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Autore: ClarinetteM    08/03/2013    5 recensioni
C'è una vecchia leggenda che gira al porto. Narra di una donna capace di dominare il vento e si sa, l'idea di vele sempre gonfie fa gola a qualsiasi lupo di mare. Per controllare il suo potere basta catturarla e marchiarla a fuoco: niente di più facile per Bran, il Capitano senza onore.
Ma lei ha una missione da compiere, tre dee assetate di vendetta da accontentare e un destino che travolgerà entrambi.
Dal Cap. 3:
Non fu l’ultimo, rauco ordine della Vecchia a indurre Nora a guardare verso il cortile. Fu un sospiro d’aria fredda che le passò accanto, rapido e nato dal nulla. Furono un grido e il rumore di un corpo che crollava a terra. Un ragazzo che Nora riconobbe senza esitazione alcuna: era la giovane guardia che le aveva offerto da bere dopo il suo primo colloquio con le tre donne, alla festa. Il giovane che, nonostante lei l’avesse degnato a stento di un grazie e di uno sguardo, si era offerto di accompagnarla alle sue stanze.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1

 

Vanità.
Tutto quel che le era rimasto.
La sua vita.
Perfino la luna, enorme contro l’orizzonte d’ebano, sembrava rinfacciargliela. Illuminava la corte tirata a lucido per l’occasione e le carrozze impolverate dalla troppa strada. Illuminava i torrioni e le mura, le guardie armate e l’ingresso sbarrato. Sbarrato anche per lei che presto ne sarebbe stata la regina. Al di là di quei torrioni, di quelle mura, di quell’ingresso, la sua vita non esisteva. Non più.
«Non avete onorato le danze, Principessa.» Una voce ad arrestare l’ondata di ricordi che stava per invaderle la mente. Una voce fin troppo conosciuta.
Con un riflesso che ormai le era divenuto familiare, Nora Ainwen, principessa ed erede dei Reami dell’Ambra, si stampò un sorriso sulle labbra.
«Non vi ho udito arrivare cugino, perdonatemi» e, così dicendo, si volse all’uomo che si stagliava contro la luce della sala proiettando un’ombra scura di fronte a sé, il tono pieno della stessa ironia che le era stata riservata.
«Troppe cose non udite in questi giorni, Nora» la stuzzicò Lorcan. «O non volete udire.» 
Nora non reagì. Prese nuovamente a dare le spalle alla sala in cui si stava festeggiando il suo ventesimo compleanno, insensibile alla musica che guidava le danze.
La serata era piacevolmente calda e il vestito di seta cobalto che le sarte avevano confezionato per l’occasione si lasciava accarezzare da una brezza leggera, richiamando il colore di un paio di occhi persi nell’oscurità.
«Per gli Dei!» Lorcan raggiunse la cugina alla balaustra. La sua voce era poco più di un sussurro: un grido soffocato. «È la tua festa, Nora! Tuo padre andrà su tutte le furie se non ti farai vedere, lo sai» incalzò.
Per tutta risposta Nora si strinse nelle spalle continuando, imperterrita, a scrutare l’orizzonte.
Lorcan sospirò, mentre la sua mano destra andava a raggiungere la spalla di lei e a sfiorarla in una carezza leggera. Lo stemma della Guardia Reale sulla pettorina catturò un raggio di luna per poi rispedirlo indietro, sfuggente.
«Fingi almeno di essere felice» le soffiò in un orecchio.
Non fece nemmeno in tempo a scostarsi che Nora volse di scatto il viso verso il suo, catturandone gli occhi celesti.
«Come se facessi altro.» Un lampo le attraversò lo sguardo e, sollevato un lembo della lunga veste, oltrepassò la soglia del balconcino e rientrò nella sala gremita di gente lasciandosi alle spalle sia il cugino che la notte.
Le piaceva Lorcan. Non come avrebbe dovuto, visto che ben presto si sarebbero sposati, ma le piaceva comunque. Eppure, da qualche giorno non riusciva a sopportare nemmeno lui. Non che fosse mai stata un modello di gentilezza, a dire il vero, ma con il cugino aveva sempre avuto un rapporto speciale, amichevole quasi. Il che, per quella che in tutto il Regno veniva soprannominata la Principessa dell'Aceto, dati i suoi modi "gentili", era già qualcosa.
Una volta dentro, Nora riprese fiato. Alla sua destra cantori e musici intrattenevano gli ospiti guidando le danze, mentre un’enorme tavolata imbandita si intravedeva sul fondo, poco distante da un fuoco improvvisato su cui sfrigolava la carcassa di chissà quale animale.
L’odore della carne semicruda e il caldo opprimente le mozzarono il fiato, tanto che Nora fu costretta a fermarsi e a lasciarsi cadere in un angolo, su un basso sgabello posto accanto a un bacile ricolmo d’acqua.
Entrambi gli oggetti, a ben pensarci, stonavano completamente con il resto dell’arredamento, degno della dimora di un re. Dovevano essere stati dimenticati da qualche vecchio servo, si convinse Nora, non c’era altra spiegazione.
Si chinò sul bacile lasciando che i lunghi capelli neri scivolassero sulle spalle e prese ad ammirare la sua immagine riflessa.
Sorrise, compiaciuta e rincuorata da quanto vedeva. Era bella, non c’era alcun dubbio. Aveva lineamenti così perfetti da sembrare l’opera di un pittore tanto superbo da pretendere di poter ritrarre Afrodite in persona. Il suo incarnato altro non era che candida tela. Le sue labbra avevano rubato il colore a una rosa pallida e in boccio. Gli occhi erano di un blu tanto profondo da confondersi con gli abissi del mare invernale. Senza tempo.
