Ogni mese, la giudiciA ci darà un tema su cui
dovremo scrivere la nostra storia,
scegliendo il giorno in cui pubblicarla.
Ho scelto il 26 perché a Settembre è il giorno del mio compleanno,
perciò ho pensato che mi potesse portare fortuna.
Il promt di questo mese è In un giorno di pioggia.
(066. Pioggia nella Big Damn Table)
NOME AUTORE: Lyra_weird
(forum) Lyra Snape (EFP)
TITOLO DELLA STORIA:
Ecletticità
PERSONAGGI: Draco
Malfoy, Ron Wealsey
RATING: Verde
GENERE: Commedia
AVVERTENZE: One-shot
NdA: mi sono detta
"Torturare Draco è bello, ma perché non mettere
qualcuno a fargli compagnia?" e Ron è venuto fuori quasi in
automatico. Perché quei due insieme sono così
ingestibili che non potevo non dedicare loro un capitolo.
Alloooora...capirete dopo il senso di tutto questo discorso, ma
sì, mi rendo perfettamente conto che se un essere umano
normale facesse quello che fa Ron alla fine ci rimarrebbe secco. Ron
però non muore perché è un mago, e
perciò ho deciso che dev'essere più resistente.
Dopo tutto, Silente è morto a centocinquant'anni, quindi i
maghi sicuramente sono più resistenti dei babbani,
è un dato di fatto.
Ecletticità
Draco Malfoy si scoprì a non riuscire a
passare un minuto senza pensare ai bambini: quando lavorava pensava ai
bambini,
quando prendeva lezioni di Babbanologia pensava ai bambini, quando
usciva con
gli amici pensava ai bambini, quando dormiva sognava bambini. E la
cosa, come da
pronostico, non gli piaceva affatto.
«La mia testa è piena di bambini che urlano, e
non ne vogliono uscire!» si era lamentato una volta contro la
primaria causa
del suo nuovo lavoro, Hermione Granger. «È tutta
colpa tua! Granger, voglio
smettere di lavorare in quell’inferno!»
«Fesserie» lo aveva liquidato Hermione,
imperturbabile. «Ti lamenti solo per il gusto di farlo, ma in
realtà lavorare
con loro ti piace un sacco».
Draco avrebbe avuto tutta una serie di
argomenti che potessero contrastare una simile affermazione, ma si era
limitato
a masticare un paio di maledizioni e a riprendere ad ascoltare la
Granger che
parlava del computer.
Lui detestava
lavorare con i bambini. Ogni minuto doveva pensare a qualcosa che
mantenesse
viva la loro attenzione, perché nell’istante in
cui si fossero annoiati
avrebbero ripreso a correre in giro e fare macello. Doveva medicar loro
le
ferite, cantare canzoncine della bua, leggere favole Babbane
immensamente
idiote (un fantomatico Principe Azzurro che sconfigge una strega senza
usare la
magia non si era mai visto), pulirli quando cadevano in una pozzanghera
piena
di fango, stare attento quando andavano al bagno perché non
si sporcassero, e
tutta una serie di cose che avrebbe volentieri evitato.
In più, la conversazione non era così
stimolante.
«Maestro Draco! Piove!»
«Ma non mi dire…» borbottò
Draco, sarcastico, stando
attento a non farsi sentire. I bambini per lo più ci
tenevano a sottolineare
qualunque cosa fosse sotto gli occhi di tutti: aveva provato a
lamentarsi anche
di questo, ma Hermione non lo aveva neanche lasciato finire.
«Sono bambini,
Malfoy, ti aspetti che parlino di politica internazionale?»
«Maestro Draco! Io non ho l’ombrello!» si
stava lamentando una bambina, mentre si avviavano verso
l’uscita.
«Tranquilla, Lizzie: puoi stare sotto il mio
finché non troviamo tua madre».
Mezz’ora dopo, un Draco particolarmente
inzaccherato, colpevole di essere capitato proprio in mezzo a una
battaglia di
fango, bussava alla porta di casa Granger.
«Si può sapere perché cavolo non mi sei
venuto
a prendere?» strillò a Ron, che era andato ad
aprire.
«Porca miseria! Sono già le quattro?»
borbottò
Ron, che evidentemente durante il giorno aveva pensato a tutto, tranne
che ad
alzarsi per riportare la bacchetta magica al suo legittimo proprietario.
«Sì, cervello di gallina! Dammi la
bacchetta!»
sbottò Draco, prima di afferrarla e ripulirsi.
«Beh, comunque devi venire dentro, hai
lezione, adesso» lo riprese Ron, facendogli cenno di entrare.
Draco obbedì, abbattuto. Le poche volte che
Weasley gli aveva fatto lezione di Babbanologia le cose erano sempre
andate per
il verso sbagliato. Si chiese perché la Granger si ostinasse
a farli lavorare
insieme, visto che Ron ne sapeva di Babbani anche meno di lui e in
più aveva
meno pazienza dei bambini all’asilo: le poche volte che si
erano trovati da
soli insieme non avevano fatto esplodere la casa solo perché
una squadra di
Auror era sempre pronta ad intervenire.
«Tranquillo, oggi non sarà difficile» lo
rassicurò Ron, che aveva indovinato i suoi pensieri.
