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Autore: Giulia K Monroe    16/07/2012    13 recensioni
E se Harry Potter avesse avuto una sorella minore?
E se Sirius Black non fosse stato catturato e portato ad Azkaban?
Cosa sarebbe successo alla storia più amata di tutti i tempi? Scopritelo leggendo!
***
All'improvviso lo sguardo opaco, grigio metallo sporco, si accese. Luminoso e carico di rabbioso odio, si riversò su quello della ragazza, che trasalì spaventata.
Alexis fece per indietreggiare, ma lui non glielo permise: lasciata scivolare la mano da sotto le sue, le aveva artigliato le spalle con una presa tanto violenta da farla gemere per il dolore; l'aveva quindi trascinata contro l'armadio e l'aveva sbattuta furibondo contro lo specchio, facendole mancare il respiro.
«Perché non ti sei fidata di me?!» ruggì Draco e alzò il braccio con una mossa così repentina che lei, per un attimo, temette che stesse per colpirla; lui invece scaraventò il pugno al di sopra della sua spalla e il suo viso venne sfiorato solo dall'aria smossa: le nocche pallide avevano cozzato con lo specchio al quale era poggiata, incrinandolo.

[IN FASE DI REVISIONE]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Famiglia Malfoy, Harry Potter, Nuovo personaggio, Sirius Black | Coppie: Harry/Ginny, Lucius/Narcissa, Ron/Hermione
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
Capitoli:
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~Un Particolare In Più~

 

 

 

 

 

 

Capitolo XLIII
L’ultimo addio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

- Avanti, Alex… svegliati, ti prego…-
Luis Cabrisk se ne stava seduto su di uno sgabello, accanto ad uno dei lettini dell’infermeria dove, adesso, era stata adagiata colei che era da tutti conosciuta con il nome di Alexandra Black; le stava tenendo una mano tra le sue, congiunte quasi nel tipico gesto della preghiera, e le stava mormorando quelle parole sulle dita da almeno un’ora.
Dopo averla lasciata in malo modo sulle rive del Lago Nero, quella mattina, non aveva fatto altro che pensare a lei e alla loro assurda litigata: che cosa gli era preso, per comportarsi in quel modo? Da quando era tornato ad Hogwarts, non era più lo stesso: gli sembrava di essere tornato il giovane scapestrato di un tempo, con la differenza che, adesso, riusciva a vedere chiaramente cosa era giusto e cosa era sbagliato.
E i suoi comportamenti erano decisamente sbagliati.
Era come se conoscesse la differenza tra giusto e sbagliato…solo che preferiva sbagliare.

Lo sentiva, ogni volta che parlava, ogni volta che agiva in un determinato modo; dentro di sé, lo sapeva, eppure c’era qualcosa di incontrollabile, nella sua mente, che lo spingeva ad procedere in quel modo sconsiderato.
Le cose avevano cominciato a peggiorare sin dal suo arrivo ad Hogwarts.
Sin da quando aveva cominciato a prendere la Pozione Dell’Età che Piton gli rifilava almeno una volta alla settimana…
Già, la Pozione Dell’Età…
Era stato come un campanello d’allarme nella sua testa, quella rivelazione improvvisa…
Come aveva fatto a non pensarci prima?

Sirius aveva passato tutta la giornata in biblioteca, alla ricerca di informazioni sulla bevanda che Mocciosus gli stava propinando e, solo a pomeriggio inoltrato, aveva scoperto quella cruda e maledetta verità…
 

“La Pozione Dell’Età ha effetti solamente sull’aspetto fisico della persona che l’assume e ringiovanisce il corpo solo per una durata di ventiquattro ore. Basta un solo sorso per ritornare più giovane di almeno dieci anni. Se si desidera ringiovanire anche la mente, allora un solo ingrediente va aggiunto alla miscela: una spruzzata di polvere di ali di farfalla…Ha un sapore estremamente dolce, ma bisogna stare attenti alla quantità…”

 
Era questo che recitava il decimo libro di Pozioni al quale aveva fatto riferimento e, in quel momento, tutto gli era stato dannatamente più chiaro.
Piton stava aggiungendo quell’ingrediente segreto per vendicarsi di lui.
Maledetto, viscido, schifoso di un Mocciosus!
Oh, lo avrebbe detto a Silente, questo era chiaro.
Ma prima lo avrebbe fatto a pezzi con le sue stesse mani, su questo poteva starne certo!

