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Autore: Hivy    07/04/2012    1 recensioni
"Non era un bruto, e mai, s’era ostinato d’esserlo.
Era solo focoso.
Nel suo sangue caldo di spagnolo, ardeva un fuoco.
Il fuoco dei Borgia."
Cesare Borgia, Duca Valentino, primogenito di Papa Alessandro VI; da mesi impegnato nella conquista del suolo romagnolo, nell'anno 1500 giunge a Faenza, città difesa dalla famiglia Manfredi.
Una furiosa lotta lo attende, ma le ragioni che lo muovono e lo colmano di ardimento, sono oscure.
La più ardua battaglia dei fratelli Manfredi sarà riuscire a resistegli restando uniti, sino in fondo.
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Rinascimento
Capitoli:
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capitolo II

***

 

Era questo, che stupiva in lui.

Non era uno studioso, eppure, le sue parole erano pura poesia.

Una soave musica, era la sua voce, armoniosa e magnifica.

Espressione di un animo forte e tormentato.

Tormentato, come poteva essere solo quello

di un Borgia.

 ***

 

Faenza, 1500 A.D.

Il Rampollo di Castel Sant’Angelo,

si è impossessato della città dei Manfredi,

e convoca i due fratelli al suo cospetto.

 

Era un giovane di bell’aspetto, con il fisico atletico, gli occhi falcati e azzurri. Aveva la fronte un poco alta, ma il viso lungo si sposava alla perfezione con quel corpo poderoso. Una rada barbetta crespa gli incorniciava il mento e la zazzera di capelli biondi lo facevano apparire come un angelo. Il più bello e letale di tutti. Nella sua voce v’era qualcosa di sorprendentemente affascinante, che non lasciava nessuno scampo alla mente e toccava le corde più sensibili dell’animo. Si era rapiti dalla sua baldanza e dalla poesia delle sue parole. Pareva di ascoltare Dio stesso che parlava, mentre fluttuava a pochi centimetri dal pavimento, come se  si innalzasse ad una vita ultraterrena forte e stupefacente. Non era umano, o almeno, non pareva esserlo.

Molti, che in quel momento erano nella stanza, parevano rapidi dal suo sguardo di fuoco, e tutti gli occhi dei presenti erano, inevitabilmente, calamitati a lui, come se una tale bellezza, non potesse far altro che attrarre.

I fratelli Manfredi erano ben ritti sulle gambe, e parevano essere dei pilastri al centro della stanza. Si erano prostrati ai piedi del Borgia con tanta contrizione, che persino gli occhi di ghiaccio del figlio del Papa s’erano leggermente addolciti, come se provasse una pietà infinita verso di loro, innalzando  ancora di più la sua purezza e il coraggio del suo cuore verso Nostro Signore.

Era giovane, ma parlava con tanto impeto e fermezza da apparire un più che esperto mediatore.

<< A voi, dunque, Manfredi, l’ultima parola! >> disse, indicando con il movimento di un braccio Astorre, che, ancora, restava immobile.

Il silenzio aleggio per la sala, infine, sulle labbra del Manfredi, apparve un largo e lento sorriso divertito.

<< Dubito, Borgia, che l’ultima parola sia la mia! >> disse.

Il Borgia indugiò per qualche attimo, infine, abbozzò un sorriso e ridacchiò, facendo imporporare delicatamente le sue gote pallide. << Siete astuto, Astorre… >> disse sotto voce, massaggiandosi lentamente la barbetta rozza e bionda. << La vostra astuzia, tuttavia … >> prese a dire più seriamente:<< vi può aiutare, come può svantaggiarvi. >> fece una pausa, e lo valutò con un occhiata severa, evidentemente in cerca di un ennesima dimostrazione di prostrazione:<< Ma ho l’impellente bisogno di ricevere una vostra risposta! >> sbottò, infine, indurendo un poco in lineamenti del volto.

