Videogiochi > Silent Hill
Ricorda la storia  |      
Autore: Loveless    22/03/2012    3 recensioni
Dopo la fine, c'è sempre un inizio a cui ritornare: non si può rompere il cerchio.
Eileen, Henry ed una spirale senza interruzione.
[Spoiler per uno dei finali di Silent Hill 4: the Room]
Genere: Dark, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eileen Galvin, Henry Townshend, Un po' tutti, Walter Sullivan
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Tornano a South Ashfield Heights, perché è l’unico posto dove possono andare. Henry respira a fondo prima di entrare nella stanza 302.
«Non devi seguirmi, se non te la senti» le dice.
Eileen gli stringe la mano. Il timido, generoso Henry che ancora pensa alla sua incolumità. Non lo lascerà solo. Si limita ad annuire con un mezzo sorriso.
Henry apre la porta e fa qualche passo incerto all’interno dell’appartamento. Eileen sente la tensione raggrumata sulla sua pelle sciogliersi lentamente.
«Sembra che sia tutto a posto».
Controllano assieme le finestre, i muri, l’orologio. Niente ruggine. Niente fantasmi. Niente sangue. Henry si ferma davanti al buco del muro ed al piccone che ha lasciato sul pavimento.
«E questo come lo spiego al signor Sunderland?» chiede. Ha un’espressione così buffa che Eileen non può fare a meno di scoppiare a ridere.

Il giorno in cui le tolgono la fasciatura al braccio, Henry la invita a mangiare un gelato per festeggiare. Il sole sembra malato, l’aria è un po’ fredda, ma loro passeggiano con i loro coni in mano e cercano di conoscersi meglio. Eileen pensa che è strano – non si sono quasi parlati per due anni ed ora si comportano come si conoscessero da molto, molto tempo. Ne è felice.
Quando tornano a casa, lei lo bacia sulla guancia. «Grazie» gli dice. «Per tutto quanto».

«Sei stata anche tu a Silent Hill».
«Già. Quando ero piccola». Eileen prende in braccio Robbie the Rabbit e lo stringe forte. Ha un buon odore di lavanda. «Sei passato per il parco divertimenti?».
Henry annuisce e si siede sul letto accanto a lei. «Sì. Ho sempre pensato che fosse una bella città… La Silent Hill che abbiamo visitato anni fa, intendo».
«Il lago Toluca è un posto meraviglioso».
«Anche il faro, la chiesa… Sarebbe bello…».
Lui si interrompe. La guarda. Eileen ha capito quello che vuole dire, ma non si sente né disgustata né terrorizzata all’idea. È serena. È tutto finito.
«Sì, sarebbe davvero bello tornarci». Fa una pausa. Pensa agli occhi tristi del giovane Walter, che ricorda di essere riuscita a vedere solo per un istante. «Penso che lui lo apprezzerebbe».

Henry le mostra i luoghi che lei non ha potuto vedere durante la sua prima visita. Silent Hill ha una bellezza decadente, ha i colori appannati da cartolina di un secolo prima: è come se il tempo, invece di fermarsi, abbia solamente accarezzato la città. Lei ed Henry si aggirano per le vie mano nella mano, senza curarsi dei rari passanti che incrociano. Rimangono ad ascoltare il mormorio delle acque del lago Toluca. Ad Eileen sembra che il mondo intero stia trattenendo il respiro solo per loro.

«C’è un’ultima cosa che dovrei fare, prima di andare…».

Il cimitero è pieno di fanghiglia, muschi ed eriche si sono aggrappati alla pietra ed invadono le tombe con i loro ghirigori verdi e spenti, coprono i nomi dei defunti, nell’aria c’è un’umidità che li fa tossire. Henry le tiene una mano e cerca i punti più solidi dove lei può seguirlo senza sporcarsi troppo le scarpe.
La tomba di Walter è l’unica vuota. Henry tira fuori una bambola dalla sua borsa e la depone con delicatezza all'interno. Eileen ha una stretta al cuore ed allunga una mano verso di lei. La riconosce.
«Quella è la bambola che gli ho dato…». La voce le manca. Ritira la mano. «L’ha conservata per tutto questo tempo?».
«Sì». Quando Henry la vede cominciare a tremare, le passa un braccio attorno alle spalle. «Torniamo a casa».

