Serie TV > Dr. House - Medical Division
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Autore: Swindle    22/04/2012    6 recensioni
Cosa succederebbe se la Cuddy venisse rapita? E cosa succederebbe se il misterioso rapitore fosse interessato ad House?
Tutti mentono. Scoprire la verità, per House, è di vitale importanza. Ma questa volta sarà terribilmente difficile.
Dal capitolo 3: L’uomo sorrise inclinando la testa, e si rivolse alla donna legata e imbavagliata davanti a lui: « È furbo, non c’è che dire. Faccia molta attenzione, dottoressa Cuddy, perché questa sarà la volta in cui in geniale dott. House… » sfiorò il viso della dottoressa con le punte delle dita, e ghignò mentre questa lo guardava spaurita, «… perderà. »
Interrotta a tempo indeterminato (?).
Genere: Drammatico, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Greg House, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
Capitoli:
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Oggi non è lunedì, ma siccome domani sarò stra-impegnata... ecco il capitolo! Enjoy! =)







Chapter 6 – Raison d’être


- Corridoi e ascensore: tornando dal bagno, House e Wilson -

Se qualcuno li avesse visti ora, non avrebbe sospettato assolutamente nulla. I due medici, appena usciti dal bagno dell’ultimo piano, camminavano discutendo a bassa voce. Wilson, come sempre, salutava medici e infermiere che incontrava per i corridoi, mentre House… be', cosa ci si poteva aspettare da lui?

Camminata spavalda e lunga, per quanto glielo concedesse il bastone, e sguardo alto e fiero.

L’unica cosa strana era l’orario: capitava poche volte di vedere il diagnosta ancora in ospedale passate le cinque del pomeriggio, ma probabilmente aveva un caso interessante. Niente di nuovo, insomma.

Lui era così: dove c’era un caso strano, lì si trovava anche lui.

La gente li incrociava per i corridoi, salutava Wilson con un sorriso cordiale e scuoteva la testa o sospirava all’indirizzo di House.

No, nessuno avrebbe potuto sospettare nulla.

Nessuno avrebbe mai pensato che i due famosi dottori non stessero affatto avendo un consulto per chissà quale malattia rara: un caso lo avevano, naturalmente, ma non certo medico.

Wilson stava sbuffando, esasperato dal mutismo dell’altro: dopo che erano usciti dal bagno non era più riuscito a cavargli una parola di bocca.

Wilson: « Almeno ce l’hai un’idea per la prossima mossa?! » sbottò alla fine, esasperato.

Doveva aver detto la parola magica, perché House lo fisso girandosi brevemente e ghignò. Wilson s’illuminò.

Wilson: « Oh, bene. Una buona notizia, almeno! Allora, cosa intendi fare? » chiese.

House: « C’è un modo molto semplice per capire come ci stia osservando Bob. » disse con fare enigmatico.

Entrarono nell’ascensore. Erano da soli, perciò Wilson si arrischiò ad alzare un po’ la voce per incalzare di più l’altro.

Wilson: « E hai intenzione di… » House gli scoccò un’occhiata divertita « … no, ovviamente non hai intenzione di rendermene partecipe. » concluse Wilson.

Wilson aggrottò le sopracciglia e si portò una mano al mento. Qual era la scala di valutazione di House per “semplicità”? Wilson non era molto sicuro che quello che per l’amico fosse semplice per lui fosse lo stesso.

Ma diamine! Wilson s’insultò mentalmente. Perché mai doveva considerarsi così inferiore a lui?

House iniziò a fischiettare e a battere il bastone a terra a ritmo.

Wilson: « E piantala! » esclamò spazientito. Così lo deconcentrava, e lui aveva bisogno di pensare.

House: « Avvisiamo la gentile clientela che la corsa è quasi finita! » esclamò a mo’ di altoparlante, poi si girò verso Wilson « Credi che ci arriverai prima di mettere piede nel mio ufficio? » chiese, ridacchiando.

Wilson lo ignorò. House continuò a fischiettare un motivetto, estremamente fastidioso secondo Wilson.

House guardò l’oncologo: digrignava i denti e si tormentava le mani, mentre rifletteva.