<< Come desiderate, Duca Valentino… >> disse Astorre, digrignando lentamente i denti, chinando un poco la testa:<< sono conscio, che la vostra, di astuzia, superi nettamente la mia, soprattutto perché risulta indifesa davanti alla schiera di mercenari pronti a prostrarsi alla vostra! >> disse con un tocco si malizia nella voce.

Il Borgia si incupì ancora di più, e i suoi occhi, parvero ridursi a delle linee sottili. << Il sarcasmo… >> aggiunse lentamente, mantenendo un tono saldo, reprimendo la voglia di trafiggerlo:<< non sarà egualmente esaltato! >> sbottò.

Astorre chinò ulteriormente il capo, intuendo di aver irritato più del dovuto il Borgia.

<< Vi chiederei un ultimo piacere! >> intervenne d’impulso Gian Galeazzo, alzando il volto e incontrando lo sguardo dell’uomo. Era un sguardo freddo, calcolatore, ma allo stesso tempo, gli trasmetteva qualcosa di diverso. Gli pareva di poter intravedere il tormento nel quale volgeva il suo Essere. Si sentiva quasi colmare  dalla sua rabbia e dalla sua forza. Quelle percezioni erano magnifiche, e vi avrebbe indugiato per ore, se non fosse, che in quel momento, la ragione ebbe la meglio sui sentimenti.

<< Parlate, di grazia…! >> sbottò il Borgia, distogliendo lo sguardo. Non si era quasi accorto del giovane fino a pochi attimi prima, e la vista di quell’uomo lo inquietava. Vi era troppa perfezione, troppa purezza nel suo animo, e in qualche modo, provava invidia verso di lui. Lui voleva essere puro, ma la tentazione di Satana lo avvolgeva sempre, lasciandolo senza fiato, cullandolo tra le sue braccia d’oscurità e peccato. A tratti gli piaceva indugiare in quei piaceri effimeri, che solo il Male poteva offrire, a tratti, odiava se stesso, perché non aveva abbastanza forza per resistere a quelle tentazioni. Non era degno di essere considerato un liberatore, non era degno di essere considerato l’uomo tramite cui Dio parlava. Digrignò i denti e strinse i pugni, poi, il suo viso divenne ancora più cupo.

Gian Galeazzo prese a parlare velocemente, non voleva infastidire ancora di più il Borgia, non voleva che il suo bel volto fosse sfigurato dalla rabbia, non voleva che la sua anima si macchiasse. Doveva restare immacolato il suo volto, come il suo Essere.

<< Io e mio fratello vorremmo il permesso per riflettere sulla vostra generosa proposta, prendendo atto del parere del nostro più fidato consigliere, Petronio. Vorremmo interpellarlo, forse per l’ultima volta. Ci fidiamo ciecamente di lui, è stato quasi un padre per me e mio fratello, quando il nostro morì durante… >> dalla sua bacca non fuoriuscì nessun’altra parola, mentre la mano alzata del Borgia lo bloccava, non aveva la forza di opporsi a lui.

<< Permesso accordato! >> sbottò in un ringhio, mentre la voglia di uccidere entrambi si insinuava sempre più profondamente nella sua mente e nel suo cuore, come fosse un serpente che strisciava lentamente a lui. Ancora una volta Satana stava usando le sue lusinghe, e Dio, lo sapeva, lo stava mettendo alla prova.

<< Fra un ora precisa da questo momento … >> sbottò infine, sporgendosi in avanti con il busto, fissando famelico i due:<< vi ripeterò la mia generosa proposta, ed allora, esigerò una risposta! >> disse:<< o morte, o vittoria, è questo il destino di una guerra, e voi, Astorre… >> prese a dire in tono di stizza,  poggiando a fondo la schiena nello scrano di legno:<< dovreste prenderne atto con maggiore consapevolezza! >> sibilò, mentre il Manfredi chinava maggiormente il capo, evitando di guardarlo in volto, conscio, che se l’avesse fatto la sua furia non sarebbe più stata contenibile.

Lentamente, i due Manfredi si voltarono e si avviarono verso l’altra sala, per discutere di quella difficile situazione.

