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Autore: Amy Dickinson    22/03/2012    11 recensioni
Può una semplice immagine fan art ispirare una one-shot? La risposta è sì.
Incomincia tutto con una graziosa Strawberry che ha appuntamento con Mark, è felicissima e già pregusta il loro incontro ma la sua giornata è destinata a cambiare a causa di un certo alieno...
Fatemi sapere cosa ve ne pare, grazie ^^
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Amy Dickinson © 2012 (22/03/2012) 
Disclaimer: Tutti i personaggi appartengono a Mia Ikumi e a chi detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata redatta per mero diletto personale e per quello di chi vorrà leggerla, ma non ha alcun fine lucrativo, né tenta di stravolgere in alcun modo il profilo dei caratteri noti. L’intreccio qui descritto rappresenta invece copyright dell'autrice e non ne è ammessa la citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite permesso scritto. 

 

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Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.


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Youre my子 猫ちゃん

 

‘Bene, sono in anticipo!’ pensò Strawberry.
Era al settimo cielo perché fra poco avrebbe trascorso il pomeriggio in compagnia di Mark, il ragazzo che le piaceva dall’inizio dell’anno e che sognava diventasse il suo fidanzato. Per l’occasione si era anticipata i compiti il giorno prima e si era offerta di lavorare al Café Mew Mew anche di domenica pur di recuperare la giornata libera che si era appositamente presa. Inoltre, per non rischiare di arrivare nuovamente in ritardo all’appuntamento, aveva raggiunto il luogo prestabilito con una decina di minuti di anticipo. L’aveva fatto perché la prima volta che erano usciti insieme era stata trattenuta da uno dei suoi impegni da Mew Mew e così era arrivata con imperdonabile ritardo. Mark l’aveva aspettata nonostante tutto ma a lei era davvero dispiaciuto così sperava che farsi trovare già lì le avrebbe permesso di farsi perdonare. 
La sua felicità si poteva facilmente evincere dall’aria sognante e dal sorriso che la irradiava tutta. Inoltre aveva cercato di apparire più carina del solito perché ci teneva molto a far colpo su di lui anche grazie al proprio aspetto fisico. I codini rossi erano stati adornati con dei nastrini rosa inoltre si era lievemente truccata e aveva vaporizzato un profumo dalle note fruttate su collo e polsi. Indossava un abitino bianco e rosa adornato da nastrini e volants ma non per questo pomposo, anzi, su di lei appariva grazioso e fine. A completare il tutto, in un delicato color crema, c’erano un paio di scarpette dal tacco basso e una borsetta. Stava un incanto.
In piedi presso la fermata dell’autobus, il luogo dell’appuntamento, Strawberry veniva fissata da molti passanti le cui reazioni mostravano sentimenti fra loro contrastanti – invidia nelle ragazze, ammirazione nelle bambine, interesse nei ragazzi.
Era così deliziosa da non poter passare inosservata. Tutta quell’attenzione l’imbarazzava ma, allo stesso tempo, le dava anche un pizzico di sicurezza in più. Questo perché, nonostante il suo impegno, non era certa di poter piacere a Mark come sperava. Non conosceva affatto i gusti del ragazzo, sapeva solo che era bravo nel praticare il kendo e che era un maniaco dell’ecologia, ma non aveva la minima idea di che tipo di ragazza potesse effettivamente piacergli, così aveva fatto di testa sua, sperando in un risultato vincente. E lo era, qualsiasi ragazzo non avrebbe potuto restare indifferente alla sua vista. 
Strawberry stringeva la borsetta fra le mani, visibilmente nervosa ed impaziente. Perché i minuti non passavano? Le sembrava di essere lì da ore quando, invece, erano trascorsi un centinaio di secondi dacché era arrivata. Improvvisamente le squillò il cellulare.
“Pronto?” rispose alla chiamata.
Ciao, Strawberry” 
“Oh, ciao Mark!” 
Il cuore cominciò a batterle forte. 
Scusami, so che oggi avevamo deciso di vederci ma ci sarebbe un problema…
“Ma è successo qualcosa? Stai male?”
No no, niente di cui preoccuparsi. Solo che sono stato appena avvisato da un amico che una banda di teppisti sta rovinando lo spiazzo di un parco per bambini che si trova dall’altra parte della città. Mi dispiace per il nostro appuntamento ma devo proprio andare
“Cosa? Ma è proprio necessario?”