«Eileen» le chiede Henry, durante il viaggio di ritorno. «Secondo te è in pace, adesso?».
«Sono sicura di sì».

Il suo vestito viola è rimasto per molto tempo nella sacca che ha riportato indietro dall’ospedale. Non ricorda di averlo lavato eppure è lì, sul fondo della borsa, intatto. Eileen lo prende tra due dita. Ripensa al party a cui non ha mai partecipato e si chiede, per la prima volta, perché nessuna delle sue amiche sia venuta a trovarla o abbia chiesto di lei.
Ripone il vestito in fondo all’armadio, troppo amareggiata per buttarlo via, dove non potrà vederlo neanche per sbaglio.

Dopo la gita a Silent Hill, lei ed Henry sono usciti raramente dalle loro stanze per andare altrove. Si trovano a parlare per ore e a fare cose normali come prepararsi un sandwich o guardare un film alla televisione. A volte Eileen si addormenta, presa da una stanchezza che imputa allo stress, e si risveglia tra le braccia di Henry, che per tutto il tempo ha vegliato il suo sonno.
In quei momenti lei ringrazia Walter Sullivan con tutto il cuore.

Quando chiama i suoi genitori al telefono, le loro voci le sembrano così fredde ed impostate che quasi la disgustano. Le chiedono se sta bene senza un accenno di simpatia. Le chiedono che cosa fa tutto il giorno. Eileen risponde a monosillabi, mette giù la cornetta e corre nella 302, dove ad aspettarla c’è Henry – carne, ossa, sangue ed occhi di chi può essere ferito mille volte.
Lui la abbraccia e non le chiede niente.

Alla South Ashfield Station c’è una ragazza, seduta su una delle panchine. Ha in mano un tubo di ferro con cui disegna qualcosa di indefinito sul pavimento. Eileen si avvicina. Sa di averla già vista, ma non ricorda dove. La ragazza ha uno scatto e si alza in piedi, brandendo il tubo in un tintinnio di braccialetti a poco prezzo. Lo abbassa quasi subito quando si rende conto di chi ha davanti.
«Oh» dice la ragazza. «Allora c’è qualcuno qui».
È così bella e spaventata che Eileen sente un sincero moto di simpatia verso di lei. «Stai bene?».
«Beh… Sì, credo. Non vedo nessuno da giorni, ed ogni volta che sento un rumore mi sembra di poter morire di paura. Odio questo stress». L’altra la guarda con un accenno di supplica. «Ora non è che ti cresceranno i canini e mi sbranerai, vero? Tu sei vera, giusto?».
Lei annuisce. «Mi chiamo Eileen. Tu?».
«Cynthia. Cynthia Velasquez».
«Bene, Cynthia». Eileen le porge la mano. «Ora usciamo da qui».
Cynthia lascia cadere per terra il tubo.

Henry si sta lasciando crescere i capelli. Dice che è una cosa che non ha mai provato a fare. Magari dopo li taglierà. Secondo lei potrebbe stare bene con i capelli più lunghi?
Eileen passa le dita tra le ciocche un po’ ruvide. Gli risponde di sì, che potrebbe stare molto bene.

Trova sempre Cynthia alla South Ashfield Station. Le piacciono i treni, le piace poterci camminare dentro e sentire i rumori dei propri passi rimbombarle attorno.
«È come se fossi legata a questo posto» le dice.

Il signor Joseph bussa all’appartamento 302 un pomeriggio. Lei lascia stare per un momento il bollitore del tè e va ad aprire, mentre Henry sistema le tazze sul tavolo della cucina.
Impiegano qualche secondo per riconoscersi. Lei gli stringe le mani, grata.
«Che bello rivederla, signor Schreiber. Dove è stato per tutto questo tempo?».
«Lontano, signorina Galvin. Troppo». Il signor Joseph, in piedi nell’ingresso, si guarda attorno con aria nostalgica. «Tornare nel mio vecchio appartamento è una strana sensazione».
«Si ferma per un tè? Scommetto che ha molto da raccontarci…».
Henry, dietro di lei, annuisce in silenzio.

Sulla scrivania della camera di Henry ci sono fotografie. Decine e decine di fotografie in bianco e nero, disposte a formare una sorta di collage. Decine e decine di fotografie che ritraggono i vari dettagli della stanza 302.