Quale modo semplice poteva esserci per capire come li osservava Bob? Si chiedeva Wilson. Doveva essere una cosa che in una sola volta escludeva completamente le telecamere e provava il binocolo, o viceversa. Oppure che le escludeva entrambe. Come si può capire se qualcuno ci osserva da ipotetiche telecamere senza poterle vedere? E come si può capire invece se lo fa da un binocolo?

House: « Se continui a pensare con questa intensità… ti andrà in fumo il cervello. » ridacchiò, interrompendo il flusso di pensieri di Wilson.

Wilson: « Ah-ha, come sei spiritoso! » sbuffò, riprendendo poi la sua riflessione.

Dopo qualche secondo le porte dell’ascensore si aprirono. House mosse qualche passo verso il suo ufficio, continuando a fischiettare. Di botto si fermò: c’erano solo i suoi passi che rimbombavano nel corridoio.

Si voltò. Wilson era ancora fermo nell’ascensore, un’espressione sorpresa dipinta sul volto illuminato.

House sorrise, segretamente soddisfatto: a quanto pare l’oncologo ci era arrivato.

House: « Be'? » gli chiese « Hai intenzione di stare lì ancora per molto? »

A quelle parole Wilson si riscosse dal suo stato di estasi intorpidita e lo raggiunse velocemente.

Gli si piazzò davanti e aprì la bocca, entusiasta di esporre a House le sue considerazioni.

Ma il diagnosta lo bloccò, parandogli davanti una mano.

House: « Ah ah! » disse con un’espressione che non ammetteva regole « Finalmente hai capito, va bene. Ma ora non mi dirai proprio un bel niente! » poi si guardò intorno con fare teatrale « Non vorrai mica che qualcuno… ci osservi? »

Detto questo House prese a ridere sguaiatamente, incamminandosi di nuovo verso l’ufficio, lasciando Wilson confuso con i suoi pensieri.

E se per caso non fosse giunto alla conclusione che House si aspettava? Cosa sarebbe successo se qualcosa fosse andato… storto?

Ma Wilson non ebbe più modo di pensarci, perché un secondo dopo House era già entrato nella stanza. Non gli restò altro da fare che seguirlo, scuotendo sconsolato la testa.




 

- Ufficio di diagnostica, affollato da parecchi medici -

House entrò, senza guardarsi intorno, nel suo ufficio, camminò fino alla sua scrivania, l’aggirò e sprofondò nella sua poltrona, appoggiando poi sgarbatamente le gambe e il bastone sul tavolo.

Solo allora alzò lo sguardo. Tutti i medici dei suoi staff erano lì, tutti a braccia conserte, tutti che lo fissavano, tutti con l’espressione di chi ha appena finito di parlare della persona che ora si ritrova davanti.

House: « Che c’è, ragazzi? » chiese sorridendo divertito « Non vi sono mancato? »

In quel momento la porta dell’ufficio si aprì di nuovo. Wilson si ritrovò gli sguardi di tutti puntati su di lui.

L’oncologo passò lo sguardo da un medico all’altro, cercando di capire cosa volessero, finché non individuò l’atteggiamento di sfida che avevano tutti e la tensione che c’era nell’aria, e capì il problema che House aveva volutamente ignorato: si aspettavano una spiegazione.

Wilson sbuffò e alzò le mani in segno di difesa.

Wilson: « Non chiedete a me. Non chiedete a me. » disse scuotendo la testa.

I medici allora passarono lo sguardo da lui a House, di nuovo, ma nessuno di loro parlò.

All’improvviso il telefono cominciò ancora una volta a squillare, e House prese la palla al balzo.

House: « Mi spiace, ragazzi. » disse canzonatorio « Giocherò con voi un’altra volta. »




 

- Bob, con Cuddy, a portata di binocolo… o di telecamera! -

Bob: « Non penserete davvero di fregarmi? » chiese appena sentì l’altro rispondere alla telefonata.

House: « Chi, noi? Ma noi non pensiamo affatto! » rispose angelico.

Bob: « Bene. Allora togli il vivavoce. » comandò.

House: « Ai suoi ordini! » disse, poi Bob lo sentì dire, probabilmente agli altri, ridacchiando « Mi spiace ragazzi, è una questione privata! »

Bob aspettò in linea finché non sentì il segnale acustico che gli provò che House aveva tolto il vivavoce.

Ora il suo piano poteva continuare.

