TERZA CLASSIFICATA al Contest 'DIRE CIRCUMSTANCES' indetto da Sagas sul Forum di Epf.
[Attenzione questa valutazione contiene spoiler sullo svolgimento della storia]
Scarborough Fair di Jordan Hemingway – TOTALE: 66/70
Suggerimento: #Artista della fuga - "Indiana Jones"
Immagini: 23, 24, 14, 62, 92
Attinenza al tema ed uso suggerimenti/immagini – 10/10 + 5
In questa storia è stato fatto un perfetto uso del tema del contest, quello delle “dire circumstances”, considerato che tutta la narrazione si svolge sul filo del rasoio, con la protagonista costretta a fuggire da una parte e dall’altra senza un attimo di respiro. Cecilia è in oltre una vera e propria “artista della fuga”, e riesce a cavarsela essenzialmente in ogni situazione senza mai lasciarsi prendere, salvo sul finale, dove però è lei stessa a lasciare che accada.
Le immagini sono state tutte usate nel modo giusto e sono perfettamente identificabili all’interno della narrazione, con delle eleganti minuzie descrittive che permettono di riconoscere un elemento più che un altro, come la stanza dei mappamondi, il vecchio sulla barca, oppure lo stesso aspetto dei personaggi di Cecilia e Jaehem.
Contesto/Atmosfera – 8/10
Una difficoltà di valutazione è presente proprio nel contesto.
Di questo mondo sappiamo poco se non che è popolato sì da esseri umani ma anche da creature di altre razze, e perciò non ci si sorprende per la presenza di faeries, gancanagh, idre albine e olifanti. Non sappiamo molto della stessa Fiera di Scarborough, anche se uno degli elementi di contesto che viene chiarificato fin da subito (e forse il più importante), è l’impossibilità, per via di una barriera, di usare la magia una volta oltrepassata la porta.
Tale è l’elemento di contestualizzazione chiave di tutta la storia, e difatti viene variamente ripetuto. Ma vi sono alcuni punti di narrazione in cui questa caratteristica sembra passare in secondo piano, e cioè quelli delle diverse fughe di Cecilia: fatta eccezione per la prima fuga, quella dalla bisca, dove la ragazza fila via usando gli elementi dello scenario in pieno stile “Indiana Jones” (e di altri momenti come quello della padella o degli olifanti), non è chiaro come effettivamente la ragazza riesca a cavarsela, non potendo disporre della magia.
Un esempio è ciò che accade ad Agatha che ha inghiottito la chiave dell’alcova, oppure quando Cecilia si trova sul tetto del magazzino e lo fa crollare, riuscendo a uscirne illesa.
Le piccole mancanze contestuali vengono però bilanciate da un’atmosfera splendida, che fa godere della storia fino alla fine e tralasciare quasi del tutto i dettagli. La storia, nonostante il tema abbia dei sottotoni cupi che vengono fuori quando si comincia a parlare della strana malattia di Malvina (oppure anche quando vengono nominati gli schiavi che ancora non hanno accettato la loro condizione), risulta frizzante e leggera, e questo grazie ad un’atmosfera sognante e “da fiera” che caratterizza le azioni di tutti i personaggi in scena, così come i dialoghi, le descrizioni e i diversi passaggi narrativi.
Trama/Intreccio – 8/10
Molto gradita la scelta di usare dei piccoli flashback che spiegano i motivi della protagonista, e che permettono alla trama di dipanarsi lentamente, di modo che il lettore capisca poco a poco, e pienamente solo nel finale, che costa stia effettivamente cercando di fare Cecilia.
Ci sono due elementi di trama però che non ci sono chiari. Il primo è la scelta di Malvina, che non viene contestualizzata né effettivamente spiegata in alcun modo: perché la sorella maggiore di Cecilia è voluta andare alla Fiera, quando ancora non era ammalata? Si suppone che sia lì che abbia incontrato Jaehem, che le ha lanciato quel sortilegio, e potrebbe essere semplicemente capitato. Ma nel paragrafo dove Malvina spiega a Cecilia i suoi motivi, ovvero quelli che l’hanno spinta a recarsi a Scarborough, sfuggono le ragioni della sua scelta (scelta peraltro molto importante, dato che condiziona tutto il resto della narrazione).
