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Ecco qui l'ultimo capitolo della mia prima long-fiction. Ringrazio tutti quelli che hanno seguito questa fiction, e quelli che l'hanno anche commentata. Buona lettura... ^^
“… Ho mantenuta la mia
promessa.”
Toma osservava Apollo sorridendo, guastandosi quella vittoria che
aveva così a lungo agognato.
“Capisci il tuo sbaglio ora, Apollonius ? Guarda
come è stato facile portarla qui da me. Come è stato facile convincerla.
Te
l’ho sempre detto: gli esseri umani sono deboli, meschini, traditori.
Lei non
si meritava il tuo amore.” Continuò l’Angelo. “Non ne era degna. Tu, però, non
l’hai mai capito. Non l’hai mai voluto capire! E per lei – per questo essere
immondo – tu sei stato capace di tradirmi!” Una lacrima silenziosa solcò il viso
dell’Angelo, trasfigurato dalla rabbia covata per tutto quel tempo “Come hai
potuto farlo Apollonius?!?” Urlò alla fine.
“Toma, so quello che provi…”
Apollo parlava, ma la sua voce aveva qualcosa di soprannaturale, di antico… “...
So quanto ti ho fatto soffrire. E mi dispiace. Mi dispiace così tanto…” La
speranza si dipinse sul volto di Toma. Una speranza che non si era mai sopita in
dodicimila anni… “Ma…” e qui l’Angelo dal capo piumato iniziò a disilludersi “…
Ma non potevo andare contro quello che mi diceva il cuore, Toma. Ci siamo forse
amati un tempo… Non se se era veramente amore il nostro…”
“Ti sbagli
Apollonius! Io ti amavo davvero! Tu lo sai! Eravamo stati creati per stare
insieme! E così doveva essere!”
“Forse è così per te Toma. Ma come puoi dire
che eravamo stati creati per stare insieme se nemmeno tu ci credi realmente?
Guarda in faccia la realtà Toma.
Tu non amavi me, ma l’idea di me.
L’idea di unire la nostra forza e il nostro potere.
Io invece, pensavo di
poterti amare. Ma mi sentivo così maledettamente incompleto quando ero accanto a
te.” Toma chiuse gli occhi, troppo ferito per continuare a guardarlo “Poi, è
arrivata lei.” Apollo spostò gli occhi su Silvia “Lei che ha conquistato il mio
cuore e la mia anima con i suoi occhi e il suo sorriso…” Si voltò verso Sirius
“… con il suo coraggio e la sua arte di guerriera.” Tornò su Toma. “Lei mi
faceva sentire completo. Mi dispiace tanto, Toma, di averti fatto soffrire, ma
non potevo rinnegare il mio cuore. Non potevo rinnegare il mio amore.”
Toma,
strinse i pugni finché non sentì le unghie conficcate nel palmo della mano, e si
morse il labbro finché non sentì il sapore del sangue in bocca. Tremava di
rabbia.
“Non è vero Apollonius, e tu lo sai! Ci saremmo amati per l’eternità
se non fosse arrivata lei a portarti via da me con l’inganno…” Aveva uno sguardo
folle. “Ma ora, abbiamo un’altra possibilità Apollonius! Senza di lei in mezzo,
noi due potremo stare di nuovo insieme!” Una lama di luce comparve nelle mani
dell’Angelo. “Inizierò dalla ragazza…”
“Toma, che vuoi…?” Sussurrò
Apollo.
Toma non rispose, ma gli sorrise. Di scatto, si voltò verso Silvia,
che lo fissava terrorizzata. “Senza di te, Apollonius mi amerà di nuovo!” Le
urlò scagliando la lama contro di lei.
“No, Silviaaaa!” Urlò Sirius tentando
di liberarsi.
La lama si avvicinava sempre di più. Silvia cacciò un urlo,
preparandosi all’imminente impatto.
Poi, l’esplosione.
Sirius guardava
inorridito il punto da cui si alzava il fumo.
Sua sorella era morta.
Ed
era anche colpa sua.
“Senza di te Apollonius mi amerà di nuovo!” Le urlò
scagliando la lama contro di lei.
“No, Silviaaaa!” urlò Sirius tentando di
liberarsi.