Bob: « Spero che tu sia un bravo attore. »

House: « Ottimo, vorrai dire. Perché? »

Bob: « Be'… non saprei cosa potrebbe succedere se scoprissi che qualcuno dei tuoi amichetti dottori non ha bevuto la performance che ti ho ordinato di recitare prima. » disse malignamente.

All’uomo sembrò di sentire House deglutire a disagio dall’altra parte della cornetta, fu solo per un attimo, ma la cosa non fece altro che metterlo più di buon umore.

House: « Non hai di che preoccuparti. » affermò lentamente.

Bob: « Bene. » assentì, lasciando poi passare qualche secondo di silenzio.

La tensione aumentava.

Bob: « Ti ho permesso di avere una piccola, come dire, ricreazione. » riprese, sottolineando l’ultima parola « Ma ora si ricomincia. Sei pronto? » chiese infine malignamente.

House: « Sono nato pronto. »  disse con una voce che a Bob sembrò terribilmente seria.

L’uomo, dietro alla sua maschera, sorrise.




- Ancora ufficio di House, davvero pieno -

Wilson vide House fare un cenno in sua direzione, mentre ancora parlava al telefono con il rapitore, e seppe che era giunto il momento di mettere in pratica il piano.

Sperava solo di averlo capito.

Bob: « Non voglio niente interruzioni, niente trucchetti, niente scherzetti. Solo io e te, eh House? Manda via gli altri. »

House annuì. Il momento era arrivato.

Un secondo dopo si ricordò che Bob era al telefono e che non poteva vederlo – oppure sì? Comunque era il caso di non fargli capire quello che pensava, quindi si affrettò a confermare oralmente.

House: « Ok. » disse quindi « Lo faccio subito. »

House coprì la cornetta del telefono con una mano e guardò per un lungo momento Wilson, prima di parlare agli altri.

House: « Andate ad aspettare di là, in sala conferenze. Ci vorrà un attimo. » poi sorrise vedendo le espressioni perplesse davanti a sé e disse « Non vi preoccupate, dai! È tutto ok. »

Con lentezza, tutti i medici s’incamminarono verso la stanza adiacente. Wilson era l’ultimo.

Se aveva capito bene le intenzioni di House, lui non doveva andarsene, doveva stare lì, senza dire nulla a nessuno, senza parlare. Lui sarebbe stato la chiave per risolvere il primo piccolo enigma.

A cosa sarebbe servito?

Come aveva detto House, era davvero semplice: dipendeva tutto da se Bob si fosse accorto o no che Wilson era rimasto nella stanza.

House: « Ah, Cameron! » la richiamò House scherzosamente « Prima di uscire chiudimi tutte le tende della stanza! Sia delle pareti a vetro, sia della finestra, naturalmente. Ho bisogno di privacy! » esclamò in falso tono implorante.

Ecco, con le tende tirate il piano sarebbe stato pronto. Wilson e House si scambiarono un’occhiata d’intesa. Sì, per fortuna Wilson aveva davvero capito le intenzioni dell’amico, si sentì decisamente sollevato.

Cameron si fermò e scrutò per un attimo il diagnosta. Poi sospirò, e, prima di andarsene, senza dire una parola fece quello che gli aveva chiesto.

Wilson rimase fermo al suo posto. Il momento della verità era arrivato: se Bob avesse mostrato di non sapere che Wilson era rimasto, voleva dire che le cose erano cambiate tirando le tende, quindi l’uomo doveva osservarli attraverso un binocolo, in caso contrario, voleva davvero dire che aveva installato delle telecamere o che si era infiltrato in quelle di sorveglianza. L’ultima possibilità era che non li stesse affatto osservando, ma sembrava poco probabile.

House si riportò la cornetta all’orecchio.

House: « Fatto. » disse « Ora siamo solo io e te, Bob. » continuò annuendo verso Wilson, che deglutì.

Bob: « Mmm… ma davvero? » iniziò a dire lentamente « Eppure io ho come la netta sensazione che ci sia ancora qualcuno lì con te… che ne pensa Wilson? »

Sul volto di House apparve un’espressione sbalordita e agghiacciata. Aveva tratto le conclusioni sbagliate? Bob li stava davvero sorvegliando con delle telecamere? Com’era possibile?