Prima di tutto, però, aveva voluto trovare Alexis e spiegarle la faccenda: non poteva permettere che le cose tra di loro rimassero così! Lui le doveva una spiegazione ed ora che ne aveva una plausibile, era quasi contento di potersi andare a scusare con lei.
Non vedeva l’ora di stringerla di nuovo tra le braccia ed essere il conforto che le serviva sempre e costantemente.
Il suo istinto canino lo aveva guidato immediatamente sulle rive del Lago Nero, dove era certo che l’avrebbe trovata; ma quando era giunto accanto alla grande quercia, gli si era fermato il cuore nel petto.
Alexis era sì lì, ma era sdraiata a pancia in giù, con alcune foglie che le coprivano la schiena – segno che era rimasta lì per molto tempo – e il viso nascosto tra le braccia. Era corso immediatamente da lei, allarmato, e l’aveva girata, facendole poggiare la testa sulle sue gambe. Lei non si era svegliata e il suo viso, contratto da una strana e dolorosa sofferenza, si era limitato a ciondolare su di un lato, inerme; aveva provato a chiamarla, a schiaffeggiarla, ma non c’era stato nulla da fare: sua figlia non aveva mai aperto gli occhi.
Era così che, disperato, l’aveva presa in braccio e, correndo nel modo più veloce che le sue gambe gli avevano consentito, l’aveva portata in infermeria.
Madama Chips, dopo aver fatto tutti i controlli necessari, aveva dichiarato che la Black aveva avuto solo un crollo psicologico e che, fisicamente, le sue condizioni erano stabili. Comunque, se non si fosse svegliata entro l’indomani mattina, l’avrebbero trasferita al San Mungo, per fare tutti gli accertamenti medici.
Era per questo che, adesso, Luis Cabrisk se ne stava accanto a lei con aria torturata, aspettando – o sarebbe meglio dire sperando – che Alexis decidesse di riaprire gli occhi e tornare da lui.
Dopo quelli che, per Sirius Black, furono i minuti più lunghi ed interminabili della sua vita, Alexis Potter mugolò nel sonno e poi, lentamente, riaprì gli occhi.
Senza dire una parola, il padrino si limitò a guardarla con apprensione, mentre le stringeva appena di più la mano tra le sue. La ragazza sbatté le ciglia più volte, disorientata, poi, finalmente, voltò il capo ed incontrò gli occhi rassicuranti di Sirius Black.
- Sirius…- mormorò piano, guardandolo con aria adesso confusa.
- Sono qui, piccola mia, sono qui. – sussurrò lui, baciandole delicatamente le dita e andando poi a sfiorarle la guancia con una carezza. – E’ bello sentire di nuovo la tua voce…per un momento, ho temuto che non ti saresti più svegliata…-
- Che…che cosa? –
Alexis corrugò la fronte e si guardò intorno, cominciando a comprendere qualcosa solo in quel momento: scrutò l’infermeria – ormai fin troppo conosciuta – con sguardo assente, mentre prendeva lentamente consapevolezza del fatto che, di nuovo, era finita all’ospedale scolastico.
- Che cosa mi è successo, Sir…Luis? – si corresse all’ultimo, ritornando completamente alla realtà.
Si sentiva debole e spossata, come se avesse percorso migliaia di chilometri, in una corsa folle e sfrenata.
Sirius le sorrise appena, mesto, continuando ad accarezzarle i capelli.
- Io…non lo so, Alex. – ammise, con un sospiro. – Ero venuto a cercarti, per parlarti e per scusarmi del mio comportamento e, quando ti ho trovata, eri stesa a terra, sulle rive del Lago Nero, ed eri priva di conoscenza. Tu non ricordi niente? –
Alexis scosse la testa, abbassando lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore, nervosa.
- No, mi dispiace…Non mi sono resa conto di nulla. Non so cosa sia successo. Madama Chips che dice? – si informò, tornando a guardarlo.
Sirius si strinse nelle spalle.
- Dice che, almeno fisicamente, è tutto a posto. Ha ipotizzato che potresti aver avuto un crollo psicologico e, in effetti, capisco che questo potrebbe essere colpa mia e…- fece una pausa e, questa volta, fu lui ad abbassare lo sguardo. – E mi dispiace, Alex. Lo sai che io non vorrei mai farti del male.-
Piano, Alexis si mise a sedere e gli prese una mano tra le sue, un sorrisino gentile adesso le piegava le labbra.
- Sì, lo so. – annuì, con fare rassicurante, accarezzandogli il dorso con gesti lenti e premurosi.
Lo sapeva che Sirius non le avrebbe mai fatto del male.
Come sapeva che lui non era un assassino.
Ed era questo il motivo per cui aveva litigato con Malfoy.
Già, Draco…Se avesse dovuto incolpare qualcuno, per il suo crollo psicologico, avrebbe potuto incolpare il suo ormai ex-fidanzato, e non di certo il suo padrino.
Anche se, in cuor suo, sapeva che la colpa di tutta quella situazione era solo di se stessa e di nessun altro.

Alexis sospirò e chinò il capo.
- Lo so che tu non mi faresti mai del male e…nemmeno io te ne farei mai. Ma stamattina ero seria. – proferì, rialzando lo sguardo e fissando il padrino dritto negli occhi. – Devi andartene da Hogwarts. Questo posto non è più sicuro per te. Ti prego, ti prego: dammi ascolto, per questa volta! – lo implorò quasi, sporgendosi dal letto per prendergli il viso tra le mani e fissarlo da pochi centimetri di distanza.
Quegli occhi verdi, quelle splendidi iridi di smeraldo, avevano sempre avuto la splendida capacità di parlare; e gli stavano parlando anche in quel momento, pregandolo di andare via, per il suo bene.
Per il loro bene.

Sirius la fissò per qualche altro secondo, in silenzio; poi, lentamente, la prese per i polsi e la costrinse ad allontanare le mani dalle sue guance. Intrecciò le loro dita e le fissò con sguardo assorto; infine, inaspettatamente, annuì.
- Lo so. Hai ragione, Alex. Tu hai sempre ragione. – ammise, tornando a guardarla con un sorrisino dimesso. – Hogwarts non è più un posto sicuro, per me. Ci sono troppe persone di cui non posso e non voglio più fidarmi. –
Il riferimento a Mocciosus era chiaro ma, non sapeva spiegarsi perché, non ebbe voglia di confessarglielo. Se lo sarebbe tenuto dentro, fin quando, un giorno, non avrebbe potuto assaporare la sua dolce vendetta.
- Partirò domani notte, questa è una promessa. Almeno per oggi, permettimi di restare accanto a te. – le mormorò, avvicinandosi al suo viso e lasciandole un bacio sulla fronte.
Alexis sorrise, sollevata, e gli circondò le spalle con le braccia, stringendolo forte a sé.
- Ma certo. Grazie mille. Ti voglio bene, Sirius…- gli mormorò, la bocca premuta su di una spalla.
Sirius la strinse forte a sé, coccolandola appena, e le depositò un bacio su di una tempia.
- Anch’io, piccola mia, anch’io. E ricorda, non importa cosa accadrà in futuro…io sarò sempre qui. –
Sollevò piano una mano e le posò l’indice sul petto.
All’altezza del cuore.

 

 

 

 



 