Sì, quei ragazzini non sanno quello che fanno e qualcuno li dovrà pur fermare, no? Salvaguardare l’ambiente è davvero importante per me e non posso permettere che certe azioni rimangano impunite, lo capisci questo, vero?
“Sì, capisco”
Ma per caso eri già uscita di casa?
“Eh? No, mi sto ancora preparando” mentì.
Ah, per fortuna. Beh, devo andare adesso. Scusami ancora, vedrai che ci sarà senz’altro un’altra occasione. Ciao
“Certo, non preoccuparti”
E terminò la chiamata. 
L’euforia che aveva provato per giorni e giorni era stata spazzata via da quella breve conversazione, semplicemente, come si fa quando si cancella una segno fatto a matita con una gomma. Addio farfalle nello stomaco, addio batticuore.
‘Il pianeta è importante, certo, ma per una volta avrei voluto esserlo di più ai suoi occhi. Pazienza. Terra 1, Strawberry 0’ pensò, sospirando sconsolata.
E dire che aveva speso quasi un intero stipendio per comprare il vestito, le scarpe e la borsa e aveva impiegato più di un’ora per prepararsi ed essere impeccabile. Ma Mark non avrebbe visto quanto impegno ci aveva messo. 
Diede un’occhiata all’orologio affisso vicino alla tabella degli orari dell’autobus e notò che erano appena scattate le sei e un minuto.
‘Beh, ho ancora il pomeriggio libero, tanto vale godermelo’ si disse.
Attraversò la strada e percorse un lungo marciapiede prima di raggiungere un’isola pedonale dove c’erano alcuni negozi. Curiosò prima tra gli scaffali di un negozio di peluche che assomigliavano a quelli che di tanto in tanto cuciva Lory, poi guardò i costosi capi di abbigliamento che riempivano le vetrine delle boutiques con un po’ di dispiacere per non avere abbastanza soldi con sé. Una volta che ebbe terminato il giro si concesse un caldo cappuccino e un piattino di pasticcini in un locale lì vicino. L’ambiente era carino e i cibi serviti gradevoli ma comunque non paragonabili all’originalità e al calore del locale dove lavorava e alle favolose abilità di Kyle come pasticcere. 
‘E’ un vero peccato che Mark non sia venuto, la passeggiata sarebbe stata molto più piacevole in sua compagnia. Se solo mi avesse avvisata prima avrei chiamato Mimi e Megan e a quest’ora non sarei qui a girare tutta sola’
Pagato il conto se ne andò.
Prima di tornare a casa, dato che era di strada, pensò di fare un giro al parco Inohara e sedersi presso una delle panchine sotto gli alberi e godersi un po’ di pace. L’aria era fresca ma non eccessivamente, tirava un leggero venticello che le scompigliò gentilmente i codini e il vestito. Poco distante da lei un gruppetto di bambini giocava a nascondino. Il suono leggero della loro corsa sull’erba, inspiegabilmente, le fece venir voglia di spingersi nella zona del parco dove c’erano i ciliegi così si alzò dalla panchina e si mise a camminare sul prato per raggiungerla. L’erba frusciava al suo passaggio e le carezzava le caviglie facendole il solletico. Dopo qualche minuto riusciva già a vedere gli alberi in lontananza ma qualcosa era destinato a cambiare la sua giornata. O, forse, sarebbe meglio dire qualcuno.
“Ciao bambolina mia, dove te ne vai tutta sola?” chiese una voce alle sue spalle. 
Strawberry conosceva sin troppo bene quella voce e, ancora prima di voltarsi e constatare di non essersi sbagliata, si innervosì. Mark aveva rimandato il loro appuntamento all’ultimo secondo e lei, di tanta gente, aveva incontrato proprio quell’alieno per lei insopportabile. 
“Che sei venuto a fare, Ghish? Se sei qui per combattere ti consiglio di sparire, oggi non è proprio aria” rispose secca.
“Combattere? Ma no micetta, niente affatto” 
“E allora cos’è che vuoi?”
“Eppure mi sembra ovvio, dovresti saperlo”
Strawberry per tutta risposta lo fissò interrogativa. Era un lunatico, come si poteva sapere con precisione cosa gli passasse per la testa?
“Mi mancavi e così sono venuto per vederti” spiegò allora in un tono dolce e innocente che contraddiceva il sorrisetto malizioso dipinto sulle sue labbra.
“Non è proprio il momento di scherzare, adesso te la vedrai con me. Mew Berry Metamorfos…ehi, ma che fai?”
Aveva tirato fuori il medaglione, pronta a trasformarsi in Mew Mew e l’avrebbe anche fatto se l’alieno non glielo avesse prontamente sottratto dalle mani. 
