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Autore: Montana    09/05/2013    1 recensioni
Kalòs kaì agathòs. Letteralmente, “bello e buono”.
Una delle prime cose che insegnano al Liceo Classico è questa, la teoria del bello e buono che gli antichi Greci avevano tanto a cuore.
Il tutto è riconducibile nelle due parole greche καλὸς κἀγαθός, la kalokagathia. I miti greci ne sono pieni.
Nell’Iliade tutti danno ragione ad Achille perché è bello e buono, e picchiano Tersite perché è brutto, zoppo e storpio.
Nonostante tutto, anche al giorno d’oggi è rimasta nel nostro subconscio la convinzione che se una persona è bella esternamente dev’esserlo anche all’interno.
A questo Zoe non credeva affatto.
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Ritornando alla sua posizione vegetativa iniziale, Marco registrò il pensiero che doveva chiederle cos’avesse contro la kalokagathia.
Avevano quattordici anni, e quella fu solo la prima volta che le vite di Zoe e Marco si scontravano bruscamente.
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"Quando due forze così grandi si scontrano non possono non lasciare segni su ciò che le circonda, Léon."
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Marco, ragazzo normale, vita normale, amici normali, fino al Liceo.
Léon, padre francese, famiglia rovinata, riflessivo e protettivo.
Zoe, genitori francesi, un passato misterioso, un segreto che non ha mai detto a nessuno.
Destinati ad incontrarsi, destinati a cambiarsi le vite.
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le loro vite con Zoe'
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La nostra vita con Zoe

17. Vacanze Romane

 
Come promesso, non ne parlarono più.
Continuarono le loro vite come se non fosse mai successo niente, come se Cosimo non fosse mai emerso dalla sabbia dei segreti di Zoe.
Léon non disse niente a Marco di cip che Zoe aveva lasciato trasparire quella sera, si limitò ad aiutare l’amico nei suoi strani piani per la conquista della ragazza, che andavano dal far colazione assieme ogni mercoledì allo studiare assieme per ogni interrogazione e verifica. Ciò aveva sicuramente portato ad un netto miglioramento dell’andamento scolastico di Marco, ma a niente di più.
Zoe, ignara della frustrazione del ragazzo, continuava a comportarsi come se nulla fosse, gli aveva anche promesso che sarebbe stata seduta vicino a lui nelle sei ore di pullman che li avrebbero portati a Roma per la grande gita. L’evento dell’anno, come lo chiamavano in molti.
Purtroppo per Léon, la classe di Giulia non avrebbe fatto la loro stessa gita: sarebbe stata solo la loro classe, e la fortuna li aveva assistiti ulteriormente accompagnandoli a due dei prof più incapaci e buoni.
“Sarà un disastro.” pensò Zoe la mattina della partenza, mente più addormentata che mai cercava di farsi una treccia. Aveva già sentito molti compagni parlare di alcolici, fumo e chissà cos’altro.
“Sarò anche noiosa e antipatica, ma non ho intenzione di fare uso né abuso di cose simili.” aggiunse, rinunciando al progetto treccia; il sonno era tanto e la concentrazione molto poca. I capelli sciolti sarebbero andati benissimo, per un viaggio di sei ore in pullman.
«Zoe? Sei pronta? Guarda che il pullman non aspetta te!» la chiamò Fed da sotto.
«Fed, quando capirai che nonostante tutto io arrivo sempre in orario, anzi, sono sempre tra i primi?» le rispose lei, tra una risata e uno sbadiglio, trascinando la valigia già dalle scale.
Fed le sorrise e l’aiutò a caricare il bagaglio in macchina.
«Come mai hai i capelli sciolti? Troppo stanca per farti una treccia?»
«Non ne hai idea... Dovrebbe essere illegale partire prima delle sei e mezza di mattina!»
«Dai su, almeno arriverete per pranzo. E potrai dormire un po’ in pullman, se pensi di riuscirci!»
