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Autore: Alaysia    28/02/2013    1 recensioni
Passano i mesi. Mesi in cui tutti TORNANO alla normalità.
Ma ... l'incubo peggiore di Cobb torna prepotente, ma questa volta minaccia di uccidere la persona a cui vuole più bene al mondo.
Suo figlio James.
E così la squadra si riunisce e l'estrattore più abile del mondo deve compiere una delle sfide più difficili che gli si siano mai presentate davanti.
Deve estrarre un ricordo nella mente di suo figlio.
Deve fargli dimenticare sua madre.
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dom Cobb, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3: Parigi non è mai stata così bella


Cobb si sentiva spaccato a metà: doveva portare James con se a Parigi? Non poteva sapere quando Mal avrebbe colpito di nuovo … e se lo avesse fatto proprio mentre lui era a Parigi? I consigli di Arthur non aiutavano più di tanto, mentre Philippa si sarebbe sistemata dalla nonna.
Era la sera prima della partenza e non aveva ancora fatto le valige: strano, lui era sempre stato così puntuale … non si era mai ridotto a fare le cose all’ultimo momento. Gli sembrava così innaturale aver rimandato la decisione che, quando decise cosa fare, gli sembrava di fare la cosa più facile del mondo.
James sarebbe andato con la nonna. Le avrebbe raccomandato di tenerlo d’occhio durante la notte e se avesse incontrato un comportamento strano in ognuno dei due bambini, lo avrebbe chiamato subito. Questi erano i patti.
Cobb si sentì il cuore stretto a doverli lasciare ancora e mentre era nella sua camera prese in mano la pistola, fissandola per qualche momento. Avrebbero riunito la vecchia squadra e avrebbe fatto quello in cui era più bravo: estrarre un ricordo.
E se qualcosa fosse andato storto? Quanto sarebbero dovuti andare in profondità? Due livelli? Tre? La mente di un bambino è così imprevedibile … se fossero andati più in profondità del secondo livello, avrebbero incontrato cose che nessuno aveva mai visto.
Perché i pensieri dei bambini non sono sempre guidati dalla ragione … molte volte l’istinto prende il sopravvento e questo è ancora più pericoloso, perché le guardie del subconscio sarebbero state più forti anche se meno organizzate. L’istinto è la cosa più pericolosa nella mente di chiunque: per questo Cobb aveva sempre preferito estrarre pensieri da uomini adulti e abituati a dominare le situazioni di stress: Saito, il signor Fischer … quando lo aveva fatto con qualcuno di impulsivo era finita molto male … Mal …
Mentre stava mettendo la pistola nella valigia vide James sulla porta della camera.
-Ciao James- Cobb sorrise infilando velocemente la pistola nella valigia.
James osservò la valigia, poi tornò a guardare il padre negli occhi.
-Vai a uccidere qualcuno papà?-chiese con gli occhi sgranati
-Che cos … no James, ma che idee ti vengono in mente?-disse con tono stupito, infilando la pistola in una calza.
Il bambino scosse la testa e si sedette sul letto.
-Starai un po’ dalla nonna insieme a tua sorella ... non starò via molto, fidati-continuò Cobb chiudendo la valigia.
-Lo dicevi sempre … poi però non tornavi mai …- disse James abbassando lo sguardo.
Cobb si intrististì. ‘Ma cosa sto facendo? Lo sto lasciando … li sto lasciando ancora … e se poi tornassi a fare l’estrazione e non ci fosse niente da fare? Se fosse stato solo un fenomeno isolato?’
Poi però la sua esperienza si fece largo a forza, tra i suoi pensieri di padre preoccupato.
Sospirò.
-Però alla fine sono tornato-disse avvicinandosi a James e inginocchiandosi davanti a lui, per guardarlo negli occhi-non importa quanto starò via, tornerò sempre da te e da Philippa. Capito James?-
Il bambino annuì.
-Dai, vai da tua sorella, domattina dobbiamo partire-disse arruffandogli i capelli biondi.
 
