto attratto da una fonte luminosa.

Era una notte come tante altre: la luna era oscurata dalle nuvole di passaggio, spirava una leggera brezza che scompigliava le chiome degli alberi e il silenzio regnava sovrano. E come un po’ di tempo a quella parte non riuscivo a dormire. Sospirando mi accinsi ad accendere la luce della cucina. Il nuovo dottore che si era appena stabilito in quella sperduta cittadina dove risiedevo, un certo signor Herman dalla faccia simpatica e dai modi gentili, mi aveva spiegato che la mia recente insonnia era provocata dallo stress. Ma come non essere stressati quando dopo pochi mesi mi sarei trasferita in una nuova città piena di sconosciuti per seguire l’attività di famiglia? Il sogno della mia vita non era certo quello di stare dietro a una polverosa scrivania ad occuparmi di un’agenzia immobiliare. Ero più una ragazza di paese che si accontentava del lavoro di commessa nella piccola ma graziosa caffetteria del centro. La paga era modesta ma, sommata a quella della mia coinquilina, pur sempre sufficiente per pagare le bollette e condurre una vita dignitosa.

Vivevo in una graziosa villetta dall’intonaco azzurro che un tempo era stata la casa in cui vivevo con i miei nonni. Giunta la vecchiaia avevano deciso di trasferirsi sulla costa e mi avevano lasciato quella casa troppo grande per una sola persona e allora avevo deciso di dividerla con quella che da sempre era stata la mia migliore amica. Hannah era una ragazza alta e snella, dai corti capelli castani, vispi occhi verdi , una spruzzata di lentiggini sul naso e un carattere peperino. La casa dei suoi genitori si ergeva proprio di fronte alla mia, al di la della stradina sterrata che separava in due quell’agglomerato di una decina di case nella zona nord del paese. Finito il liceo, Hannah si era trasferita da me alla ricerca dell’indipendenza ma la vicinanza della dimora paterna rendeva impossibile quel taglio del cordone ombelicale che la legava ai suoi genitori. Era ormai consuetudine infatti che sua madre venisse a trovarci per controllare che non vivessimo nel caos più completo e ci comportassimo come delle signorine per bene.
Riempito un bicchiere con del latte, spensi la luce della cucina e nella penombra mi avviai verso la porta della veranda che si affacciava sulla strada. Erano quasi le quattro della mattina e a quell’ora erano tutti tra le braccia di Morfeo per cui nessuno si sarebbe scandalizzato per la mia tenuta da notte che consisteva in una vecchia maglia di mio padre che mi arrivava ampiamente sopra le ginocchia. Se fosse stato giorno, sicuramente qualche simpatica signora del luogo con la puzza sotto il naso, non avrebbe perso occasione per farmi notare quanto fosse inadatto il mio abbigliamento. Era infatti sport locale, il gossip sugli abbigliamenti e sulle abitudini altrui. Se una ragazza si fosse messa una gonna o un vestito sopra il ginocchio, poteva star certa che la domenica successiva, dopo la messa, le signore del luogo avrebbero preso tè e pasticcini denigrando il suo abbigliamento e ipotizzando una sessualità libertina.

Avevo quasi finito di bere il contenuto del mio bicchiere quando il silenzio irreale che aveva regnato da sempre in quelle notti tranquille, venne spezzato dalla fastidiosa radio di un’automobile che andò a fermarsi proprio nella casa a destra della mia. In quel momento sentii la porta della veranda aprirsi e vidi Hannah uscirne mentre distrattamente cercava di legare la cintura della vestaglia in vita.
«Che diavolo succede?» mi chiese stropicciandosi gli occhi mentre si sporgeva per vedere meglio il veicolo sconosciuto.
«Non ne ho la più pallida idea» risposi affiancandomi a lei per vedere meglio i passeggeri della vettura «è sbucata dal nulla con la musica a palla. Non mi pare di aver mai visto quell’automobile prima d’ora».

In effetti era un’auto sportiva rossa fiammante, di quelle d’ultima generazione che sembravano essere uscite da una pubblicità o da una rivista patinata e auto del genere in paese non ve ne erano in quanto tutti bene o male possedevano un fuoristrada o un furgoncino. Dalla vettura uscirono tre persone e, a giudicare dall’illuminazione all’interno dell’abitacolo, sembravano di giovane età e di sesso maschile. Il guidatore si avviò verso la porta dei signori Hewitt e iniziò a suonare al campanello con scarsi risultati infatti questi erano partiti una settimana prima per andare a trovare qualche parente lontano. Mentre il guidatore era troppo preso ad imprecare, il ragazzo che era sceso dalla porta posteriore sembrava essersi accorto di noi e aveva fatto un cenno al terzo di guardare nella nostra direzione.
«Forse sarebbe meglio rientrare in casa» sussurrai ad Hannah che però sembrava non volersi muovere da li come rapita da quei tre sconosciuti.
«Magari hanno bisogno d’aiuto» suggerii lei mentre i tre si dirigevano nella nostra direzione.

Il primo a parlare fu il ragazzo che si era accorto di noi. Ci spiegò che erano giunti fin li per passare l’estate a casa dei signori Hewitt che, stando a quanto ci disse, erano gli zii del guidatore dal linguaggio colorito. Appena spiegammo loro che erano partiti e non sapevamo quando sarebbero tornati si guardarono perplessi tra di loro come chi non ha la minima idea sul da farsi.
«Potreste stare qui da noi finché non tornano, tanto abbiamo qualche camera libera in cui potreste sistemarvi» suggerii improvvisamente Hannah rompendo il silenzio e stupendo tutti, me compresa. Prima ancora che riuscissi ad obiettare mi bisbigliò che sembravano essere dei tipi apposto e accese la luce della veranda. Avrei voluto strangolarla. In fondo non sapevamo nemmeno i loro nomi.
«Perfetto!» esclamò il guidatore, un tipo piuttosto atletico dai mossi capelli castani e occhi di un azzurro penetrante. Gli altri due erano nella norma: il primo dai capelli neri, una carnagione piuttosto pallida e l’unico a portare gli occhiali da vista, il secondo invece aveva l’aria del classico ragazzo della porta accanto dal sorriso contagioso, occhi verdi e capelli di un biondo ramato.
«Davvero volete accettare l’invito di due perfette sconosciute? » chiesi stupefatta «Per quanto ne sapete, potremmo essere due psicopatiche che attraggono giovani vittime in difficoltà per poi strangolarle nel sonno e  farle a pezzettini in cantina»
«Se mi assicurate che sotto quella maglia e quella vestaglia non indossate nulla, potete venire a trovarmi mentre dormo e fare di me quello che volete» rispose il guidatore con un sorrisetto stampato in volto e provocò l’ilarità dei suoi compagni.

Fantastico, avrei ospitato tre sconosciuti e uno di loro era pure un simpaticone…

  
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