Chapter 6 – Raison d’être
-
Corridoi e
ascensore: tornando dal bagno, House e Wilson -
Se
qualcuno li avesse
visti ora, non avrebbe sospettato assolutamente nulla. I due medici,
appena
usciti dal bagno dell’ultimo piano, camminavano discutendo a
bassa voce.
Wilson, come sempre, salutava medici e infermiere che incontrava per i
corridoi, mentre House… be', cosa ci si poteva aspettare da
lui?
Camminata
spavalda e
lunga, per quanto glielo concedesse il bastone, e sguardo alto e fiero.
L’unica
cosa
strana
era l’orario: capitava poche volte di vedere il diagnosta
ancora in ospedale
passate le cinque del pomeriggio, ma probabilmente aveva un caso
interessante.
Niente di nuovo, insomma.
Lui
era così:
dove
c’era un caso strano, lì si trovava anche lui.
La
gente li
incrociava per i corridoi, salutava Wilson con un sorriso cordiale e
scuoteva
la testa o sospirava all’indirizzo di House.
No,
nessuno avrebbe
potuto sospettare nulla.
Nessuno
avrebbe mai
pensato che i due famosi dottori non stessero affatto avendo un
consulto per
chissà quale malattia rara: un caso lo avevano,
naturalmente, ma non certo
medico.
Wilson
stava
sbuffando, esasperato dal mutismo dell’altro: dopo che erano
usciti dal bagno
non era più riuscito a cavargli una parola di bocca.
Wilson:
«
Almeno ce
l’hai un’idea per la prossima mossa?! »
sbottò alla fine, esasperato.
Doveva
aver detto la
parola magica, perché House lo fisso girandosi brevemente e
ghignò. Wilson s’illuminò.
Wilson:
« Oh,
bene.
Una buona notizia, almeno! Allora, cosa intendi fare? »
chiese.
House:
«
C’è un modo
molto semplice per capire come ci stia osservando Bob. »
disse con fare
enigmatico.
Entrarono
nell’ascensore. Erano da soli, perciò Wilson si
arrischiò ad alzare un po’ la
voce per incalzare di più l’altro.
Wilson:
« E hai
intenzione di… » House gli scoccò
un’occhiata divertita « … no, ovviamente
non
hai intenzione di rendermene partecipe. » concluse Wilson.
Wilson
aggrottò le
sopracciglia e si portò una mano al mento. Qual era la scala
di valutazione di
House per “semplicità”? Wilson non era
molto sicuro che quello che per l’amico
fosse semplice per lui fosse lo stesso.
Ma
diamine! Wilson
s’insultò
mentalmente. Perché mai doveva considerarsi così
inferiore a lui?
House
iniziò a
fischiettare e a battere il bastone a terra a ritmo.
Wilson:
« E
piantala!
» esclamò spazientito. Così lo
deconcentrava, e lui aveva bisogno di pensare.
House:
«
Avvisiamo la
gentile clientela che la corsa è quasi finita! »
esclamò a mo’ di altoparlante,
poi si girò verso Wilson « Credi che ci arriverai
prima di mettere piede nel mio
ufficio? » chiese, ridacchiando.
Wilson
lo
ignorò. House
continuò a fischiettare un motivetto, estremamente
fastidioso secondo Wilson.
House
guardò
l’oncologo: digrignava i denti e si tormentava le mani,
mentre rifletteva.
Quale
modo semplice
poteva esserci per capire come li osservava Bob? Si chiedeva Wilson.
Doveva
essere una cosa che in una sola volta escludeva completamente le
telecamere e
provava il binocolo, o viceversa. Oppure che le escludeva entrambe.
Come si può
capire se qualcuno ci osserva da ipotetiche telecamere senza poterle
vedere? E
come si può capire invece se lo fa da un binocolo?
House:
« Se
continui
a pensare con questa intensità… ti
andrà in fumo il cervello. » ridacchiò,
interrompendo il flusso di pensieri di Wilson.
Wilson:
«
Ah-ha, come
sei spiritoso! » sbuffò, riprendendo poi la sua
riflessione.
Dopo
qualche secondo
le porte dell’ascensore si aprirono. House mosse qualche
passo verso il suo
ufficio, continuando a fischiettare. Di botto si fermò:
c’erano solo i suoi
passi che rimbombavano nel corridoio.
Si
voltò.
Wilson era
ancora fermo nell’ascensore, un’espressione
sorpresa dipinta sul volto
illuminato.