«Con quelle belve che mi ritrovo per compagni di classe? Sei troppo ottimista, Fed.»
Rimasero un po’ in silenzio, Zoe guardava il cielo ancora grigio fuori dal finestrino sperando che a Roma il tempo fosse migliore.
«A proposito di compagni... mi raccomando, non fare idiozie.»
Zoe alzò la testa «Di che genere?»
«Zoe, ho avuto sedici anni anch’io, e sono stata anch’io in gita scolastica. Quindi sai benissimo di cosa sto parlando, o no?»
Zoe si girò faticosamente verso la madre con un sorrisetto stanco «Fed, davvero, non preoccuparti. Mi conosci, non farei mai niente di pericoloso. Soprattutto visto che adesso sto meglio. Che senso avrebbe farsi del male così stupidamente?»
Fed sospirò un po’ più tranquilla «Hai ragione, sei responsabile. E poi i tuoi amici non mi sembrano amanti degli stravizi!»
Nel frattempo erano arrivate al punto di ritrovo dove, a sostegno della tesi di Zoe, c’era ancora ben poca gente. C’era Léon, con la faccia di chi la notte ha dormito sì e no due ore, e lì accanto c’era Adele che sorrideva allo schermo del cellulare. Il caro Eugenio Filippo, per gli amici Filippo, era riuscito alla fine a conquistare il cuore della ragazza.
Fed aiutò la figlia a mettere la valigia nel pullman, salutò i professori e i ragazzi, si raccomandò un’ultima volta con Zoe e se ne andò.
«Buongiorno, cari. Léon, quanto hai dormito stanotte?»
«All’incirca due ore. Anzi, un’ora e mezzo. Per fortuna che adesso abbiamo sei ore per recuperare! Adele, avrei intenzione di dormire sulla tua spalla...»
«Tu e i tuoi seicento chili a peso morto sulla mia povera spalla? Non pensarci neanche. Chiedo asilo politico a Zoe!»
«No, Zoe sta vicino a Marco.»
«Se arriva...» aggiunse la ragazza.
«Oh, non si lascerebbe mai sfuggire un’occasione simile.» mormorò Léon, beccandosi una gomitata nelle costole da Adele.
Come previsto, il ragazzo arrivò pochi minuti dopo e rivendicò il suo diritto di precedenza sul posto vicino a Zoe.
«Speravo avessi cambiato idea durante la notte... Ci sto io vicino al finestrino!» esclamò lei, vedendo che la prof stava facendo salire tutti. Zoe aveva sempre considerato quello vicino al finestrino il posto più comodo, secondo solo a quello centrale in fondo. Anche Marco la pensava così, normalmente avrebbe ucciso pur di sedersi lì.
Ma per Zoe, questo ed altro.
«Ciao pero, come stai?» gli chiese infatti Léon, aiutandolo a mettere dentro la valigia.
«Non chiamarmi pero! Posso ribellarmi quando voglio! Solo che non capirebbe...»
«No, infatti, nessuno di noi sa quanto tu detesti stare nel posto vicino al corridoio...»
Marco non rispose, non lo guardò neanche male. Léon la prese come un’ammissione di colpa e cominciò a canticchiare «Pero, pero, sei un pero...» finché non furono sull’autobus.
«Chi è un pero?» chiese Adele.
«Marco!»
«E perché?» aggiunse Zoe.
Léon e Adele trattennero a stento una risata, Marco sospirò e disse «Perché ho sonno e non mi reggo in piedi, e ho fatto cadere tre volte la valigia prima che questo valoroso cavaliere mi desse una mano.»
«Oh, povero marco! Anch’io ho sonno, vieni qui e dormiamo un po’.»
Quando tutti furono seduti, finalmente i prof fecero l’appello e poi partirono. I loro compagni però facevano troppo rumore perché Zoe e marco riuscissero a dormire «Che due coglioni. Ascoltiamo un po’ di musica, valà.» sbottò la ragazza.