Lentamente, Nora immerse una mano nell’acqua tiepida per poi portarla alla fronte, in cerca di sollievo. Chiuse gli occhi, godendo per un istante della sensazione che i polpastrelli bagnati regalavano alla sua testa che pareva dover scoppiare da un momento all’altro.
Li riaprì.
Sulla superficie dell’acqua, ancora increspata dalla breve intrusione della mano, non era più solo il suo volto a riflettersi: altre due donne si specchiavano racchiudendo la sua immagine tra le loro.
La prima, alla sua destra, sembrava essere uscita da poco dall’infanzia. Non più bambina, non ancora donna. Portava una coroncina di fiori sul capo color sabbia e muoveva le labbra sottili come se stesse canticchiando tra sé. Solo gli occhi rimanevano in ombra, come quelli della sua compagna.
Quest’ultima, alla sinistra di Nora, aveva un viso rotondo e capelli neri intrecciati sulla nuca. Mormorava anche lei.
Nora rimase a fissarle, meravigliata. Doveva essere una lingua diversa dalla sua, quella parlata dalle donne, perché non riusciva, leggendo le loro labbra, a coglierne il significato.
«Chi sie…» Non concluse la sua domanda. Si era voltata per porgerla, ma alle sue spalle non c’era nessuno.
Tornò a guardare nel bacile. Le due donne avevano smesso di mormorare e sorridevano. Sorridevano a lei, non c’era alcun dubbio.
D’istinto, Nora portò entrambe le mani a cingere i bordi dello sgabello quasi infilando le unghie nel legno, come se temesse di cadere da un momento all’altro.
“Auguri, Nora Ainwen.” Un sibilo che risuonò nella sua testa.
Nora fece per girarsi di nuovo, ma un’altra voce, più dolce, le riempì la mente e sovrastò lo strepitare di uomini e donne che ancora la circondavano, incuranti. Non rappresentavano altro che un insignificante brusio di sottofondo. Solo l’arpa che accompagnava le danze continuava a far sentire le sue note in un ritmo quasi ipnotico. Il suono di un sogno.
“È inutile, Nora” le disse la figura dai capelli neri. Muoveva le labbra sulla superficie dell’acqua perfettamente immobile mentre l’altra, la fanciulla, continuava a sorridere.
“Siamo dentro di te” continuò a spiegarle la donna, materna.
Nora scrollò la testa, stordita.
«Fa troppo caldo qui» mormorò a se stessa mentre con le mani stringeva ancora lo sgabello, così tanto che le nocche spiccavano, bianche, sul legno tarlato.
Respirò lentamente, a fondo. Chiuse gli occhi ancora una volta.
Inutile.
Quando tornò a guardare, la donna e la fanciulla la scrutavano con i loro occhi fatti d’ombra.
Nora inclinò il capo da una parte ricambiando i loro sguardi, irritata con se stessa per la sua incapacità di controllare quelle che, dopotutto, erano solo visioni partorite dalla parte più folle e sfinita della sua mente. Tutto qui. Non era impazzita, non poteva essere impazzita. Era solo stanca, nulla di più.
Come avvertendo il suo scetticismo, tuttavia, la fanciulla scosse la testa. Aveva, notò Nora, un’espressione alquanto divertita.
“Tutto avrà fine” tornò a dire la dolce voce della donna.
“Tutto avrà inizio” le fece eco la giovane compagna in una lenta cantilena.
Attorno a Nora regnava il silenzio più assoluto. Perfino il suono dell’arpa sembrava essere svanito nel nulla.
Deglutì a fatica fissando con occhi sbarrati lo specchio d’acqua che le stava di fronte.
Come se una mano invisibile l’avesse toccato, un piccolo cerchio si formò là dove si riflettevano le labbra di Nora per poi muoversi, allargando il proprio diametro, verso i bordi del bacile. Fu solo il primo. L’acqua si mosse ancora e le immagini di Nora e delle due donne si incresparono, distorte.
Nora rimase immobile, incapace di parlare. Quattro luci, intanto, si erano accese nell’acqua, dove gli occhi della donna e della fanciulla uscivano, finalmente, dalla loro ombra. Erano bianchi, senza alcuna traccia d’iride o pupilla, scintillanti come stelle nella notte.
Pian piano anche il riflesso di Nora accennò a riprendere forma.
Un viso affilato incorniciato da una rada capigliatura bianca. Decrepito, tanto che l’acqua pareva ancora increspata, mentre in realtà era tornata immobile. Perfetta.
Nora ricambiò lo sguardo di un paio di occhi infossati, dello stesso blu delle profondità marine.
Liberò lo sgabello dalla stretta della mano destra e portò il riflesso di una mano avvizzita a sfiorare, lieve, un viso disprezzato dal tempo.
Il suo viso.
“Tutto avrà fine” ripeté la Fanciulla.
“Tutto avrà inizio” ribadì la Madre.
Scossa da un brivido, Nora vide le sue labbra riflesse, petali appassiti, schiudersi in un ghigno nero.
«Stanotte.» Il roco gracchiare della Vecchia le ferì la gola. Si portò le mani a coprire la bocca ancora socchiusa, consapevole che quell’ultima parola era stata pronunciata ad alta voce. Dalla sua voce.
Rinati dal nulla, i rumori della festa tornarono a riempire la stanza.
Nora si guardò attorno, come svegliandosi da un sonno profondo e agitato. Nessuno dava segno di aver visto o udito qualcosa di strano. Le danze proseguivano e così il banchetto.
Lasciandosi sfuggire un respiro tremulo, Nora tornò a scrutare nel bacile ricolmo d’acqua. Il suo riflesso la osservava con espressione stravolta.
Ma era lì. Bellissimo e perfetto.
L’opera di un pittore superbo che aveva osato ritrarre una dea.