House
sorrise,
segretamente soddisfatto: a quanto pare l’oncologo ci era
arrivato.
House:
« Be'?
» gli
chiese « Hai intenzione di stare lì ancora per
molto? »
A
quelle parole
Wilson si riscosse dal suo stato di estasi intorpidita e lo raggiunse
velocemente.
Gli
si piazzò
davanti
e aprì la bocca, entusiasta di esporre a House le sue
considerazioni.
Ma
il diagnosta lo
bloccò, parandogli davanti una mano.
House:
« Ah ah!
»
disse con un’espressione che non ammetteva regole «
Finalmente hai capito, va
bene. Ma ora non mi dirai proprio un bel niente! » poi si
guardò intorno con
fare teatrale « Non vorrai mica che qualcuno… ci
osservi? »
Detto
questo House
prese a ridere sguaiatamente, incamminandosi di nuovo verso
l’ufficio,
lasciando Wilson confuso con i suoi pensieri.
E
se per caso non
fosse giunto alla conclusione che House si aspettava? Cosa sarebbe
successo se
qualcosa fosse andato… storto?
Ma Wilson non ebbe
più modo di pensarci, perché un secondo dopo
House era già entrato nella
stanza. Non gli restò altro da fare che seguirlo, scuotendo
sconsolato la
testa.
-
Ufficio di
diagnostica, affollato da parecchi medici -
House
entrò,
senza
guardarsi intorno, nel suo ufficio, camminò fino alla sua
scrivania, l’aggirò e
sprofondò nella sua poltrona, appoggiando poi sgarbatamente
le gambe e il
bastone sul tavolo.
Solo
allora
alzò lo
sguardo. Tutti i medici dei suoi staff erano lì, tutti a
braccia conserte,
tutti che lo fissavano, tutti con l’espressione di chi ha
appena finito di
parlare della persona che ora si ritrova davanti.
House:
« Che
c’è,
ragazzi? » chiese sorridendo divertito « Non vi
sono mancato? »
In
quel momento la
porta dell’ufficio si aprì di nuovo. Wilson si
ritrovò gli sguardi di tutti
puntati su di lui.
L’oncologo
passò lo
sguardo da un medico all’altro, cercando di capire cosa
volessero, finché non
individuò l’atteggiamento di sfida che avevano
tutti e la tensione che c’era
nell’aria, e capì il problema che House aveva
volutamente ignorato: si
aspettavano una spiegazione.
Wilson
sbuffò
e alzò
le mani in segno di difesa.
Wilson:
« Non
chiedete a me. Non chiedete a me. » disse scuotendo la testa.
I
medici allora passarono
lo sguardo da lui a House, di nuovo, ma nessuno di loro
parlò.
All’improvviso
il
telefono cominciò ancora una volta a squillare, e House
prese la palla al
balzo.
House: «
Mi
spiace,
ragazzi. » disse canzonatorio « Giocherò
con voi un’altra volta. »
-
Bob, con Cuddy,
a portata di binocolo… o di telecamera! -
Bob:
« Non
penserete
davvero di fregarmi? » chiese appena sentì
l’altro rispondere alla telefonata.
House:
« Chi,
noi? Ma
noi non pensiamo affatto! » rispose angelico.
Bob:
« Bene.
Allora
togli il vivavoce. » comandò.
House:
« Ai
suoi
ordini! » disse, poi Bob lo sentì dire,
probabilmente agli altri, ridacchiando
« Mi spiace ragazzi, è una questione privata!
»
Bob
aspettò in
linea
finché non sentì il segnale acustico che gli
provò che House aveva tolto il
vivavoce.
Ora
il suo piano
poteva continuare.
Bob:
« Spero
che tu
sia un bravo attore. »
House:
«
Ottimo,
vorrai dire. Perché? »
Bob:
«
Be'… non
saprei cosa potrebbe succedere se scoprissi che qualcuno dei tuoi
amichetti
dottori non ha bevuto la performance che ti ho ordinato di recitare
prima. »
disse malignamente.
All’uomo
sembrò di
sentire House deglutire a disagio dall’altra parte della
cornetta, fu solo per
un attimo, ma la cosa non fece altro che metterlo più di
buon umore.
House:
« Non
hai di
che preoccuparti. » affermò lentamente.
Bob:
« Bene.
»
assentì, lasciando poi passare qualche secondo di silenzio.
La
tensione
aumentava.