Si guardò furiosamente in giro, in alto, in tutti gli interstizi dove avrebbero potuto essere nascoste, incontrando più volte lo sguardo di Wilson, dapprima confuso e poi sbalordito ed anch’esso spaventato.

House gli fece cenno di tacere così l’oncologo cominciò a guardarsi intorno cercando anche lui le invisibili telecamere.

Bob: « E ora immagino che ti starai guardano intorno, cercando le telecamere che pensi io abbia installato… che dici? Saranno sopra un armadio? Sotto la scrivania? Dentro un vaso? O forse è la web-cam del tuo pc? » chiese divertito.

A ogni suggerimento, House cercava nei posti che gli indicava, per quanto lo permettesse la gamba, visto che non aveva tempo di recuperare il bastone buttato chissà dove nella stanza, sotto lo sguardo impotente di Wilson.

All’improvviso House si bloccò, quando il suo cervello si soffermò su un dettaglio delle sue parole, realizzandolo.

House: « Immagini? » chiese confuso.

Bob: « Sì, immagino. Perché le cose che ho detto fino ad ora non sono altro che mie speculazioni. Sapevo che avevi in mente qualcosa… e a giudicare dalle tue reazioni direi che ho fatto centro! »

E House capì. Bob era stato più furbo di lui, l’aveva ingannato, l’aveva rigirato ben bene portandolo a fare quello che voleva! E lui c’era cascato come un pivellino.

L’unica cosa buona era che ora poteva essere sicuro che li stava davvero osservando con un binocolo, anche se il fatto che, dopo tutta l’intelligenza dimostrata, glielo lasciava capire così facilmente non gli diceva nulla di buono…

Imprecando sottovoce, camminò velocemente fino alla finestra, spalancando di nuovo le tende.

House: « Non ti preoccupa che io ora sappia che ci stai osservando da là fuori? » disse astutamente guardando i palazzi davanti al PPTH.

Bob: « No, affatto… perché tu, pur con questa tua messinscena, non ne puoi essere sicuro. Potrei invece effettivamente aver installato delle telecamere e aver detto così per confonderti le idee… non credi? » lo provocò.

House sapeva che aveva ragione, e questo non fece altro che fargli montare di più la rabbia.

House: « Dove sei, bastardo?! » urlò frustrato, battendo un pugno sul vetro.

Bob: « Dietro di te… » gli sussurrò al telefono.

Non era possibile! House si girò di scatto, agitato e spaventato. Dove sei, dove sei? Si chiedeva, guardandosi attorno freneticamente.

Ma c’era solo Wilson. E per un terribile momento, in cui la sua mente tormentata e messa alle strette cercava una soluzione semplice, credette che Wilson fosse Bob.

Ma si pentì immediatamente, quando un secondo dopo una risata maligna gli esplose nell’orecchio.

Bob: « Siamo un po’ scossi, eh? » disse « Dovrei punirti, facendola pagare a Cuddy… ma questo spettacolino che mi hai offerto mi ripaga di tutto! Non ti puoi fidare neanche più di te stesso, House! » lo tormentò « E ora voglio Wilson fuori dai piedi. Io e te dobbiamo parlare. » disse più seriamente.

House fece cenno a Wilson di andarsene, che gli obbedì abbattuto, senza proferire parola.

L’ultima cosa che vide Wilson, prima di riunirsi agli altri, fu un House decisamente sconfitto, con i pugni serrati, gli occhi chiusi e il capo abbassato.




 

-Stanza delle conferenze, Wilson e gli staff -

Wilson trovò gli altri appollaiati qua e là. Al suo ingresso lo guardarono tutti per un secondo, avidi di notizie, ma il secondo dopo avevano rivolto lo sguardo altrove.

Wilson fece finta di nulla e prese posto su una sedia, accasciandosi lentamente.

A causa delle tende ancora tirate sulle pareti a vetro, i medici non potevano vedere cosa succedeva nell’ufficio di House, né potevano sentire cosa il loro capo (o amico) dicesse.

Nessuno di loro parlava, nessuno di loro aveva voglia di farlo. Non avevano nulla da dirsi.

Nonostante tutto, potevano intravedere House come un’ombra che camminava avanti e indietro appoggiato al bastone, e, ogni tanto, quando alzava la voce, potevano distinguere qualche parola.