La lama le si stava avvicinando sempre di più. Lei cacciò un urlo,
preparandosi all’imminente impatto. Chiuse gli occhi, aspettando la fine. "
Addio Apollo."
Un’esplosione, fumo tutto intorno a lei.
Ma nessun
impatto.
Miracolosamente, non c’era stato alcun impatto.
Aprì gli occhi, e
ciò che vide la stupì, se possibile, ancora di più.
Dodicimila anni dopo, una
nuova barriera protettiva color del sangue si ergeva tutt’intorno a
lei.
Lentamente, la nube di fumo si dissolse.
Alla vista della ragazza
viva e vegeta, Toma aggrottò la fronte infuriato, mentre Sirius tirava un
sospiro di sollievo, che gli morì in gola appena spostato lo sguardo.
Silvia
si voltò verso il fratello, ma vide che non la guardava più. Fissava invece un
punto oltre la spalla di un Toma, ormai letteralmente furioso.
“Apollonius.”
Mormorò il principe con un calore non da lui.
Toma, a sentire quel nome,
spalancò gli occhi, e si voltò verso Apollo… O, meglio, dove prima c’era lui.
Perché il ragazzo non era più appeso al muro. Anzi, non era nemmeno più un
ragazzo a dire il vero.
Trasfigurato così da una forza antica, al posto del
ragazzo c’era ora un uomo – o meglio, un Angelo adulto, con lunghi capelli
fiammeggianti, occhi ambrati e due enormi ali spalancate che gli nascevano dalla
schiena. Sulle sue mani, persisteva ancora un vago bagliore rossastro che si
andava via via spegnendo, e tutta la sua figura era circondata da un tenue alone
dorato.
L’anima di Apollonius si era risvegliata
completamente.
“Apollonius!” Mormorò Toma con un misto di timore,
speranza e gioia dipinto sul volto.
Apollonius, dal canto suo, lo fissava con
odio.
“Come hai osato minacciarla di nuovo, Toma?” La sua voce era fredda
come il ghiaccio, e più pungente di una spina.
“Io…” Non sapeva come
rispondergli.
“Niente scuse, Toma. Ti avevo avvisato che non avresti mai
potuto farle del male. Mai.”
“Apollonius.” Dissero all’unisono Silvia e
Sirius. L’Angelo si voltò verso di loro sorridendo.
“Celiane. Non avere
timore. Non ti lascerò sola.” I due fratelli, le due parti di un’unica anima,
sorrisero.
Un solo cenno della mano, e i due giovani discendenti di Ali del
Sole scesero lentamente a terra.
“Perché mi fai questo Apollonius? Perché mi
hai tradito di nuovo?” chiese intanto Toma. Calde lacrime di rabbia e dolore gli
solcavano il viso. Apollonius si voltò nuovamente verso di lui. “Pesavo che
avremmo potuto stare di nuovo insieme. A quanto pare mi sbagliavo.” Lo guardò
con tristezza, poi si avvicinò a lui fluttuando, per fermarsi a pochi centimetri
dal suo viso. Apollonius rimase immobile, gli occhi fissi nei suoi. Ad un
certo punto, Toma sorrise.
“Non mi lasci altra scelta mi pare, Apollonius.
Avrei voluto che le cose andassero diversamente.”
“Che intendi dire?”
“Guardati intorno.” Rispose l’Angelo allargando le braccia. “Guarda l’Albero
della vita.” Apollonius alzò lo sguardo, e spalancò gli occhi. Apollonius, per
la prima volta, parve avere paura. “Esatto, Apollonius. Si sta seccando. È la
fine, ormai.”
Apollonius guardava l’Albero della Vita.
Le parole di
Toma – era difficile ammetterlo – erano vere. L’Albero si stava realmente
seccando. E con esso, anche la vita sul pianete avrebbe avuto fine.
“Non è
possibile! Ci deve essere un modo…” Balbettò.
Toma sorrise.
“Troppo tardi,
Apollonius…” Una pausa, poi aggiunse “Be’, forse, un modo per salvare questo
pianeta c’è ancora…”
“Che intendi dire?”
“Dovresti arrivarci da
solo.”
Apollonius cercò di capire il significato di quelle parole. Poi, un
lampo di comprensione.
“L’Aquarion.” Mormorò.
Toma applaudì
sarcastico.