- Sei sicura di stare bene? Magari dovresti restare in infermeria per tutta la notte, sai, per sicurezza. –
- Sto bene, Felpato, non preoccuparti. –
Alexis sorrise in direzione del padrino mentre, seduta sulla sponda del letto, si rinfilava le scarpe.
Sirius la guardò dall’alto, le braccia conserte e le spalle poggiate contro la parete.
La ragazza si alzò e si sistemò il maglione e la gonna della divisa, per poi voltarsi verso Luis Cabrisk e tendergli una mano, che lui corse a stringere con delicatezza.
- Non preoccuparti, starò bene. – lo rassicurò, portandosi la mano ad una guancia e premendosela contro di essa. – E poi…-
- Sì, lo so. Devo proprio andare. – concluse Sirius per lei, passandosi una mano tra i lunghi capelli.
Alexis sorrise ancora ed annuì, lasciandogli andare la mano solo per potergli circondare la vita con le braccia e poggiargli una guancia contro il petto ampio ed accogliente. Anche lui la strinse a sé, con dolcezza, posando il mento sopra la sua testa e cullandola appena.
- Sarai al sicuro, vero? – gli domandò, artigliandogli il maglioncino della divisa.
Sirius si chinò appena per poterle sfiorare una tempia con un bacio.
- Ma sì, certo. –
- E mi scriverai una lettera, appena sarai fuori pericolo? –
- Ovviamente, piccola mia. –
Alexis annuì ancora e rimase abbracciata al padrino per qualche altro minuto, in silenzio, semplicemente ad assorbire il suo calore e l’amore che solo lui sapeva trasmetterle.
Nemmeno Sirius osò interrompere la quiete che era calata ad avvolgerli, piacevole e rilassante.
- Sai…- disse però dopo qualche minuto, senza smettere di cullarla. – Io non sono come mi hai visto in questi giorni; non sono prepotente, irresponsabile ed attaccabrighe. Io…-
- Lo so, Felpato, lo so. Non c’è bisogno che ti giustifichi, dico davvero. A me sta bene così. Ti voglio bene per quello che sei, non importa quanti aspetti della tua personalità ancora non conosco: tu sei tu, ed io ti accetterò sempre. – lo interruppe Alexis, sollevando il capo per poterlo osservare in viso.
Questa volta fu Sirius a sorridere e sollevò una mano per poterle accarezzare il profilo del viso.
- Quanto tempo nessuno mi chiamava con questo nome. – mormorò, gli occhi blu fissi in quelli della figlioccia persi in ricordi lontani.
- E’ ora. – rispose semplicemente la ragazza, sciogliendo piano l’abbraccio e tornando a stringergli la mano.
Il giovane Luis Cabrisk annuì e sospirò piano.
- Appena tutta questa faccenda sarà risolta…Appena saprò che sei di nuovo al sicuro…- proferì Alexis, alzando il viso per poterlo guardare direttamente negli occhi. – Dirò ad Harry la verità. Ho aspettato troppo tempo e le cose sono diventate sempre più difficile e complicate…Ma è giunto il momento di rivelarmi per ciò che sono; lui merita di avere una famiglia vera, qualcuno che si prenda cura di lui esattamente come tu ti prendi cura di me.-
Sirius sorrise, orgoglioso.
- Cercherò di mettermi al riparo quanto prima, allora. – disse semplicemente.
- Saggia decisione. – lo schernì appena, ridacchiando. – Allora, si va? –
Sirius le prese la mano e le sfiorò le nocche con una serie di piccoli baci.
- Si va. – 

Quando uscirono dall’infermeria, l’atmosfera nei corridoi bui di Hogwarts era decisamente calma.
Forse anche troppo calma.
Gli androni, illuminati solo dalle debole fiammelle delle torce, erano completamente silenziosi, come se qualcuno avesse applicato un incantesimo Muffliato sull’intero castello.
Alexandra Black e Luis Cabrisk si muovevano furtivi, cercando di nascondersi tra le ombre ed evitare improbabili incontri scomodi.
Ma, per tutto il secondo piano, non incontrarono proprio nessuno e la cosa era alquanto sospetta.
- Non c’è nessuno in giro…- osservò infatti Alexis, dopo aver attraversato l’ennesimo corridoio vuoto. – Che ore saranno? –
Sirius, poggiato contro una parete, scosse la testa e sollevò appena le spalle.
- Non so…Ad occhio e croce direi che saranno le dieci o giù di lì. – rispose, lanciando un’occhiata fugace ad una delle finestre, oltre la quale si intravedeva una notte grigia, che prometteva nera tempesta.
Avanzarono ancora lungo i corridoi, circospetti, fin quando non arrivarono sul pianerottolo delle scale che conducevano al piano inferiore.
- Strano…che siano già tutti nei dormitori? Sai, con il coprif…- cominciò Alexis, ma la sua considerazione venne interrotta da un brusio di sottofondo, che proveniva dall’altro lato del corridoio.
Sirius la prese per un braccio e la trascinò nell’ombra, mentre le faceva segno di tacere. Poi, si guardò intorno e, silenzioso, raggiunse l’angolo, oltre il quale si sporse: sembrava che la maggior parte degli studenti rimasti ad Hogwarts – e non erano molti, visto che quasi tutte le famiglie, dopo le vacanze di Natale, avevano deciso di non mandare i figli a scuola, visto il pericolo incombente delle pietrificazioni – fossero lì riuniti.
Tutti, notò Sirius con una certa curiosità, stringevano tra le mani le copie di quello che sembrava un giornalino di Gossip.
Alexis si sporse oltre l’angolo, facendosi largo tra il muro e il braccio del ragazzo. Osservò la scena, corrugando le sopracciglia fini con fare perplesso.
- Ma che sta succ…- ma non fece in tempo a concludere la frase.
- ECCOLI! LI ABBIAMO TROVATI! – urlò qualcuno alle loro spalle.
Luis Cabrisk e Alexandra Black sobbalzarono spaventati, mentre si voltavano di scatto: c’era un gruppo di ragazzi di Serpeverde, dietro di loro, che sembravano voler impedire che fuggissero.
Alexis e Sirius osservarono la scena sempre più interdetti mentre, istintivamente, lui le si metteva di fronte, a modi protezione, e la spingeva appena indietro.
Peccato che, adesso, fossero circondati.
- Che diavolo sta succedendo? – si informò Cabrisk, con tono aspro, squadrando gli studenti con un’occhiata minacciosa.
- Il tuo sguardo fa proprio paura…- se ne uscì una vocina sprezzante.
Alexis non ci mise molto ad individuarne la proprietaria: era Pansy Parkinson che, in mezzo alle Untouchable Ravens, aveva sulle labbra un sorriso di oscuro trionfo; gli occhi scuri avevano una nota quasi malsana, mentre rifilava un’occhiata soddisfatta in direzione della Potter.
-…è proprio quello di un assassino. – concluse, sghignazzando freddamente.
Luis Cabrisk si voltò a guardarla con espressione sorpresa e, dal momento che quella frecciata era arrivata in modo del tutto inaspettato, non riuscì a dire nulla.
Alexis spalancò gli occhi e la bocca, indignata.
- Ma di che stai parlando?!? – sbottò, sporgendosi da dietro le spalle di Sirius, agitando un pugno nell’aria.
Il ragazzo allungò un braccio e la bloccò, premendole una mano all’altezza dello stomaco e costringendola ad indietreggiare di nuovo.
Il suo cuore aveva cominciato a battere frenetico contro le costole, mentre la consapevolezza di quello che stava succedendo lo colpiva con la devastante potenza di Avada Kedavra.
Sirius deglutì, mentre serrava le mascelle e fissava lo sguardo in quello derisorio di Pansy Parkinson. Nessuno aggiunse nient’altro, fino a che Charlie Liplose, accanto alla Serpeverde, non lanciò una delle copie del giornalino ai piedi della coppia.
Alexis la fissò interdetta poi, dopo aver rifilato un’occhiata di sottecchi a Luis, si chinò lentamente a raccoglierla: era una copia di Vanity Witch.
Si rialzò, quasi al rallentatore, mentre girava il giornalino e fissava la copertina.
L’istante successivo, i suoi occhi divennero enormi sul visino improvvisamente pallido; le spalle presero a tremare quasi convulsivamente e dalle labbra uscì un sibilo fioco, qualcosa che sembrava molto un “Oddio”, ma nessuno avrebbe saputo dirlo con certezza.
Un secondo dopo, come se la rivista fosse diventata improvvisamente incandescente, la lasciò andare di botto e quella cadde in terra, rimanendo lì, ai suoi piedi, a fissarla.
Come l’emblema di tutte le bugie dette fino a quel momento.
Il titolo della copertina recitava:

