“Albus!!!!”
La
voce di sua cugina Rose lo riscosse dai suoi pensieri.
“Ehi,
Rose!”
“Beh,
che hai tanto da sorridere Potter?”
“Sempre
sulla difensiva Weasley, non posso essere felice del fatto che possa
condividere
attimi della mia vita con la cugina migliore che si possa
desiderare?”
“Si
come no…fatico a credere alle lusinghe di una serpe...a
proposito, Malfoy è
ancora dotato di organi respiratori?”
“Credo
proprio di sì"
Rose
con un’ espressione delusa e amareggiate disse:
“Che
peccato!!!”
Se
c’era una persona che Rose non riusciva proprio a sopportare,
era Scorpius
Malfoy. Per la gioia di Ron Weasley.
Albus
non riusciva a capirne il motivo, ma si era comunque fatto
un’ idea delle
possibili motivazioni che spingevano sua cugina a volere la morte lenta
e dolorosa
del suo migliore amico.
Forse
era la gelosia che Rose provava nei confronti del cugino. I due erano
praticamente cresciuti insieme e, come da piccoli, anche ora erano
inseparabili.
Il fatto che lui avesse trovato qualcun altro con cui confidarsi, con
cui condividere
stralci di vita, aveva fatto temere a Rose di perdere il rapporto
speciale che
si era costruito con il passare degli anni.
Un
altro motivo, poteva essere il fatto che Scorpius, obbiettivamente,
godeva nel
mettere in ridicolo la povera Rose.
Non
sapeva nemmeno spiegare ad Albus il perché, ma prendere in
giro sua cugina,
vedere il suo volto tingersi di rosso, gli occhi schizzargli fuori
dalle orbite,
sentire le sue urla e i coloriti insulti che ella riservava solo a
Scorpius, divertiva
l’amico immensamente. Dopo il Quiddich, era il suo passatempo
preferito.
Anche
se quei due si odiavano, dovevano comunque sopportare, o almeno fingere
di
farlo, la presenza l’uno dell’altra, dato che Rose
era diventata buona amica
anche di Ebony e soprattutto Kòre.
Albus,
che aveva rinunciato da tempo a cercare di farli andare
d’accordo, si divertiva
a punzecchiare entrambi:
“Rose,
Rose, Rose”, disse con fare solenne “tutto questo
interessamento a Malfoy mi
stupisce. Com’è che dice sempre nonno Arthur? Chi
disprezza, ama?”
Il
viso di Rose si tinse del solito rosso accesso, che preludeva ad una
delle sue
solite sfuriate:
“ALBUS
SEVERUS POTTER!!! Non ti permetto di sproloquiare certe
illazioni!!!”
Albus
rise di gusto, poi riprendendosi, rispose tranquillo:
“Okokok,
non ti far venire un infarto cugina, stavo solo scherzando. Comunque ho
appena
finito di leggere una sua lettera e l’ultima parte
è tutto per te.”
Dicendo
ciò porse la lettera a Rose che subito focalizzò
la sua attenzione sulla parte
finale del foglio.
“Borioso,
pompato, cervelloditrollcoccodimammafigliodipapà”.
Le
ultime parole furono dette così velocemente che Albus fece
fatica a comprenderle,
anche se era sicuro si trattassero di insulti.
“Come
fai a sprecare il tuo tempo con un tale…un
tale…”
Un'altra
strana situazione che si presentava quando Rose parlava di Scorpius.
Rimaneva
spesso senza parole. E per la degna figlia di Hermione Granger, era un
avvenimento più che straordinario.
“D’accordo,
Rose.”, dicendo ciò strappò dalle mani
della ragazza la lettera “è ora della
merenda se non sbaglio, coraggio.”
Rose
guardò accigliata il cugino e sbuffando disse: “Si
bravo, difendilo sempre
tu!”.
Le
cucine di villa Malfoy erano il luogo dove in assoluto, Kòre
e Scorpius, passavano
il tempo più
volentieri.
Si
trattava di una grande stanza, sempre piena di gente che correva avanti
e
indietro, stracolma di cibi e bevande, dove aleggiava sempre un pizzico
di
caos, un caos bello, di persone che parlavano, scherzavano insieme e da
dove si
dirigeva tutta l’organizzazione della casa.
Era
una sorta di “quartier generale” della
servitù.
Prima
della legge contro lo sfruttamento degli elfi domestici, (portata
avanti dalla
zia di Albus, Hermione Granger), i domestici che fino a non molto tempo
fa
avevano abitato e tenuto le redini del Manor, erano elfi.