“Bravo Apollonius. Davvero bravo. La fusione è l’unico modo per
salvarci. L’Aquarion è la sola cosa che può far rifiorire l’Albero della
Vita.”
“La fusione?!?” Mormorò Silvia.
“Ma chi potrebbe…?” Iniziò
Sirius.
Toma si voltò rapido verso di lui.
“Voi stolti esseri umani… è
proprio necessario che io vi spieghi tutto? Due di voi sono già nei vector.”
Disse indicando il vector luna e il vector mars, dove erano stati deposti Reika
e Pierre “Manca solo il terzo. Appena si risveglieranno, la fusione potrà avere
luogo.” Si voltò verso Apollonius. “Sta a te scegliere quale delle due metà di
Celiane vuoi vedre morire…” Sorrideva divertito: un altro aspetto della sua
vendetta.
Apollonius spostò lo sguardo da Silvia a Sirius, incapace di
prendere una decisione.
Alla fine, chiuse gli occhi. Lentamente, quasi
sussurrando eppure con estrema decisione, parlò:
“Nessuno di loro andrà,
Toma.” Alzò lo sguardo, puntando gli occhi ambrati sull’Angelo dal capo alato.
“Ci andrò io.”
“Ci andrò io.”
“No!” Urlò Toma. Accidenti, non era così
che doveva andare! Sarebbe dovuta andare quella ragazzina, oppure quel fesso di
suo fratello! Così si sarebbe liberato di almeno una parte di Celiane! E invece,
a causa della sua mania di fare l’eroe, Apollonius gli stava mandando tutto a
quel paese. “Apollonius, non devi andare tu. Deve andare uno di loro.” Provò a
persuaderlo Toma.
“Andrò io!” Si offrì Silvia. “Non devi andartene tu! Non di
nuovo! Non riuscirei a sopportarlo! Non di nuovo…” Ripeté con voce
rotta.
Toma tirò un sospiro di sollievo: almeno la ragazza capiva qualcosa.
Così Apollonius sarebbe tornato da lui…
Ma l’altro Angelo non si arrese così
facilmente. Sorrise senza allegria.
“No Celiane. Non andrai tu.”
“Ma…
io…”
“No, perché l’unico modo perché giunga la Sacra Genesi è che la fusione
si compia tra esseri umani e Angeli. Il tuo sacrificio sarebbe vano, e io non te
lo permetterò.” Aveva un tono fermo e deciso.
Toma lo fissava a bocca aperta.
Questo non lo aveva previsto…
“Fusione tra umani e Angeli?!?”
“Esatto,
Toma.”
“Ma…”
Non riuscì però a finire la frase, perché una scossa violenta
percorse la terra sotto di loro, spaccando in due il pavimento sotto di loro e
facendoli cadere a terra. Segni che la terra stava ormai morendo…
“È troppo
tardi ormai, Apollonius.” Borbottò Toma.
“Sciocco, non è tardi. Ma dobbiamo
sbrigarci…”
“Ma i due umani nei vector…” Balbettò indicando Reika e Pierre
ancora svenuti.
“Li sostituiremo noi.” Esclamò improvvisamente
Sirius.
Toma spalancò la bocca sorpreso. Apollonius gli sorrise.
“Sei
sempre stata combattiva Celiane.”
“Verrò anch’io!” Aggiunse Silvia.
“Tu
non puoi venire.” Decise Apollonius.
“Te l’ho già detto! Non ti lascerò
andare via! Non di nuovo! Non posso perderti ancora, Apollo!” Si bloccò, capendo
come lo aveva appena chiamato. Apollo. Non Apollonius, ma Apollo. Si riscosse.
“Non voglio perderlo. E la mia anima non vuole perdere te!” Era dura, decisa,
splendente. Lui la trovò bellissima. La guardò con dolcezza.
“Tu non verrai
con noi, Silvia. Non è nel tuo destino. Tu devi rimanere, e prenderti cura dei
bambini.” In quel momento, Silvia riconobbe l’Apollo che si celava dietro
l’aspetto dell’Angelo.
Troppo presi dal perdersi l’uno negli occhi
dell’altro, non si accorsero che qualcuno, da dietro, si stava avvicinava.
Un
colpo in testa, un suono sordo. Apollonius cadde in avanti sorretto subito da
Silvia. Era svenuto.