Sapendo che non sarebbe mai stata d’accordo con la sua scelta musicale, Marco le passò direttamente l’iPod. Ciò non le impedì di lamentarsi comunque, ma almeno trovò quasi subito una canzone di suo gradimento.
«Ligabue? Non credevo ti piacesse...» esclamò lui, sentendo nelle orecchie le prime note di Certe Notti.
«Beh, non mi piace, mi piace solo questa. Ogni tanto Fed impazzisce, la mette su a tutto volume e la cantiamo a squarciagola. Dice che le ricorda i bei vecchi tempi, allora le do retta.»
Spalla contro spalla, testa contro testa, i due ragazzi cominciarono a canticchiare a mezza voce la canzone.
Quasi non se ne accorsero, cullati dal pullman, che quella era finita...
 
Léon aveva mentito. Non aveva dormito un’ora e mezza, aveva dormito a malapena un’ora.
Aveva parlato al telefono con Giulia tutta la notte, dato che non si sarebbero visti per tre giorni e lei non poteva andare a salutarlo alla partenza. Avrebbe voluto riposarsi in pullman, aveva anche trovato una posizione relativamente comoda appoggiando la testa al finestrino, per quanto quello fosse freddo. Bastava solo rilassarsi un attimo e...
«Léon! Léon! Svegliati!»
Adele non era come Zoe. Se Zoe cominciava a scuoterti, l’effetto era pressoché nullo, il fastidio era quello di un moscerino.
Se invece era Adele a scuoterti, facendoti oltretutto sbattere ripetutamente la testa contro un vetro, l’effetto era molto e molto fastidioso.
«Cosa cazzo vuoi?» biascicò aprendo un occhio.
«Ecco un chiaro esempio di francesismo...» lo canzonò lei.
«Adele, ho dormito meno di un’ora stanotte. Voglio riposarmi, e invece tu cominci a scuotermi come se mancassero cinque minuti all’Apocalisse. Perciò sarà meglio che sia davvero così, altrimenti non assisteremo alla fine del mondo ma alla tua.» rispose lui, seccato.
Adele fece un sorrisetto «Non so se equivalga all’Apocalisse, ma di sicuro è degna di nota!» disse, spostandosi in modo che Léon potesse vedere l’altra metà di pullman.
Nei sedili dall’altra parte di corridoio, Zoe e Marco dormivano. Metà della classe lo stava facendo, anche Léon avrebbe voluto farlo.
Ma loro due stavano dormendo quasi abbracciati. Gli auricolari erano scivolati, emettevano ancora un flebile suono che però non li disturbava affatto. Zoe aveva appoggiato la testa alla spalla di Marco, la sua invece era inclinata dall’altra parte; le braccia erano incrociate, in una sorta di mezzo abbraccio che doveva essere in realtà piuttosto scomodo, ma di quello se ne sarebbero accorti solo al risveglio.
«Non sono una delle cose più adorabili del mondo?» sussurrò Adele.
Léon sorrise «Sì, è vero. Come vorrei che fossero sempre così, anziché far finta di non capirsi...» aggiunse.
Adele sospirò «Lo vorrei anch’io. Ma sono due coglioni. Lei soprattutto, perché non credo davvero che non se ne sia accorta!»
«Ah, quindi lei...?!»
«Léon, sii serio. Siete i suoi migliori amici, no? Ti sembra che vi tratti nello stesso modo?» chiese Adele, con tono ironico.
«No, sembra che tratti meglio me. Ma lo so che fa apposta, anche se non so perché lo faccia. O forse c’entra la sua vecchia storia...»
Adele si fece immediatamente più attenta «Quella storia? Te l’ha raccontata?»
«Sì, qualche sera fa. Abbiamo incontrato quel ragazzo, Cosimo, che ha cominciato ad insultarla, e alla fine l’ho convinta a dirmi cos’era successo. Però non capisco perché non si lasci andare con marco, insomma, non può avere ancora paura di quelle crisi di panico...»