In
seguito alle nuove leggi, invece, tutti i maghi che possedevano un elfo
domestico,
dovettero adattarsi al nuovo regime vigente, che garantiva condizioni
molto più
umane a questi piccoli esserini.
Molte
famiglie inoltre, decisero di affiancare agli elfi della
servitù umana. Erano
per lo più, cameriere qualificate, tate e maggiordomi, anche
se le tate, già
facevano parte della tipica struttura famigliare, soprattutto quelle
Purosangue.
Ed
era stata proprio una tata a far preferire quel luogo ai due ragazzi,
piuttosto
dell’ enorme giardino o delle altre venti stanze che avevano
a disposizione.
“Ciao
Susan!”, disse Kòre raggiante, a colei che
considerava una madre.
“Buongiorno
Signore Strongstone”. Scorpius invece dava ancora del lei
alla tata. Era più che
altro un abitudine, il loro rapporto era infatti più simile
a quello tra una
zia e il suo nipotino preferito.
“Eccovi
ragazzi! Siete giusto in tempo, la torta di zucca è
pronta.”
Susan
Strongstone non era una donna giovane, ma i segni del tempo che scorre
sembravano aver risparmiato la tata, che aveva dedicato la maggior
parte della
sua vita a prendersi cura delle famiglie Purosangue più in
vista della comunità
magica.
Non
era un elfo, infatti, a essere il più ricercato per il posto
che occupava la signora
Strongstone: lei era il faro nella notte dei pargoli dal sangue puro
che troppo
spesso erano messi da parte dagli stessi genitori, inghiottiti dal loro
super
ego e troppo occupati a denigrare coloro che non erano nati con la loro
stessa
“fortuna”, Mezzosangue e Nati Babbani.
Erano
centinaia le famiglie che richiedevano i suoi servizi, anche se la
grande
maggioranza di esse non era minimamente interessata a come la tata
avesse
intenzione di crescere i loro figli. Semplicemente avere la figlia di
Margaret
Strongstone, colei che fu la balia del più grande mago
oscuro di tutti i tempi,
a servizio, era un chiaro e inequivocabile segno della
superiorità della
famiglia stessa.
Le
famiglie erano convinte che avere una Strongstone come tata, fosse la
chiave per
crescere i figli più potenti, orgogliosi e talentuosi, i
Purosangue che
sarebbero magari stati in grado di rovesciare il sistema, ripulire il
mondo magico
dalla plebaglia indegna di essere considerata parte integrante della
nobile
casta magica.
Mai
convinzione fu più errata.
Vero
che, la madre di Susan, rispondeva a tali
requisiti, tanto da creare una spaccatura nel rapporto con la figlia
che non si
sarebbe più risanato, nemmeno con la morte della leggendaria
tata. Infatti,
Susan Strongstone, aveva una concezione della vita, modi di essere e di
fare,
totalmente diversi dalla madre.
Era
una donna sempre allegra, regalava sorrisi
a chiunque, anche se spesso non erano ricambiati. Per i piccoli che
avevano
avuto la fortuna di averla come nutrice, ella era diventata una madre o
un
padre o una sorella o un fratello. Racchiudeva in sé tutte le figure tipiche
dell’ambiente
famigliare.
La
fama di sua madre, le aveva creato non
pochi problemi; spesso, nel giro di pochi mesi, quando andava bene un
anno, la
tata veniva malamente messa alla porta dalle famiglie che
l’avevano presa a
servizio.
Succedeva
talmente spesso che Susan pensò di dover cambiare lavoro, di
rinunciare alla
sua vocazione per il semplice ma essenziale motivo che di qualcosa,
doveva pur
vivere.
“Non
ti azzardare a toccare quello stufato Back, o giuro su Merlino che
sarà
l’ultima cosa che farai”
Si,
Susan Strongstone non era di certo una donnicciola piagnucolosa e
timorosa.
Anche il suo stesso aspetto fisico suggeriva tutt’altro: una
donna alta, spalle
larghe e ben piazzata, mani grandi e rovinate dai lavori manuali ma
incredibilmente
delicate quando accarezzava i suoi giovanissimi padroncini. Nonostante
il suo
aspetto fisico suggerisse un tipo di carattere austero e rude, bastava
alzare
lo sguardo verso i suoi occhi azzurri e profondi che emanavano
dolcezza. I
tratti gentili del viso, il naso a patata, le labbra sottili e i
capelli
perennemente raccolti in una crocchia perfettamente fissata, senza
ciuffi fuori
posto.
