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Autore: Jade MacGrath    06/06/2007    1 recensioni
[Stargate Atlantis] [incompleta]A causa di Thelan e Phebus, e dei loro irrisolti 'problemi di coppia', la dottoressa Weir si ritrova incinta nientemeno di Sheppard. E Kolya decide che non c'è momento migliore per rapire la donna e vendicarsi del suo nemico...
Genere: Generale, Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elizabeth Weir, John Sheppard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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John trovò Elizabeth appoggiata alla ringhiera del ‘loro’ balcone, con lo sguardo perso nel vuoto. Inutile dire che sapeva cosa stava pensando. L’aggressione. Il bambino.

Avrebbe cambiato le cose sapere che il realtà non c’era stata nessuna violenza? Sapere che lui era il padre? John non ne aveva la minima idea. Nel giro di cinque minuti aveva scoperto di aspettare un figlio dalla donna che più ammirava e rispettava in tutta la galassia, e la cosa non l’aveva ancora colpito a piena forza. Riusciva solo a pensare al bambino. Che avrebbero fatto? John non aveva mai seriamente preso in considerazione l’idea di diventare padre, a parte quando sua moglie gli aveva detto di volerne uno, e vista com’era andata tra di loro era stato molto meglio non averne. Ma ora non si trattava di una discussione teorica. Il bambino c’era. Esisteva.

Di nuovo, tutto dipendeva da come Elizabeth avrebbe preso la notizia. Tentennare sulla soglia del terrazzo non avrebbe portato a niente, così fece un respiro profondo e rese nota ad Elizabeth la sua presenza.

Elizabeth si asciugò gli occhi col dorso della mano, e si voltò a guardare Sheppard.

“John… che posso fare per te?”

Altro respiro profondo. “Elizabeth… so cosa ti è successo esattamente. So chi è stato.”

Elizabeth si portò una mano sul cuore, cercando di calmarsi senza riuscirci. Aveva atteso e temuto quel momento fin da quando Carson le aveva dato la notizia della gravidanza.

“John, ti prego. Parla.”

“Elizabeth, è meglio se ti siedi.”

“No, voglio saperlo. Chi è stato?”

“Davvero, Elizabeth. Torniamo nel tuo ufficio. È molto meglio se riceverai la notizia stando seduta.”

John era mortalmente serio, e questo non fece molto per calmare le paure di Elizabeth. La donna però lo seguì fin nel suo ufficio, e chiuse la porta dietro di lei. John camminò fino al portatile di Weir, e inserì il filmato della sorveglianza. Dopo aver fatto sedere la donna, fece partire la registrazione.

 

Al termine, Elizabeth era estremamente grata che John l’avesse fatta sedere. Con ogni probabilità sarebbe crollata a terra, se non l’avesse fatto. Inconsapevolmente, si portò una mano allo stomaco. Il bambino era del colonnello Sheppard. Aveva sperato di avere un colpevole un carne ed ossa, qualcuno a cui urlare, da punire e sui cui sfogare la sua rabbia, ma John era innocente quanto lei. E i veri responsabili si erano dissolti nell’aria, una volta per tutte.

“Credevo di essere l’unica ad essere stata costretta a fare qualcosa contro la sua volontà. A quanto pare, no. Che diavolo ci è saltato in mente di aprire quei gusci, quella volta?”

“Elizabeth, direi che il problema adesso è un altro.”

La donna sfiorò ancora una volta la sua pancia, e poi strinse entrambe le mani sopra il tavolo. Ascoltò John parlare dell’assurda situazione in cui erano finiti, ma il tono e le parole che usava la misero subito in allerta. Prima che potesse continuare, Elizabeth lo interruppe con un cenno della mano.

“John… io non ho intenzione di avere questo bambino.”

“Neanche adesso che le cose sono cambiate?”

“Cambiate? John, non è cambiato niente! Un’entità aliena ha preso possesso del mio corpo e mi ha costretto a fare qualcosa che mai avrei fatto volontariamente! Aspetto un figlio, per l’amor del cielo. Un figlio che non voglio. John, tu non centri, davvero. Sono io. Non voglio avere figli, quando ho iniziato questa professione sapevo che avrei dovuto mettere il lavoro al primo posto, e mi va benissimo così. Non sarei seduta qui, altrimenti.”

Ed era tutto vero. O quasi. Ad ogni modo Elizabeth disse che doveva organizzare il suo viaggio diplomatico su Varenia, un pianeta di recente scoperta, e che voleva restare da sola.

