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Autore: Fuyu    15/03/2013    3 recensioni
Una giornata di sole, dopo le tante settimane di pioggia o neve, che si alternavano a seconda dell'umore giornaliero. Erano ormai le 7 del mattino, quando Sanji, stretto nel suo cappotto e nei guanti invernali, contornato di cartella e sigaretta appena accesa, si presentò alla porta di legno della casa Roronoa. La porta venne aperta da un uomo completamente vestito di nero con tanto d'occhiali, viso serio e presenza imponente. L'uomo mosse il volto dal basso all'alto, prima di lasciare campo libero a Sanji. Il biondo si incamminò all'interno della struttura totalmente in legno stile orientale con tanto di laghetto per le carpe. La famiglia Roronoa era tra le più famose e pericolose fazioni di gangster del Giappone. Lo zio di Zoro, succeduto al fratello dopo la morte, era temuto dalle persone più in spicco del momento.
La storia è già tutta scritta quindi ci impiegherò poco a finirla, ma non sarà propriamente tutta rose e fiori.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami, Roronoa Zoro, Sanji, Un po' tutti | Coppie: Rufy/Nami, Sanji/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Yakuza 6

DESTINO AVVERSO

Problemi (quasi) risolti

Il bacio non durò molto, ma per Sanji pareva infinito. Non era il suo primo bacio, però fatto da un uomo sembrava pressoché esilarante. Quando Zoro, finalmente, si staccò dall'altro sospirò come avvilito e sconfitto, nonostante avesse fatto quello che gli diceva l'istinto. Sanji parve riaversi e abbassò lo sguardo, anche se si poteva vedere che era rosso in faccia. Ad ogni modo, oltre al rossore, era anche parecchio arrabbiato e non aspettò a tirare un bello schiaffo a Zoro. Il verde ci rimase, non che il colpo fosse forte, ma per Sanji usare le mani era un infamia e se le aveva usate significava che non ci vedeva più dalla dalla rabbia.

"Riprovaci e sei morto!" esclamò cupo. Zoro sospirò di nuovo e poi massaggiandosi la guancia, sulla quale svettava la manata rossa, si diresse verso casa per la prima volta da solo.

"Sappi che era questo quello che volevo dirti...prima di scoprire tutta quanta la faccenda dell'incidente! In ogni caso credo che non conti nulla, ormai!" spiegò con rammarico. Sanji strinse le mani a pugno e voltò la testa dalla parte opposta a quella dell'altro. "Se continui così ti farai male sul serio, se non erro le mani sono un tesoro per un cuoco" a quella frase Sanji spalancò gli occhi, gli veniva quasi da piangere, però non si sarebbe mai mostrato debole davanti a lui.

"Non sono affari tuoi! Comunque hai ragione, non conta nulla!" proclamò scostandosi dal muro e cominciando a camminare verso casa per cambiarsi e andare a lavorare. 




Usop, quella sera, rimase a pensare a l'ultima conversazione, avvenuta a scuola, tra lui e Kaia. Certo si era preparato all'idea che lei partisse, ma non così presto.

"Mi dispiace Usop, non volevo che finisse così!"

"Non è colpa tua! Solo mi ha un po' sorpreso, è successo tutto così in fretta, e il sapere che partirai tra sole due settimane non mi aiuta!"

"Lo posso comprendere, Infondo stiamo insieme solo da un anno! Però guarda il lato positivo, domani e St. Valentino, almeno quello possiamo festeggiarlo insieme!"

"Si, però"

"Usop, credimi, non volevo partire adesso, ma mia madre non vede l'ora che io faccia l'operazione, figurati che voleva partire ieri, è già un miracolo che sia riuscita a fargli rinviare la partenza per gli esami del terzo trimestre!" spiegò Kaia ad Usop.

"Questo lo capisco, ma l'anno finirà solo tra quattro mesi, come farai!?" chiese apprensivo.

"Come ti ho accennato al telefono. Il collegio è ottimo e per quanto riguarda finire l'anno, mi basterà sostenere un esame dopo l'operazione" aveva detto d'un fiato. "Scusami!"  

Il ragazzo c'era rimasto di stucco, non sapeva che fare, e meno ancora non sapeva cosa avrebbe fatto dopo che Kaia fosse partita. Proprio in quel momento suonò il campanello di casa e non passò nemmeno un minuto che il padre chiamò il figlio. Fuori dalla porta, in piedi, dietro al padre di Usop, si trovava un Rufy alquanto depresso.
Non era mai successo che Rufy fosse depresso, neanche la ben che minima catastrofe mondiale riusciva a farlo vacillare, ma probabilmente Nami era peggio di una catastrofe. Ad ogni modo Usop lo fece accomodare in cucina, mentre il padre di questo si decise a fare un po' di the, nonostante fosse quasi ora di cena.

