Storie originali > Thriller
Segui la storia  |       
Autore: AnnabelleTheGhost    24/11/2012    2 recensioni
Shawn è un ragazzo diciottenne impulsivo e violento.
Quando la sua fidanzata viene brutalmente assassinata, la sua vita viene sconvolta e decide di fare giustizia da solo.
Ma lei non sarà l'unica a morire.
Il killer colpirà di nuovo...
Genere: Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
2. Fragile
 
Shawn era disteso sul letto e lanciava verso il soffitto la pallina di carta che teneva in mano. Era stato uno stupido a conservarla e anche solo a cercarla, in effetti. Sperò che Cassidy non ne avesse letto il contenuto.
Si trattava di un bigliettino strappato da un quaderno a quadretti dove, con uno stampatello disordinato, era stata scritta una breve dichiarazione d’amore. La ragazza in questione non era di certo un poeta ma sembrava molto dolce e ingenua a spedire un messaggio del genere. Esso era passato attraverso molte mani e chiunque avrebbe potuto scoprirlo. In più, tutti sapevano che lui era già fidanzato. Chi poteva essere questa intraprendente ragazza?
Passò mentalmente in rassegna le sue compagne ma nessuna gli parve mai essere stata interessata a lui...
Sospirò e scosse la testa, chiedendosi perché si stesse concentrando su cose tanto stupide!
Si voltò verso la scrivania. Piegò il braccio, prese la mira e lanciò la pallina nel cestino della spazzatura. Era stato un colpo di fortuna che avesse fatto centro perché di solito mancava sempre il bersaglio.
Chiuse gli occhi per un attimo e, quando li riaprì la mattina dopo, fu investito dalla sensazione che il pomeriggio trascorso non fosse avvenuto. Si sentiva comunque ancora nel mondo d’orfeo e occorse lavarsi la faccia due volte per poter dire che si trovava nel mondo reale.
Prese la cartella ed uscì di casa.
Davanti ai cancelli della scuola, Katia lo aspettava e, non appena lo vide, gli fece un cenno con la mano e gli sorrise come una bambina. Si allungò sulla punta dei piedi per domandargli un bacio e lui non potè che accettare. Si avviarono verso l’entrata e Shawn aprì la porta, facendo passare prima lei.
«Dormito bene?» domandò la ragazza con premura.
Shawn si limitò a scrollare le spalle.
«Io...» Katia divenne tutta rossa. «... ti ho sognato per tutta la notte. Sei perfino più bello nei miei sogni, sai?»
Shawn si lasciò sfuggire un sorriso e la osservò mentre si portava una mano per aggiustarsi i capelli. Il polso sottile fletté e una macchia violacea si estese sulla pelle.
Shawn sgranò gli occhi e le afferrò la mano. «Che ti è successo?»
Katia mugolò dal dolore e strattonò la presa per riprendere possesso del suo arto. «Niente. Non è niente, davvero. Lasciami andare, mi fai male!».
«No che non è vero, cazzo! Sono state di nuovo Sofia e le altre, vero?»
Katia scosse la testa con veemenza; gli angoli degli occhi umidi.
«Sono state loro! Non negare!»
Le labbra di Katia tremarono e lei affondò la testa nel maglioncino di lui. Fu scossa dal pianto e lui fu costretto a lasciare la presa e massaggiarle le scapole.
«È stato stamattina prima di andare a scuola. Alla fermata dell’autobus. Io aspettavo e loro... loro sono venute, in branco». Altri singhiozzi che le impedirono di parlare, poi proseguì: «Mi hanno circondata e Patricia mi ha afferrato per i polsi e sbattuta contro una parete. Mi hanno minacciata. Sofia mi ha preso a calci...»
Shawn abbassò lo sguardo e notò i tremiti delle gambe, arrossate più del normale e i calzini che coprivano mezza gamba, cosa che non accadeva mai dato che Katia adorava portarle corte.