“Ridammelo subito!” protestò la ragazza, pestando istericamente i piedi sull’erba. 
“Su su, non fare così, sarebbe un vero peccato se ti si sciupassero il vestito e le scarpette, no?”
“Fa’ poco lo spiritoso e restituiscimi il medaglione!”
“Mi spiace ma non ho intenzione di combattere quindi lo terrò io per il momento” e detto ciò lo fece svanire nel nulla.
“Ma…è sparito!” esclamò lei sbalordita.
“Tranquilla, posso recuperarlo” la rassicurò facendole l’occhiolino.“Dai micetta, voglio solo passare un po’ di tempo con te, che ti costa?”
“Forse lo vorrai tu, ma io non ci sto. Ridammi ciò che mi appartiene e togliti di torno”
Cercò di afferrargli le caviglie ma lui, prontamente, volò via.
“Ma quanto sei insistente!”
“Sta’ un po’ fermo!”
Nonostante i suoi continui sforzi Ghish era troppo rapido e riusciva sempre ad evitarla, rendendo vano ogni tentativo della povera ragazza. 
Dopo qualche minuto si fermò a riprendere fiato e l’alieno si mise a ridere.
“Sei testarda, eh? Peccato che tu non possa volare!” la schernì. 
Strawberry allora, approfittando di quel momento di distrazione, spiccò improvvisamente un balzo felino e riuscì ad afferrare i nastri che penzolavano vicino ai fianchi dell’alieno, cogliendolo di sorpresa. Il ragazzo venne preso alla sprovvista così non poté evitare quella mossa, mentre lei non aveva messo in conto che poi sarebbe dovuta atterrare sul prato. Caddero giù da un’altezza di poco superiore ai due metri e finirono sull’erba, Ghish supino e Strawberry sopra di lui in una posizione equivoca. Non appena se ne accorse divenne più rossa dei suoi capelli. Fece per alzarsi ma Ghish le afferrò le braccia e la trattenne ancora su di sé. 
“Voglio il mio medaglione!” intimò la ragazza, cercando di divincolarsi dalla sua presa e facendo di tutto per evitare il suo sguardo per non alimentare l’imbarazzo che provava. Da sempre temeva i suoi occhi d’ambra perché su di lei avevano un effetto ipnotico ed era fermamente convinta che, se li avesse guardati, sarebbe caduta totalmente in suo potere. E, no, questo lei non lo voleva. In quella strana condizione i loro corpi aderivano e i loro sguardi erano fin troppo vicini. 
“Vuoi davvero il tuo medaglione indietro?” le chiese lui improvvisamente.
“Certo!” rispose.
“D’accordo, lo riavrai”
“Davvero?” 
Ghish accondiscendente? Non poteva credere alle sue orecchie.
“Sì ma prima dovrai pagare pegno”
E ti pareva. 
“Che vuoi dire?”
“Che se vuoi il tuo caro medaglione dovrai darmi qualcosa in cambio, micetta”
“Tipo cosa?”
Aveva paura di chiederglielo.
“Baciami”
Sperò di aver capito male.
“Eh?”
“Non fare la finta tonta. Hai capito benissimo. Voglio un tuo bacio, Strawberry. E lo voglio adesso”
Il suono tono non ammetteva repliche. 
L’idea di baciarlo la ripugnava ma Strawberry sapeva di non potersi tirare indietro, il suo medaglione era troppo importante, non poteva permettersi di perderlo, soprattutto non perché non voleva fare una cosa così semplice. Cosa avrebbe detto alle ragazze e a Ryan? Come si sarebbe giustificata? 
Non aveva altra scelta: doveva baciare Ghish. 
In quel momento le venne in mente Mark. Non sarebbe stato come tradirlo perché, per quanto le piacesse, Mark non era ancora il suo ragazzo e, andando avanti così, non lo sarebbe diventato mai. Non se pensava più all’ecologia che a lei. E se si faceva battere sul tempo da un alieno troppo furbo e intraprendente.  
‘E pensare che potevi essere qui e ora starei per baciare te e non Ghish. Hai preferito darmi buca? Peggio per te, Mark’ pensò, cercando con tutte le sue forze una scusa che la motivasse a baciare un altro ragazzo che non fosse Aoyama-kun.
Ghish nel frattempo aveva chiuso gli occhi e sporto vistosamente le labbra in fuori, aspettando con evidente trepidazione che la rossa si decidesse.
‘Su avanti, fallo e riavrai il medaglione, dopodiché potrai fargliela pagare!’si disse.