Bob:
« Ti ho
permesso
di avere una piccola, come dire, ricreazione. » riprese,
sottolineando l’ultima
parola « Ma ora si ricomincia. Sei pronto? » chiese
infine malignamente.
House:
« Sono
nato
pronto. » disse
con una voce che a Bob
sembrò terribilmente seria.
L’uomo,
dietro
alla
sua maschera, sorrise.
-
Ancora ufficio
di House, davvero pieno -
Wilson
vide House fare
un cenno in sua direzione, mentre ancora parlava al telefono con il
rapitore, e
seppe che era giunto il momento di mettere in pratica il piano.
Sperava
solo di
averlo capito.
Bob:
« Non
voglio
niente interruzioni, niente trucchetti, niente scherzetti. Solo io e
te, eh
House? Manda via gli altri. »
House
annuì.
Il
momento era arrivato.
Un
secondo dopo si
ricordò che Bob era al telefono e che non poteva vederlo
– oppure sì? Comunque
era il caso di non fargli capire quello che pensava, quindi si
affrettò a
confermare oralmente.
House:
« Ok.
» disse
quindi « Lo faccio subito. »
House
coprì la
cornetta del telefono con una mano e guardò per un lungo
momento Wilson, prima
di parlare agli altri.
House:
« Andate
ad
aspettare di là, in sala conferenze. Ci vorrà un
attimo. » poi sorrise vedendo
le espressioni perplesse davanti a sé e disse «
Non vi preoccupate, dai! È
tutto ok. »
Con
lentezza, tutti i
medici s’incamminarono verso la stanza adiacente. Wilson era
l’ultimo.
Se
aveva capito bene
le intenzioni di House, lui non doveva andarsene, doveva stare
lì, senza dire
nulla a nessuno, senza parlare. Lui sarebbe stato la chiave per
risolvere il
primo piccolo enigma.
A
cosa sarebbe
servito?
Come
aveva detto
House, era davvero semplice: dipendeva tutto da se Bob si fosse accorto
o no
che Wilson era rimasto nella stanza.
House:
« Ah,
Cameron!
» la richiamò House scherzosamente «
Prima di uscire chiudimi tutte le tende
della stanza! Sia delle pareti a vetro, sia della finestra,
naturalmente. Ho
bisogno di privacy! » esclamò in falso tono
implorante.
Ecco,
con le tende
tirate il piano sarebbe stato pronto. Wilson e House si scambiarono
un’occhiata
d’intesa. Sì, per fortuna Wilson aveva davvero
capito le intenzioni dell’amico,
si sentì decisamente sollevato.
Cameron
si
fermò e
scrutò per un attimo il diagnosta. Poi sospirò,
e, prima di andarsene, senza
dire una parola fece quello che gli aveva chiesto.
Wilson
rimase fermo
al suo posto. Il momento della verità era arrivato: se Bob
avesse mostrato di
non sapere che Wilson era rimasto, voleva dire che le cose erano
cambiate
tirando le tende, quindi l’uomo doveva osservarli attraverso
un binocolo, in
caso contrario, voleva davvero dire che aveva installato delle
telecamere o che
si era infiltrato in quelle di sorveglianza. L’ultima
possibilità era che non
li stesse affatto osservando, ma sembrava poco probabile.
House
si
riportò la
cornetta all’orecchio.
House:
« Fatto.
»
disse « Ora siamo solo io e te, Bob. »
continuò annuendo verso Wilson, che
deglutì.
Bob:
«
Mmm… ma
davvero? » iniziò a dire lentamente «
Eppure io ho come la netta sensazione che
ci sia ancora qualcuno lì con te… che ne pensa
Wilson? »
Sul
volto di House
apparve un’espressione sbalordita e agghiacciata. Aveva
tratto le conclusioni
sbagliate? Bob li stava davvero sorvegliando con delle telecamere?
Com’era
possibile?
Si
guardò
furiosamente in giro, in alto, in tutti gli interstizi dove avrebbero
potuto
essere nascoste, incontrando più volte lo sguardo di Wilson,
dapprima confuso e
poi sbalordito ed anch’esso spaventato.
House
gli fece cenno
di tacere così l’oncologo cominciò a
guardarsi intorno cercando anche lui le
invisibili telecamere.
Bob:
« E ora
immagino
che ti starai guardano intorno, cercando le telecamere che pensi io
abbia
installato… che dici? Saranno sopra un armadio? Sotto la
scrivania? Dentro un
vaso? O forse è la web-cam del tuo pc? » chiese
divertito.
