Ogni mese, la giudiciA ci darà un tema su cui
dovremo scrivere la nostra storia,
scegliendo il giorno in cui pubblicarla.
Ho scelto il 26 perché a Settembre è il giorno del mio compleanno,
perciò ho pensato che mi potesse portare fortuna.
Il promt di questo mese è Incontri.
(025. Estranei nella Big Damn Table)
TITOLO DELLA STORIA: Cambiamenti
PERSONAGGI: Draco Malfoy, Hermione Granger, Daphne Greengrass, Astoria Greengrass
RATING: Verde
GENERE: Commedia
AVVERTENZE: One-shot
NdA: questa volta è stata durissima, ma alla fine ce l'ho fatta. In fondo, se il tema è "incontri" e Draco lavora in un asilo, l'idea può essere solo una. E visto che J.K.Row ha deciso di accantonare la mia idea di far sposare Draco con Luna e ha deciso invece di fargli sposare Astoria Greengrass, tanto valeva renderle omaggio almeno in una storia. Ah, io Daphne me la immagino così, perché mi sono stufata di tutte quelle storia in cui lei è algida e fredda e glaciale e Serpeverde. Chi l'ha detto che i Serperverde non possano essere persone di buon umore e chiaccherone e piene di senso dell'umorismo?
Cambiamenti
Non si schifava più quando cadevano nel fango,
non gli era venuto da vomitare neanche una volta quando aveva passato
tutto il
giorno al nido a cambiare pannolini, disinfettava sbucciature con
l’abilità
delle migliori infermiere, e si era talmente abituato a cantare
canzoncine
della bua che si sorprese a cantarla anche quando fu costretto a
medicare Ron,
che si era ferito nel tentativo di insegnargli cosa fosse un pelapatate.
Lavorare con i bambini l’aveva reso
enormemente paziente, molto più di quanto non pensasse di
essere: ormai, ogni
volta che Luna veniva a prenderlo all’asilo stava a sentire
tutte le sue follie
su Gorgosprizzi e Ricciocorni Schiattosi senza mai sbuffare.
In fondo in fondo, finì con l’ammettere, i
bambini non erano poi così male: bastava spegnere il
cervello a intervalli
regolari, e riusciva benissimo a conviverci. I bambini erano un
po’ come i
gatti, rifletté una volta: assolutamente adorabili quando
dormivano,
assolutamente rompiscatole quando avevano fame o più in
generale quando erano
svegli, inquietante abilità nel guardarlo con aria di
disapprovazione ogni
volta che faceva qualcosa che ritenevano fosse sbagliato.
Ma soprattutto, come i gatti, erano
enormemente gelosi delle loro proprietà e detestavano i
cambiamenti improvvisi.
Se ne accorse quel giorno in cui una bambina bionda, particolarmente
piccola e
particolarmente terrorizzata, si presentò alla porta della
sua classe.
«Bene, bambini, questa è Helen, si è
appena
trasferita! Fatela sentire come se fosse a casa sua, mi
raccomando!»
L’intera classe si voltò e cominciò a
squadrare la nuova compagna con sospetto. Draco si chiese il
perché, ma infine
decise che non voleva saperlo: i bambini erano così,
imprevedibili, e non aveva
voglia di indagare sui motivi che potessero portarli a detestare la
nuova
compagna. A lui bastava che non la picchiassero e non tentassero di
seppellirla
in giardino, poi potevano fare quello che volevano.
«Bene, Helen, questo è il tuo armadietto, puoi
mettere qua lo zainetto e la merenda, e poi puoi andare a giocare con i
tuoi
nuovi compagni».
Helen annuì, intimidita, mormorò un flebile:
«Grazie, maestro Draco» e si avviò verso
gli altri bambini, che continuavano a
guardarla storto senza dire una parola.
Draco non dovette aspettare molto per scoprire
il perché: dieci minuti dopo Lizzie e Sally, autoelettesi
rappresentanti di
classe, gli si avvicinarono con aria cospiratoria.