Un altro elemento è quello dello “yonder thorn”, indispensabile a Cecilia per completare il controincantesimo del gancanagh. Cecilia sembrava quasi non sapere di averne bisogno, anche se contemporaneamente dimostra di avere ben chiara l’entità del suo compito. Ma questo yonder thorn le capita tra le mani per quello che sembra un puro colpo di fortuna, dato che se non avesse messo piede sulla barca dell’anziano fioraio non ne sarebbe mai entrata in possesso, anche se era l’elemento decisivo di cui aveva bisogno.
In ogni caso, l’intreccio di questa storia è avvincente e intrigante, soprattutto per il fatto che per tutta la storia ci si chiede che cosa effettivamente stia combinando Cecilia, e come mai sembra tenerci così tanto a far arrabbiare tutti.
Cecilia è evidentemente una combinaguai – la conoscono tutti, anche le madri con bambini al seguito, e questo crea una deliziosa sensazione di “passato” che permette di immaginare questa storia come un piccolo episodio di qualcosa di più grande, il che la rende ancora più godibile. È stato divertente immaginare quali potessero essere le diverse circostanze in cui la ragazza ha incontrato i vari personaggi, e i motivi per cui tutti vorrebbero ardentemente metterle le mani al collo. Graditissimo anche il colpo di scena finale, quello in cui Cecilia si dissolve in uno stormo di corvi, che da valore anche all’immagine-personaggio prescelta.
Caratterizzazione dei personaggi – 9/10
È stato fatto un ottimo lavoro di caratterizzazione dei personaggi, anche se con una storia così breve. Cecilia ci appare per com'è già dai primi paragrafi, e nel corso della storia non fa che riconfermarsi. Indipendente, quasi presuntuosa, ma anche allegra e sempre sorridente anche di fronte al massimo del pericolo, e con uno spiccato umorismo che non la lascia mai. Inoltre, seppur con un breve passaggio nella Casa durante il suo incontro con Agatha, risulta chiaro che a Cecilia piacciono le donne (o comunque che le preferisce agli uomini).
Si percepisce il carattere più mite della sorella e il profondo legame che le unisce, e anche i personaggi minori appaiono caratterizzati e interessanti, soprattutto Sorella Elvira e Saint-Claire.
L’unico che a nostro parere meritava un approfondimento in più è proprio Jaehem, essendo in un certo modo l’antagonista della storia. Scopriamo alla fine che è stato lui a fare del male a Malvina ma non sappiamo perché, non conosciamo i suoi tornaconti né interessi personali, e dalla brevissima descrizione che ci viene fatta di lui possiamo solo intuire che sia un individuo poco raccomandabile. Trattandosi di un gancanagh, si suppone l’abbia fatto solo per sedurre la ragazza e la cosa le abbia “portato sfortuna”, come nelle leggende, ma per qualcuno che non conosce questo particolare tipo di fata maschio, si farebbe fatica anche solo a immaginare un risvolto del genere.
Utilizzo dei POV – 8/10
È stata fatta un po’ di confusione con l’uso dei POV.
Il narratore di questa storia è evidentemente esterno, e si concentra su un avvenimento più che un altro in favore di uno sguardo ampio alla vicenda, e non ha uno sguardo sul mondo dal punto di vista esclusivo di Cecilia.
Molto carino il fatto che abbia dato spazio, con una narrazione “aperta”, anche ai punti di vista di Saint-Claire o di Davenport, che arricchiscono la narrazione di dettagli.