Deglutì e fece una smorfia – nemmeno dovesse baciare un rospo – quindi si decise a fare quanto le aveva detto. 
Si spinse cautamente in avanti ma si fermò di colpo avvertendo qualcosa muoversi sotto il suo vestito. 
“Coraggio, piccola” l’esorto Ghish, sereno.
Strawberry alzò gli occhi al cielo in un gesto esasperato ma poi tornò a guardare il ragazzo, si chinò in avanti e si avvicinò al suo viso. 
Appoggiò piano le sue labbra su quelle di Ghish, pronta ad allontanarsi appena possibile. Ma un’inspiegabile emozione le fece istintivamente chiudere gli occhi. Curvò ancora un po’ la schiena e approfondì il bacio. Il ragazzo, piacevolmente sorpreso dall’improvviso cambio di atteggiamento di lei, la strinse a sé, premendola contro il proprio corpo. 
Nessuno dei due si era accorto delle orecchie e della coda di gatto che erano spuntate alla ragazza, finché non accadde quello che né lei né tanto meno lui potevano aspettarsi. 
“Ma che succede?” domandò l’alieno non appena aprì gli occhi.
Strawberry sembrava come svanita nel nulla, nelle sue braccia al posto della ragazza trovò invece una morbida gattina. Lei cerca di liberarsi dalla sua presa graffiandolo ma i suoi sforzi furono inutili.  
“D’accordo, ho sempre pensato che fossi una bella micetta ma ora esageri!” esclamò in tono scherzoso.
‘Ma come, ha capito che sono io?’
Sì, quei grandi occhi da principessa erano per lui inconfondibili, sebbene non fossero unici come le sue iridi dorate, per lui erano speciali e li avrebbe riconosciuti fra mille occhi nocciola proprio perché appartenevano a lei.
La gattina smise di agitarsi e incontrò lo sguardo del ragazzo che la sollevò dolcemente appoggiandole i pollici nell’incavo delle zampette anteriori. 
“Sei dolcissima, sai?” 
Se fosse stata umana Strawberry sarebbe arrossita a quel complimento. Ghish le stava rivolgendo sorrisi stupendi e la guardava con occhi pieni di… amore. E cos’altro avrebbe potuto essere? No, non c’era altra maniera per definire il modo in cui la stava guardando con quegli occhi a dir poco meravigliosi, ben lontano dalla malizia che aveva mostrato solo poco prima, e la teneva delicatamente con entrambe le mani. 
“Si sta facendo buio, fra poco comincerà anche a fare freddo. Vieni con me” le disse e dopo un paio di secondi si teletrasportò in un altro luogo con lei in braccio. 
La gattina, per un istante, vide prima un vortice di colori e forme indefinite attorno a sé e al ragazzo come in una sorta di tunnel, poi solo una porta. 
‘Ma dove mi ha portato?’ pensò, perplessa. 
“Benvenuta nella mia casa, micetta” disse, interpretando i suoi pensieri. 
‘Casa sua? Ma come non viveva in un’ altra dimensione? Io non ci capisco niente’
Ghish aprì la porta e volò dentro la casa, richiudendola subito dopo con la mano libera mentre con l’altra sosteneva la gatta che aveva in braccio. 
“A dire il vero non è proprio casa mia, non soltanto. L’ha costruita Tart mesi fa e sia io che Pai siamo venuti a viverci con lui l’estate scorsa per ripararci dall’afa. Adoravo il sapore del gelato!” spiegò, volando per un lungo corridoio buio. 
‘Ghish che mangia il gelato? Questa mi mancava!’
La casa era grande ma incredibilmente spoglia, praticamente l’arredamento era quasi inesistente. Arrivati in fondo al corridoio, l’alieno aprì un’altra porta ed entrarono in una piccola stanza buia. 
Non seppe perché ma restò un po’ delusa dal fatto che la stanza fosse quasi del tutto vuota, Ghish se l’era immaginato un tipo disordinato e confusionario, invece il poveretto non avrebbe neanche potuto perché non possedeva praticamente nulla. L’unico mobile presente nella stanza era un letto alla occidentale e in terra c’era un piccolo tappeto verde erba. Poté vederlo perché i suoi occhi da gatta riuscivano a distinguere ogni cosa perfettamente anche al buio.   