___

Eccoci qui, alla fine del primo capitolo. Le carte iniziano a scoprirsi e, almeno per il momento, abbiamo messo da parte Bran. Vi anticipo che il pirata tornerà nel prossimo capitolo e che, in generale, alternerò i punti di vista di Bran e Nora (un capitolo a testa). Come penso abbiate capito, rispetto al prologo abbiamo fatto un salto indietro nel tempo, per comprendere come le loro strade si sono incrociate.
Hanno fatto la loro prima comparsa anche quelle tre simpaticone delle dee. Il richiamo alla Tripla Dea Madre è abbastanza ovvio, ma non sarà il solo per quanto le riguarda. Ho intenzione di attingere anche a una mitologia un po' più vicina a noi (vale a dire quella greco-romana)... non vi anticipo altro, se non che tutti i riferimenti che farò sono studiati a tavolino, anche se magari sembrerà che non ci azzecchino un cavolo. Fidatevi, spiegherò strada facendo.
Ho preferito pubblicare già oggi il primo capitolo perché il prologo era breve e ben lontano dall'entrare nel vivo della storia. Gli aggiornamenti non saranno sempre così ravvicinati, ma conto di inserirne almeno uno a settimana. In caso di rallentamenti vi avviserò.

Per concludere, grazie infinite a Netmine e a LoveForHachi che hanno recensito il prologo!

   
 
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