A
ogni suggerimento,
House cercava nei posti che gli indicava, per quanto lo permettesse la
gamba,
visto che non aveva tempo di recuperare il bastone buttato
chissà dove nella
stanza, sotto lo sguardo impotente di Wilson.
All’improvviso
House
si bloccò, quando il suo cervello si soffermò su
un dettaglio delle sue parole,
realizzandolo.
House:
«
Immagini? »
chiese confuso.
Bob:
«
Sì, immagino.
Perché le cose che ho detto fino ad ora non sono altro che
mie speculazioni.
Sapevo che avevi in mente qualcosa… e a giudicare dalle tue
reazioni direi che
ho fatto centro! »
E
House capì.
Bob era
stato più furbo di lui, l’aveva ingannato,
l’aveva rigirato ben bene portandolo
a fare quello che voleva! E lui c’era cascato come un
pivellino.
L’unica
cosa
buona
era che ora poteva essere sicuro che li stava davvero osservando con un
binocolo, anche se il fatto che, dopo tutta l’intelligenza
dimostrata, glielo
lasciava capire così facilmente non gli diceva nulla di
buono…
Imprecando
sottovoce,
camminò velocemente fino alla finestra, spalancando di nuovo
le tende.
House:
« Non ti
preoccupa che io ora sappia che ci stai osservando da là
fuori? » disse
astutamente guardando i palazzi davanti al PPTH.
Bob:
« No,
affatto…
perché tu, pur con questa tua messinscena, non ne puoi
essere sicuro. Potrei
invece effettivamente aver installato delle telecamere e aver detto
così per
confonderti le idee… non credi? » lo
provocò.
House
sapeva che
aveva ragione, e questo non fece altro che fargli montare di
più la rabbia.
House:
« Dove
sei,
bastardo?! » urlò frustrato, battendo un pugno sul
vetro.
Bob:
« Dietro
di te…
» gli sussurrò al telefono.
Non
era possibile! House
si girò di scatto, agitato e spaventato. Dove sei, dove sei?
Si chiedeva,
guardandosi attorno freneticamente.
Ma
c’era solo Wilson. E per un terribile momento, in cui la sua
mente tormentata e
messa alle strette cercava una soluzione semplice, credette che Wilson
fosse
Bob.
Ma
si pentì immediatamente, quando un secondo dopo una risata
maligna gli esplose
nell’orecchio.
Bob:
« Siamo un po’ scossi, eh? » disse
« Dovrei punirti, facendola pagare a Cuddy…
ma questo spettacolino che mi hai offerto mi ripaga di tutto! Non ti
puoi
fidare neanche più di te stesso, House! » lo
tormentò « E ora voglio Wilson
fuori dai piedi. Io e te dobbiamo parlare. » disse
più seriamente.
House
fece cenno a Wilson di andarsene, che gli obbedì abbattuto,
senza proferire
parola.
L’ultima
cosa che vide Wilson, prima di riunirsi agli altri, fu un House
decisamente
sconfitto, con i pugni serrati, gli occhi chiusi e il capo abbassato.
-Stanza
delle
conferenze, Wilson e gli staff -
Wilson
trovò
gli
altri appollaiati qua e là. Al suo ingresso lo guardarono
tutti per un secondo,
avidi di notizie, ma il secondo dopo avevano rivolto lo sguardo altrove.
Wilson
fece finta di
nulla e prese posto su una sedia, accasciandosi lentamente.
A
causa delle tende
ancora tirate sulle pareti a vetro, i medici non potevano vedere cosa
succedeva
nell’ufficio di House, né potevano sentire cosa il
loro capo (o amico) dicesse.
Nessuno
di loro
parlava, nessuno di loro aveva voglia di farlo. Non avevano nulla da
dirsi.
Nonostante
tutto,
potevano intravedere House come un’ombra che camminava avanti
e indietro
appoggiato al bastone, e, ogni tanto, quando alzava la voce, potevano
distinguere qualche parola.
Si
guardavano
intorno, ognuno facendo finta di non interessarsi a cosa succedeva
dietro a
quel vetro che li separava da House, eppure tutti, tra
un’occhiata e l’altra
verso il diagnosta, lanciavano sguardi furtivi ai vicini, per vederli a
loro
volta fare lo stesso con altri. E quando due s’incontravano
con gli occhi,
subito li abbassavano, imbarazzati.
Come
se tutto quello
fosse vietato.