"Suvvia ragazzi un po' su di morale! Domani è la festa degli innamorati, non sta bene tenere il muso!" parlò Yasop accendendo la fiamma sotto il pentolino. Rufy era praticamente disteso con mezzo busto sul tavolo, mentre Usop non guardava mai davanti a se. A Yasop pareva di essere tornato indietro nel tempo, quando anche lui e Shanks se la passavano male. Certo a pensarci adesso si poteva ridere su tutto quello che avevano passato, ma loro si erano riavuti grazie allo zio di Ace e Rufy, il quale, se possibile, stava anche peggio di Rufy e Usop per colpa di Marco. In effetti Roger era perfetto come psichiatra, peccato che i due nipoti non valessero niente. Infatti, anche Ace, in quel momento non se la stava passando liscia. Marco stava facendo la valigia, anche se la partenza non era molto vicina, ed Ace pareva un bambino corrucciato perché la mamma non gli dava il dolce.

"Suvvia Ace, sono solo quattro anni!" protestò Marco chiudendo la prima valigia.

"Solo, e tu credi che sia un tempo corto! Ma ci pensi alle cosa prima di farle!?" chiese arrabbiato.

"Perché tu lo fai?!" domandò l'altro scettico.

"Non è questo il punto!" esclamò risoluto cambiando discorso.

"Invece il punto è proprio questo. Ascolta io vado la per imparare pediatria, non per spassarmela, sta tranquillo non ti tradirò se è a questo che pensi!" proclamò spostando la valigia vicino all'ingresso di casa sua. Marco abitava in un condomino non lontano dall'asilo di barba bianca. Ace ci passava quasi tutto il suo tempo, nonostante come vicino ci fosse Kid con Law che lo veniva a trovare come Ace con Marco.

"Mi telefonerai!?" chiese imbronciato

"Ogni notte!" rispose baciandolo. Ace rise felice e poi lo trascinò in camera da letto.




Sanji, era tornato da almeno qualche ora dal lavoro alla pasticceria, dove aveva litigato con Jin, perché questi si ostinava a dirgli che aveva sbagliato tutto con Zoro. Cosa ne voleva sapere lui di come era stato sentirsi dire, che i suoi genitori erano stati uccisi da quelli di Zoro, il suo amico d'infanzia. Certo era che, starsene sdraiato sul letto, a fissare un soffitto crema e giocare con il diario di Roronoa, non aiutava a risolvere la situazione.

"Posso!?" domandò Zef. Il ristorante era ancora aperto, per la cena, ma qualche minuto per parlare con suo nipote ce l'aveva, sebbene anche Sanji dovesse lavorare con lui. Il biondo alzò la testa per vedere il nonno che entrava con due tazze in mano. Latte e caffè erano la miglior cura contro le depressioni e suo nonno lo sapeva bene.

"Prego!" rispose Sanji mettendosi seduto sul letto. "Grazie!" disse poi bevendo un po'.

"Hai davvero intenzione di venirmi dietro!?" chiese serio. Sanji annuì allontanando la tazza da se e poggiarla sul comodino.

"Non parto per via di Zoro, già da tempo avevo in mente di fare quel corso e tu lo sai!" fece presente il biondo. Sanji non aveva ancora avvisato, ne Zoro, ne gli altri della sua decisione, però già dall'inizio di quell'ultimo anno aveva cominciato a prendere in considerazione un trasferimento con suo nonno alla volta della Francia per un corso di cucina. "Quello che è accaduto con Zoro mi ha fotto solo prendere una decisione.

"La decisione è tua, ad ogni modo intendo lasciarlo così, senza dirglielo. E gli altri, che farai!?" chiese alquanto deluso dal comportamento del nipote. Poteva comprendere il dolore per la scoperta, ma che almeno facesse meno lo stupido. Poi il suo sguardo andò al taquino nero lasciato cadere sul letto da Sanji mentre ci giocava "L'hai letto!?" chiese Zef. Il nipote fissò il taquino nero, pareva sprofondare nella disperazione ogni volta che lo guardava e quindi distoglieva sempre lo sguardo.

"No, e non ne ho l'intenzione! Domani lo ridarò al marimo" proclamò. Zef lo prese in mano e, appoggiata la tazza sul comodino di Sanji, cominciò a sfogliarlo. Per lo più erano i vari lavori e contatti del padre di Zoro e anche i soldi di entrata e uscita del clan, ma nelle ultime pagine scritte si poteva leggere dell'incidente e tutto quello che ne seguiva. Il cuoco lesse con molto dolore quelli che erano stati gli ultimi momenti della sua adorata bambina, ma il fatto che non fosse stata sola a lungo lo rasserenava in qualche modo. Alla fine dell'ultima pagina scritta c'era una nota che indicava di andare in fondo al diario. Sanji guardò suo nonno sfogliare le pagine fino a capovolgere il diario stesso e tornare a leggere. Non aveva visto uno sguardo tanto triste sul volto di suo nonno, neanche dopo la morte di sua madre aveva mostrato quel dolore. "Ozi-san!?" chiamò Sanji. Zef non rispose, ma alzando lo sguardo si pote vedere una lacrima solitaria scendere dagli occhi stanchi di Zef. Il biondino non si capacitò di quello che vedeva e quando il nonno gli porse il taquino lui lo prese cominciando a leggere le poche righe che erano impresse nelle ultime pagine dello stesso.