 

“ALEXANDRA BLACK E LUIS CABRISK NON ESISTONO.
LORO SONO ALEXIS POTTER E SIRIUS BLACK.”

 
Il mondo prese a vorticarle intorno, mentre l’alba della comprensione sorgeva all’interno del suo petto, lenta e dolorosa, come un pugnale incantato che, con precisione, era andato a conficcarsi al centro esatto del suo cuore e, adesso, la sua ferita profonda stava lasciando la possibilità ad una macchia di caldo sangue di allargarlesi su tutto il petto.
Confusione.
Dolore.
Perdita.
Distruzione.
Ansia.
Pericolo.

Si trovavano in una situazione di stallo e, sinceramente, non avrebbe proprio saputo come poterne uscire; nessuno dei due lo sapeva, troppo occupati ad assorbire la gravità di quel momento.
Li avevano scoperti e, ormai, cercare un fioco tentativo di negare era del tutto inutile.
Lo sapevano bene.
Lo vedeva dalle espressioni schifate, arrabbiate e decise di tutti i compagni di scuola che, adesso, radunati in cerchio accanto a loro, li stavano fissando con un’intensità tale da sembrare volerli squagliare.

Alexis si guardò intorno, in preda al panico, girando su se stessa quasi freneticamente: le sembrava che tutti si stessero avvicinando, la stessero stringendo in una morsa soffocante.
Non respirava bene.
I suoi occhi ansiosi incontrarono la figura di Diamond Anne Cherin, che la fissava con un’espressione che definire semplicemente stupita era il più grande degli eufemismi; lo sguardo scuro era spalancato, così come le labbra macchiate di rossetto; continuava a passarsi una mano tra i capelli, rendendoli sempre più caotici, mentre l’altra stringeva la manica del maglione di Theodore Nott che, accanto a lei, la stringeva a sé con un braccio e scuoteva la testa, disgustato.
Confusione.
Alexis si girò alla sua destra e, immediatamente, incontrò le figure delle cinque Untouchable Ravens: avevano espressioni soddisfatte sui bei visi truccati; Coleen Careye, che era sempre stata una sorta di capo squadra, la guardava con un sopracciglio sollevato, mentre si stringeva nelle spalle, con un gesto che sembrava voler dire “Mi dispiace, ma ve la siete cercata.”
Distruzione.
La Potter deglutì e strinse gli occhi, scuotendo appena il capo e, quando li riaprì, questi si posarono sulla figura elegante di Blaise Zabini e, quello che vide le fece singhiozzare dolorosamente il cuore. Dapprima, il moro Serpeverde aveva fissato il giovane Sirius, con disprezzo e una certa soddisfazione: finalmente, il suo segretuccio era venuto a galla e adesso tutti sapevano chi era veramente.
Dolce vendetta.
Poi, i suoi occhi di zaffiro erano scesi ad osservare la figura spaventata della ragazza che era al suo fianco e che, adesso, lo guardava con una sorta di smarrita impotenza. La fissò per qualche istante soltanto, impassibile; sembrava quasi che lei avesse il bisogno di dirgli qualcosa, di spiegarsi, ma lui non glielo lasciò fare.
Non si sarebbe più lasciato ingannare da quel visino.
Alexandra Black, la ragazza alla quale aveva imparato a voler bene come ad una sorella, non esisteva più.
Non era mai esistita.
Era sempre e solo stata l’ombra nella quale una bugiarda si era nascosta e lui…lui non l’avrebbe perdonata.

Blaise distolse lo sguardo e tornò a posarlo su colui che si era spacciato per un nuovo studente di Grifondoro; incrociò le braccia al petto e mise su un sorrisino storto.
- Alla fine la feccia viene sempre a galla. – si limitò a considerare.
Dolore.
Gli occhi blu di Sirius scintillarono nel buio del corridoio, mentre si girava lentamente a considerare Zabini, con uno sguardo che definire omicida, questa volta, sarebbe stato decisamente appropriato. Ma era ancora troppo scosso per riuscire ad avere una reazione completa, quindi si limitò a fissarlo, mentre teneva ancora Alexis al sicuro, dietro di sé.
Lei, dal canto suo, continuava ad osservare la scena con frenesia: sembrava quasi impazzita. I suoi occhi non ci misero troppo a trovare la figura di Draco Malfoy e, in quel preciso istante, tutto il resto sembrò svanire: la folla attorno a lui divenne solo uno sfondo oscuro, nel quale lui, bianco dai capelli, alla pelle, alla camicia, spiccava inesorabilmente.
Il tempo sembrò fermarsi a quel momento: lo fissò, le lacrime che ormai riempivano quei pozzi di smeraldo; Draco non si mosse e si limitò a guardarla con una certa impotenza negli occhi grigi, carichi di tempesta. Sembrava sconvolto, proprio come lei; aveva i capelli biondi scombinati, le guance chiazzate di rosso e il fiato corto: sembrava quasi  che avesse corso per raggiungerli ma…fosse arrivato troppo tardi.
Alexis storse il viso in un’espressione insieme disperata e dispiaciuta: aveva stretto appena gli occhi, arricciato il naso e formato una specie di arco deformato con le labbra; piegò la testa su di un lato, scuotendola appena, mentre le prime lacrime, ad un suo battere di ciglia, cadevano sulle guance smorte.
Draco spalancò gli occhi e strinse una mano in un pugno, stropicciando la copia di Vanity Witch che teneva tra le dita.
Si sentiva male all’improvviso.
Non l’aveva mai vista così…arrendevole.
Alexis Potter, la sua Alexis Potter, si era sempre dimostrata una ragazza forte.
Niente e nessuno sembrava poterla spezzare, nemmeno il peso di tutti i segreti che era costretta a portare sulle spalle.
E allora, adesso, all’improvviso, cos’era cambiato?
Cosa la stava facendo crollare?
E perché lui, non era lì, ad impedirle di cadere e di farsi del male?
Non voleva vederla piangere…Mai.