Di
certo non tirava
un’aria tranquilla.
Eppure
quelle rare
occhiate attraverso quel vetro oscurato e piuttosto insonorizzato,
bastavano
per capire che qualunque cosa si dicessero House e Bob al telefono, non
era
nulla di promettente.
Dopo
quella che
sembrò loro un’infinità di tempo, la
porta si aprì e House entrò.
Tutti
gli sguardi si
focalizzarono su di lui. Chi era seduto si alzò, chi era
composto s’irrigidì,
senza più quel timore senza senso di mostrare la loro
preoccupazione.
Tutto
si aspettavano
da House, meno quello che egli effettivamente disse.
House:
« Voglio
che
usciate dall’ospedale, e aspettiate tutti insieme davanti
all’entrata. Fate
quello che volete, ma non muovetevi da lì. Vi voglio fuori
di qui entro due
minuti. » disse, e la sua voce non
s’incrinò neanche un momento, mentre
guardava un punto imprecisato davanti a sé.
Ci
fu un attimo di
silenzio, mentre tutti assorbivano la richiesta.
Taub
fece un passo
avanti, sbalordito e arrabbiato.
Foreman
lo
fermò
appoggiandogli una mano sulla spalla. Taub si girò verso di
lui, che scuoteva
piano la testa.
Chase:
«
È tutto
inutile. Andiamo, senza tanto domande. » disse a bassa voce.
Tutti
si volsero,
uscendo dall’ufficio e incamminandosi per il corridoio. Taub
abbassò lo
sguardo, scuotendo la testa sconfitto.
Poi
anche lui e
Foreman, che lo aveva aspettato, uscirono.
Wilson
fu
l’unico a
rimanere, ancora una volta, immobile, nel punto in cui era.
Wilson:
«
Allora? »
chiese lentamente.
House
abbassò
la
testa, le mani a stringere entrambe l’impugnatura del
bastone, ma non parlò.
Wilson:
« Cosa
sta
succedendo ora, House? » provò di nuovo a chiedere.
Nulla.
Wilson strinse
i pugni.
Wilson:
« Non
puoi
fare così! Un secondo fa mi hai detto che brancoli nel buio
e hai ammesso che
siamo alla completa mercé di Bob. E poi è
successo tutto quel casino! È ovvio
che non puoi fare da solo, hai bisogno di tutto l’aiuto
possibile, del nostro
aiuto, del mio! E ora improvvisamente ci dici che non ci vuoi intorno,
che vuoi
star da solo e ci mandi via… » Wilson si
portò una mano alla testa, esasperato
« Questo non ha senso! »
Wilson
aveva
facilmente immaginato che quella strana richiesta di House fosse
derivata da un
ordine di Bob, ma questa volta c’era qualcosa di diverso:
House voleva davvero
stare da solo.
Solo
con quel pazzo,
ad affrontare quello che aveva preparato per lui. E aveva la netta
sensazione
che non fosse nulla di bello, né facile.
Come
poteva Wilson
lasciarlo da solo?
Wilson:
«
Perché? »
gli chiese semplicemente dopo un po’, a bassa voce.
Il
diagnosta non
rispose, continuò immobile a guardare in quel punto
imprecisato, con lo sguardo
vuoto.
Wilson
scosse la
testa, passandosi una mano sul viso. Poi sospirò,
arrendendosi.
Lentamente
si
girò
per andarsene: se House non voleva parlare, era inutile cercare di
fargli
cambiare idea.
Proprio
quando Wilson
aveva appoggiato la mano sulla maniglia, pronto ad andarsene, House gli
rivolse
lo sguardo, risvegliandosi dallo stato di catalessi in cui sembrava
essere
caduto.
House:
« Ti
fidi di
me? » chiese sottovoce.
Wilson
si girò
lentamente, incredulo. I due uomini si fissarono negli occhi.
Wilson:
«
Sì. »
rispose alla fine, semplicemente.
House:
« Allora
promettimi che qualunque cosa accada non interferirai, promettimi che
in nessun
caso permetterai agli altri di entrare nell’ospedale, o di
andarsene. »
Wilson
capì
dalle sue
parole che era finito il tempo di farsi domande.
Fece
l’unica
cosa
possibile: annuì serio, fissandolo negli occhi.
Wilson:
« Te lo
prometto. »
Sì,
si sarebbe
fidato.
Poi interruppe il
contatto visivo con lui e se ne andò, con una stretta al
cuore, lasciandolo
solo.