 

<< … per questo e per altri innumerevoli motivi… >> la voce di Gian Galeazzo Manfredi gli perforava le orecchie prepotente. Avrebbe voluto vedere il suo sangue scorrere di tra le sue dita, macchiare il pavimento di marmo, imbrattare i suo capelli. Avrebbe voluto assaporarne l’odore, berne goccia dopo goccia sempre di più, fino a saziarsene completamente. Ah, quanto lo desiderava… era il bisogno più impellente che avesse mai provato. Ascoltava quelle sue parole da minuti interminabili, e quella voce lo tormentava. Era la voce di Dio, lo sentiva. Quel suo tono, gentile e devoto, lo schiaffeggiavano in  pieno volto, mostrandogli la gravità dei suoi gesti. Dio lo puniva. Lo puniva perché non era riuscito a resistere alle lusinghe di Satana.

Poggiando il capo su una mano, in un gesto pieno di irritazione, strinse i capelli tra le dita. Voleva solo che quella situazione terminasse. Odiava sé stesso. Non avrebbe più ceduto a nessun istinto demoniaco, se solo quella tortura fosse terminata.

<< abbiamo, infine, deciso di accettare la vostra generosa proposta, e… >> il giovane Manfredi lanciò una rapida occhiata in direzione del fratello maggiore. Petronio aveva consigliato loro quella tattica, ma era evidente il bruciante disaccordo di Astorre. << ci vorremmo porre sotto il vostro servizio, non come vassalli qui a Faenza, ma come vostri fidati consiglieri, generali… Mio fratello… >> prese a spiegare con garbo, indicando Astorre con una mano:<< è un ottimo combattente, astuto nelle battaglie, ed io… >> fece una pausa e chinò un poco il capo, per non apparire come troppo arrogante:<< sono un ottimo mediatore, mi interesso di politica, e sarebbe un onore, per me, potervi aiutare nella gestione delle vostre faccende. Saremmo degli ottimi assistenti per voi e vi seguiremmo con lealtà e fiducia in tutte le vostre imprese, o più semplicemente, eseguiremo allo stremo delle nostre forze, tutto ciò che ci ordinerete, senza indugi… >> chiuse le mani dietro la schiena e attese che il Borgia dicesse qualcosa, con i cuore che batteva all’impazzata. Desiderava con tutto sé stesso di porsi al servizio di quell’uomo. Non desiderava altro. Il Borgia era un uomo astuto, forte, intrepido, e per lui, sarebbe stato un onore poter stare in sua compagnia, per eseguire uno qualsiasi dei suoi ordini, perfino se fosse stato un semplice capriccio. Avrebbe fatto tutto ciò che il Borgia desiderava. Tutto.

Il Valentino si passò una mano nella zazzera di capelli ricci e biondi, ed infine, riassunse un atteggiamento più serio, accompagnato da una postura retta e decisa. I lineamenti del suo volto si erano nettamente tesi, e i suoi occhi azzurri parevano ardere nella fiamme, le fiamme dell’Inferno. Sentiva che nel proprio animo ardevano sentimenti contrastanti. Odiava i fratelli Manfredi, e si era già mostrato fin troppo magnanimo nei loro confronti, eppure, loro volevano di più? Chi erano per chiedere a lui, Cesare Borgia, Duca Valentino, figlio del Papa, un favore tanto ignobile? Quell’unico e semplice pensiero gli stringeva la bocca dello stomaco, e gli impediva di pensare con decisione.

La voglia di uccidere entrambi si faceva sempre più largo dentro di lui, eppure, nel profondo del suo Essere, poteva sentire un calore differente da quello delle fiamme infernali nella quali bruciava. Era un calore avvolgente, intenso, qualcosa che lo faceva sentire bene, appagato. La pace, proveniva da quel tepore lontano. La Sua, pace. Era la voce di Dio. La sentiva, ma come poteva esserne certo? Satana lo tentava sempre, ogni giorno di più, con sempre maggiore determinazione, e con sotterfugi. Voleva trascinarlo con sé negli inferi, tra i lussuriosi, i fraudolenti, giù, fin tra le ali dello stesso Lucifero, per ghiacciarlo a sua volta, imprigionandolo insieme a quel mostro.