Immediatamente, l’immagine circondata dall’alone dorato
svanì, lasciando spazio al corpo del ragazzo dai capelli rossi.
La bionda
alzò gli occhi, e vide suo fratello in piedi, con in mano una pietra raccolta
per terra, che fissava Apollo svenuto tra le sue braccia.
“Fratello…”
“Non
potevo permettere che accadesse di nuovo. Celiane non l’avrebbe permesso. Così
potrà vivere ancora…” Disse semplicemente.
“Ma… e ora?”
“Di Angelo ne
basta uno solo.” Intervenne Toma.
“Tu?!?” Chiese dubbiosa
Silvia.
“Apollonius vivrà, e conserverà un buon ricordo di me.
Non posso
avere il suo amore.
Avrò il suo rispetto.
Cos’altro posso chiedere?”
Sorrideva mentre diceva questo. Ma non il solito sorrisetto beffardo: questo era
sincero, dolce. Il sorriso di chi si è finalmente rassegnato, e vuole che
l’oggetto del suo amore possa essere finalmente felice.
“Ma… E il terzo
pilota?” Chiese Silvia. Toma e Sirius si guardarono, pensando a qualcosa. “Verrò
io…” Iniziò Silvia.
Gli altri due la guardarono allarmati. Poi, Sirius
parlò.
“No, Silvia. Tu non puoi venire.”
“Perché no? Non sono più una
bambina, Sirius! Posso decidere da sola quello che è giusto per me!”
“Ne
sono sicuro Silvia, ma…”
“… Tu devi stare accanto ad Apollonius.” Sentenziò
Toma ammutolendo Silvia. “Non posso lasciarlo qui solo. Tu sei l’unica che gli
può stare accanto.”
“Ma io devo venire!” Continuò lei imperterrita “Manca un
element! Cos’altro si può fare?”
Toma e Siurs si fissarono un momento. Poi,
Sirius mostrò quello che teneva nel palmo della mano libera. Una piuma.
“È
una delle piume di Apollonius.” Spiegò. “Toma mi ha detto di prendergliene una
prima di colpirlo. Hanno un enorme potere. Quel potere basterà per guidare il
vector Sol nella Sacra Genesi.”
Silvia era senza parole. Suo fratello e il
suo peggior nemico che si sacrificavano per lei e Apollo.
Toma si chinò verso
Apollo.
“Addio mio unico amore.” Una lacrima cadde dai suoi occhi mentre gli
accarezzava il viso. “Vivi anche per me. Sii felice, e saprò di non essere morto
invano.” Poi, si voltò verso la ragazza, guardandola fisso negli occhi. “Amalo.
Non ti chiedo altro.”
Lei annuì in modo meccanico. L’Angelo parve
soddisfatto, e prese la piuma dalle mani di Sirius, avviandosi verso i
vector.
Suo fratello rimase un attimo in silenzio.
“Sii felice,
sorella.”
“Sirius…” Silvia era sull’orlo delle lacrime. Suo fratello le
accarezzò la testa dolcemente.
“Non essere triste, Silvia. Vivi, ama, e
ricordami.
Perdonami per quello che ti ho fatto se puoi, e sii
felice.”
Silvia ricacciò le lacrime. Doveva farsi vedere forte.
“Ti voglio
bene.”
“Anch’io piccola. Non sai quanto.” Guardò Apollo tra le braccia di sua
sorella. “Siate felici, Silvia.”
Lei annuì.
“Lo saremo. Te lo
prometto.”
Lui parve soddisfatto.
“Bene…” Si alzò, avviandosi verso i
vector. Vide Reika, a terra, e si chinò su di lei, sfiorandole la bocca con un
bacio. “Un giorno ci rivedremo, Reika. Ne sono certo. In questo o nell’altro
mondo. Te lo giuro.” Le sussurrò. Poi, voltandosi verso sua sorella “Silvia?” La
bionda lo guardò. “Proteggi Reika per me. Fa che sia felice anche lei.”
“Te
lo giuro. fratello.”
Salì lentamente sul vector Mars.
“… E, Silvia?” si
voltò a guardarla di nuovo, sorridendo. “Le mie rose. Prenditi cura anche di
loro.”
Detto questo salì sul vector.