Ghish si tolse gli stivali e si sedette a gambe incrociate sulla coperta rossa che ricopriva il letto, continuando a tenere la gatta fra le braccia. All’improvviso Strawberry si ricordò con chi e dove si trovava così provò a divincolarsi dalla sua presa ma lui la tenne saldamente, impedendole di scappare. I suoi modi erano bruschi come sempre, eppure l’espressione sul suo viso e il suo tono di voce, colmo di mestizia, comunicavano altro. 
“Sai micetta, tu sei molto fortunata. Hai due genitori che ti amano, le Mew Mew con cui passi gran parte della giornata e anche i tuoi compagni di scuola. Non sei mai sola” disse.
La gatta alzò gli occhi verso di lui e lo fissò attentamente. Nel buio della stanza si potevano scorgere solo i loro occhi, un paio di iridi nocciola e un paio color dell’oro, che risplendevano come pietre preziose nascoste in una caverna buia.    
“Ci sarebbero Pai e Tart ma noi alieni siamo diversi da voi. Potrà sembrarti strano ma non siamo tipi molto avvezzi a smancerie. Io sono un caso a parte ma solo perché ho incontrato te, altrimenti sarei anch’io freddo e distaccato come Pai o diffidente nel fare amicizia come Tart. Ma penso sia normale se avessi visto il nostro pianeta o se fossi entrata in contato con la nostra società” disse, volgendo lo sguardo fuori dalla finestra, fissando il cielo scuro con aria malinconica.
‘Anche se è mio nemico devo ammettere che mi dispiace vederlo così, credevo che almeno fra di loro ci fosse un po’ di affetto e di comprensione, invece mi sbagliavo’ pensò, osservando il profilo del ragazzo illuminato dalla luce della luna. 
Per una volta non si scandalizzò nel trovare quel profilo così attraente, in quel momento non poteva fare altro che guardarlo, anche se avesse voluto smettere di farlo gli occhi si sarebbero sicuramente rifiutati di obbedirle. Ghish non le era mai parso così bello come in quella sera e non si vergognò delle sue considerazioni. Così bello e così fragile. 
Non parlò più per un po’, continuò a guardare un punto indefinito oltre il vetro della finestra con aria pensierosa. Strawberry, ancora stretta nella presa di quelle braccia forti, fece leva sulle zampette e di protese in avanti, avvicinandosi al suo viso. 
Lui si voltò verso si lei e le rivolse un bel sorriso anche se segnato dall’amarezza. 
“Scommetto che hai fame, vero?” le domandò accarezzandole la testolina. 
In effetti aveva una fame incredibile ma se ne rese conto solo in quel momento perché fino a poco prima il suo unico pensiero era l’alieno che la teneva in braccio. 
“In genere non veniamo qui spesso ma dovrebbe esserci qualcosa di buono” la depositò sul letto e si alzò in volo. “Resta qui, non ti muovere”
Nonostante quello fosse un ordine non usò un tono di comando. 
Non appena il ragazzo si chiuse la porta alle spalle, la gatta fece il possibile per fuggire. La porta era pesante e non voleva saperne di aprirsi e la finestra ad ante scorrevoli sembrava bloccata. Era praticamente in trappola. 
‘Comunque finché rimango gatto dovrei essere al sicuro’ pensò accoccolandosi sul letto, sperando di avere ragione.
Non molto tempo dopo la porta si aprì e Ghish fece nuovamente la sua comparsa, curandosi di chiuderla subito per impedire alla gatta di uscire. In mano aveva un piccolo barattolo e un cucchiaino. Si riaccomodò vicino a Strawberry e prese ad accarezzarle la coda con la punta delle dita. 
“Ho trovato solo del gelato, ironico, no? Lo so, non è ancora la stagione giusta ma non sarebbe male gustarne un po’, dico bene?” fece. “Sono sicuro che ti piacerà, è alla fragola”
Di certo la ragazza aveva fame e adorava il gelato e non l’avrebbe mai rifiutato, nemmeno nel momento in cui era un alieno ad offrirglielo.
Ghsh, vedendola balzare sul letto con entusiasmo, aprì il barattolo, ci affondò il cucchiaino e lo allungò verso la bocca della gatta. Quel gesto disorientò non poco Strawberry che allontanò il cucchiaino con diffidenza. 
“Che ti prende? Hai paura che sia avvelenato?” le chiese.
Per tutta risposta lei annuì piano col capo. A Ghish scappò una risatina.
“D’accordo, lo mangerò io per primo, così vedrai che è un gelato normalissimo. Come sei malfidata, micetta!” disse, continuando a ridere. 
Si portò il cucchiaino traboccante di gelato alle labbra e lo assaporò.