Si guardavano intorno, ognuno facendo finta di non interessarsi a cosa succedeva dietro a quel vetro che li separava da House, eppure tutti, tra un’occhiata e l’altra verso il diagnosta, lanciavano sguardi furtivi ai vicini, per vederli a loro volta fare lo stesso con altri. E quando due s’incontravano con gli occhi, subito li abbassavano, imbarazzati.

Come se tutto quello fosse vietato.

Di certo non tirava un’aria tranquilla.

Eppure quelle rare occhiate attraverso quel vetro oscurato e piuttosto insonorizzato, bastavano per capire che qualunque cosa si dicessero House e Bob al telefono, non era nulla di promettente.

Dopo quella che sembrò loro un’infinità di tempo, la porta si aprì e House entrò.

Tutti gli sguardi si focalizzarono su di lui. Chi era seduto si alzò, chi era composto s’irrigidì, senza più quel timore senza senso di mostrare la loro preoccupazione.

Tutto si aspettavano da House, meno quello che egli effettivamente disse.

House: « Voglio che usciate dall’ospedale, e aspettiate tutti insieme davanti all’entrata. Fate quello che volete, ma non muovetevi da lì. Vi voglio fuori di qui entro due minuti. » disse, e la sua voce non s’incrinò neanche un momento, mentre guardava un punto imprecisato davanti a sé.

Ci fu un attimo di silenzio, mentre tutti assorbivano la richiesta.

Taub fece un passo avanti, sbalordito e arrabbiato.

Foreman lo fermò appoggiandogli una mano sulla spalla. Taub si girò verso di lui, che scuoteva piano la testa.

Chase: « È tutto inutile. Andiamo, senza tanto domande. » disse a bassa voce.

Tutti si volsero, uscendo dall’ufficio e incamminandosi per il corridoio. Taub abbassò lo sguardo, scuotendo la testa sconfitto.

Poi anche lui e Foreman, che lo aveva aspettato, uscirono.

Wilson fu l’unico a rimanere, ancora una volta, immobile, nel punto in cui era.

Wilson: « Allora? » chiese lentamente.

House abbassò la testa, le mani a stringere entrambe l’impugnatura del bastone, ma non parlò.

Wilson: « Cosa sta succedendo ora, House? » provò di nuovo a chiedere.

Nulla. Wilson strinse i pugni.

Wilson: « Non puoi fare così! Un secondo fa mi hai detto che brancoli nel buio e hai ammesso che siamo alla completa mercé di Bob. E poi è successo tutto quel casino! È ovvio che non puoi fare da solo, hai bisogno di tutto l’aiuto possibile, del nostro aiuto, del mio! E ora improvvisamente ci dici che non ci vuoi intorno, che vuoi star da solo e ci mandi via… » Wilson si portò una mano alla testa, esasperato « Questo non ha senso! »

Wilson aveva facilmente immaginato che quella strana richiesta di House fosse derivata da un ordine di Bob, ma questa volta c’era qualcosa di diverso: House voleva davvero stare da solo.

Solo con quel pazzo, ad affrontare quello che aveva preparato per lui. E aveva la netta sensazione che non fosse nulla di bello, né facile.

Come poteva Wilson lasciarlo da solo?

Wilson: « Perché? » gli chiese semplicemente dopo un po’, a bassa voce.

Il diagnosta non rispose, continuò immobile a guardare in quel punto imprecisato, con lo sguardo vuoto.

Wilson scosse la testa, passandosi una mano sul viso. Poi sospirò, arrendendosi.

Lentamente si girò per andarsene: se House non voleva parlare, era inutile cercare di fargli cambiare idea.

Proprio quando Wilson aveva appoggiato la mano sulla maniglia, pronto ad andarsene, House gli rivolse lo sguardo, risvegliandosi dallo stato di catalessi in cui sembrava essere caduto.

House: « Ti fidi di me? » chiese sottovoce.

Wilson si girò lentamente, incredulo. I due uomini si fissarono negli occhi.

Wilson: « Sì. » rispose alla fine, semplicemente.

House: « Allora promettimi che qualunque cosa accada non interferirai, promettimi che in nessun caso permetterai agli altri di entrare nell’ospedale, o di andarsene. »

Wilson capì dalle sue parole che era finito il tempo di farsi domande.