-Un
po’ dopo,
ufficio
di House… House. –
House:
«
Allora? Sono
oramai le otto. È buio. È questo che aspettavi,
no? »
Bob
ridacchiò.
Bob:
« E
così l’avevi
capito! È per questo che fino ad ora hai fatto quello che
volevo. »
House
sorrise.
House:
«
È così. Mi
sembrava strano che un uomo intelligente come tu appari nascondesse
così a
lungo le sue vere intenzioni. Doveva esserci qualcosa sotto. Un
qualcosa che è
anche causa del tuo assecondarmi nei miei… giochetti.
» affermò furbescamente.
Bob:
« Ti
ringrazio
per il complimento. Allora, visto che mi hai così
gentilmente assecondato fino
a questo momento, e anzi, visto che lo abbiamo fatto
vicendevolmente… perché
smettere proprio ora? »
House
schioccò
le
labbra, si guardò intorno, nell’ufficio buio e
vuoto, con una mezza idea
riguardo alle intenzioni dell’uomo.
House:
« Hai
ragione.
In effetti non avrebbe senso. Dunque, cosa devo fare? »
chiese arrendendosi.
-Bob
&
Cuddy…
in un posto vicino e lontano –
Cuddy
vide
l’uomo
alzarsi dalla sedia dove era seduto fino a poco prima, era ancora
legata e
imbavagliata. Era sfinita e spaventata, ai limiti della sopportazione
ed era
anche molto preoccupata per la sua Rachel. Stanca di quella situazione,
non
vedeva l’ora che House desse a quello squilibrato
ciò che voleva. Lo osservò
mentre si avvicinava alle grandi tende scure che coprivano
un’intera parete.
I
suoi occhi si
spalancarono, troppo stupita e confusa per pensare razionalmente,
quando lui
aprì le tende, rivelando un’enorme vetrata con una
perfetta panoramica sul
PPTH.
Sul
volto
dell’uomo
apparve un sorrisetto malvagio.
Bob: «
Guarda
dietro
alla lampada sulla tua scrivania. C’è un regalo
per te, House. » disse al
medico all’altro capo del telefonino.
-House,
ufficio-
Un
sorpreso House
aveva appena trovato un piccolo pacchettino, incartato di rosso e con
un fiocco
oro, nascosto dietro alla lampada della sua scrivania. Come diamine
c’era
arrivato lì?
Un
secondo dopo si
domandò perché ancora si chiedeva la ragione di
cose in cui Bob aveva messo lo
zampino. Non aveva senso farlo, tanto non c’era una risposta.
Lo
aprì con
un’alzata
di spalle, la sua curiosità inevitabilmente risvegliata.
Guardò
confuso
per un
attimo l’oggetto che si trovava davanti, un paio
di…
Bob:
« Inizia a
metterti gli auricolari. » ordinò al medico
interrompendo il filo dei suoi
pensieri.
House:
«
Perché? »
chiese aggrottando le sopracciglia.
Bob:
« Non
vorrai
mica offendermi non provando il mio regalino?! E poi…
perché no? » rispose
sogghignando.
House:
«
Immagino che
lo scoprirò presto. » affermò
sospirando.
Bob:
« Penso
che tu
possa immaginarlo. Ora esci sul balcone. »
House
si ficcò
un
auricolare nell’orecchio, mettendo il cellulare in tasca.
Aprì stancamente la
porta-finestra, uscendo sul terrazzo che il suo ufficio aveva in comune
con
quello di Wilson.
Senza
farsi notare
troppo, e facendo finta che fosse una cosa naturale, House
scrutò i palazzi
davanti a sé. Nonostante Bob lo avesse portato a dubitarne,
pensava ancora che fosse
rintanato lì vicino e che li spiasse con un binocolo. Doveva
trovare il
palazzo. Le finestre erano quasi tutte illuminate, visto che oramai era
buio,
ma House da quella distanza poteva scorgere solo delle ombre dietro ai
vetri e
alle tende, figurarsi un uomo con un binocolo. Però una cosa
la poteva fare:
individuare i palazzi da cui si aveva la migliore visuale
sull’ospedale.
Bob
e Cuddy dovevano
essere lì.
House:
« E ora?
»
chiese curioso, dopo che si fu preso il tempo necessario a simulare la
sua
silenziosa ricerca.
Ci
fu un attimo di
silenzio,
prima che l’uomo riprendesse a parlare.
