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Autore: Trick    04/04/2013    4 recensioni
«Il mondo non è diviso in brava gente e Mangiamorte».
Raccolta di drabble, flash-fic e one-shot di mediocre pretesa spudoratamente a caso.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Drabble estratte a caso dai prompt di Ferao – alla quale in effetti dedico ognuna di esse (in particolare la flash fic su Percy e Tonks).


*
Ever failed. No matter. Try again. Fail again. Fail better. (Samuel Beckett)
Frank Longbottom
126 parole

Il dolore è un mostro che non si è mai addestrati a sconfiggere del tutto. Lo sa bene Frank, che di mostri e orrori da sconfiggere è un grande esperto. Ci prova fino a consumare l'ultimo respiro, fino a quando non gli si spezzano le tibie e non crolla sulle ginocchia in una pozzanghera di melma, e poi lo sente, lo sente che ride, lo spezza, lo morde, finché di lui non rimane che la corazza vuota di un soldato sconfitto.
È l'umiliazione che lo deride e risale la sua gola ed esplode nelle sue orecchie – proprio là, dannazione, là dove sta già morendo Alice.
Frank prova a rialzarsi, ma il pavimento è troppo vicino.
Cade.
Ritenta, Frank.
Cade.
Buon Dio, Frank, ritenta.
Cade.

*
The High Kings – Red is the Rose
Bill/Fleur
117 parole

«Non».
Il suo tono è secco come lo schiocco di una frusta. Ha una voce flautata, Fleur, una di quelle voci melodiose che non dovrebbero nemmeno esistere. Non è umana, lei, non fa parte del mondo di Bill – eppure a volte sembra davvero tutto il suo mondo.
«È troppo pericoloso».
«Non lascerò te partir solo. Non ho lasciato te in questa guerre prima e non lascerò te adesso».
Lui tace, ma nel suo petto infuria una tempesta.
Le dita delicate di Fleur sfiorano le cicatrici sul suo volto – e c'è una tempesta anche nei suoi occhi celesti, c'è davvero tutto il mondo di Bill lì dentro.
«Tu sei la strada che ho scelto, mon amour».


*
A man of genius makes no mistakes, his errors are volitional and are the portals of discovery. (James Joyce)
Percy Weasley, Ninfadora Tonks
375 parole

È talmente attento a non farsi scivolare le pile di documenti dalle braccia che quasi non si accorge di lei. Si sposta a destra per farle spazio nell'ascensore del Ministero senza vederla sul serio, ma quel giorno i suoi capelli sono blu elettrico – da qualche parte doveva esistere una norma che li proibisse, santo cielo – e perfino la stoica concentrazione di Percy vacilla.
Si ricorda bene di lei.
Charlie non faceva che angosciarsi a causa della sua bravura come Cacciatrice.
Per le braghe di Merlino, odio giocare contro Tassorosso!” sbraitava in continuazione. Percy non lo ha dimenticato. «Quella dannata di Tonks è un demonio. Accidenti a lei, è una fortuna per noi che il loro Cercatore faccia schifo».
A Percy non è mai interessato il Quidditch quanto ai suoi fratelli. È uno dei tanti dettagli che non ha dimenticato e che continua a tormentarlo ogni notte. Il monolocale nel quale si è trasferito è silenzioso – un balsamo per le sue orecchie, ma sta diventando più insopportabile di giorno in giorno.
Tonks indossa la divisa degli Auror. Il berretto è un po' troppo storto sul capo e le stringhe dei suoi scarponi sono slacciati. Gli rivolge uno sguardo curioso e schiocca la lingua.
«Percy Weasley, eh?».
La sua voce trillante è fastidiosa – a Percy piace troppo il silenzio. Vorrebbe ignorarla, ma il suo collo si muove d'istinto e annuisce sfuggente.
«La tua famiglia sta bene».
«Non è più la mia famiglia».
È difficile scandirlo con forza quando la lingua trema così tanto. Lei sorride tristemente e scuote appena il capo.
«Quando capirai di esserti sbagliato non aver paura di tornare a casa».
Non mi interessa” vorrebbe gridarle. “Chiudi la bocca, tu non sai nulla. Tu non sei nessuno”.
Eppure tace.
«Non smetteranno di aspettare il tuo ritorno».
Percy continua a tacere. Quando le porte dell'ascensore si aprono sul piano del Quartier Generale degli Auror, Tonks solleva distratta una mano in segno di saluto e gli lancia un occhiolino di intesa. Lui inspira profondamente e caccia tutte quelle idiozie in un angolo della sua testa.
Quella notte non riesce a dormire.
C'è troppo silenzio.


*
A thing is not necessarily true because a man dies for it. (Oscar Wilde)
Rufus Scrimgeous
166 parole

Che rumore fa un castello di carte che crolla?
Rufus non ne ha idea – sono anni che non gioca con le carte – ma sa che rumore fa una vita che si spezza. È secca, è brutale, è impietosa... la morte non ha eco. Ed ora è lì, sulle soglie del suo ufficio, strizzata in un corpetto nero mentre lo fissa con gli occhiacci invasati di Bellatrix Lestrange.
Che rumore fa il sistema nervoso di un uomo che cede?
Questo lo sa eccome, invece. Suona un po' come suona la morte, ma ti lascia addosso il puzzo della sconfitta. E tu lo lavi, lo lavi e lo rilavi, ma quello resta sulla tua pelle fin quando non puzzi abbastanza da poter finalmente morire in pace.
«Buonasera, Signor Ministro».
Che rumore fa la morte che si fa beffa di te?
Credevi di saperlo, ma poi è arrivata anche da te e ti ha aperto gli occhi – ed eri fatto solo di sbagli, rimpianti, ricordi di tempi perduti e di corse a piedi nudi per le brughiere scozzesi.
La verità è già stesa davanti a te.
Non fa alcun rumore.
   
 
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