Fece l’unica cosa possibile: annuì serio, fissandolo negli occhi.

Wilson: « Te lo prometto. »

Sì, si sarebbe fidato.

Poi interruppe il contatto visivo con lui e se ne andò, con una stretta al cuore, lasciandolo solo.




 

-Un po’ dopo, ufficio di House… House. –

House: « Allora? Sono oramai le otto. È buio. È questo che aspettavi, no? »

Bob ridacchiò.

Bob: « E così l’avevi capito! È per questo che fino ad ora hai fatto quello che volevo. »

House sorrise.

House: « È così. Mi sembrava strano che un uomo intelligente come tu appari nascondesse così a lungo le sue vere intenzioni. Doveva esserci qualcosa sotto. Un qualcosa che è anche causa del tuo assecondarmi nei miei… giochetti. » affermò furbescamente.

Bob: « Ti ringrazio per il complimento. Allora, visto che mi hai così gentilmente assecondato fino a questo momento, e anzi, visto che lo abbiamo fatto vicendevolmente… perché smettere proprio ora? »

House schioccò le labbra, si guardò intorno, nell’ufficio buio e vuoto, con una mezza idea riguardo alle intenzioni dell’uomo.

House: « Hai ragione. In effetti non avrebbe senso. Dunque, cosa devo fare? » chiese arrendendosi.




-Bob & Cuddy… in un posto vicino e lontano –

Cuddy vide l’uomo alzarsi dalla sedia dove era seduto fino a poco prima, era ancora legata e imbavagliata. Era sfinita e spaventata, ai limiti della sopportazione ed era anche molto preoccupata per la sua Rachel. Stanca di quella situazione, non vedeva l’ora che House desse a quello squilibrato ciò che voleva. Lo osservò mentre si avvicinava alle grandi tende scure che coprivano un’intera parete.

I suoi occhi si spalancarono, troppo stupita e confusa per pensare razionalmente, quando lui aprì le tende, rivelando un’enorme vetrata con una perfetta panoramica sul PPTH.

Sul volto dell’uomo apparve un sorrisetto malvagio.

Bob: « Guarda dietro alla lampada sulla tua scrivania. C’è un regalo per te, House. » disse al medico all’altro capo del telefonino.




 

-House, ufficio-

Un sorpreso House aveva appena trovato un piccolo pacchettino, incartato di rosso e con un fiocco oro, nascosto dietro alla lampada della sua scrivania. Come diamine c’era arrivato lì?

Un secondo dopo si domandò perché ancora si chiedeva la ragione di cose in cui Bob aveva messo lo zampino. Non aveva senso farlo, tanto non c’era una risposta.

Lo aprì con un’alzata di spalle, la sua curiosità inevitabilmente risvegliata.

Guardò confuso per un attimo l’oggetto che si trovava davanti, un paio di…

Bob: « Inizia a metterti gli auricolari. » ordinò al medico interrompendo il filo dei suoi pensieri.

House: « Perché? » chiese aggrottando le sopracciglia.

Bob: « Non vorrai mica offendermi non provando il mio regalino?! E poi… perché no? » rispose sogghignando.

House: « Immagino che lo scoprirò presto. » affermò sospirando.

Bob: « Penso che tu possa immaginarlo. Ora esci sul balcone. »

House si ficcò un auricolare nell’orecchio, mettendo il cellulare in tasca. Aprì stancamente la porta-finestra, uscendo sul terrazzo che il suo ufficio aveva in comune con quello di Wilson.

Senza farsi notare troppo, e facendo finta che fosse una cosa naturale, House scrutò i palazzi davanti a sé. Nonostante Bob lo avesse portato a dubitarne, pensava ancora che fosse rintanato lì vicino e che li spiasse con un binocolo. Doveva trovare il palazzo. Le finestre erano quasi tutte illuminate, visto che oramai era buio, ma House da quella distanza poteva scorgere solo delle ombre dietro ai vetri e alle tende, figurarsi un uomo con un binocolo. Però una cosa la poteva fare: individuare i palazzi da cui si aveva la migliore visuale sull’ospedale.

Bob e Cuddy dovevano essere lì.

House: « E ora? » chiese curioso, dopo che si fu preso il tempo necessario a simulare la sua silenziosa ricerca.