Le sue membra ebbero un sussulto, e in un attimo, riprese a fissare i due Manfredi:<< D’accordo… >> ringhiò sommessamente:<< dubito, comunque, che il vostro prode fratello possa essere considerato un buon combattente! >> sbottò, mentre vedeva che Astorre fremeva per la rabbia. Non temeva quell’uomo, lo avrebbe ucciso come aveva fatto con i soldati che aveva incontrato nel suo cammino. Era suo fratello che odiava, con quel suo modo di fare angelico, perfetto, puro, come lui non sarebbe mai potuto essere.

Gian Galeazzo prese per una spalla il fratello, intuendo la sua voglia di saltare addosso al Borgia:<< vi ringraziamo dal più profondo del nostro cuore, Duca Valentino… >> disse:<< vorremo prendere congedo da voi, ora, se ci è permesso… >> disse con garbo.

Cesare ringhiò un assenso, infine, mentre i due fratelli stavano per lasciare la sala, li bloccò con una parola:<< vostro fratello resterà a Faenza, ci potrebbero essere insurrezioni, è bene che i contadini abbiano un punto di riferimento! >> sbottò seriamente, nella direzione di Gian Galeazzo. Desiderava la sua approvazione più di quella di chiunque, Dio, parlava per mezzo di lui, ne era certo:<< in quanto a voi… >> riprese a dire:<< se siete davvero un buon politico come andate dicendo, allora qui siete sprecato, verrete a Roma con me! >> spiegò:<< sarete presentato al Papa come un infedele convertitosi, poi sarete al mio servizio! >> concluse d’impulso, senza troppi altri giri di parole.

Per un attimo, gli occhi di Gian Galeazzo scintillarono, empiti d’orgoglio e ammirazione. Addirittura a Roma. Sarebbe stato il fidato servo di Cesare Borgia, nella sua stessa dimora, presentato al suo stesso padre. Sperava in una duratura alleanza con il Duca Valentino, ma addirittura Roma… non si sarebbe mai aspettato una cosa simile.

<< Vi ringrazio, mio signore… >> disse inchinandosi profondamente mentre Astorre, sprezzante, usciva dalla sala con fragore.

 

<< Si prende gioco di te! >> sbottò Astorre, paonazzo in volto, per via della rabbia crescente:<< e anche di me! >> urlò.

<< Calmati, fratello! >> replicò con calma Gian Galeazzo:<< avrebbe potuto ucciderci, invece, ci offre un’ occasione così tanto favorevole e generosa… >> disse:<< cos’hai contro di lui, si è dimostrato generoso quando poteva non esserlo! E’ un uomo giusto, degno di fiducia, e dei nostri servigi… >> spiegò seriamente, fissando con sguardo piatto il fratello, che pian piano si stava ricomponendo.

Con passi lenti e gravi, Astorre si avviò verso il fratello, e con calma, gli poggiò una mano sulla spalla e gliela strinse, fissandolo dolcemente, aprendosi in un sorriso un poco forzato:<< sei sempre stato il più ragionevole tra i due! >> disse, sorridendo un poco più sinceramente. Gian Galeazzo si aprì a sua volta in un abbozzo di sorriso, che comparve di lato sulle sue labbra.

<< Come farò senza di te! >> disse infine Astorre, stringendolo in un abbraccio caldo e famigliare, ma allo stesso tempo mascolino ed impacciato. I due fratelli erano sempre stati molto differenti, eppure, erano sempre riusciti a superare tutte le avversità che si erano presentate loro davanti. Unendo le loro forze.

Il Borgia, tuttavia, pareva essere un ostacolo troppo forte da poter esser superato, perché dalla sua parte aveva una certa follia innata, che lo avvicinava al male più puro, e che allo stesso tempo, lo faceva somigliare ad un ottimo messo di Dio.

Il suo tormento, avrebbe fatto gli interessi di molti. Gian Galeazzo ne era certo.

  
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