 
La mattina arrivò, come una liberazione. Cobb non ha dormito: quando ci provava vedeva sempre qualcosa di orribile che accadeva ai suoi figli. Riapriva gli occhi con il cuore che batteva all’impazzata, si alzava e andava a controllare i bambini.
Ma cosa gli stava succedendo? Aveva imparato tempo fa a controllare le emozioni che creano i sogni, belli e brutti, e adesso … si lasciava trascinare in balia dell’agitazione.
La mattina li svegliò presto, aveva appuntamento con Arthur all’aeroporto due ore dopo e aveva bisogno di rivedere l’amico. E sapeva che l’amico ha bisogno di vedere un’altra persona … Cobb sorrise, in quel secondo che si concesse per dimenticare la bolla di preoccupazione che lo attanagliava da ormai due giorni.
Accompagnò i bambini a casa della nonna, e quando venne il momento di lasciarli non volle avere rimorsi. L’ultima volta li aveva abbandonati come un vigliacco, ora aveva bisogno di vederli in viso, imprimersi i loro sorrisi nella mente e ricordarseli così, fino a quando non sarebbe tornato.
Si chinò, davanti a lui i suoi due figli.
-Fate i bravi con la nonna va bene?-chiese come fanno sempre tutti i padri
I due bambini annuirono insieme. Philippa singhiozzò.
-Papà resta qui-disse con le lacrime che incominciavano a cadere.
-Ehi Philippa-disse Cobb stringendola a sé-cosa pensi, che vi lasci qui? Tornerò al massimo tra un mese, e tornerà tutto come nell’ultimo anno. Capito?-concluse asciugandole le lacrime con i pollici.
La bambina annuì.
-Ehi campione, occupati di tua sorella-scherzò Cobb, scompigliando i capelli a James.
-Ehi, ma io non ho bisogno di nessuno che si occupi di me-protestò Philippa.
Cobb rise. Gli sarebbero mancati molto.
Li strinse a se e partì.
Quando sarebbe tornato, sarebbe dovuto entrare nella mente di suo figlio.
Scacciò quel pensiero e si concentrò sulla persona che lui e Arthur stavano andando a trovare.
Arianna.
Sarebbero riusciti a convincerla?
Arrivò all’aeroporto con questa domanda nella testa quando vide il suo amico vicino al chek-in in perfetto orario.
Da quando lo aveva conosciuto non era mai stato in ritardo una volta.
Gli si avvicinò e si salutarono.
-Andiamo?-
-Andiamo-
Si avviarono verso l’imbarco, mentre Cobb lanciava qualche occhiata all’amico, e fu contento di vedere un sorrisino soddisfatto su quel viso da damerino.
-Voglia di rivederla?-chiese tentando di tenere le distanze.
-Chi?-chiese Arthur aggrontando le sopracciglia.
-Non far finta di non capire-
-No sul serio Cobb non … aaaah-
Cobb ridacchiò e lasciò che l’amico pensasse alla risposta.
-Si, non mi dispiace rivederla-
-Ne sono sicuro-
Arthur si voltò verso Cobb.
-Cosa stai insinuando?-
Cobb alzò le mani insegno di innocenza.
-Niente-
Arthur inarcò le sopracciglia. Entrarono in aereo e si sedettero.
-Pensi che lei sarà contenta di rivederci?-chiese cercando di sembrare poco interessato.
-A conoscerla bene direi …-cominciò Cobb
-Si?-
-No. Ci vorrà mandare via a calci in culo, ma poi ci ripenserà e ci darà una mano-concluse Cobb.
Arthur annuì e cominciò a guardare fuori dal finestrino.
-Quindi secondo te accetterà l’incarico?-
Cobb sorrise sbuffando.
Sarebbe stato un lungo lungo volo.
 
Atterrarono nell’aeroporto di Parigi e prenotarono le stanze in albergo, vicino all’università dove studiava Arianna.
-C’è un perché al fatto che abbiamo scelto l’hotel più vicino alla sua scuola?-chiese Cobb, che aveva lasciato fare ad Arthur la prenotazione.
-Così possiamo tenerla d’occhio-rispose Arthur mentre infilava le chiavi nella porta della loro camera.
-Abbiamo bisogno di tenerla d’occhio?-chiese ancora Cobb, che non capiva la logica dell’amico.
-No … cioè si … nel senso …-tentò di giustificarsi l’amico, ma Cobb ci arrivò prima.
-Aaaah capito. Siamo davanti all’entrata in modo che tu possa vederla entrare ed uscire per il tuo cuoricino innamorato-disse Cobb provocante.
-Ma stai zitto-disse Arthur, arrossendo.
E Cobb non aveva MAI visto Arthur arrossire.
Brutto segno.
 