Il signor Richard è una brava persona, anche se a volte è un po’ scorbutico. Lei sta cercando di convincerlo a fare amicizia con Henry e di venire a trovarla, qualche volta, invece di stare seduto ogni giorno nel suo appartamento a lucidare quel vecchio revolver. Il signor Richard borbotta qualcosa, dice che per lui è meglio starsene lontano dai vicini, così finiscono per farsi i fatti loro mentre lui si fa i suoi.
Ma Eileen riesce a convincerlo comunque ad accettare un invito nell’appartamento 302.

«È come se mancasse qualcosa» dice Henry. Eileen scrolla le spalle. Ha la stessa sensazione, ma non sa spiegarsi cosa possa essere diverso da prima.

Ormai lei non torna più nel suo appartamento. I suoi vestiti, il suo pupazzo di Robbie, tutto è nell’appartamento di Henry. A volte lui si siede sul divano con le gambe strette al petto, mentre si tormenta il pollice coi denti, e non parla per ore.
Solo quando lei lo chiama Henry sembra svegliarsi da quella sorta di torpore apatico. «Eileen» le dice, e la guarda come se fosse la cosa più bella e luminosa che abbia mai visto.

Sta dormendo, come sempre, nel letto di Henry. Si sveglia, non sa bene quando, e sente una mano appoggiata alla sua.
«Mamma» sente dire. Intorpidita, Eileen stringe brevemente quella mano e torna a dormire.

«Una volta questo appartamento mi spaventava» dice il signor Joseph.
«Ed ora?».
«Ora sembra… sereno».
Entrambi guardano Henry, raggomitolato in posizione fetale sul divano. Il signor Joseph distoglie lo sguardo quasi subito e comincia a mangiare la sua fetta di torta.

La stanza ritratta nelle fotografie sta cominciando ad incrostarsi ed ad arrugginire. Una crepa si apre sopra il televisore. Un filo di sangue scorre sotto le finestre, fino al pavimento. C’è una faccia scolpita nell’acquaio. Eileen va a controllare. Nel mondo reale non c’è niente che non vada.

Va ogni giorno a trovare Cynthia.
«Mi ricordo di Henry… È quel ragazzo carino da morire, vero? Dovresti portarlo qui. Gli devo un favore… Credo».

«Quel ragazzo mi piace» dice il signor Richard. «Parla poco».
Henry sorride.

Eileen sfoglia l’album illustrato del piccolo Walter. Anche Henry lo guarda, seduto a rispettosa distanza da lei.
«Se solo i suoi genitori non l’avessero abbandonato…».
«Se solo non avesse passato la sua infanzia alla Wish House…».
«Se solo non gli avessero parlato dei Sacramenti…».
«Se solo non avesse trovato nessuno ad abitare nella 302…».
«Se solo non l’avessero spaventato…».
«Se solo…».
Henry accarezza con la punta delle dita i fogli. Non continua la frase.

Eileen sogna di scendere una lunghissima scala a chiocciola, mentre attorno a lei cade la nebbia. È un luogo familiare, che non le fa più paura. Sa che c’è qualcuno, alla fine della discesa, ad aspettarla.
Il lago Toluca è completamente ghiacciato, immerso in un cielo stinto. Walter è seduto fra l’erba ricoperta di brina. Tiene in mano la bambola e le accarezza il viso di stoffa col pollice. «È passato tanto tempo, signorina Galvin» le dice, senza girarsi.
Eileen si siede vicino a lui. «So che volevi solo ritrovare tua madre, Walter. Mi dispiace…».
«No, no. Non sono separato da mia madre. Ora l’ho trovata» Walter le sorride – è la prima volta che lo vede farlo, ha un sorriso dolce e triste assieme. «L’ho trovata in te, la Madre Rinata. Io sono assieme a te, ora».

Henry taglia a piccoli colpi decisi le ciocche di capelli, sospeso sopra il lavandino del bagno. Ormai sono così lunghi che gli arrivano quasi alle spalle, cerca di regolarseli come può.
«Come ti pare che stia?» le chiede – ogni volta che le domanda qualcosa, lo fa con una sorta di timida reverenza, come se stesse per disturbare una divinità. Eileen gli appoggia una mano sulla guancia.
«Sei perfetto».