“E’ fantastico, assaggia” l’esortò riempiendo il cucchiaino e allungandolo verso il musetto di Strawberry in modo tale da poterla imboccare. Lei, convintasi che non ci fosse nulla da temere, aprì la piccola bocca felina e lasciò che il gelato le rinfrescasse il palato e la gola. 
‘Ma è buonissimo!’ pensò, ormai preda della sua golosità.
“Ne vuoi ancora?” sebbene fosse una domanda non attese che lei gli rispondesse, la prese con una mano e la depositò sul suo grembo, così gli sarebbe stato più facile imboccarla. Con pazienza e uno splendido sorriso stampato sulle labbra, Ghish divise il gelato con la gatta, dandone prima un cucchiaino a lei e poi riservandone uno per sé, fin quando il barattolo non divenne vuoto.
‘Che meraviglia!’ pensò, ancora estasiata dal sapore di fragola. 
“Mi dispiace non averne ancora” si scusò lui, capendo che le era piaciuto. 
Posata in terra la confezione vuota con il cucchiaino dentro tornò a dedicarsi a Strawberry. Le accarezzò piano le orecchie e seguì il profilo della coda con le dita. Poi la sollevò verso il suo viso, certo di aver visto una macchia di gelato, e, senza esitazione, le pulì il musetto con la lingua. Strawberry rimase sconcertata dal gesto. Sarebbe stato quasi naturale tra umani ma chi avrebbe mai fatto la stessa cosa con un gatto? 
‘Naturalmente Ghish, un pazzo lunatico e maniaco, alieno per giunta!’ pensò disgustata, non rendendosi conto che il gatto in questione altri non era che lei. 
Ghish, notando l’espressione contrariata di Strawberry, scoppio a ridere.
“Di che ti meravigli? Sei o non sei la mia adorata micetta?”
‘Non lo sono, mi sembra ovvio!’
L’alieno si sdraiò e sistemò la gatta sul suo petto, riprendendo ad accarezzarla. Lei si acciambellò, ormai rassegnata alla sua vicinanza. 
“Sarebbe bellissimo se potessi averti sempre al mio fianco” sussurrò.
Strawberry alzò la testa verso di lui e lo fissò sorpresa e, allo stesso tempo, toccata da quelle parole. Per una volta non le stava ordinando di seguirlo, non stava usando quei suoi modi aggressivi. Le aveva solo confessato un desiderio, rivelandolo nel buio di quella piccola stanza vuota, sussurrandolo come se avesse paura di vederlo dissolversi se solo avesse alzato il tono della voce. 
Osservò quegli occhi ambrati e desiderò che smettessero di fissare il soffitto per poterli incontrare. La sua richiesta fu esaudita solo pochi secondi dopo quando l’alieno, sentendosi osservato, era tornato a guardarla. 
“Cosa c’è?” domandò. 
Non pensò nulla, si alzò sulle zampette e mosse qualche piccolo passo su di lui finché non si sedette e si appoggiò al suo collo. Ghish sorrise, quello era il modo di Strawberry per comunicargli la sua vicinanza e l’apprezzò moltissimo.  
La strinse ancora di più a sé, le vibrisse della gatta contro la sua guancia, ormai erano vicinissimi. Strawberry sapeva che avrebbe dovuto approfittare di quell’attimo in cui lui era rilassato e aveva abbassato la guardia ma il tepore emanato dal corpo del ragazzo le impedì di alzarsi e balzare giù dal letto, stava troppo bene, accoccolata vicino al suo viso, anche solo per desiderare di allontanarsi da quell’alieno. Le sue ultime difese cedettero sotto il tocco caldo e piacevole di quelle dita lunghe e pallide. 
‘Vorrei restare così per sempre’ ammise a se stessa, probabilmente perché assonnata. 
Un suono improvviso attirò l’attenzione dell’alieno che aprì gi occhi di scatto. Un suono basso e continuo, proveniva dalla gatta. 
“Sta facendo le fusa? A me?” espresse i suoi pensieri in un sussurro, sperando di non disturbare la gatta che stava scivolando nel mondo dei sogni.    
“Sei proprio adorabile” sussurrò ancora. “Comunque andranno le cose ricorda che sarai sempre la mia gattina”
Si sollevò lentamente e si sistemò sotto le coperte, continuando a cullare Strawberry in versione felina. Le depositò un piccolo bacio sulla fronte – anche perché la posizione raggomitolata le copriva la bocca –, chiuse gli occhi e dopo un po’ si addormentò a sua volta. 