Bob: « Ora
fai
l’appello! »
-Bob
& Cuddy,
forse non così lontano –
Bob
aveva appena
finito di spostare la Cuddy, in modo che non si potesse vedere dal
finestrone
aperto.
House:
« Cosa
devo
fare? » chiese sbigottito dall’altro capo del
telefono.
Bob:
« Nulla di
complicato. » sogghignò « Sporgiti dal
balcone e controlla che ci siano tutti i
tuoi fidati collaboratori. Ad alta voce. » disse
sottolineando le ultime
parole.
House:
« E a
cosa ti
servirebbe tutto ciò? »
Bob:
« Tu fallo
e
basta. » ordinò.
House:
« Vuoi
anche
una presentazione? » chiese sarcastico.
Bob: « Ma
sì, perché
no! » disse facendo finta di prenderlo sul serio, si fece una
grossa risata «
Cercare di sdrammatizzare non ti servirà. »
-House,
terrazza!
–
House:
« Be',
uno ci
prova! » disse stringendosi nelle spalle.
House
si
spostò
vicino alla ringhiera di mattoni e guardò verso il basso.
Come aveva chiesto
loro, su ordine di Bob, erano tutti fuori dall’ospedale,
illuminati dai
lampioni stradali, lasciandolo lì, solo ad affrontare il
rapitore. Sbuffò.
House:
«
Allora,
quella giovane e carina che sgambetta avanti e indietro è
Cameron, la solita
emotiva. Ah, ultimamente si è fatta bionda… e si
è fatta anche Chase, se t’interessa.
Sì, Chase è quel canguro che le saltella dietro,
probabilmente sta cercando di
parlarle. » House scosse la testa « È
sempre stato uno stupido. »
House
fece una pausa,
mentre Bob ridacchiava. Spostò lo sguardo.
House:
« Coppia
numero due: Forteen! Lei è quella seduta sul
muretto… ma in realtà non ho
ancora capito se è davvero una
“lei”… mmm. Comunque ora sta usando quel
suo 50%
di “lei” per stare con lui, che è il
nero appoggiato al lampione che la guarda.
Lui è Foreman, lei Tredici. »
Bob:
« Un
numero? »
House:
« Un
numero.
Be', il Tredici porta fortuna, diciamo che è la mascotte.
Non ti piace? »
chiese ironico.
Bob:
« No, no,
va
benissimo. Vai avanti. » affermò divertito.
House:
« Poi
abbiamo
ancora l’ex-chirurgo plastico, l’ebreo che ha messo
le corna alla moglie… è lo
stempiato in piedi davanti all’entrata
dell’ospedale con le mani in tasca. Si
chiama Taub. Che dire altro… l’ho già
detto che faceva il chirurgo plastico?
Per caso ti serve una plastica? »
Bob:
« No,
grazie. Ne
farò a meno. » disse con uno strano tono.
House:
« Ok, ok, come vuoi. Spero di non aver toccato
un tasto dolente.
Comunque. C’è poi l’altro nero, meno
nero di Foreman: è Kutner, un tipo davvero
socievole, è specializzato in medicina sportiva, e per quel
che ne so non ha
una ragazza. Ma lui mi piace, sai? È un ragazzo in gamba,
con il giusto
concentrato di pazzia e intraprendenza. »
House
si fermò
a
pensare un attimo.
House: «
Ho
finito. »
disse infine.
-Bob
& Cuddy,
più vicino di quanto non sembri –
Bob:
« E
Wilson? »
chiese sorpreso, aggrottando le sopracciglia.
House:
« Wilson
cosa?
Non c’è nulla da dire. Lui è Wilson e
basta. »
Bob
era stupito.
Possibile che House non avesse nulla da dire sul suo migliore amico?
Cosa
poteva
nascondere?
Bob:
« Non hai
davvero nulla da dirmi su di lui? » chiese ancora.
House:
« Gli ho
ucciso la ragazza. » affermò con
semplicità.
Bob:
«
… »
Non
disse nulla,
pensando a quelle parole, stringendo nei pugni il telefonino e il
binocolo e
chiudendo gli occhi. Una strana rabbia gli era salita addosso, e doveva
calmarsi. Respirò profondamente più volte.
Come
faceva House a
liquidare una cosa del genere in quel modo?
Rimasero
in silenzio
per un po’, mentre entrambi guardavano in giù,
osservando Wilson, che muoveva
qualche passo in giro torturandosi le mani in gesti nervosi, con una
strana
espressione. Lui era l’unico a sapere almeno un po’
cosa stava succedendo.