«Visto che piove, faremo
quello che fanno i Babbani per passare il tempo: guarderemo la
televisione e
giocheremo a qualcuno dei loro stupidi giochi da tavolo»
aggiunse, indicando un
Monopoli che si trovava sul tavolo.
Venti minuti, parecchie casette lanciate sul
pavimento ed innumerevoli accuse
reciproche di frode dopo, si resero conto che il Monopoli non faceva
per loro.
«Guarderemo la TV» borbottò Ron,
chiudendo la
scatola con aria indignata. «Questo gioco è
veramente la cosa più stupida che
io abbia mai visto».
«Non ti sembrava così stupido, quando hai
cercato di rubarmi Oxford Street» borbottò Draco.
«Non ho tentato di rubarla! La mia pedina ci è
finita sopra e la stavo comprando!»
«La tua pedina era finita sulle Chance, non su
Oxford Street!»
«Stupidaggini» lo liquidò Ron, prendendo
il
telecomando. Ci armeggiò per un paio di secondi, premendo
tasti a casaccio,
finché l’apparecchio non si accese. Poi
frugò nelle tasche e tirò fuori un
foglio particolarmente sgualcito.
«Dobbiamo accendere il DVD e guardare un film»
recitò, per poi guardare il lettore con aria parecchio
allarmata, come se
avesse avuto paura che in realtà fosse Voldemort redivivo.
Draco sbuffò e afferrò la lettera di Hermione.
«Dice che dobbiamo schiacciare questo pulsante, ha persino
fatto un disegno»
disse con tono canzonatorio, premendo il pulsante di accensione.
«Dice anche
che ha scelto lei il film e che dovrebbe piacerci».
Ron fece spallucce e osservò lo schermo, sul
quale erano appena apparse le parole “Alla ricerca di
Nemo”.
«Ma quindi la madre muore?»
«Ma figurati, Weasley, è una cosa per bambini!
Vedrai che torna!»
«Ti dico che è morta!»
«Non può essere morta, è la sua
mamma!»
«Invece è morta, non vedi che non la trova?
Non c’è più!»
«Vedo che lavorare con i bambini ti ha reso
sentimentale, eh?»
«Non dire idiozie» sbuffò Draco,
guardando
truce lo schermo e osservando due pesci pagliaccio attraversare la
strada. Dieci
secondi dopo, la luce di un fulmine
particolarmente potente apparve alla finestra e l’apparecchio
si spense.
I due ragazzi si guardarono, spaesati.
«Che hai fatto?»
«Niente, Weasley, ero seduto accanto a te!
Dev’essere
stato il fulmine!»
«E cosa cavolo c’entra?»
«La televisione funziona a elettricità, e
anche i fulmini sono elettricità»
snocciolò Draco, come se fosse un’interrogazione.
«Se un fulmine colpisce l’antenna della casa il
sistema elettrico va in
sovraccarico e si spegne».
«E perché si spegne?»
«Per sicurezza, credo» disse Draco, insicuro.
«Se c’è troppa elettricità in
giro è pericoloso».
«E perché è pericoloso?»
«Cosa cavolo ne so?» sbottò Draco,
seccato.
Parlare con Weasley era esattamente come parlare con i bambini, erano
irritanti
allo stesso modo e continuavano a fare domande.
«Va bene, ma quindi come facciamo a
riaccenderlo?»
«Non lo facciamo. Io me ne vado a casa e tu
dirai alla Granger che non siamo potuti andare avanti perché
è saltata la
corrente».
«La corrente?» chiese Ron con sguardo
stralunato.
«È un modo per dire
elettricità» disse Draco
stremato.
Ron annuì con aria saputa, poi scosse la
testa. «Non puoi andare a casa, devo tenerti qui tutto il
pomeriggio. Quindi o
ti ricordi in che modo riaccendere quest’affare e scopriamo
se Marlin riesce a
ritrovare Nemo, o ci mettiamo a giocare a Monopoli».
Due minuti dopo, i ragazzi erano fuori in
giardino.
«La Granger mi ha detto che tutto il sistema
elettrico è controllato dal contatore»
urlò Draco, per sovrastare il rumore
della pioggia battente, indicando una specie di cassetta attaccata al
muro.
«Dobbiamo aprirlo e rialzare la levetta, che si chiama
salvavita, e si
riaccenderà».
Ron annuì e aprì l’antina, rivelando il
contatore.
«Aspetta, però, sei tutto bagnato!» lo
fermò
Draco. «Non sono sicuro che sia una buona idea».
«E perché non sarebbe una buona idea?»
chiese
Ron, leggermente perplesso.
«Non lo so, non mi ricordo granché»
ammise
Draco. «Ma ho come la sensazione che non si debba toccare
quella roba con le
mani bagnate».
«Sarà una delle fisse di Hermione»
borbottò
Ron, scrollando le spalle. «Non vorrà che si
sporchi o fesserie simili… Vedrai
che non se ne accorgerà nemmeno» aggiunse, prima
di infilare la mano nella cassetta.
Un Ron dall’aria vagamente abbrustolita e un
tic all’occhio destro lo guardò con aria
infuriata, trattenendosi a stento dal
picchiarlo.
«E perché diavolo non me l’hai detto
prima?»