“Ah, che bella dormita!” disse Strawberry svegliandosi e dandosi una stiracchiata. Si voltò dall’altra parte e aprì lentamente gli occhi. Alla vista dell’alieno che dormiva coricato nel letto accanto a sé saltò su a sedere scandalizzata.
‘Perché Ghish è qui? Che mi abbia fatto qualcosa?’ pensò.
Notò, sollevata, di essere ancora vestita. 
‘Ehi un momento, perché ho ancora indosso il vestito anziché il pigiama? E questo non è nemmeno il mio letto! Ma dove cavolo sono?’
Poi si ricordò improvvisamente di non essere rientrata a casa perché Ghish l’aveva baciata, trasformata in gatta e rapita per portarla fin lì e doveva essersi addormentata. 
‘Beh, se non altro non ha approfittato di me. Ma che dico? Ero trasformata in gatto! Ora invece sono umana, ma perché?’
Guardò l’alieno di sottecchi, ansiosa di svegliarlo con un pugno in pieno volto per averla baciata mentre dormiva ma si arrestò con la mano alzata a mezz’aria. Ghish dormiva profondamente, giaceva in posizione supina, con il viso rivolto verso di lei e caratterizzato da un’espressione serena. Le parve quasi un bambino indifeso, ben diverso dall’alieno folle e letale che la guardava con occhi maliziosi e il sorriso sghembo. In un'altra circostanza lo avrebbe scacciato con il Fiocco del cuore ma in quel momento non desiderava altro che stargli accanto e continuare a guardarlo mentre dormiva, segretamente felice per riuscire a rubare quell’espressione che non aveva mai visto sul suo volto. Guidata da una forza misteriosa gli si avvicinò e si sistemò nell’incavo tra collo e spalla, sfiorandogli il mento e la mandibola con la frangia rossiccia. Alzò gli occhi, decisa a non perdersi nemmeno per un istante la visone di quel bellissimo viso. 
Si sollevò facendo leva su un gomito e si avvicinò ancora di più al suo volto, ormai poteva sentire il respiro del ragazzo scaldarle la pelle, soprattutto in prossimità delle guance che divennero più rosee a causa della troppa vicinanza. Allungò una mano ad accarezzargli il collo, salendo poi sulla guancia. Sfiorò il naso di lui con il proprio, gli salì sopra assumendo la stessa posizione del giorno prima al parco Inohara ma quella volta lo fece volontariamente. 
Ancora una volta le loro labbra erano vicine, così vicine da potersi sfiorare. Ma Strawberry non si limitò a sfiorarle, le toccò con le proprie in un bacio timido. Incredibilmente non si trasformò in un gatto. Sorrise, felice di essere ancora umana, e lo baciò di nuovo, più a lungo, premendo più in profondità su quelle labbra perfette. Quando si staccò da lui e aprì gli occhi per guardarlo un altro istante, incrociò il suo sguardo e sussultò, non solo perché era stata colta in flagrante ma anche perché essere investita così all’improvviso da quelle iridi dorate le provocò un fremito incontrollato. 
“Un risveglio così non credo che lo scorderò mai” sussurrò a pochi centimetri dalle sue labbra. “Buongiorno piccola”
Sentendo la sua voce Strawberry arrossì e si sedette sul letto, spostandosi dal corpo del ragazzo. 
“Buo…buongiorno” rispose, non riuscendo a trovare il coraggio di guardarlo. Si sentiva una sciocca per essere stata così audace, ma cosa le era passato per la mente? 
“Se stavi comoda potevi anche restare in quella posizione, ti assicuro che era gradita”
Ecco, sempre il solito. Dov’era finito il ragazzo fragile e solo della sera prima, quello col sorriso indifeso che l’aveva indotta a baciarlo mentre dormiva?
“Non dire stupidaggini, volevo scendere dal letto e per scavalcarti ti sono caduta addosso. Ma è stato uno sbaglio, non farti strane idee” gli rispose, inacidita. 
Quella era forse la più patetica delle scuse mai trovate in vita sua, se ne rese conto da sola, comunque sperò che lui si convincesse. Ma l’alieno non era certo uno stupido, era nato prima di lei e sapeva che a volte le ragazze sono in grado di inventare le peggiori scuse pur di uscire dignitosamente da una situazione imbarazzante. 
“Ma a chi credi di darla a bere, bambolina? E’ ovvio che mi hai baciato volontariamente” la schernì. “Sento ancora il sapore di fragola che mi hai lasciato sulle labbra”
“Senti, non è affatto vero! Piuttosto, sei tu che mi hai baciata stanotte, approfittando del fatto che dormissi per trasformarmi in umana!”
