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Autore: silvia_arena    26/08/2013    2 recensioni
Si trovava sdraiata sul letto a due piazze, oggetto principale di ogni camera dell’Abstergo, quando i colori svanirono, tutto divenne bianco e nero, e lo vide. Il compagno della sua antenata.
Il Maestro Assassino Altaïr Ibn-La'Ahad.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Desmond Miles , Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Desmond Miles vagava per la sua stanza all’Abstergo, camminando avanti e indietro, credendo che un altro attimo passato lì l’avrebbe fatto diventare matto.

Si avvicinò alla porta a passi svelti e, perdendo la pazienza, bussò con tutta la forza che possedeva.

«Insomma, fatemi uscire, maledizione!» Diede un colpo alla porta ancora più forte dei precedenti. «È tutto il giorno che sto qui! Rischio d’impazzire!»

La porta in quel momento si spalancò, rivelando nientedimeno che Rachel Grace, il soggetto 18, la quale intimò a Desmond di fare silenzio portandosi un dito alle labbra. Entrò dentro la stanza e chiuse la porta dietro di sé, prima che Desmond potesse avvertirla che quell’aggeggio si apriva solo dall’esterno.

«Grandioso, sono di nuovo chiuso dentro!» si lamentò il ragazzo, ma la voce della ragazza si sovrappose alla sua: «Vuoi far sapere all’intero Abstergo che mi trovo qui?!» lo rimproverò.

«Sei tu che stai urlando!» ribatté Desmond.

«Vuoi chiudere il becco?!» urlò Rachel.

«Tu chiudi il bec-»

«Sssh!» Desmond non riuscì a replicare, perché Rachel si era avvicinata a lui così tanto da mozzargli il fiato. Non l’aveva toccato, ma la sua vicinanza l’aveva stordito. Che mi prende? si chiese il giovane barista.

«Ascoltami» sussurrò la ragazza. «Oggi non ho avuto sessioni nell’Animus. Neanche tu, vero?» Rachel conosceva già la risposta, perciò quando Desmond annuì, lei aveva già ripreso a parlare. «È tutto il giorno che mi tengono chiusa nella mia camera. Mi hanno fatta uscire perché stavo dando di matto, così, di soppiatto, son riuscita a venire da te. Ed è così che mi ringrazi?» Il suo tono era diventato gentile e pratico, quasi lamentoso, non più arrabbiato e isterico, anche se era ancora leggermente offesa. «Ho paura che l’Animus si sia rotto. Se fosse così, non avrebbero più bisogno di noi! Non credi che ci uccideranno, Desmond?» Fu scossa da tremiti di paura e gettò le braccia al collo dell’Assassino.

Desmond era spiazzato: nemmeno il giorno in cui fu rapito dall’Abstergo aveva provato così tante emozioni in una sola volta! Prima follia, poi rabbia, eccitazione, commozione, paura, infine affetto. Affetto per quella ragazza che conosceva solo di vista, ma che in quel momento tremava e tratteneva i singhiozzi fra le sue possenti braccia.

La sua paura era lecita, ma infondata. Desmond cercò di consolarla. «Dubito che gli Animus si siano danneggiati, ma se così fosse, ne costruirebbero altri. Hanno bisogno di noi. Non c’è alcun motivo per cui dovrebbero ucciderci.» Le sue parole furono sussurrate con voce roca, accompagnate da dolci carezze fra i capelli della ragazza.

Rachel si calmò, sollevando la testa dalla spalla di Desmond e guardandolo negli occhi. Il suo respiro era ancora pesante, ma riuscì ad esalare un «Grazie.» Distolse lo sguardo dagli occhi del ragazzo e si avviò verso la porta, dandosi della stupida quando non riuscì ad aprirla. Come la sua, si apriva solo dall’esterno.

«Siamo... chiusi dentro» mormorò, desolata, ma non spaventata. Quelli dell’Abstergo l’avrebbero trovata lì, ma non gliene importava più di tanto in quel momento.

«È quello di cui cercavo di avvisarti appena sei entrata qui sbraitando come una SS tedesca» accusò Desmond, riaccompagnato dal suo sarcasmo.

«Mi dispiace» si scusò Rachel. La sua voce era debole, noncurante. Si sedette sul letto a due piazze, oggetto principale della camera di Desmond, e di tutte le celle dell’Abstergo. Il ragazzo si preoccupò per quell’improvviso calo d’umore, credeva d’essere riuscito a rassicurarla.