Dopo
quel rimprovero l’elfo si smaterializzò in grande
velocità.
“Allora,
ragazzi…che mi raccontate di bello?”
Addentando
un pezzo di torta, Kòre parlò per prima:
“Scorpius
vorrebbe andare a trovare Al per il suo compleanno ma non lo fa
perché ha
paura.”, disse la ragazza dall’occhio viola con
fare provocatorio.
“Io
non ho paura!” rispose piccato Scorpius, “solo che
non è ancora il caso che io
mi presenti senza preavviso in casa sua.. Immagina le reazioni di
tutti…e poi
scusa dovrei presentarmi e dire cosa esattamente? ‘EHILAAA
GENTE COME VA?’
POTTER, LA CICATRICE NON BRUCIA VERO???”
Immaginando
la scena, sia Susan che Kòre risero di gusto. Passato il
momento di ilarità,
Kòre intervenne, come se di colpo le fosse venuta in mente
un’ idea geniale:
“Andiamoci
insieme!”
Scorpius
guardò l’amica a dir poco sconcertato:
“Kòre
ma sei stupida? Questa è la cosa più assurda che
abbia mai sentito”
“Beh,
era assurdo anche che tu e Albus diventaste amici, eppure è
successo…e per
fortuna!”
Aveva
ragione. Non si era sbagliata, ma stavolta, era inconcepibile per
Scorpius.
“Kòre
tesoro, non credo sia una grande idea…”intervenne
la signora Strongstone.
“Ha
ragione Kòre, immagina la scena: io e te, che sbuchiamo al
banchetto per il
compleanno di Al, che riunisce praticamente tutti, famiglie e amici.
È un suicidio
sociale, più per te che per me.”
“E
perché mai??”
“Kòre,
ci hai messo cinque anni per
dimostrare
a tutta Hogwarts che non sei solo la nipote di un ex- Mangiamorte tra i
più
vicini al Signore Oscuro.. e non ci sei ancora riuscita del tutto!
Perché vuoi
mandare tutto all’aria nel giro di minuto???”
“Appunto…non
sono ancora riuscita a dimostrarlo a tutta Hogwarts. Guarda caso, il
compleanno
di Albus è l’occasione perfetta, dato che ci
saranno sia Fred che James
ovviamente.”
Inutile.
Kòre sembrava davvero convinta e decisa.
Era
una qualità che Scorpius ammirava nella sua amica. La forza
d’animo e la voglia
di mettersi sempre in discussione. Poteva sembrare una timida e
insicura, a
volte anche un po’ tra le nuvole. Ma era molto più
cosciente di ciò che succedeva
intorno a lei di molti altri. E come spesso aveva dimostrato, sapeva
guardare
al di là delle cose, coglieva particolari e sfumature che
sfuggivano alla
grande maggioranza dei suoi coetanei e degli adulti.
“E
poi” continuò la ragazza che ormai sapeva di aver
la situazione in pugno “ho
voglia di rivedere anche io Albus, Rose e Lysander”
Scorpius
sospirò, passandosi una mano tra i capelli biondo cenere,
chiudendo gli occhi.
Poi, rassegnato, disse:
“Quindi,
vogliamo davvero presentarci come se niente fosse alla Tana domani sera
e
sperare che non ci schiantino?”
“Qualsiasi
cosa vogliate fare..” intervenne inaspettatamente Susan
Strongstone, che fino
ad allora si era limitata a sospirare e a guardare contrariata i
ragazzi, “suo
padre non deve sapere niente signorino Malfoy. Se lei si reca dai
Potter, è un
conto…ma se è accompagnato da Kòre, il
padrone non lo permetterà. Sa benissimo
anche lui come ti trattano Fred Weasley e James Potter.”
“Susan
ha ragione, non dobbiamo farci scoprire Scorp!”
Scorpius
sembrò riflettere sulle possibili soluzioni. Forse una
soluzione c’era.
“Domani
sera mio padre e mia madre hanno un ricevimento a casa Nott o
sbaglio?”
“No,
non sbaglia.” Rispose Susan.
“Bene,
basterà solo che io mi finga malato, così non gli
accompagnerò. Kòre,
hai ancora vero le Pasticche Vomitose
di Ebony?”
“E
come no!!! Le ho requisito tutto il pacchetto!”
I
due si guardarono, e anche Scorpius iniziava a credere che forse un
miracolo,
avrebbe trasformato quella serata nella serata della svolta.