Il problema del narratore esterno, come spesso accade, è però la saltuaria confusione di soggetti. Ci sono alcuni punti, dato che non c’è una vera e propria voce narrante, che tendono a mescolarsi tra loro – soprattutto nei flashback dove vediamo Malvina, e questo è uno dei motivi per cui non sono chiare le ragioni della ragazza, quali che siano, che l’hanno spinta ad andare a Scarborough Fair.
Gestione dei dialoghi/Gestione dell'introspezione – 9/10
I dialoghi di questa storia sono tutti piacevoli, in perfetto accordo con l’atmosfera che si respira a ogni rigo. Tutti i personaggi si esprimono al meglio tramite i loro brevi scambi di battute, che consentono ad ognuno di tirare fuori il carattere anche se in dialoghi non particolarmente articolati e complessi. Addirittura lo schiavo minotauro appare caratterizzato da una singola frase che dice, oppure la zia Ygraine, che si spera abbia ritrovato la sua idra albina.
Il parametro non prende il massimo a causa della quasi totale mancanza di introspezione, che avrebbe fatto comodo, anche solo accennata, per spiegare le ragioni di questo o quel personaggio, in particolare degli unici due le cui azioni risultano non del tutto chiare (cioè Malvina e Jaehem).
Dal punto di vista tecnico i dialoghi funzionano bene, ti consigliamo solo di fare attenzione a specificare sempre i soggetti, perché dato che il narratore è esterno (ma non onnisciente), alle volte può non essere chiarissimo chi stia dicendo cosa.
Gradimento personale – 9/10
Ci è piaciuta la scelta di utilizzare Scarborough Fair, canzone che amiamo molto (soprattutto nella versione di Simon & Garfunkel), come tema principale della storia, e di servirti dei versi di cui è composta come dei veri e propri elementi di trama.
I personaggi sono risultati tutti accattivanti, chi in un modo e chi in un altro, anche se comparivano per una scena e poco più. La narrazione è comunque dominata da Cecilia, che se in un primo momento sembra stare “giocando”, con il solo e unico interesse di dare fastidio al suo prossimo, comincia a risultare più profonda man mano che si dipanano i flashback, ne si comprendono le ragioni e si fa inevitabilmente il tifo per lei.
Anche la sua prima visita, quella alla bisca, acquista un senso. Le serviva Jaehem, poiché era su di lui che doveva eseguire il controincantesimo, ed è giustamente andata a provocarlo per farsi inseguire. Tra colpi di (s)fortuna e azioni apparentemente casuali, vediamo quindi la protagonista destreggiarsi in questa marea indistinta della Fiera come se ne fosse padrona, e il colpo di scena finale è il tocco di classe, quello per cui riesce a scappare dissolvendosi in uno stormo di corvi (elemento già visto, riconducibile a una delle sue visite a Malvina, con una tecnica narrativa eccellente di ripresa degli elementi).
Gli unici punti che ci sono risultati un po’ oscuri sono stati quello della sua fuga dalla Casa, dopo che Agatha aveva inghiottito la chiave (come ha fatto a fargliela sputare senza la magia? Abbiamo immaginato cose macabre e abbiamo preferito sorvolare XD), e del suo ottenere lo yonder thorn dall’anziano fioraio.
In questo senso, parlando dell’episodio dello yonder thorn, arriva comunque una bella sensazione, e cioè quella per cui tutto sembra un po’ come già scritto. Cecilia si muove apparentemente per caso, ma solo apparentemente, mentre invece fa tutto con uno scopo preciso (come capitare nella Casa per recuperare la “cambric shirt” del Primo Cavaliere Elfico, oppure fare visita a Sorella Helvira). E lo stesso anziano fioraio le dice, appena dopo averla salutata, “buona fortuna a tutte e due”, parlando probabilmente di Cecilia e Malvina, come se appunto sapesse benissimo cosa sta succedendo.
Il risultato finale è perciò molto gradevole, nonostante la nota appena stonata.
Ti facciamo i nostri complimenti per questa trama fiabesca ma allo stesso tempo perfettamente concreta, che ci ha fatto affezionare sia ai personaggi che alla situazione in sé e per sé. |