«Maestro Draco, chi è quella?»
sussurrò
Lizzie, con sguardo truce.
«È Helen, la vostra nuova compagna»
spiegò
Draco, chiedendosi dove volessero andare a parare.
«E rimarrà qui tanto?»
borbottò Sally.
«Fino alle elementari, presumo: i suoi
genitori adesso lavorano qui» rispose Draco, che ormai aveva
rinunciato a
capirci qualcosa.
«Ma tu vorrai comunque più bene a noi che a
lei, vero?» riprese Sally, con aria ansiosa. «A lei
non regalerai gli
orsacchiotti, vero?»
Ecco qual era il problema, comprese Draco,
assolutamente incredulo: erano gelosi. Se
Potter l’avesse scoperto probabilmente sarebbe morto dal
ridere.
«Ma bambine, io voglio bene uguale a tutti»
tentò di spiegare, pregando dentro di sé che
nessuno di sua conoscenza venisse
mai a sapere di quella conversazione: non sarebbe mai più
riuscito a mettere il
naso fuori di casa.
«Ma non si può voler bene uguale a
tutti!»
protestò Lizzie. «Il bene che hai dentro
è tutto uguale, quindi se lo dai a
troppe persone è come se non lo dai per niente!»
«Come se non lo dessi» la corresse Draco
sovrappensiero, riflettendo intensamente
su cosa rispondere: capiva che la serenità
della povera Helen per tutto
l’anno successivo dipendeva esclusivamente dalla sua
risposta. «Vi ricordate la
storia del sole?*» disse poi, illuminandosi improvvisamente.
Quando le bambine
annuirono, riprese: «Anche se il sole regalava raggi a tutti
quanti, non si
esaurivano mai, perché erano infiniti: il mio bene
è come i raggi del sole,
posso darlo a tutti perché è infinito».
Le due bambine lo guardarono per
almeno cinque minuti, senza dire una
parola. Nel profondo, Draco si augurò di averle convinte, ma
soprattutto si
chiese quando mai era diventato così poetico: il suo bene
era come i raggi del
sole? L’aveva detto davvero? I bambini lo avevano cambiato
davvero troppo, e
non era sicuro che i cambiamenti fossero davvero una buona cosa.
Dopo poco, le bambine sorrisero. «È vero che
sei come il sole» disse Lizzie, convinta. «Sei
buono e hai anche la testa tutta
gialla» aggiunse, prima di prendere Sally per mano e correre
verso Helen,
ridendo.
Avrebbe ucciso Lizzie.
Avrebbe ucciso Lizzie e
Sally e Brian e Lucy e Johnny, e tutti i bambini che erano corsi dalla
Granger
a dirle che era come il sole. E poi avrebbe ucciso anche la Granger,
per
evitare che andasse in giro a riferire tutte le idiozie che diceva ai
bambini
per farli stare tranquilli.
Al momento,
però, doveva starsene tranquillo
ad ascoltare la Granger che rideva come una scema, senza poter mettere
in atto
nessun piano di vendetta.
«Non ci
posso credere» riprese Hermione,
quando ebbe recuperato il fiato. «Credevo che avrei dovuto
minacciarti per
evitare che spaventassi i bambini, e invece viene fuori che ti vogliono
bene e
sono persino gelosi! Sei proprio cambiato».
«Io non sono
cambiato!» sbottò Draco,
indignato. «Sono sempre uguale! Sono sempre io!»
«Certo che
sei sempre tu» annuì Hermione, con
l’aria di chi la sa lunga. «Sei sempre
insopportabile e cretino e ogni volta
che devo farti lezione mi viene da piangere, ma sei comunque cambiato.
Sei…
paziente!»
«Non sono
affatto paziente!»
«Sì
che lo sei! Guarda adesso! Quando ti
insegnai a fare l’albero di Natale hai praticamente ucciso un
povero abete
indifeso, e ieri sei stato in silenzio ad ascoltare come si fanno i
frullati
senza dire una parola! Sei cambiato, Draco» detto questo, gli
restituì la
bacchetta e se ne andò senza un’altra parola.