Sul viso di Adele passò per un secondo un’espressione indecifrabile «No, non credo sia per quello. Dormi, dai. Se dovessero esserci sviluppi interessanti, provvederò a svegliarti.» disse, risedendosi bene.
 
Se si esprime un desiderio lanciando una monetina nella Fontana di Trevi, la leggenda vuole che quello si avvererà.
Marco generalmente non credeva a queste cose, ma mentre sorrideva all’obiettivo della macchina fotografica di Zoe in mano ad un passante che immortalava loro quattro che lanciavano centesimi in acqua, pensò che ci avrebbe volentieri lanciato l’intero portafoglio se ciò avesse potuto aiutarlo.
Si stava ancora mentalmente insultando per essersi reso conto che Zoe gli si era addormentata addosso quando ormai era troppo tardi, ovvero quando si erano già svegliati. Oltretutto aveva ancora un braccio indolenzito, quello che aveva inconsapevolmente retto il peso della ragazza per tutto il viaggio, quello a cui lei continuava ad aggrapparsi ogni volta che voleva fargli vedere qualcosa.
«Zoe, va bene che la sensibilità rimasta a questo braccio è ben poca, ma tra un po’ me lo stacchi...» disse, cercando di liberarsi dalla sua presa.
Lei però non demordeva «Guarda che bella questa foto! Sono venuta bene persino io!» esclamò, sventolandogli sotto il naso la macchina fotografica.
La foto era effettivamente molto bella. Stavano tutti e quattro lanciando la moneta nella fontana; Léon spiccava nell’angolo con la sua maglia a righe bianche e verdi, accecato dal sole e colto a metà della risata; Adele, al suo fianco, era l’unica abbastanza seria, anche se l’auricolare dell’iPod che le passava davanti al naso sminuiva un poco la sua serietà; al suo fianco c’era Zoe, colta all’apice della risata, con gli occhi chiusi e la testa piegata all’indietro. Sulla sua maglia spiccava una bandiera inglese, coordinata con la felpa di Marco, che chiudeva la fila sorridendo, con un braccio attorno al collo di Zoe.
Marco sorrise «È molto bella. La metterai nella cornice?»
Per Natale, Adele le aveva regalato una bella cornice, grande come metà parete e con lo skyline di Londra attorno, e Zoe la stava pian piano riempiendo di foto.
«Se in questi tre giorni non ne faremo di più belle, di sicuro.»
«Per fare delle belle foto non dovresti esserci tu, Zoe!» s’intromise Adele.
«Simpatica eh...»
«Ma no, intendevo dire che le foto sono più belle quando le fai tu, riesci a far venire bene tutti!»
Zoe arrossì un poco, come sempre quando le facevano un complimenti.
«Perché, Zoe fa delle belle foto?» chiese Léon, affiancandosi agli amici.
«Niente di speciale!» si schernì la francese «Ho fatto un corso, mi hanno regalato la macchina e mi piace fare le foto!»
«Sono molto belle! Tutte quelle che ha nella cornice le ha fatte lei!» continuò imperterrita Adele, che evidentemente trovava molto divertente il progressivo arrossire dell’amica.
«Veramente? Allora da questo momento ti proclamiamo fotografa ufficiale della gita!» esclamò Marco, mettendo al collo dell’amica la macchina fotografica con aria solenne.
Zoe sorrise, arrossendo ulteriormente «A Roma c’è troppa roba da fotografare, non so mica se avrò tempo da dedicarvi!»
«Beh, potremmo farle stasera in camera, a meno che non vogliate darvi all’alcol come progettano gli altri.» disse Léon, indicando i compagni.
«No, grazie. Ho detto no all’alcol, e sì al dormire. O allo stare con voi, se volete le foto.» rispose Zoe, scattandone una ad una statua lì vicina.
«Allora, stasera foto! Adesso però ci conviene sbrigarci, se non vogliamo perderci per Roma...»