«Sono gelose perché sto con te. Loro credono che sia colpa mia che tu non sia interessato a loro». E non riuscì più a parlare perché il suo pianto era divenuto un urlo disperato.
«Ci parlerò io. Non accadrà più. Te lo prometto!»
Katia lo abbracciò forte e sollevò la testa. «Ho paura, Shawn. Non sai le minacce che mi hanno fatto». Altro singhiozzo e gli occhi stretti, soffocati dalle lacrime. «Mi vogliono morta
«Shh, non parlare. Tutto si sistemerà».
Katia si staccò e si asciugò le lacrime sulle maniche della maglietta. «Credo che andrò un attimo in bagno. Non posso andare in classe così...» mormorò.
«Vuoi che ti accompagni?»
Katia scosse la testa, tirando su col naso. «No, ci vado da sola. Non perderti le lezioni per causa mia...» E prima che potesse contestare, aveva già girato l’angolo.
Shawn si mise una mano tra i capelli e diede un pugno alla parete. Come aveva potuto essere così stupido e così cieco? La sua fidanzata veniva presa di mira da stupide bulle e lui non aveva fatto niente per impedirlo! Katia era una ragazza forte e aveva sempre nascosto i lividi procurati dalle altre ragazze, cercando di andare avanti. Ma stavolta aveva avuto un crollo psicologico. Per ridursi a quello stato doveva essere davvero terrorizzata. E lui era stato un cretino a non accorgersene; avrebbe potuto evitare tutto questo!
Si diresse a passo di marcia in classe, deciso che durante l’intervallo l’avrebbe fatta pagare a quella cricca di carogne schifose, che si definivano il gruppo più in ed esclusivo di ragazze della scuola, capeggiate da quell’esibizionista di Sofia, alias ibrido mal riuscito tra Britney Spears e Paris Hilton.
Sbattè i libri sul banco, tanto che turbò il suo compagno di banco. «Mi hai fatto prendere un colpo. Che diamine hai oggi?»
«Hai mai picchiato una donna?» gli domandò in risposta.
«Ehi, amico, vacci piano. Qualsiasi cosa sia successa non ne vale la pena» tentò di calmarlo.
«E se questo qualcuno invece se lo meritasse fin dalla punta del midollo?» replicò.
«Be’ in molti si meriterebbero una bella sberla ma ciò non significa che tu debba sempre ricorrere alla violenza. Si potrebbe usare la diplomazia!»
«Diplomazia un corno! Se questo qualcuno è stato violento, non vedo perché non meriti di ricevere violenza. Chi di spada ferisce...»
«... di spada perisce. Sì, lo so. Ma, vedi, il mondo non è così semplice. Inspira ed espira e riuscirai a pensare razionalmente».
Shawn allontanò la sedia dal banco con un colpo secco e sedette. «Come puoi chiedermi di calmarmi? Io sono lucido e non lo sono mai stato di più in vita mia. Ci sono dei momenti nella vita in cui la violenza non è necessaria, ma obbligatoria».
Il suo compagno di banco deglutì e si mise di fianco al banco per poterlo guardare dritto in faccia. «Se una ragazza ti ha fatto un torto non te la devi mica prendere. Sono così: pettegole, dispettose... Quasi come un fratello minore. Di certo non ti sarai dimenticato come eri tu da piccolo con tua sorella!»
«Non fare esempi idioti, Matt! Io parlo di violenza tra ragazze!»
«Tra ragazze?» La sua espressione divenne perplessa. «Ma non stavamo parlando di te?»
«Quando si parla di Katia si parla anche di me!»
«Katia?» Il viso di Matt assunse il colore di un pomodoro. «Mi vuoi spiegare le cose per bene? Non ci sto capendo niente!»
Shawn fece strisciare la sedia rumorosamente sul pavimento e si alzò in piedi. Il suo corpo tremava dalla rabbia e dovette poggiare i palmi delle mani sul banco per placare la sua potenza distruttrice. Nella sua mente ricorrevano le immagini dei lividi, dello sguardo disperato di Katia e quello vittorioso di Sofia e la setta. «Io ora vado e stacco la testa a quelle galline!»