"Qui di seguito sono riportate le mie scuse verso la bambina che io ho lasciato sola. Zoro, se mai troverai la bambina, fagliele leggere!"

"Mi dispiace, non so se sono in grado di dire altro. Non penso nemmeno di avere il diritto di scusarmi con qualcuno a qui ho levato tutto. So quanto può essere difficile vivere senza genitori ne ho l'esperienza, ma non basta certo questo a redimermi per ciò che ho fatto. Mia moglie continua a dirmi che è stato un incidente e, anche non fosse, la colpa sarebbe di tutti e due. Ad ogni modo sono desolato per tutto. Non posso sapere se mio figlio ti troverà un giorno, ne posso essere a conoscenza di quanti anni tu possa avere quando leggerai queste righe, ma sappi che sono conscio del dolore che provi o che hai provato. Avrei voluto scusarmi di persona e ridarti il mestolo, ma non mi è concesso, spero che tu riesca a perdonarmi nonostante tutto e, ad ogni modo, vorrei dirti una frase che mio padre mi disse quando morì mia madre: La nostra qualità più autentica è la capacità di creare, di superare, di sopportare, di trasformare, di amare e di essere più grandi della nostra sofferenza. (Ben Okri).

Sanji si sentì male dopo averlo letto. Certo, dopo il racconto di Zoro, aveva capito che si era trattato solo di uno stupido incidente, ma non era riuscito a sopportare la verità. Doveva dare la colpa a qualcuno, qualcuno che non fosse lui. Aveva il bisogno di arrabbiarsi e prendersela con Zoro era più facile di qualunque altra soluzione.

"I...io non...!"

"Perché ti sei arrabbiato con Roronoa! Cosa centra lui?!" chiese Zef. Sebbene avesse saputo la verità su sua figlia e suo genero, non riusciva ad odiare il clan Roronoa, forse perché avevano sofferto anche loro per la tragedia, o più semplicemente, perché non voleva ricordare il dolore, ma non capiva l accanimento del nipote contro l'amico.

"Perché...lui ha...!" si fermò il biondo. Giusto lui cosa aveva fatto, Zoro aveva quattro anni quando si suoi genitori erano morti, la sua stessa età. Lo aveva colpevolizzato prima ancora di chiarire.

"Prima che sia troppo tardi, sarà il caso che tu gli parli! Della tua decisione e tutto il resto!" Sanji annuì, e si convinse che l'indomani avrebbe dovuto anche rispondere a Zoro riguardo al bacio che c'era stato quel pomeriggio. Già il bacio, non che gli fosse dispiaciuto in fondo, anzi, ma la tentazione era troppa.

"Ozi-chan!" chiamò il nipote prima che Zef uscisse dalla porta con la sua tazza in mano. "Lo sai che il marimo non voleva parlarmi dell'incidente, ma di tutt'altra cosa!?" spiegò quasi ridendo.

"E di cosa?!" chiese stupito Zef vedendo il solito sorriso strafottente nel viso del nipote. Sorriso, che tra l'altro, gli ricordava la figlia.

"Beh, diciamo che oggi pomeriggio mi ha baciato davanti a casa sua!" disse sorridendo peggio di un gatto. Il cuoco fece cadere il vassoio con la tazza, mandandola in frantumi

"COSA HA FATTO?.......Quel,... quel.....quello YAKUZA DA QUATTRO SOLDI, MA IO LO AMMAZZO...LO......!" urlò prima di vedere il nipote completamente spaesato che lo fissava con occhi fuori dalle orbite. Non aveva mai visto suo nonno arrabbiato nero. "Scusa, ho fatto troppo! Ad ogni modo vedi di pensarci bene su questo, ok!" proclamò uscendo dalla camera per prendere la scopa, continuando ad imprecare contro il verde. Intanto a casa Roronoa, durante la cena, Zoro starnutì senza la ben che minima ragione.

"Zoro, tutto bene!?" chiese lo zio Koshiro, mentre tutta la banda era pronta con cento fazzoletti attorno al loro bocchan.

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No, non è l'ultimo capitolo, il prossimo sarà l'ultimo. Chissà perché tutte le volte mi tocca tagliare a metà la fine, perché troppo lunga. Pazienza scusate. Godetevelo e buona lettura, alla prossima, spero con l'ultimo capitolo.


   
 
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