Ci fu un attimo di silenzio, prima che l’uomo riprendesse a parlare.

Bob: « Ora fai l’appello! »




 

-Bob & Cuddy, forse non così lontano –

Bob aveva appena finito di spostare la Cuddy, in modo che non si potesse vedere dal finestrone aperto.

House: « Cosa devo fare? » chiese sbigottito dall’altro capo del telefono.

Bob: « Nulla di complicato. » sogghignò « Sporgiti dal balcone e controlla che ci siano tutti i tuoi fidati collaboratori. Ad alta voce. » disse sottolineando le ultime parole.

House: « E a cosa ti servirebbe tutto ciò? »

Bob: « Tu fallo e basta. » ordinò.

House: « Vuoi anche una presentazione? » chiese sarcastico.

Bob: « Ma sì, perché no! » disse facendo finta di prenderlo sul serio, si fece una grossa risata « Cercare di sdrammatizzare non ti servirà. »




 

-House, terrazza! –

House: « Be', uno ci prova! » disse stringendosi nelle spalle.

House si spostò vicino alla ringhiera di mattoni e guardò verso il basso. Come aveva chiesto loro, su ordine di Bob, erano tutti fuori dall’ospedale, illuminati dai lampioni stradali, lasciandolo lì, solo ad affrontare il rapitore. Sbuffò.

House: « Allora, quella giovane e carina che sgambetta avanti e indietro è Cameron, la solita emotiva. Ah, ultimamente si è fatta bionda… e si è fatta anche Chase, se t’interessa. Sì, Chase è quel canguro che le saltella dietro, probabilmente sta cercando di parlarle. » House scosse la testa « È sempre stato uno stupido. »

House fece una pausa, mentre Bob ridacchiava. Spostò lo sguardo.

House: « Coppia numero due: Forteen! Lei è quella seduta sul muretto… ma in realtà non ho ancora capito se è davvero una “lei”… mmm. Comunque ora sta usando quel suo 50% di “lei” per stare con lui, che è il nero appoggiato al lampione che la guarda. Lui è Foreman, lei Tredici. »

Bob: « Un numero? »

House: « Un numero. Be', il Tredici porta fortuna, diciamo che è la mascotte. Non ti piace? » chiese ironico.

Bob: « No, no, va benissimo. Vai avanti. » affermò divertito.

House: « Poi abbiamo ancora l’ex-chirurgo plastico, l’ebreo che ha messo le corna alla moglie… è lo stempiato in piedi davanti all’entrata dell’ospedale con le mani in tasca. Si chiama Taub. Che dire altro… l’ho già detto che faceva il chirurgo plastico? Per caso ti serve una plastica? »

Bob: « No, grazie. Ne farò a meno. » disse con uno strano tono.

House: « Ok, ok, come vuoi. Spero di non aver toccato un tasto dolente. Comunque. C’è poi l’altro nero, meno nero di Foreman: è Kutner, un tipo davvero socievole, è specializzato in medicina sportiva, e per quel che ne so non ha una ragazza. Ma lui mi piace, sai? È un ragazzo in gamba, con il giusto concentrato di pazzia e intraprendenza. »

House si fermò a pensare un attimo.

House: « Ho finito. » disse infine.




 

-Bob & Cuddy, più vicino di quanto non sembri –

Bob: « E Wilson? » chiese sorpreso, aggrottando le sopracciglia.

House: « Wilson cosa? Non c’è nulla da dire. Lui è Wilson e basta. »

Bob era stupito. Possibile che House non avesse nulla da dire sul suo migliore amico?

Cosa poteva nascondere?

Bob: « Non hai davvero nulla da dirmi su di lui? » chiese ancora.

House: « Gli ho ucciso la ragazza. » affermò con semplicità.

Bob: « … »

Non disse nulla, pensando a quelle parole, stringendo nei pugni il telefonino e il binocolo e chiudendo gli occhi. Una strana rabbia gli era salita addosso, e doveva calmarsi. Respirò profondamente più volte.

Come faceva House a liquidare una cosa del genere in quel modo?

Rimasero in silenzio per un po’, mentre entrambi guardavano in giù, osservando Wilson, che muoveva qualche passo in giro torturandosi le mani in gesti nervosi, con una strana espressione. Lui era l’unico a sapere almeno un po’ cosa stava succedendo.