John obbedì, e la dottoressa lavorò tranquilla per il resto della giornata. A cena però, John tornò all’attacco. Non poteva dire di non capirlo, a parti inverse forse avrebbe fatto lo stesso… sicuramente, anni prima lo avrebbe fatto. Ora non ne era più sicura. John si sedette accanto a lei nella sala mensa, e iniziò di nuovo a parlarle.

“Anch’io non sarei qui se Helen avesse avuto quello che voleva quando eravamo sposati, Elizabeth. Non ho mai pensato di volere figli, ma non ho mai rifiutato l’idea a prescindere. Il viaggio durerà cinque giorni. Perché non li usi per rifletterci sopra?”

“John…”

“Non ti chiedo altro. Se al ritorno vorrai andare avanti con la tua decisione di abortire, non mi opporrò.”

“Davvero?”

“Davvero.”

“Sarà difficile che cambi idea al riguardo, John.”

“Difficile, sì. Ma non impossibile.”

 

John quando si era svegliato il mattino dopo, era ancora sicuro di essere riuscito a convincere Weir a pensarci sopra. Ma era destinato a ricredersi subito. Nel momento in cui vide Elizabeth uscire dall’infermeria accompagnata da Carson, entrambi con un’aria seria in faccia. Se aveva ancora dubbi sull’argomento della visita, questi sparirono subito quando Elizabeth incrociò il suo sguardo. Infatti si voltò subito e fece per andarsene.

John invece l’aveva raggiunta e fermata, afferrandola per il braccio, e le aveva chiesto che diavolo voleva dire quel che aveva appena visto.

 “John, te l’ho già detto. Deciderò da sola cosa fare, e senza pressioni da parte tua.”

“A me sembra che una decisione tu l’abbia già presa, ma vorrei ricordassi che...”

“Sono io quella che è rimasta incinta senza volerlo, quindi sì, la cosa riguarda solo me!” sibilò Elizabeth, attenta a non farsi sentire. “Valuto troppo il mio lavoro qui per metterlo a rischio in questo modo.”

“È solo questo che è il bambino per te? Una seccatura?”

Elizabeth non rispose, ma disse che aveva già preso accordi con Carson per quando sarebbe tornata dalla missione diplomatica.

John la lasciò andare. “Allora non ti trattengo” mormorò gelido. “Prima parti, prima Carson potrà liberarti del tuo problema.”

“Vorrei che ti sforzassi di capire la mia posizione, dannazione! Come diavolo farei a mandare avanti questa città se fossi incinta? Mangio e dormo a malapena in condizioni normali! Non ho bisogno di un’altra fonte di stress oltre a quelle che già ho. E soprattutto non voglio lasciare Atlantis, e non darò a nessuno una ragione per rispedirmi a casa. Senza contare i rischi che corriamo ogni volta che passiamo lo Stargate! Ti sei dimenticato dei Wraith? E anche questa stessa città alle volte è un pericolo! Atlantis non è il posto per crescere un bambino, tantomeno per averne uno.”

“Gli Antichi non hanno mai avuto problemi.”

“Non siamo loro. E con questo considero l’argomento chiuso, colonnello.”

“Come desidera, dottoressa Weir.”

Elizabeth osservò John allontanarsi. Non accettava che non avesse mai preso in considerazione l’idea di tenerlo… ma come avrebbero fatto? Era un errore. Qualcosa che mai sarebbe accaduto se non fossero stati posseduti, e di cui non aveva memoria. Era meglio rimettere le cose a posto ora che c’era ancora tempo, e andare avanti. Con il tempo John se ne sarebbe fatta una ragione, e tutto sarebbe ritornato alla normalità.

John non era alla balaustra del piano elevato della sala Stargate, dov’era sempre quando lei partiva per qualche missione diplomatica. Non si aspettava ci fosse, ma era un segno molto chiaro di quanto fosse arrabbiato. Finora nessun alterco tra di loro aveva interrotto quella piccola tradizione, che era iniziata il giorno della prima missione ad Atlantis…

Elizabeth prese un respiro profondo, e passò lo Stargate con la sua scorta armata. Avrebbe condotto la mediazione per un’alleanza commerciale e al ritorno avrebbe visto con discrezione il dottor Beckett.

E questa storia sarebbe finalmente finita.

 

 

 

  
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