“Già, è vero, fino a ieri sera eri una gatta, come hai fatto a tornare normale?”
“Mi hai baciato tu, ecco perché!” 
“Io? Ma se mi sono addormentato subito dopo di te”
Beh poteva anche essere, dormivano così vicini che, voltandosi, le loro labbra dovevano essersi sfiorate. I suoi – stupendi –  occhi sembravano sinceri, allora non insisté nelle accuse.
“Comunque ciò non toglie che mi hai rapita, maniaco!”
“Volevo solo stare un po’ con te, è chiedere troppo?”
“Ma mi hai praticamente sequestrata!”
“Perché se te l’avessi chiesto saresti venuta di tua spontanea volontà, non è vero?”
Odiava ammetterlo ma Ghish aveva ragione, non avrebbe mai accettato di passare del tempo con lui in nessun caso, quindi era ovvio che si fosse comportato così. 
“Sai ti preferivo ieri sera, almeno da micetta non avevi da ribattere su tutto” sentenziò. 
“Senti, hai avuto quello che volevi, adesso portami subito a casa, prima che i miei genitori tornino dal loro soggiorno alle terme e diano di matto perché non mi trovano!” 
“Come vuoi” sospirò, rassegnato a non ricevere mai una parola gentile. 
Si alzò dal letto e aspettò che si alzasse anche lei, infilò gli stivali, sgranchì le gambe e poi le offrì la mano. 
“Andiamo?” le chiese.
“Certo e sbrigati anche” rispose, afferrando la mano del ragazzo. 
In un batter d’occhio si teletrasportarono nella stanza di Strawberry passando attraverso la finestra lasciata socchiusa. Ghish fece in modo di adagiarla sul letto, le carezzò i codini sfatti e le disse:
“Grazie del tempo passato insieme, sarà il nostro piccolo segreto. A presto, micetta”
Poi sparì, al suo posto il nulla. 
“Oh, no! Ho dimenticato di riprendermi il medaglione!” gridò un attimo dopo.
Prima ancora di mettersi a sbraitare insulti di ogni tipo contro all’alieno, adocchiò la propria borsetta abbandonata sotto la finestra. Corse a prenderla e ci guardò dentro. 
Non mancava niente e, sotto il cellulare, trovò il suo medaglione. 
Andò a sdraiarsi sul suo letto, la mente confusa. 
L’aveva trattato male, ne era consapevole e le dispiaceva, ma non poteva permettere che si affezionasse a lei più di quanto già non lo fosse. Erano nemici, non poteva esserci affetto tra di loro. O, peggio ancora, qualcosa di più. 
Comunque, nascosta nell’intimità della propria camera, non poté fare a meno di sorridere con aria sognante mentre ricordava i momenti passati con Ghish e si portò la mano destra al petto per cercare di contenere il batticuore.
Ghish le piaceva, ormai non poteva più mentire a se stessa. 
“E’ stato bello baciarti…” sussurrò, immaginando di rivolgere a lui quelle parole. Avrebbe desiderato farlo se solo il coraggio non le fosse mancato e si fosse nascosta dietro una finta aria infastidita. 
Sarebbe bellissimo se potessi averti sempre al mio fianco.
Eccome se sarebbe piaciuto anche a lei. 
Grazie del tempo passato insieme, sarà il nostro piccolo segreto.
Lo avrebbe custodito gelosamente dentro di sé, soprattutto il fatto che aveva dormito sul suo petto e che lo aveva baciato. 
Comunque andranno le cose ricorda che sarai sempre la mia gattina.
“Sì, Ghish… sempre” sussurrò, arrossendo.

 

L’angolo di Amy
Ciao gente,
questa one-shot mi è stata ispirata da una fan art in cui Strawberry versione gattina dorme beatamente fra le braccia di Ghish che sta coricato in un letto di sera. Non so se sia venuta bene, adoro le situazioni fluff ma la mia opinione non conta, la vostra invece sì infatti spero che vi piaccia!^^ 
Fatemi sapere che ne pensate e, se vi va, date un’occhiata anche a 
Moments, una raccolta di mini storie sui personaggi di Tokyo Mew Mew attualmente in corso, e In un soffio, breve storia romantica in due capitoli dedicata alla coppia Purin x Taru Taru. Ancora meglio se mi lasciaste le vostre opinioni in merito, lo apprezzerei moltissimo ^^ 
Un abbraccio e alla prossima,

Amy

 

 

  
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