Draco Malfoy deglutì, spaventato dalle sue stesse emozioni, e fece un passo in avanti, come se volesse raggiungerla.
Voleva davvero raggiungerla e stringerla forte tra le braccia.
Voleva…
Perdita.

- Giustizia. – un semplice sibilo bastò a distogliere l’attenzione di Alexis da Draco e a far arrestare quest’ultimo.
La ragazza si voltò verso l’origine odiosa di quella voce: Pansy Parkinson.
Aveva finalmente ottenuto ciò che voleva.
Se ne stava lì, di fronte a loro, con espressione altezzosa e il sorriso soddisfatto sulle labbra macchiate di rossetto.
Finalmente, era riuscita ad annientare Alexandra Black.
Ops: forse sarebbe stato meglio chiamarla col suo vero nome, Alexis Potter.

Pansy Parkinson non era mai stata più soddisfatta in tutta la sua vita: quella mocciosetta da quattro soldi aveva osato portarle via la cosa più importante, il centro del suo mondo.
E lei, adesso, le aveva portato via tutto il suo mondo.
Era uno scambio equo, in fondo, no?
E adesso che tutti sapevano la vera identità della Potter, era sicura che Draco non si sarebbe più fatto vedere in giro con lei; e sarebbe tornato, presto o tardi, tra le sue braccia Purosangue.

Alexis la fissò, l’odio nello sguardo inondato dalle lacrime, e, all’improvviso, capì.
La sera precedente, dietro la porta della camera di Draco, c’era davvero qualcuno che li spiava; qualcuno che aveva sentito la sua dichiarazione disperata.
E quel qualcuno era proprio Pansy Parkinson.

Alexis avrebbe voluto replicare qualcosa, qualsiasi cosa, ma non ne ebbe la forza.
Nella sua testa c’era una confusione tale da renderle impossibile qualsiasi ragionamento.
Solo una nozione girava vorticosamente nella sua mente: Sirius era in pericolo.
- Allora, perché non piangi con il tuo padrino, adesso…- la schernì la Parkinson, attirandosi gli sguardi di entrambi gli scoperti. – Prima che lo portino ad Azkaban per gli omicidi commessi! – e poi rise, sprezzante, accompagnata da qualche ochetta del suo gruppo e da alcuni ragazzi tonti di Serpeverde.
Solo allora, qualcosa scattò in Alexis.
Si protese oltre Sirius, la bacchetta spianata puntata contro Pansy.
Nei suoi occhi smeraldo, ancora inondati dalla tempesta di lacrime, infuriava adesso un fuoco minaccioso d’odio.
- Oooooh…- la prese ancora in giro la Parkison, incrociando le braccia al petto e facendosi forte di tutte le presenze al suo fianco. – Anche tu hai manie omicide, Potter? –
-  SIRIUS NON E’ UN ASSASSINO! – sbottò, allo stremo della sopportazione, e la punta della sua bacchetta scintillò pericolosamente, riuscendo a togliere dal viso della Serpeverde quell’espressione di superiorità.
- Basta così, Alex…- la voce tranquilla di Sirius, alle sue spalle, la fece quasi sobbalzare.
Si voltò a fissarlo, interdetta da tanta calma.
- Ricordi: dobbiamo andare. Ora. – disse semplicemente, come se fossero soli in quel corridoio.
- Che…? – mormorò lei, disorientata.
Sirius la prese per mano e, senza lasciarla concludere, se la riavvicinò.
- Fidati di me. – sussurrò piano e poi si girò, lanciando un’occhiataccia velenosa al gruppo alla sua destra che, spaventato, si aprì lentamente, lasciando libero il passaggio.
Alexis lo fissò completamente disorientata ma, l’attimo dopo, il suo sguardo fu catturato da una figura che, fino a quel momento, non aveva notato.
Harry Potter era lì, in mezzo alla folla, e la stava fissando con espressione sconvolta.
Era deluso, amareggiato, quasi troppo frustrato da quella scoperta improvvisa per essere davvero arrabbiato.
Alexis sentiva le sue emozioni – le emozioni di suo fratello – attraversarle il petto come dolorose scariche elettriche e gliele leggeva così perfettamente in quegli occhi di smeraldo.
Occhi che, esattamente come i suoi, sapevano sempre parlare.
La…odiava…?
Sì, c’era un punto interrogativo alla fine della affermazione, seppur debole.
Era come se, anche lui, dovesse ancora prendere piena coscienza di quello che era successo.

Alexis lo guardò, gli occhi nuovamente gonfi di lacrime.
- Harry…- soffiò dolorosamente, guadagnando un passo verso di lui.
Adesso, sembrava completamente persa.
Sirius osservò la scena per un solo istante poi, più lucido di quanto non si sarebbe mai ritenuto, diede un piccolo strattone alla mano di Alexis e la costrinse a prestargli nuovamente attenzione.
- Non ora, Alex. E’ tardi. Noi dobbiamo…- e senza concludere la frase, la trascinò via, sotto lo sguardo incredulo, schifato e accusatorio degli studenti rimasti ad Hogwarts.
- SCAPPATE PURE, MA NON POTRETE NASCONDERVI A LUNGO: GLI AUROR STANNO ARRIVANDO E CON LORO I DISSENNATORI! E VENGONO PER TE, SIRIUS BLACK L’ASSASSINO! –
L’urlo di Pansy Parkinson si disperse nel silenzio del corridoio, accompagnando quella che, ora, era diventata la loro fuga.
Una fuga disperata.
 