 
Zoe e Adele, dopo una lauta cenetta al ristorante dell’albergo (pasta molto scotta e carne molto dura, che Zoe era stata costretta a mangiare dato che gli amici si preoccupavano ancora per la sua alimentazione), erano in camera ad aspettare i due amici. Avevano deciso di stare da loro perché la loro stanza aveva il balcone ed era abbastanza lontana dalle stanze dei professori. Per ammazzare il tempo nell’attesa, si stavano dilettando nel cantare Whitney Houston.
O meglio, a martoriare Whitney Houston.
Facevano così tanta confusione, tra improbabili gorgheggi e scoppi di risa, che si accorsero che c’era qualcuno alla porta solo quando questo qualcuno cominciò a bussare così forte da far tremare le pareti.
Zoe andò ad aprire, convinta di trovarsi davanti Marco e Léon, e invece si trovò davanti tutti i maschi della classe, ognuno con una bottiglia di birra in mano.
«Cosa ci fate voi qui?» chiese, un po’ scocciata.
«Cerchiamo Alessandra.» rispose Francesco «Non è camera sua, questa?»
«Evidentemente no. È quella sopra questa.» disse Zoe, sempre più scocciata.
«Ah. Perfetto, grazie Blanchard!» rispose il ragazzo, facendo dietrofront assieme a tutti gli altri.
Zoe chiuse la porta «Bene. Ci danno buca per un birra party. E se quell’idiota mi chiama ancora per cognome giuro che...»
La minaccia di Zoe fu interrotta da un nuovo bussare alla porta.
Adele sorrise «Come sei sempre pessimista! Vedi che sono tornati?» prese in giro l’amica, e aprì la porta. Fu letteralmente travolta dagli stessi maschi di prima, con le stesse bottiglie, che entrarono nella stanza al grido di “Stanno arrivando i prof, nascondeteci!”
Non arrivò nessuno, ma i ragazzi cominciarono a girare per la stanza finché qualcuno non gridò «Ehi, ma anche qui c’è il balcone!»
In meno di cinque minuti, Adele e Zoe si trovarono espropriate della loro camera, usata come base per il birra party.
«Aspettate, c’è un birra party in camera nostra, e non siamo state invitate?» chiese Zoe, sempre più arrabbiata.
«Esatto!» le rispose Paolo.
Adele prese in mano la situazione «Zoe, vai a prendere un po’ d’aria, prima che tu uccida qualcuno.»
La francese sbuffò, sibilò qualche parolaccia nella sua lingua madre e si chiuse in bagno. Da lì, uscì dalla finestra, andò sulla scala antincendio e salì.
 
Marco non vedeva l’ora che tutti organizzassero i loro affari in quel dannato birra party per potersi finalmente rilassare con Léon, Adele e Zoe.
C’era così tanta confusione in camera che si accorse dell’assenza di Zoe solo dopo quasi un quarto d’ora. Preso dal panico, abbandonò le sue bottiglie dove capitava e cercò Adele «Adele! Dov’è Zoe?!»
«Era incazzata, l’ho mandata a prendere un po’ d’aria ma si è chiusa in bagno. Anche voi, potevate evitare di unirvi a questa banda di idioti!!»
«Non l’abbiamo fatto, infatti! Servivano più braccia per portare le birre! Trova Léon, andate in camera nostra; io e Zoe arriviamo tra poco!»
Bussò alla porta del bagno, ma Zoe non rispose «Zoe, sono Marco. Dai, apri, dobbiamo andare con Adele e Léon!» disse, alla porta chiusa.
Zoe continuava ad ignorarlo, lui si appoggiò alla porta e quella si aprì, mostrando il bagno vuoto. E la finestra aperta.