Bob
ricominciò
a
parlare solo quando il respiro gli si fu regolarizzato, passandosi la
mano nei
capelli neri.
Bob:
« Dimmi
House,
cosa faresti per un paziente? »
Bob
allontanò
il
telefonino da sé, per nascondere l’attacco di
tosse che gli stava per venire,
aspettando la risposta del medico, che però non arrivava.
Bob:
« Non mi
sembra
sia una domanda così difficile. »
House
schioccò
le
labbra: « Non c’è una risposta.
»
Bob:
« E invece
sì. »
sorrise lentamente.
House:
« Allora
sarebbe alquanto stupido da parte tua fare una domanda di cui conosci
già la
risposta! »
Bob:
« Non
riesci
proprio ad evitare di fare dell’ironia, eh? » disse
divertito.
House:
«
È un dono di
natura. » commentò « Ma andiamo! Sto
aspettando di essere illuminato dalla tua
infinita saggezza. Non vorrai mica farmi stare sulle spine? »
Bob:
« No, hai
ragione. » disse mentre un’espressione enigmatica
gli appariva sul volto « Vuoi
sapere qual è la verità? La verità
è che tu non faresti nulla per un paziente.
»
House:
« Strano
per
un medico, non credi? »
chiese
ironicamente.
Bob:
« Non
cercare di
prendermi in giro. Come ti ho già detto… Io ti
conosco. Tu non faresti nulla
per un paziente, e lo sai. L’unico motivo per il quale sei
medico è risolvere
enigmi. È la tua unica ragione di vita, l’unica
cosa che ti fa andare avanti.
Non t’importa nulla dei malati, quello che a te interessa
è la malattia. »
House:
« Mmm.
Magnifico, hai capito tutto di me. » disse sarcastico
« Ora cosa vuoi fare? Provare
a redimermi, cambiarmi? Hai fatto tutto questo per una ragione simile?
Be', hai
preso un abbaglio. Ti svelo un segreto, le persone…
»
Bob:
«
… non
cambiano. » lo interruppe « Le persone non
cambiano. È questo che stavi
dicendo? »
House
rimase in
silenzio, interdetto.
Bob
sorrise
enigmaticamente.
Bob: «
Vedi, la
domanda realmente interessante non è cosa faresti per un
paziente, ma… »
-House,
sempre
solo in terrazza –
Bob
fece una pausa
densa di sottointesi. House deglutì, suo malgrado.
Quell’uomo lo stava mettendo
alle strette, aveva la capacità di ammutolirlo, ma, cosa
ancora più grave,
quella di sorprenderlo.
Quanto
odiava tutto
ciò! Eppure ci andava matto, perché alla fine era
una gara di cervelli.
Bob:
« La
domanda
giusta è… » riprese sussurrando
« Cosa faresti per Lisa Cuddy? »
“Cosa
faresti
per
Lisa Cuddy? Cosa faresti per Lisa Cuddy? Cosa faresti per Lisa
Cuddy?”
Quelle
poche parole
echeggiarono nella mente di House con un’inclinazione
inquietante.
Fino
a quel momento
avevano solo giocato, ma ora la faccenda stava diventando seria.
Quella
era una vera e
propria minaccia, per nulla velata.
La
bocca di House si
seccò all’improvviso, digrignò i denti,
stringendo spasmodicamente il bastone.
Chiuse gli occhi, prendendo un respiro profondo.
House:
« Cosa
vuoi
che faccia? » chiese alla fine, pensando alle innumerevoli
volte che oramai
aveva detto quella frase a quell’uomo misterioso.
Bob: «
Voglio… voglio
vedere se ho “toccato il tasto giusto”, e voglio
farti comprendere che è così. »
-Bob
& Cuddy,
dietro un qualche finestrone –
Bob
sapeva di starlo
innervosendo, e la cosa non faceva che riempirlo di gioia.
House:
« Cosa
vuoi
che faccia? » ripeté lentamente, azzerando di
nuovo il suo orgoglio.
Bob
sorrise
spietatamente.
Bob: «
Sali sul
cornicione… » disse scandendo piano ogni sillaba
« … e buttati di sotto. »
Comunque, come dicevo, i capitoli si allungano. Questo è 8 pagine word.
Spero davvero di ricevere qualche vostro commento, o lettori silenziosi...
Alla prossima.
Rika =)