Matt lo trattenne per il maglione ma non dovette fare troppa pressione perché il suono della campanella e gli studenti che entrarono in classe a frotte furono sufficienti per calmarlo.
Shawn si abbandonò sulla sedia con un grosso sospiro.
Il ragazzo del banco accanto, alla sinistra di Shawn, prese posto e si sporse verso i due. «Ehi, ragazzi mi sono perso qualcosa?»
Era Troy, ragazzo diciannovenne con un fisico da ventottenne: i muscoli sembravano strabordare da sotto la camicia e aveva i tratti della mascella così duri che sembravano essere stati tracciati con la riga. Apparentemente l’unico tratto in comune con Shawn erano i capelli biondi mentre Matt, con il suo aspetto ordinario, sembrava fuori luogo.
«Meglio che non ti immischi. Non tira buon vento» lo ammonì Matt.
I pettorali di Troy andarono su e giù con forza mentre si sganasciava dal ridere. Shawn lo ignorava completamente mentre si concentrava nella distruzione di un pezzo di carta e Matt lo guardava come se si ritrovasse in una gabbia di matti.
«Quando mai qui tira buon vento?» lo scimmiottò. «Passando a cose serie... La vedete quella ragazza al secondo banco? Ha un balcone da sballo: porterà come minimo una sesta, credetemi! E indovinate chi le chiederà di uscire oggi?»
Matt sospirò. «Non dovresti concentrarti sullo studio per una buona volta e cercare di non farti bocciare di nuovo invece di pensare alle ragazze?»
In situazioni come queste Shawn sarebbe intervenuto in favore di mister palestrato ma sembrava totalmente nel suo mondo in quel momento. Troy non si rese conto di quel cambiamento e proseguì nella sua argomentazione su quanto sia importante che una ragazza abbia delle belle tette. «Insomma, Matt, tu te la faresti una senza poppe? Che gusto ci provi a stare con una ragazza se non ti soddisfa nell’aspetto, no?»
«Lascia stare! Sei un caso senza speranza...» borbottò Matt, come se una discussione del genere non fosse mai stata intrapesa tra loro tre in passato.
Il professore entrò in classe e, dato che si trattava del più severo insegnante di quella classe, Troy non si azzardò a parlare durante la sua ora: sapeva che se l’avesse beccato un’altra volta a fare qualcosa di sbagliato l’avrebbe fatto espellere. Aveva sbagliato solo una volta, un mese prima: Troy, sfruttando la sua posizione nell’ultimo banco della fila centrale, era abilissimo a nascondere le sue riviste a luci rosse durante le lezioni ma proprio quel giorno il professore l’aveva beccato con gli occhi incollati su una modella completamente nuda. Il risultato fu una sospensione di una settimana e mezzo; ma questo era stato solo un ammonimento.
Shawn non sentì una sola parola del discorso di quel burbero dietro la cattedra. La sua vista era accecata di rosso e ogni nervo voleva farlo scattare, lanciarsi dalla finestra come nei film d’azione e intraprendere una missione punitiva. Ormai il foglio che si ritrovava tra le mani era ridotto peggio di un groviera. Ci fu bisogno di una gomitata di Matt per tornare in classe e almeno fingere di provare interesse.
Quando la terza campanella suonò si alzò di scatto.
«Fermo! Non fare niente di avventato!» gli urlò il suo compagno di banco.
Lui non si degnò di rispondere: non era avventato. In quelle tre ore mille occasioni di vendicarsi gli erano balenate per la mente. Non avrebbe sbagliato, tutto sarebbe stato calcolato nei minimi dettagli.
Percorse il corridoio verso le scale che portavano al piano inferiore, dove si trovava la 5E ma qualcosa lo costrinse a fermarsi a metà strada. Non c’era nessuno in quel corridoio, dato che tutti preferivano utilizzare le scale principali. Nonostante ciò sentiva un rumore vicino a lui, troppo vicino.