Si cambiarono, mettendosi entrambi una camicia e dei pantaloni per essere scambiati per comuni turisti, o, nella migliore delle ipotesi, dei parigini.
-A che ora entra a scuola?-chiese Arthur. Erano appoggiati al muretto dell’entrata dell’università di architettura frequentata da Arianna.
-Dovrebbe passare qui esattamente …-
Arthur cominciò ad agitarsi, osservando un punto dietro a Cobb.
-… adesso-
Entrambi si voltarono e videro la ragazza, che camminava sul marciapiede con la borsa stracolma di libri.
Cobb sentì una stretta allo stomaco. Era passato un anno dall’ultima volta in cui l’avevano vista, ed era cambiata.
Molto.
Se l’anno prima era a metà tra una ragazza e una donna, adesso era una donna bellissima.
Il lunghi capelli color cioccolato erano un po’ più corti, ma sempre leggermente mossi, che le incorniciavano il viso più maturo e meno pallido. Le labbra erano sempre rosse, risaltando insieme agli occhi, che erano diventati più chiari.
Era alta cinque centimetri in più e indossava una maglietta rossa a mezze maniche e un paio di jeans che le abbracciavano le gambe lunghe e magre.
Cobb non riuscì a fare a meno di lanciare un’occhiata al suo amico.
E Arthur non lo notò nemmeno, tanto era occupato a guardarla.
Intanto Arianna non li aveva ancora visti e loro, con un semplice cenno, cominciarono a camminare andandole incontro. Cobb si mise un paio di occhiali da sole e si calcò il cappello sulla fronte.
Prese da una tasca un blocchetto di carta e una penna.
-Perdonnez-moi madame-le disse fermandola.
-Oui? Bien sur-rispose Arianna, senza riconoscerlo.
Cobb le allungò il blocchetto e la penna.
-Hai un minuto per disegnarmi un labirinto-le disse sorridendo.
E visto che Arianna era una donna sveglia, le ci volle un secondo per esclamare …
-COBB!?!-
 
Erano tutti e tre nella hall dell’albergo. Arianna era seduta con le braccia incrociate sul divano, mentre Cobb e Arthur erano in piedi davanti a lei.
La ragazza aveva le braccia incrociate sotto il seno, lo sguardo puntato ostinatamente a terra.
-Cosa volete?-chiese con voce bassa.
Cobb era dubbioso, come mai quell’accoglienza fredda?
-Non sembri molto felice di rivederci…-disse Arthur, con lo stesso dubbio di Cobb.
-Infatti non lo sono-rispose lei.
Cobb lanciò uno sguardo molto eloquente ad Arthur.
‘Te l’avevo detto…’
-E come mai?-
-Perché non posso lasciare di nuovo la scuola. Sono già molto indietro. E non mi va di rischiare ancora la vita-rispose lei.
-Dubito che la scuola sia un problema, sei molto sveglia-disse Arthur cercando di mischiare un complimento e professionalità.
Risultato: scarsissimo.
-Arianna?-chiese Cobb
La ragazza rimase con lo sguardo piantato per terra senza rispondere.
-Ehi, guardarmi-continuò con un tono meno duro.
La ragazza puntò su di lui gli occhi color nocciola.
-Cosa c’è davvero?-
Arianna sbuffò.
-Se proprio volete saperlo, non voglio finire di nuovo in un sogno in cui potrei morire o uccidere una persona e non ci voglio cascare di nuovo, posso avere tutto il talento che volete come architetto, ma NON sono come voi, io non prendo in mano pistole o uccido qualcuno, anche se si tratta di guardie del subconscio. Io NON …-cominciò Arianna e Arthur fece un passo indietro dal fiume di parole che lo investì insieme a Cobb. Per fortuna uno dei due si riprese prima.
-Non entrerai, va bene? Progetterai solamente il sogno, poi rimarrai fuori-disse prontamente Cobb
Arianna alzò lo sguardo. Era indecisa. Era forte, una ragazza dai principi saldi, che vedeva le sue convinzioni però in bilico. Doveva farsi coinvolgere di nuovo?
-Prometti?-chiese guardando Cobb
-Te lo giuro-rispose, incrociando lo sguardo della ragazza.
-Per chi lo dobbiamo fare il lavoro? È un’estrazione o un innesto?-chiese la ragazza.
Cobb e Arthur si scambiarono uno sguardo.
 
 
Erano tutti e tre nelle loro camere. Arianna era stata aggiornata e, dopo uno stupore iniziale, si era detta disponibile ad aiutare Cobb.
Non sapeva come si potesse sentire, ma sicuramente era distrutto: dopo essersi liberati di Mal l’anno scorso, sapere che era tornata a perseguitarlo la faceva preoccupare parecchio.
L’avrebbe aiutato, in tutti i modi possibili.
Ma non sarebbe entrata nel sogno … vero?
A distoglierla dai suoi pensieri fu qualcuno che bussava alla porta.
Andò ad aprire e si ritrovò faccia a faccia con Arthur.
-Ciao-
-Ciao-
Pausa. Si guardarono negli occhi.
-Cosa ci fai qui?-
-Volevo vedere se stavi bene-
Arianna abbassò lo sguardo.
-Sto bene-
Arthur la fissava con vivo interesse e lei fece la domanda che avrebbe dovuto fargli molto tempo prima.
-Perché quel bacio?-
Arthur non sembrò sorpreso.
-Perché era un sogno. Il migliore dei miei sogni-
Chiuse la porta e tornò nella sua stanza, lasciando Arianna in piedi, senza fiato.  

  
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