Bob ricominciò a parlare solo quando il respiro gli si fu regolarizzato, passandosi la mano nei capelli neri.

Bob: « Dimmi House, cosa faresti per un paziente? »

Bob allontanò il telefonino da sé, per nascondere l’attacco di tosse che gli stava per venire, aspettando la risposta del medico, che però non arrivava.

Bob: « Non mi sembra sia una domanda così difficile. »

House schioccò le labbra: « Non c’è una risposta. »

Bob: « E invece sì. » sorrise lentamente.

House: « Allora sarebbe alquanto stupido da parte tua fare una domanda di cui conosci già la risposta! »

Bob: « Non riesci proprio ad evitare di fare dell’ironia, eh? » disse divertito.

House: « È un dono di natura. » commentò « Ma andiamo! Sto aspettando di essere illuminato dalla tua infinita saggezza. Non vorrai mica farmi stare sulle spine? »

Bob: « No, hai ragione. » disse mentre un’espressione enigmatica gli appariva sul volto « Vuoi sapere qual è la verità? La verità è che tu non faresti nulla per un paziente. »

House: « Strano per un medico, non credi? »  chiese ironicamente.

Bob: « Non cercare di prendermi in giro. Come ti ho già detto… Io ti conosco. Tu non faresti nulla per un paziente, e lo sai. L’unico motivo per il quale sei medico è risolvere enigmi. È la tua unica ragione di vita, l’unica cosa che ti fa andare avanti. Non t’importa nulla dei malati, quello che a te interessa è la malattia. »

House: « Mmm. Magnifico, hai capito tutto di me. » disse sarcastico « Ora cosa vuoi fare? Provare a redimermi, cambiarmi? Hai fatto tutto questo per una ragione simile? Be', hai preso un abbaglio. Ti svelo un segreto, le persone… »

Bob: « … non cambiano. » lo interruppe « Le persone non cambiano. È questo che stavi dicendo? »

House rimase in silenzio, interdetto.

Bob sorrise enigmaticamente.

Bob: « Vedi, la domanda realmente interessante non è cosa faresti per un paziente, ma… »




 

-House, sempre solo in terrazza –

Bob fece una pausa densa di sottointesi. House deglutì, suo malgrado. Quell’uomo lo stava mettendo alle strette, aveva la capacità di ammutolirlo, ma, cosa ancora più grave, quella di sorprenderlo.

Quanto odiava tutto ciò! Eppure ci andava matto, perché alla fine era una gara di cervelli.

Bob: « La domanda giusta è… » riprese sussurrando « Cosa faresti per Lisa Cuddy? »

“Cosa faresti per Lisa Cuddy? Cosa faresti per Lisa Cuddy? Cosa faresti per Lisa Cuddy?”

Quelle poche parole echeggiarono nella mente di House con un’inclinazione inquietante.

Fino a quel momento avevano solo giocato, ma ora la faccenda stava diventando seria.

Quella era una vera e propria minaccia, per nulla velata.

La bocca di House si seccò all’improvviso, digrignò i denti, stringendo spasmodicamente il bastone. Chiuse gli occhi, prendendo un respiro profondo.

House: « Cosa vuoi che faccia? » chiese alla fine, pensando alle innumerevoli volte che oramai aveva detto quella frase a quell’uomo misterioso.

Bob: « Voglio… voglio vedere se ho “toccato il tasto giusto”, e voglio farti comprendere che è così. »




 

-Bob & Cuddy, dietro un qualche finestrone –

Bob sapeva di starlo innervosendo, e la cosa non faceva che riempirlo di gioia.

House: « Cosa vuoi che faccia? » ripeté lentamente, azzerando di nuovo il suo orgoglio.

Bob sorrise spietatamente.

Bob: « Sali sul cornicione… » disse scandendo piano ogni sillaba « … e buttati di sotto. »























Spazio Autore:
Se sono riuscita nel mio intento, a quest'ora, finito il capitolo, mi starete maledicendo... ehehe! xD
Comunque, come dicevo, i capitoli si allungano. Questo è 8 pagine word.
Spero davvero di ricevere qualche vostro commento, o lettori silenziosi...
Alla prossima.
Rika =)
  
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