Era davvero cambiato?
Davvero uno stupido
lavoro in uno stupido asilo pieno di stupidi bambini poteva avergli
fatto
questo? Era una cosa così buona? Alla fine lui era come i
bambini e i gatti,
lui odiava i cambiamenti.
«Mamma,
secondo te sono cambiato?» chiese, una
volta varcata la porta di casa.
«Non adesso,
Draco» lo interruppe sua madre. «È
venuta a trovarti la tua amica Daphne insieme a sua
sorella…sarebbe carino se
andassi a salutare».
Daphne aveva una
sorella? Avevano passato
sette anni insieme a Hogwarts e non gliel’aveva mai detto?
Vero che,
conoscendola, non era impossibile che si fosse dimenticata di
riferirgli un
simile dettaglio. Una volta gli aveva “preso in
prestito” il libro di pozioni e
gliel’aveva detto solo dopo due settimane
che aveva passato a rastrellare l’intera scuola come un
disperato.
«Draco!
È un sacco di tempo che non ti vedo,
come stai?»
Draco annuì
senza dire niente, abbracciandola.
Non sapeva definire il rapporto che aveva con Daphne: non erano
propriamente amici,
ma lei riusciva sempre a capirlo senza che avesse bisogno di dire
nulla. Era
come una sorella maggiore, o come un angelo custode molto distratto che
la
maggior parte delle volte si dimentica della tua esistenza, ma che sa
sempre
cosa fare per tirarti su di morale.
«Passavamo
da queste parti, e ho pensato di venirti
a trovare!» continuò Daphne, parlando a
macchinetta com’era solita fare. «Non
posso credere a tutto quello che mi ha raccontato tua madre! Prendi
lezioni di
Babbanologia dalla Granger? Com’è? Scommetto che
alla fine non è così tanto
male, deve avere una pazienza infinita per essere riuscita a
sopportarti e non
averti ancora ucciso… è vero che fai il maestro
in un asilo con i bambini di
quattro anni? Come fai? Non ti hanno ancora arrestato?»
Draco sapeva bene che
Daphne parlava a raffica
senza quasi prendere fiato, ma ogni volta che la vedeva restava sempre
un po’
stordito dal torrente di parole che lo investiva. Era così
impegnato a fissare
l’amica, un po’ sconcertato, che non aveva ancora
degnato di un’occhiata la
sorella di lei, che le era seduta a fianco e la stava guardando con gli
occhi
pieni di rimprovero.
«Daphne…credo
che tu possa anche fermarti,
ora» mormorò, toccandole delicatamente un braccio.
«Che scema,
non vi ho neanche presentati!» si
scusò la ragazza. «Draco, questa è mia
sorella Astoria. Te ne avevo parlato,
no?»
«No,
mai» borbottò Draco, prima di girarsi e
finalmente osservare Astoria, e sorprendendosi di trovarla carina: si
vedeva
moltissimo che le due ragazze erano sorelle, ma la minore aveva
quell’aria timida
e riservata che Daphne invece era riuscita a sopprimere con la sua
esuberanza.
«È
un piacere conoscerti, Draco» mormorò
Astoria, guardandolo un secondo prima di abbassare lo sguardo.
«Scusala,
è un po’ timida» borbottò
Daphne. «È
come i bambini, si vergogna quando conosce persone nuove».
«Non
c’è problema, allora» rise Draco.
«Io
lavoro tutti i giorni con i bambini!»
Daphne rise a sua
volta, per poi lanciargli
uno sguardo sorpreso. «Ti è cresciuto il senso
dell’umorismo! Non ti vedo per
tre mesi e ti ritrovo completamente cambiato!»
Era davvero
cambiato, e se era riuscito a notarlo perfino Daphne vuol dire che non
si
poteva più sindacare. Guardando il sorriso di Astoria,
però, si rese conto che,
forse, alla fine i cambiamenti non sono poi così male.
*La storia del sole l'ho rubata a Gianni Rodari e le sue Favole al telefono. Mi sembrava adatta xD