Si guardò in giro ma non vide nessuno tranne due porte rosse dove erano state disegnate stilizzate sagome di una donna e di un uomo.
«LASCIATEMI, VI PREGO!»
Dei lamenti provenivano dal bagno delle ragazze, insieme a colpi che sferzavano l’aria e risate.
Il cuore di Shawn perse un colpo: come aveva fatto a non capirlo subito? Non aveva visto abbastanza film? Le ragazze adorano sfruttare il bagno per i loro scopi malefici.
Abbassò la maniglia della porta in questione ma era bloccata. Imprecò tra sè e indietreggiò di pochi passi, sufficienti per la rincorsa adatta per sfondare la porta. Con una spallata la serratura cedette e si ritrovò, per la prima volta nella sua vita, nel bagno delle ragazze del terzo piano.
La scena che gli si presentò davanti era come stata bloccata in una fotografia.
Una dozzina di ragazze era disposta in modo sparso per la stanza. La metà di queste era addossata a un angolo del bagno mentre l’altra faceva da semplice spettatore e da incitatore in tutto ciò e si trovava più distante. Nell’angolo in questione c’era una ragazza rannicchiata a terra con le gambe al petto e in lacrime. Inginocchiata accanto a lei c’era Sofia, con i suoi lunghi capelli biondi lasciati sciolti e vestiti aderenti leggermente bagnati che le facevano intravedere l’intimo di pizzo che indossava.
Tutte le ragazze erano voltate, impietrite dallo shock, verso l’uragano che era appena piombato nel bagno.
Il pavimento era bagnato. L’acqua penetrava tra le mattonelle e lambiva le suole delle scarpe dei presenti. Katia era di fronte a Sofia, nell’angolo, e i suoi capelli zuppi le bagnavano gli indumenti.
Shawn richiuse la porta dietro di sè con un tonfo che fece tremare tutte le ragazze.
Katia alzò gli occhi e le lacrime in viso si confusero con l’acqua che le era colata dai capelli.
Lui era senza parole ma la furia omicida gli scorreva nelle vene. Aprì e chiuse le dita e si avvicinò con lunghi passi verso la sua fidanzata. Le ragazze si scostarono: sembrava che le acque si aprissero per fare largo a Shawn. Si ritrovò davanti a Sofia, che lo guardava dal basso verso l’alto, ancora scioccata.
«ALZATI, MERDA!» le gridò. L’afferrò per i capelli e tirò verso l’alto. Sofia mise le mani sul capo e non riuscì a trattenere le lacrime di dolore.
«Affrontami!» le urlò di nuovo e stavolta tirò i capelli ancora più forte.
Sofia si lasciò sfuggire un grido e costrinse le gambe a reggerla e metterla in posizione eretta.  Il suo viso arrivava all’altezza del mento di Shawn, dal viso deturpato dall’ira.
Sofia strizzò gli occhi, pregando dentro di sè che Shawn la smettesse di tirare e che le lasciasse la chioma.
«GUARDALA!» strepitò.
Sofia socchiuse le palpebre e lo guardò in viso con espressione implorante.
«Guarda come l’hai ridotta». Indicò Katia, tremante sul pavimento. «Ti senti superiore dodici contro uno? Abbi le palle di affrontare uno scontro faccia a faccia!»
Sofia scrollò il capo e mugolò. «Nononono. Perdonami. Io non...»
«Tu non... NIENTE! Hai fatto tutto di proposito e non scusarti come una bambina, vigliacca!»
Le ragazze intorno a lui si erano allontanate il più possibile. Alcune lo guardavano in attesa, altre con timore.
La mano di Shawn vibrò nell’aria, diretta verso la guancia incipriata di Sofia. Lei strinse i denti e cercò di sollevare le braccia in un patetico tentativo di difesa. Ma qualcosa bloccò il braccio del ragazzo. Erano le mani bagnate fradicie di Katia.