 

 

 





 

Correvano da parecchi minuti ormai e Alexis non aveva la più pallida idea di dove fossero diretti; la sua mano era ancora stretta tra le dita di Sirius, che la guidava in passaggi oscuri e segreti del castello che a lei non era mai sembrato di percorrere.
Ma, in quel momento, non erano certo i meandri più nascosti di Hogwarts a preoccuparla.
Aveva tanti di quei pensieri nella mente, che le sembrava quasi di svenire; e si sarebbe volentieri lasciata cadere in un oblio ben più piacevole di quella realtà, ma non poteva proprio farlo: doveva continuare a correre e doveva farlo per Sirius Black.
Dopo quelli che sembrarono secoli passati a correre, Luis Cabrisk si fermò di botto alla fine di un corridoio e lei, colta di sorpresa, gli si scontrò sulla schiena, senza riuscire a frenarsi. Lui non sembrò accorgersene, comunque, mentre studiava la situazione con sguardo acuto.
- Sir…Che succ…?- cominciò a domandare, disorientata.
- Ssssssh…Deve essere qui…- mormorò lui tra sé e sé.
Alexis lo fissò sempre più confusa ed allarmata, mentre si lanciava occhiate circospette tutto intorno, aspettandosi di veder comparire Auror ed insegnanti all’improvviso.
Come avrebbe fatto se avessero davvero catturato Sirius e lo avessero portato via, ad Azkaban?
No, non voleva nemmeno pensarci.

Senza mai lasciarle andare la mano, Sirius cominciò ad attraversare quell’ultimo corridoio, ma questa volta lo fece con passo lento e per nulla sbrigativo. Silenziosa, Alexis lo seguì, docile come un Thestral, e non fece domande neanche quando lui, arrivato al limitare del passaggio, fece dietro-front e ripercorse l’intero corridoio. E ancora non disse nulla neanche quando ripetè l’intera operazione per ben tre volte.
Alla fine, non ci fu più bisogno di domande: al terzo passaggio, una maestosa porta apparve dal nulla, intagliandosi all’interno delle pietre del muro alla loro destra.
Alexis rimase a fissarla con occhi spalancati e Sirius si limitò a tirare un piccolo sospiro di sollievo.
- Eccola…- sussurrò.
- Sirius…Ma che…? –
- Non fare domande…Entriamo, svelta. – fu l’unica cosa che le disse, mentre la sospingeva verso la porta.
L’uscio si aprì automaticamente e loro si infilarono all’interno di quella stanza segreta. Non appena le ante della magica porta si chiusero alle loro spalle, l’ingresso scomparve totalmente, lasciando il corridoio del settimo piano di nuovo vuoto.
Nessuno sarebbe stato in grado di trovarli. 

C’era solo una luce fioca che illuminava la grande sala nella quale si trovavano.  Milioni di scaffali ripieni di cianfrusaglie e polvere: questo era il contenuto della stanza.
Alexis si guardò intorno, disorientata. Era troppo sconvolta dagli ultimi avvenimenti per poter formulare un qualsiasi tipo di pensiero concreto.
- Qui saremo al sicuro per un po’…- disse Sirius, avanzando lentamente e scrutandosi intorno con occhio vigile.
Alexis non lo sentì neanche. Da quando erano entrati, non si era mossa di un solo millimetro. Se ne stava là, in piedi, dando le spalle alla parete dalla quale si erano addentrati nella stanza, con lo sguardo fisso nel vuoto.
Erano nei guai.
Oh, eccome se erano nei guai.
Non aveva idea di dove fossero finiti e di quanto quella stanza vecchia e polverosa avrebbe potuto proteggerli, ma prima o poi sarebbero dovuti uscire da lì e allora…avrebbero dovuto affrontarne le conseguenze.

Tremò al solo pensiero, socchiudendo gli occhi e prendendo un respiro talmente profondo che fu costretta a buttare fuori l’aria l’istante successivo.
Sirius, che aveva cominciato a camminare avanti ed indietro, non esente lui stesso da quei pensieri che turbavano la mente della sua giovane figlioccia, si girò a guardarla: Alexis era scossa da minuscoli brividi e il suo sguardo, arrossato dal pianto e ancora inondando da qualche lacrima ostinata, era fissato su di un orizzonte lontano e doloroso. Non fece in tempo a dirle assolutamente nulla, perché all’improvviso, lei cadde in ginocchio, come se un peso enorme le si fosse poggiato sulle spalle e lei, che era sempre così piccola e fragile ai suoi occhi, non era riuscita a sostenerlo.
E, in effetti, era davvero così.
Quale peso più grande esiste al mondo di quello di bugie e verità celate?

- Alexis?! – Sirius corse immediatamente da lei e le si inginocchiò accanto, circondandole le spalle con un braccio. – Che cos’hai? Ti senti male? –
Alexis socchiuse gli occhi e chinò il capo; entrambe le mani corsero a coprire gli occhi, dai quali ancora altre lacrime fuoriuscivano ora copiose. Scosse la testa, infilandosi le dita nei capelli ormai scompigliati e privi di qualsiasi forma.
- Abbiamo sbagliato tutto…Ho sbagliato tutto…- mormorò tra i singhiozzi. – Me lo merito…Tutto quanto…Sono una persona orribile…-
Sirius la fissò a pochi centimetri di distanza, senza sapere cosa fare o cosa dire. Era paralizzato da una serie di emozioni contrastanti tra di loro, che gli facevano desiderare quasi di morire.
Se lui fosse morto, forse Alexis avrebbe avuto una vita diversa.
Magari non migliore, ma non sarebbe stato costretto a vederla soffrire in quel modo di continuo.
Si era sempre illuso di averle reso la vita più semplice, sottraendola al suo destino, separandola da suo fratello, dal suo mondo e da quella dura realtà.
Ma forse, la campana di cristallo dentro la quale l’aveva nascosta per tanto tempo, illudendosi di regalarle una vita più semplice, adesso era semplicemente andata in frantumi e lei, che era stata rinchiusa lì dentro senza alcuna possibilità di scappare, adesso era l’unica a venire davvero ferita dalla miriade di piccoli frammenti di vetro, che le si riversavano addosso in una pioggia di bugie, falsità e terribili pene.

