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Autore: Waanzin    19/01/2013    2 recensioni
Una raccolta di momenti passati, presenti e futuri nella vita di Jake Muller/Wesker, tra riflessioni e rabbia, tristezza ed euforia. Uno sguardo da vicino a cosa significa essere il figlio del più enigmatico e complesso tra i personaggi di Resident Evil.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albert Wesker, Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente, giungo alla fine della mia piccola "trilogia" all'interno di questo mosaico della vita passata, presente e futura di Jake Muller. Nonostante abbia effettuato molti salti avanti e indietro nel tempo, tutta la vicenda si svolge intorno ai 16 anni di Jake, a quegli eventi che l'hanno portato a diventare il ragazzo cinico e avido che Sherry Birkin incontrerà e "salverà" in Resident Evil 6.

Anche in questo caso, ho utilizzato la tecnica del flashback, ma vi basti sapere che la parte iniziale di questo epilogo, "Un nuovo inizio", si svolge poco tempo dopo gli eventi ambientati nel motel delle parti precedenti ed è quindi, cronologicamente, la vera parte finale dell'intera vicenda. Ho preferito però finire la trilogia con un altro momento perché più di tutti rappresenta la fine della vecchia vita di Jake... spero il tutto risulti efficace e scorrevole.

Come sempre, ringrazio tutti per aver letto e recensito i capitoli precedenti, con un ringraziamento speciale a fiammah_grace per la recensione alla parte seconda della trilogia... su il sipario! 



Jake Muller

CONSEGUENZE DI UN PADRE ASSENTE

 

L'UOMO CHE ANNEGA, parte terza:
Rinato a metà. 

 
Oggi. Un nuovo inizio.

Il borsone gettato in un angolo, gli abiti sgualciti puliti a malapena in una lavanderia a gettoni, Jake aspettava il treno in una gelida mattina di Settembre. Seduto sui sedili di plastica rovinati, si grattava la testa ancora dolorante, combattendo contro il prurito della guancia i  cui bendaggi aveva appena sistemato.
 
Una vita senza scopo, la sua. Ora lo capiva. Realizzava, dopo quei giorni in cui il dolore gli aveva offuscato ogni pensiero, quanto in quel momento fosse nessuno, senza un grande obbiettivo, un disegno del destino. Semplicemente altra carne al fuoco delle guerre eterne che massacravano l'Europa dell'Est e, più in là, il mondo intero.
 
Ma ora, non gl'importava più. Ora non si trattava più di salvare sua madre, ne di mantenere una dignità. Ogni speranza era perduta, ma lui aveva ancora le abilità insegnategli da Shawn, e quelle con cui era nato. Era un'arma mortale... ed era deciso a trarne guadagno.
 
«Mercenario?»
 
Quasi sobbalzò guardandosi intorno, fino a incrociare lo sguardo con un anziano signore che gli si avvicinava aggrappato ad un bastone, il volto segnato da rughe e cicatrici... la tipica faccia di chi aveva passato la vita ad arrancare in Edonia.
 
«Io non vi capisco, voi mercenari... tutta la vita ad ammazzarvi a vicenda, e per cosa? Una volta avevamo ideali in questo paese...»
 
La risposta del ragazzo fu riassunta in un ghigno e poche, gelide parole. Gli occhi azzurri, freddi come il ghiaccio, non si concentrarono neppure sul suo interlocutore, ma sull'orizzonte... quasi che quella frase fosse riferita al mondo intero.
 
«Cosa ci vuoi fare... i soldi sono soldi.»
 
 
Ieri. La fine. 
 
Barcollando, era giunto fino a casa sua. Treni, autostop, chilometri a piedi sotto la pioggia. Trascinava dietro di se il peso dei ricordi, e una valigetta piena di soldi. Il sangue scorreva copiosamente dalla ferita, rattoppata con pezzi di scotch e giornali, sul volto.
 
Lasciando una scia di sangue, raggiunse la porta e, con mani tremanti, l'aprì. Zoppicava, arrancava, ma si sforzò di far uscire dal volto deturpato un sorriso mentre la cercava per dirle che, finalmente, i loro problemi erano finiti. Un mantra, nel frattempo, continuava ad avvolgergli i pensieri, sfidando il dolore: "Sono a casa, con i soldi! Sono a casa..."
 
Lo sguardo preoccupato, si precipitò in salotto. Vide un mucchio di coperte che avvolgevano qualcosa... un corpo. Solo un braccio, candido, sporgeva dal divano, penzoloni, senza esser riuscito ad arrivare al suolo. Per terra, un bigliettino scritto frettolosamente, la pulita calligrafia di sua madre piena di sbavature e tremolii.
 
Le labbra gli tremarono. Una sola, singola lacrima, si aggiunse al sangue che colava dalla guancia fin sul collo. Allungò un braccio, la mano tesa verso quella di sua madre... quasi sperando che le leggi dell'universo potessero rompersi, in quell'istante, e che lei potesse stringergliela. Almeno una volta.
 
«M-m... mamma?»
 

 
L'UOMO CHE ANNEGA,
Fine. 
 


  
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