“Allora
è deciso! Ahhh, sono così eccitata!!!”
“Frena
gli entusiasmi, dobbiamo organizzarci bene…”
Ma
prima che Scorpius poté continuare, l’elfo Back
ricomparve nelle cucine,
dicendo che la Signora Malfoy desiderava parlare con il figlio nella
biblioteca.
Scorpius
si congedò dalle due donne e si avviò verso la
grande biblioteca del Manor.
Approfittando
della sua assenza, Susan Strongstone, si rivolse a Kòre, con
voce preoccupata:
“Sei
sicura che sia una buona idea? In casa dei Potter- Weasley? Non gli hai
mai
visti tutti insieme…”
Kòre
si sedette su uno sgabello, sospirando rispose:
“Lo
so che sembra assurdo…e credimi! Io sono molto
più in panico di Scorpius anche
se non sembra. Ma me l’ha detto lui che devo.”
Susan
guardò con occhi spalancati la ragazza:
“Lui?
Intendi…”
“
Il Fred Weasley originale, si.”
“Per
me quello è fuori di testa…quando Silente disse
che ti avrebbero affidato una
guida, io speravo in qualcuno di un po’ più
affidabile. Invece no! Ci affidiamo
ad uno che prima di morire aveva un negozio di scherzi.”
Kòre
sorrise alla preoccupazione di Susan, ma subito la
tranquillizzò:
“Mi
fido di Fred. È stato il mio primo vero amico…e,
nonostante tutto, lui sa cosa
fare!”
“Sarà…”
“Io più che fidarmi di lui, mi fido di Silente. Ma
esattamente, perché vuole
che tu vada alla Tana?”
Kòre
rimase in silenzio per un minuto.
Doveva
rispondere? Doveva dire a Susan, colei che è stata una
figura materna per lei,
ciò che gli aveva detto Fred?...
…“Andare
alla Tana?!?!?! Ma dico, ti sei rincretinito? Stai scherzando
vero?”
Lo
spirito di Fres Weasley, che Kòre sola poteva vedere come
una persona del tutto
normale, in carne ed ossa, non scherzava affatto:
“Senti,
mi piacerebbe davvero che fosse solo una gran battuta e farmi quattro
risate
con te! Ma non lo è purtroppo. Tu e Scorpius non dovete
trovarvi al Manor
domani sera. Anzi, nessuno, deve trovarsi qui.”
Kòre
si rabbuiò.
Sapeva
che prima o poi sarebbe successo. Ragionando razionalmente, era ovvio
che
succedesse nel giro di poco tempo. Fino ad allora si poteva addirittura
dire che
erano stati fortunati.
Ripeteva
a se stessa che sarebbe stata pronta, sarebbe stata preparata a tutto
questo.
Non pensava che messa davanti alla realtà imminente, il suo
cuore avrebbe perso
un battito e che l’ansia, avrebbe preso il sopravvento.
“Quanti?”,
chiese non appena riprese il controllo dei suoi pensieri.
“Non
lo sappiamo. Non molti però, quello per fortuna è
certo. A dire il vero, non
crediamo che sia il caso di prendersi male, forse non riusciranno
nemmeno a
superare le difese della casa. Ma SuperSilente ha deciso di limitare al
massimo
i possibili danni. Quindi tu e Malfoyuccio sloggiate. Sai, io
l’ho detto al
Vecchio che due o tre Punitori non sono niente a confronto delle feste
alla
Tana, ma non mi ha preso molto sul serio.”
Come
riusciva quello a stare tranquillo e fare battute in un momento del
genere?
Pure da morto!
“
E per la servitù?”
“Non
ti preoccupare. Susan e gli altri verranno informati non appena tu e
Malfoy ve
ne sarete andati.”
Kòre
fece un segno d’assenso, anche se non poté evitare
di chiedere:
“Non
ci capirò niente fino alla fine vero?”
Fred,
sorridendo amaramente, rispose:
“Nessuno
di noi ci capisce. E noi siamo dei fichissimi spiriti che in pochi
possono
vedere!”
“Ma
esattamente, perché
vuole che tu vada alla Tana?”
“Dice
che una buona occasione per me di conoscere meglio le famiglie che a
loro volta
possono conoscere me e magari non, detestarmi…”
“Oh
piccola cara, vedrai ti adoreranno. Io ti adoro”, e dicendo
ciò, Susan passò il
suo braccio intorno alle spalle e al collo di Kòre,
depositandole un tenero
bacio sulla testa.
Mi
dispiace, Susan.