La abbracciò, stringendola forte a sé, perché era l’unica cosa che, in quel momento, Sirius sentiva di poter fare.
L’unica cosa giusta da fare.
- Sta’ tranquilla, Alexis…Vedrai che le cose si sistemeranno…- le sussurrò all’orecchio, cercando di tranquillizzarla.
Non sembrò funzionare, perché Alexis gli artigliò la camicia tra le dita sottili e scosse energicamente la testa, strusciando la fronte contro il petto che la stava dolcemente accogliendo.
- No, Sirius, non è vero! Niente andrà bene! – sbottò, allo stremo delle forze; alzò il viso per poter guardare il padrino dritto negli occhi: quello che lui vide fu la disperazione concreta di quelle convinzioni che, ora più che mai, coloravano quelle tempestose iridi di smeraldo. – E’ finita. Abbiamo mentito per tanto tempo e adesso non è rimasto più nulla da salvare! Ammesso che tu riesca miracolosamente a scappare, niente sarà più come prima! Forse, non potremo neanche più vederci, perché ora che sanno…gli Auror verranno a cercarti più numerosi ed ostinati che mai! Ed utilizzeranno ogni mezzo per scovarti…utilizzeranno me! –
Sirius la fissò, sentendosi impotente contro quel fiume di parole che, per quanto assurdamente male facessero, purtroppo per loro raccontavano solo il vero.
Avrebbe voluto stringerla di nuovo a sé, cullarla dolcemente tra le braccia e sussurrarle all’infinito che tutto si sarebbe risolto, che tutto sarebbe andato per il meglio.
Ma non poteva: era ora di smetterla con le bugie.
E quelle parole di conforto che avrebbe voluto rivolgerle, altro non erano che patetici tentativi di nascondere quella che era, ormai palesemente, la cruda realtà.
Probabilmente, niente sarebbe andato per il meglio, da quel momento in poi.
Niente.
Anche se, a volte, solo toccando veramente il fondo del baratro si può tentare una quanto mai miracolosa e coraggiosa risalita verso l’aria.

Alexis, senza sapere più cosa aggiungere, si accasciò semplicemente contro il petto di Sirius e continuò silenziosamente a piangere. Sirius riprese a coccolarla con quell’affetto paterno che sempre le rivolgeva, in ogni tipo di situazione.
Quell’affetto paterno che a lei era mancato come l’aria da quando era arrivata ad Hogwarts, mesi prima.
Quell’affetto paterno che aveva ritrovato da poco, ma del quale avrebbe mille e mille altre volte preferito sentire ancora la mancanza, perché questo avrebbe significato che Sirius sarebbe stato lontano da lì, al sicuro.
Ma questa, purtroppo, non era la realtà.
Nella realtà, in quel presente che Alexis stava tanto odiando, tutto era andato a rotoli.
Tutto.
Aveva distrutto ogni cosa.

Con Harry…Oh, non avrebbe mai dimenticato l’occhiata di puro sgomento che le aveva lanciato nel corridoio: aveva la chiara espressione di chi si sentiva tradito e umiliato dal suo migliore amico.
Da sua sorella.
E non poteva di certo biasimarlo se adesso lui la odiava. 
Alexis stessa si odiava da sola per quel che aveva fatto e lo sapeva benissimo di non poter più sperare nel perdono di nessuno.
Non in quello di Harry, fratello che aveva tenuto ostinatamente all’oscuro della sua vera identità, nonostante conoscesse perfettamente il suo bisogno viscerale di avere qualcuno da poter chiamare famiglia.
Non in quello di Blaise Zabini, che con il suo sguardo vuoto e privo di compassione era stato in grado di trasmetterle tutto il disprezzo che adesso provava nei suoi confronti.
Non in quello di Diamond Cherin, fidata amica che l’aveva sempre protetta e che si era sempre preoccupata per lei, ricevendo in cambio solo tante bugie e poca considerazione.
E di certo non poteva sperare nel perdono di Draco Malfoy, lui che aveva saputo accettarla, nonostante tutte le sue bugie e i suoi segreti, quegli stessi segreti che, inevitabilmente, lo avevano allontanato e che mai più lo avrebbero ricondotto da lei.
Forse, a quel disastroso punto, la soluzione migliore sarebbe stata…
- Alexis, dovresti venire via con me…-
Improvvisa, come un fulmine a ciel sereno, quella proposta che aveva solo vagamente sfiorato la sua mente, era stata pronunciata proprio dal suo padrino.
Alexis alzò il viso di scatto, gli occhi ancora velati dalle lacrime erano ora spalancati sul visino arrossato. Lo fissò, come se all’improvviso avesse visto una seconda testa di Troll spuntargli da una spalla.
- Che cosa…? –
Il sussurro fioco della sua domanda si disperse nel vuoto, aleggiando tra di loro come una nebbiolina densa e fastidiosa.
Sirius la fissò e all’improvviso non c’era più alcuna traccia di dubbio nei suoi occhi scuri.
- Vieni via con me. – ripetè, con una tranquillità che Alexis, in quel preciso istante, trovava del tutto fuori luogo.
Andare via…con Sirius?
- Ma come…? – mormorò ancora lei, come se non fosse più in grado di formulare una frase completa e di senso compiuto.
La testa le stava vorticando pericolosamente e tutti quegli assurdi pensieri che ora l’affollavano sembrava star cercando di spingere contro le pareti del suo cranio, come se volessero definitivamente sfondarlo.
Alexis ringraziò di essere già in ginocchio, altrimenti sarebbe rovinosamente scivolata al tappeto, come una triste marionetta privata dei suoi preziosi fili.
Sirius la osservò in silenzio per qualche minuto, come se avesse capito di doverle lasciare il tempo di assorbire quella proposta che, lui per primo doveva ammetterlo, appariva decisamente assurda.
Eppure, completamente plausibile.
Sollevò una mano e le sfiorò i capelli, spostandole le ciocche disordinate da davanti agli occhi.
- Pensaci, Alex…Non dovresti più pensare a nulla. Non dico che sarebbe una vita facile, non potrebbe mai esserlo. Saremo costretti a scappare e a nasconderci e non avremo mai certamente un attimo di pace. Dovremo vivere alla giornata, però…staremo insieme. Tutto tornerà ad essere come prima che arrivassi ad Hogwarts…solo tu ed io e nessun altro. Non posso prometterti una vita felice, né mi arrogo il diritto di assicurarti che starai meglio con me che qui o con tuo fratello, però ti prometto di darti il meglio delle mie possibilità; non ti farò  mai mancare nulla e sarò per te tutto ciò di cui avrai più bisogno, in ogni momento della tua vita. –
Alexis continuò a fissarlo con sguardo allucinato, come se non riuscisse a capire una sola parola di quel che Sirius le stava dicendo.
Le stava davvero chiedendo di lasciare tutto quanto…?
Poteva lasciare tutto e tutti?
Doveva…?