Walter ha la testa appoggiata sulle sue ginocchia. Lei gli toglie dei fili d’erba impigliati fra i capelli.
«Io sono diventato il luogo dove vivete» le dice. «Ma sono anche Lui. E tu sei… Lei».

Quando è stata l’ultima volta che è uscita da lì? Quando è stata l’ultima volta che ha parlato con una sua amica? Quando…?
Poi Henry torna a guardarla, con quello sguardo desideroso di protezione, ed Eileen lascia semplicemente perdere quelle sciocche domande.

Henry strappa con rabbia le pagine del libro cremisi. È la prima volta che lo vede arrabbiato.
«Discesa del Demonio? Eresie? Blasfemia? Bugie!».
Getta i frammenti di carta sul pavimento. La guarda, ed i suoi occhi sono febbrili, ricolmi e felici.
«Tu sei qui… Tu sei proprio qui».
«Sì. Sì, sono qui».
Henry si lascia abbracciare docilmente. Apre la mano e gli ultimi frammenti strappati volteggiano fino a terra, in silenzio.

«Sono stato bravo, Madre? Ti piace il mondo che ho creato per te?».
Eileen sente il peso costante contro il proprio cuore dissolversi. «Sì. Sì, mi piace».

Henry è disteso sul divano, la testa appoggiata sul suo grembo. Lei gli districa i capelli con le dita.
«Rimarrò con te per sempre».
Lei sorride ed annuisce. Il suo compito è quello di essere una Madre silenziosa. Lo proteggerà. Li proteggerà. Li terrà con sé per sempre.

Tutti quanti. Tutti quanti saranno sempre attorno a lei, perché è lei il centro di tutto. Per sempre.



Note inconcludenti dell'autrice: ...Okay, bel modo per entrare nel fandom di Silent Hill, vero? Saaaalve. *saluta con la manina* Non avrei mai detto che avrei scritto una storia su Silent Hill 4, ma eccomi qua. L'ho finito solo un paio di giorni fa e già comincio a tormentare...
Va bene, torniamo seri. Personalmente vedo questa storia come una sorta di estensione del finale "21 sacramenti"; l'avete presente, no? I due Walter che entrano nella stanza 302, Eileen che muore, Henry idem, anche se noi giocatori questo non lo sappiamo fino a quando non ascoltiamo il notiziario alla radio. Paradossalmente è stato proprio il fatto di vedere Henry cadere a terra con l'emicrania, rialzarsi e guardarsi in giro che ha gettato le basi per questa storia: si è accorto di essere morto oppure no? Quindi, andiamo via di questo passo, facciamo finta che nessuno ricordi o si renda conto di essere trapassato e vediamo che succede... D'accordo, gli otherworld di Walter non sono così tranquilli come li ho descritti io, ma immagino che dopo una sua riunione con la "Madre" ci sia stato una sorta di cambiamento anche nelle sue realtà fittizie, chiamiamole così; penso anche che Walter possa sentirsi abbastanza generoso da creare una sorta di mondo simil-reale in cui la Madre rinata possa sentirsi a casa... Compresi i finti passanti, finti genitori, eccetera. Bah.
Immagino di dovervi una spiegazione anche per la faccenda Henry-Walter. Cosa succede dopo il finale, secondo voi? Visto che i 21 sacramenti non servivano esattamente per riunire un bambino ad un appartamento immagino che qualcosa sia andato storto: quindi sì, immagino che Walter si sia fuso - sort of - con la stanza, ma che non tutto sia andato come previsto. Ipotizzando liberamente, la presenza di Walter nella 302 potrebbe influenzare Henry in qualche maniera? Se sì, quanto? Questa è la risposta che ho cercato di darmi. Lo so, è un po' strano vedere Colui che riceve Saggezza in queste condizioni, ma personalmente l'idea non mi dispiace. Ed Eileen... Io amo quella donna. Punto.
Mmmm, dimenticavo: diamo a Cesare quel che è di Cesare, perciò gran parte della storia l'ho scritta sotto l'influenza di questa canzone qui messa sul repeat. Se l'avessero messa nel gioco, direi che non avrebbe stonato per niente! (nulla toglie che Yamaoka sia un dannato genio, Room of Angel è qualcosa di divino) :)
Fine della pappardella. Per insulti, i "datti all'ippica" e cose varie, sapete dove trovarmi :) See ya!
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Silent Hill / Vai alla pagina dell'autore: Loveless