I tre motori si accesero nello stesso
istante, e si fusero nel Solar Aquarion.
La Sacra Genesi ebbe
inizio.
EPILOGO: DIECI
ANNI DOPO
“Sirius!” Una giovane donna dai capelli dorati vagava
per i giardini della Deava. “Sirius! Dove diavolo sei finito?!?”
Un bambino
di cinque anni dai capelli rossi si alzò in piedi e le corse
incontro.
“Mamma!” Urlò a sua volta saltandole addosso.
“Dov’eri finito?!?
Sai quanto tempo è che ti cerco?!?”
“Dai mamma, non stavo facendo niente di
pericoloso. Stavo potando le rose.” E mostrò, come prova, un paio di forbici da
giardinaggio. “Non sei arrabbiata, vero?” Aggiunse facendosi venire i lacrimosi
agli occhi azzurrissimi e mostrandosi dispiaciuto. Sapeva che sua madre si
arrabbiava facilmente, ma sapeva anche che non gli poteva resistere quando
faceva così.
Infatti, la madre sospirò rassegnata. Sirius esultò dentro di
sé: aveva vinto di nuovo.
“E va bene, per stavolta passi. Ma ora fila subito
a lavarti le mani, che è pronto da mangiare.”
“Evviva! Si mangia!” E filò via
come un razzo.
La bionda sospirò, poi s’incamminò verso la sala da pranzo.
Suo marito era già lì ad aspettarla.
“Allora Silvia, lo hai trovato?” Chiese
lui.
“Sì animale, l’ho trovato. Ma, di certo, non grazie a te.”
“Insomma,
non sei mai contenta tu…”
“Non cercare scuse! Quel bambino sta iniziando ad
assomigliarti troppo per i miei gusti. Sta diventando un selvaggio, che arriva
solo quando sente la parola ‘mangiare’…”
“Proprio come me.” Esclamò
soddisfatto il padre. Silvia non rispose, e si limitò a sbuffare.
Poi, venne
assalita dai ricordi.
Da quel giorno, quando suo fratello e Toma diedero il
via alla Sacra Genesi, erano cambiate molte cose.
Tutti avevano avuto la
possibilità di tornarsene a casa, ma nessuno lo aveva fatto. Allora vivevano
ancora tutti lì, alla Deava, che era rimasta aperta.
Chloe era guarita, ed
era riuscita nella – prima di allora – utopica impresa di far mettere a posto la
testa a Pierre, e si erano sposati (con il sommo dispiacere di Kurt, che avrebbe
forse preferito qualcosa di meglio per sua sorella. A dispetto dei suoi
pronostici però, la loro coppia resisteva, ed era anche in arrivo il secondo
figlio.).
Reika non si era più ripresa del tutto dalla scomparsa di Sirius,
nonostante tutti gli sforzi dei suoi amici, e soprattutto di Silvia, che aveva
preso alla lettera la promessa fatta al fratello.
Sophia e il comandante
Fudo si erano finalmente messi insieme, ed ora erano felici genitori di una
bambina.
Lei e Apollo invece, non si erano più separati. Dopo il suo
risveglio ad Atlandia, lui e Silvia erano diventati come una cosa sola, e,
cinque anni dopo si erano sposati.
Poco dopo era nato il loro primogenito,
che avevano chiamato Sirius, in onore del fratello della ragazza. Anche se,
effettivamente, dello zio non aveva niente, se non l’amore per le
rose.
Silvia, si portò una mano sul ventre rigonfio, accarezzandolo
lentamente. Erano due gemelli, ne era sicura già dal momento in cui aveva capito
di essere di nuovo incinta.
Apollo le si avvicinò da dietro, abbracciandola e
posando la testa sulla sua spalla.
“Come stanno i piccoli Baron e
Celiane?”
“Oh, loro bene.”
“E tu?”
Silvia si voltò verso di
lui.
“Io?” sorrise. “Io, benissimo.” Sorrise.
“Ti amo, Silvia. Lo sai,
vero?”
“Anch’io ti amo, Apollo.” Rispose.
Poi, lo baciò.
Alle loro
spalle, una voce di bambino li riportò alla realtà.
“Mamma! Papà! Che schifo,
smettetela!” Poi, aggiunse. “Ahhh. Inguardabili.”
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