- Alexis, vieni via con me. –
 

 

 

 



 

 

La notte era nera come l’oscurità più densa e le nuvole minacciose si avvicinavano velocemente, annunciandosi cariche di pioggia.
- Allora, sei proprio sicura? Pensaci bene, Alex…da qui non si torna più indietro.-
Luis Cabrisk, ormai decisamente invecchiato nel corpo di quello che, ora tutti lo sapevano, era Sirius Black, se ne stava cavalcioni di una vecchia scopa da corsa che sicuramente aveva visto periodi decisamente migliori. Già fluttuava a mezz’aria, lontano mezzo metro dal cornicione della torre di astronomia.
Alexis lo guardò dal basso e adesso c’era l’ombra di un mezzo sorrisino sulle sue labbra tristi.
- Sì, sono sicura. – rispose, e dal tono della sua voce non trapelò alcuna fonte di incertezza: era ferma e convinta delle sue decisioni – Io…devo rimanere. Ci sono persone che ho deluso e alle quali devo delle spiegazioni. Scappare potrebbe essere più semplice ed una parte di me lo desidera con tutto il cuore…ma sento che non è la cosa giusta da fare. Non per me, non per Harry. Devo restare…-
Sirius la fissò con ammirazione ed ora anche le sue labbra erano piegate in un morbido sorriso. Si spostò appena, giusto per poter allungare una mano e sfiorarle il viso con una carezza leggera.
- Sei una ragazza coraggiosa, Alexis Lily Potter…i tuoi genitori sarebbero davvero fieri di te. E lo sono anch’io. –
Alexis sorrise più ampiamente e coprì la mano di Sirius con la propria, pigiandosela contro la guancia.
- Sirius…fa’ attenzione. – mormorò, gli occhi nuovamente lucidi.
C’era un nodo in fondo alla sua gola che quasi le impediva di respirare.
Il cuore batteva frenetico nel petto, assordandola e chiedendo urgentemente ossigeno.
Lasciarlo andare via ora…era un po’ come morire.
Non aveva la certezza che lo avrebbe rivisto ancora, un giorno.
Le cose non sarebbero mai più tornare come erano prima.

- Anche tu…- le rispose, avvicinandosi ancora e prendendole il viso con entrambe le mani; le diede un bacio delicato sulla fronte, sinonimo di un tanto dolce quanto sofferto addio.
C’erano mille parole non dette in quel gesto.
Mille parole che non avevano bisogno di dirsi.
Loro sapevano già.

- Ti amo, figlia mia…- (*)
A quell’affermazione appena sussurrata sulla sua fronte, Alexis sentì il nodo che aveva in gola sciogliersi e scoppiò nuovamente in lacrime. Gli lanciò le braccia al collo, rischiando persino di farlo cadere dalla scopa, e lo strinse forte a sé.
- Ti amo anch’io, Sirius…mi mancherai…-
Sirius la strinse a sua volta, ma brevemente. La distanziò quasi subito, tenendola ferma per le spalle, e la guardò un’ultima volta. Poi, senza aggiungere nient’altro, si mise bene in sella alla scopa, si girò e sparì nella notte nera.
Alexis rimase a fissare il vuoto davanti a sé per lunghissimi minuti.
Il panorama nero e desolato che aveva di fronte rappresentava decisamente in modo perfetto ciò che sentiva dentro al cuore.
Faceva male.
Faceva così male da non riuscire più nemmeno a sentire il dolore.

Le lacrime scorrevano sulle guance, infinite ed inarrestabili, e ormai non riusciva più nemmeno a distinguere quali fossero gocce di pianto e quali gocce di quella pioggia che, già da qualche minuto, aveva preso a scendere sul castello in maniera torrenziale.
Alexis si strinse le braccia al petto e si piegò appena su se stessa, come se cercasse di chiudersi a riccio; come se quello l’avrebbe aiutata a sentire meno dolore. Singhiozzava silenziosamente e le spalle tremavano in modo quasi compulsivo, coperte dalla massa di capelli neri ormai completamente zuppi.
Presa dal suo dispiacere, non si accorse di un rumore leggero alle sua spalle.
Passi incerti che calpestavano pozzanghere d’acqua, avvicinandosi lentamente.
Solo una voce, improvvisa e del tutto inaspettata, riuscì ad attirare la sua attenzione.
- Alexis…? –
La ragazza si girò di scatto, il cuore impazzito e gli occhi spalancati. Occhi che, immediatamente, andarono a posarsi sulla figura maschile davanti a lei. Schiuse la bocca e balbettò qualcosa. Alla fine, un solo, fioco sussurro lasciò le sue labbra.
- Harry.-
 

 

 

 

 




 

 

(*) Il “Ti amo” che Sirius e Alexis si dicono come ultimo addio va interpretato per quel che è: amore di un padre nei confronti di una figlia; niente di meno, niente di più. Ho voluto chiarire questo concetto per evitare strane congetture su possibili storie d’amore tra questi due: non preoccupatevi, è impossibile e non accadrà mai.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

E rieccoci qui, finalmente.
Sono passati mesi lunghissimi dal mio ultimo aggiornamento, ma la mia vita è stata davvero incasinata e questa storia, purtroppo, era l’ultimissimo dei miei pensieri…ora le cose sembrano essere tornate alla normalità e con l’estate piena ho più tempo per me stessa e per i miei hobby: così sono riuscita a concludere il nuovo capitolo e spero che, nonostante sia passato tantissimo tempo, voi siate ancora qui a leggere e che quel che avete letto vi sia piaciuto!
Siamo finalmente a -6 capitoli dalla fine di questa storia apparentemente infinita e pian piano tutti i nodi vengono al pettine: siamo alla resa dei conti tra Alexis e Harry, ma ancora tante cose sono irrisolte e in questi ultimi capitoli vedremo sciolto ogni dubbio, per cui resistete ancora un po’ e vedrete la parola FINE alla conclusione del cinquantesimo capitolo! (:

AVVISO IMPORTANTE: Chi mi segue sul mio gruppo di facebook (OneThousandStories) probabilmente già lo sa, per le altre: ho aggiornato con questo capitolo per una decisione presa dopo aver fatto un sondaggio sul suddetto gruppo, ma riprenderò a postare questa storia regolarmente – si spera- da Settembre!

Credo che sia tutto!
Ci tengo come sempre a ringraziare tutte quante per le parole che mi lasciate nelle recensioni, su facebook o per messaggi privati: non ho il tempo di fare un video per rispondere ai commenti lasciati sull’ultimo capitolo, perché è passato tanto di quel tempo che sarebbe un po’ strano, ma da Settembre tornerò a rispondere ad ogni vostra recensione tramite video o, in alternativa, usando l’apposita funzione offerta da EFP (:

Vi voglio bene!

 

 

   
 
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