«Cosa c’è?» le domandò, prendendo posto accanto a lei.

La giovane sospirò. «Sono stufa... dell’Abstergo. Non ce la faccio più. E mi sento in colpa perché mi sto lamentando di questo con te, che sei qui da molto più tempo di me, e troverai i miei lamenti certamente insopportabili.»

«No» Desmond smentì le sue paure. «Devi essere forte, come cerco di esserlo io. È l’unico modo per non impazzire, qui.»

Rachel si strinse nelle spalle, poi continuò: «È tutto così... freddo. La mia camera, l’Animus, le persone.»

Desmond s’identificò nelle sue sensazioni, e si sorprese, perché per un attimo, un istante, lui aveva provato caldo: nel momento in cui Rachel si era trovata tra le sue braccia. La necessità di calore umano divenne in poco tempo implacabile.

«Io... sono caldo» azzardò. «In questo momento, se tu ti stringessi a me...»

Rachel non se lo fece ripetere due volte: gli gettò di nuovo le braccia al collo, e il suo slancio fece sdraiare entrambi sul letto. «Oh, Desmond!» sospirò. «Grazie.»

L’Assassino si sentì quasi in colpa. Lei prendeva ogni cosa come un gesto puro e amorevole, mentre lui voleva solo portarsela a letto. L’eccitazione era crescente, ma si costrinse ad andarci piano.

La ragazza si accoccolò sul suo petto, mentre lui le cingeva i fianchi con un braccio, e con l’altra mano le carezzava i capelli, la testa, la fronte, la guancia. Segnò con i polpastrelli il contorno delle sue labbra.

Rachel sospirò, quasi sorrise: si sentiva al sicuro, protetta, per la prima volta dopo mesi tra le ostili mura bianche dell’Abstergo. Inspirò, serena, e il profumo di Desmond le inondò le narici – finalmente un odore diverso da ciò che quelli dell’Abstergo chiamavano “cibo”. Tutto il resto, all’Abstergo, era inodore. Incolore.

Rachel scosse la testa impercettibilmente, serrò gli occhi e si strinse ancora di più al ragazzo, finché non riuscì a rilassarsi di nuovo. Non voleva rovinare quello che sarebbe sicuramente stato l’unico momento piacevole durante la sua permanenza all’Abstergo.

La mano di Desmond scese, infiltrandosi sotto la sua canottiera. Le sfiorò la schiena, e Rachel fu scossa da un brivido. Lo trovò piacevole.

L’Assassino strinse il corpo della ragazza al proprio, avvicinando il viso al suo. Gli occhi della giovane si persero in quelli del ragazzo, poi si chiusero, acconsentendo alle labbra di Desmond di posarsi sulle sue.

Rachel si stupì nel realizzare che lo desiderava.

Desmond la strinse così forte da non permetterle di fare altro se non lasciarsi baciare. Aprì la bocca e l’Assassino non esitò ad approfondire il bacio, tenendole la nuca con una mano.

Si allontanò dal suo corpo solo per posizionarsi meglio su di lei e poter ammirare le sue guance colorate delicatamente di rosso, i capelli in disordine, il petto che si muoveva a ritmo del suo respiro affannoso.

La baciò di nuovo, allontanandosi da lei solo per toglierle i vestiti, finché non furono entrambi nudi.

Desmond si fermò di nuovo ad ammirarla, mentre lei, così casta e pura, arrossiva alla vista dei suoi pettorali.

Magari, se quelle braccia fossero state un po’ più muscolose, se quelle labbra fossero state attraversate da una cicatrice, se quella mano avesse avuto l’anulare mancante, allora sì, sarebbe stato identico ad Altaïr.

Rachel era confusa: chi dei due amava di più?

In quel momento non le importava: aveva bisogno di calore umano, e chi meglio di Desmond, così simile ad Altaïr?

Provò dolore quando lui la penetrò, ma fu presto sostituito dall’estasi. Dovette trattenersi dall’urlare il nome di Altaïr, sentendosi tremendamente in colpa per aver pensato a lui durante l’intero rapporto.

Desmond si sdraiò accanto a lei, riprendendo fiato.

«Hai ancora freddo?» le domandò.

Rachel rise, sentendo il proprio corpo in fiamme.

«Non proprio.»

 

 


Continua questa raccolta di one-shot senza alcun senso logico.

   
 
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