«Basta, Shawn. Non è necessario» mormorò. Shawn si immobilizzò e la guardò con stupore.
Katia pareva una bambina indifesa in quello stato. I capelli corti apparivano più lunghi e di un nero intenso e delle gocce si staccavano lentamente dalle ciocche facendo plic plic sul pavimento. L’ombretto celeste che sfoggiava quella mattina si era trasformato in una malriuscita imitazione del trucco di Joker, condito da macchie violacee sugli zigomi. Lo sguardo era spento e le labbra afflosciate in un’espressione smorta.
«Lasciala stare» ripetè senza il minimo calore nelle parole che pronunciava. Le ciocche di capelli biondi sfuggirono dalla presa di Shawn. Sofia approfittò del momento per correre al centro della sua cricca, in modo tale da nascondersi agli occhi di lui.
Shawn allungò le mani verso Katia ma lei indietreggiò di mezzo passo per non farsi toccare. «Non preoccuparti più per me. Tra noi due è finita. Questa relazione fa troppo male sia a me che a te». E senza aggiungere altro uscì dal bagno.
Shawn non riusciva a credere a quelle parole perciò la rincorse fuori. Le ragazze sfruttarono la momentanea disattenzione di Shawn per darsela a gambe levate in caso cambiasse idea.
Appena percorsi pochi passi, però, lui perse di vista Katia.
Scosse la testa e si passò la mano tra i capelli in segno di disperazione. Com’era potuto accadere? Com’erano potuti entrambi cadere nella merda così, senza nessun preavviso?
Avrebbe dovuto essere più esplicito e informarla che non gli sarebbe importato quante ragazze avrebbe dovuto picchiare per stare con lei, ma Katia non aveva capito.
Percorse di corsa le scale fino all’atrio d’ingresso. Non gli importava se ancora le lezioni dovevano finire. Lui aveva solo voglia di andarsene a casa e poteva solo sperare di incrociare Katia, se aveva avuto la sua stessa idea di lasciare la scuola in “anticipo”.
I bidelli non si accorsero di lui mentre sgattaiolava fuori e correva, come un matto, come sperando di lasciarsi tutto alle spalle.
 
La campanella di uscita doveva essere suonata da ore. Katia, però, era rimasta a girovagare per la città come un fantasma senza meta. Che fine aveva fatto la sua forza di volontà, la sua tenacia? Non le avevano sempre detto che a volte si dimostrava un maschiaccio, capace di tener testa a chiunque? Ma davanti a Sofia era crollata. La sua era solo una facciata: dentro era una ragazza debole e indifesa.
Si fermò e si appoggiò contro il muro di una casa. Cercò un fazzoletto nella cartella e si soffiò il naso.
Cominciava a fare tardi e lei, come una stupida, non era tornata a casa. Non era lei la paranoica in questi casi?
Dei passi si avvicinarono.
Si pulì il naso con il fazzoletto e se lo mise in tasca. Girò la testa verso la persona che stava uscendo dalle ombre, senza sapere che sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe visto.
 

 
Nota dell’autrice: premetto subito che potrebbero esserci degli errori nel testo. Non l’ho riletto abbastanza volte... In secondo luogo, vorrei dire che, grazie al consiglio di Pendragon of the Elves, metterò la storia nei thriller. Colgo l’occasione, inoltre, per ringraziarla per le sue lunghissime recensioni che mi spronano a continuare a scrivere!
Spero che il cambio di genere della storia non deluda i lettori ma potrete comunque stare tranquilli che ci saranno contenuti pieni di sangue, proprio come piacciono a me! *Sorrisetto maligno*
La frase finale di questo capitolo, personalmente, mi dà i brividi. Ho voluto mettere questo pezzo per informare i miei cari lettori che già dal prossimo capitolo inizieremo con il “clou” della storia. SAAAANGUE *Urlo in stile Leonida*
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Thriller / Vai alla pagina dell'autore: AnnabelleTheGhost