«Oh, santo cielo. Dov’è andata?! Zoe!» esclamò Marco, affacciandosi alla finestra; la scala antincendio passava proprio lì davanti, capì subito che Zoe era salita lì e andata chissà dove. Gli sfuggì un gemito, non amava tanto i posti alti e non molto protetti, ma quello era l’unico modo per far tornare la ragazza. Quindi prese un respiro profondo e scavalcò il davanzale, poi salì sulla scala.
«Zoe!» chiamò, ma lei non rispose «Zoe! Vieni giù, cazzo!»
«Vieni su tu.» si sentì rispondere, da molto più in alto.
Maledicendo mentalmente la ragazza, il suo caratteraccio e il debole che lui aveva per entrambi, Marco salì ben due piani di scale prima di trovarla, in mezze maniche, appoggiata alla ringhiera.
«Non hai freddo?» le chiese. Lei, che si era girata verso di lui, fece una strana faccia e non rispose.
«Dai Zoe, non fare l’incazzata...»
«Potevate avvertire, almeno, prima di invadere la nostra camera per un cazzo di birra party.» disse lei.
«Allora, la scelta della vostra camera è stata un puro caso, erano convinti che stesse arrivando la prof e voi eravate lì vicine. E poi hanno bisogno di un balcone, non hanno solo alcol, non so se mi spiego...»
Zoe fece un sorrisetto e si rilassò un poco, lui si avvicinò.
«Infine, posso giurarti che né io né Léon volevamo farne parte. Avevano troppe bottiglie e troppe poche braccia per portarle. Stavamo aspettando che fossero abbastanza fatti o ubriachi per andarcene senza che se ne accorgessero, poi però ho visto che non c’eri e mi sono... preoccupato.»
Non si era solo preoccupato, si era spaventato a morte.
Non l’aveva vista da nessuna parte, e ovunque c’erano alcolici o peggio, e aveva sperimentato sulla sua pelle la bassa resistenza di Zoe all’alcol. Trovare la finestra del bagno aperta, poi, l’aveva angosciato ancora di più.
Zoe alzò gli occhi verso di lui: c’erano ancora delle accuse, in quello sguardo, ma gli credeva, si vedeva.
Rassicurato, il ragazzo le si avvicinò un altro po’, stando comunque sempre il più lontano possibile dalla ringhiera.
Zoe se ne accorse «Puoi appoggiarti, eh, guarda che non mordo mica.»
Marco scosse la testa «No, soffro di vertigini.»
«E sei salito fin quassù?!» gli chiese lei, incredula.
«Tu non saresti scesa...»
Zoe gli rivolse un sorriso intenerito, si staccò dalla ringhiera e gli si avvicinò. Gli mise le mani sulle spalle «Credi che io sia pazza?» gli chiese.
Lui scosse la testa «No, solo un po’ troppo permalosa! Ma ti... voglio bene soprattutto per questo.» aggiunse, abbracciandola.
Era gelida. Giustamente, era in maglietta su un tetto di notte a metà marzo...
«Zoe, non hai freddo?!» le chiese.
Lei annuì «Un po’ sì. Dove hai detto che sono gli altri?»
«In camera nostra.»
«Avete una finestra? Dà da questa parte?»
«Sì, perché? Oddio, no. Ti prego. Soffro di vertigini!»
«Appunto! Dai, che così ti passa.»

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Chiedo umilmente perdono per non aver aggiornato per tuuuuuutto questo tempo ç___ç
Ho avuto un periodo un bel po' di merda (febbraio-marzo) e poi tutto aprile ho dovuto impiegarlo per tirarmi su, emotivamente e scolasticamente parlando...
Ma vi prometto che tra questo e il prossimo capitolo non lascerò passare così tanto tempo, soprattutto perché ormai ci avviciniamo ad uno dei punti clue della storia!!
Cazzo, questo capitolo l'ho scritto così tanto tempo fa che non mi ricordo se ci sono particolari note o citazioni... Vabbè, a parte quella palese del titolo direi di no!
Al prossimo (più ravvicinato, ve lo giuro!) capitolo!!

  
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