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Autore: Berenice88    28/08/2013    3 recensioni
Bryce è alla ricerca della bara perfetta dopo che i lavori per il suo mausoleo sono quasi terminati. Morton gli porta la notizia di una nuova bottega di intarsiatori che sembra promettere proprio quello che Bryce cerca. Peccato che l'artista non sia disposto a lavorare a domicilio, e così Bryce si scuote dalla propria indolenza per andare ad ordinare quella che sembra la bara perfetta per lui... peccato che la bottega sembri nascondere 1000 stranezze e che il mastro che vi lavora non sia proprio chi dice di essere...
Genere: Dark, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alfred Mortimer Morton, Bryce Vandemberg
Note: Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti
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“Sai fratellino, questa storia puzza...” disse Axel pensieroso, abbassando il boccale di birra davanti alla sua bocca. Il Coppelius era abbastanza affollato quella sera e i loro abiti volutamente dimessi non volevano dare nell'occhio.
“E non capisci quanto di più puzzi quella bottega!” sbottò lui al ricordo del lezzo penetrante del lucido.“Non ricordo molto di quel mastro Erven, se non che il padre di Eloise aveva un tavolo intarsiato fatto da lui nel suo studio e che si disperò come un matto quando una delle domestiche lo rovinò pulendolo con un sapone che ne graffiò tutta la superficie... l'intarsio era un castello con cinque torri, i particolari e le ombre erano resi così bene che sembrava quasi un rilievo.”
“Che fine a fatto questo mastro Erven?”
“Da quello che o potuto sapere sembra che fosse scomparso nella notte in cui il Presidio fu liberato. La cosa certa è che quando scomparve non aveva ancora ne moglie né figli.”
“Ma allora chi è questa Rosabelle?”
“Aspetta di sentire quello che ho scoperto. Circa un mese fa questa sua nipote si è presentata nella vecchia Capitale con delle lettere testamentarie che le riassegnavano la bottega e la casa del nonno. Ho chiesto a Stephen di fare dei confronti con gli archivi dei notai per trovare una firma e la grafia combacia perfettamente con quella depositata dal vecchio Mastro Tobias Erven e gli ho chiesto di mandare a Salimarr qualcuno a controllare che questa Rosabelle dicesse la verità. Sembra che Mastro Erven si sia rifugiato nel regno di Salimarr dopo essere sfuggito da uno spirito del Presidio che lo aveva posseduto, e che là abbia messo su famiglia con un'ostessa di nome Rosabelle. Secondo i registri di Salimarr, che Stephen ha fatto controllare, sembra che abbia avuto tre figli maschi. I due più grandi sono morti adolescenti, assassinati in strada da un tagliaborse mentre tornavano a casa. Dopo la loro morte la moglie di Mastro Erven si appese al soffitto per la disperazione e lui non volle intarsiare più alcun che. Il figlio si sposò con la sorella di un garzone del padre e cercò di mandare avanti come potè la bottega. Quando nacque la nipote, la nostra Rosabelle, il nonno sembra che l'adorò fin dal primo giorno e quando lei ebbe più o meno dieci anni riprese in mano le lime e cominciò ad insegnarle tutto quello che sapeva, finché non morì più o meno due mesi fa, lasciando ogni suo avere a lei. Rosabelle ha lasciato la bottega di Salimarr ai genitori assieme al denaro, e ha preteso per sé la bottega del nonno qui nella capitale per tentare la fortuna qui.”
“Sembrerebbe solo in cerca di un cliente coi fiocchi per farsi pubblicità...”
“Si, ma non è tutto Bryce... vuoi sapere dove è stata vista andare prima di tutto la nostra intarsiatrice?”
“Sono sicuro che non vedi l'ora di distruggere i miei sogni di ottenere una bara perfettamente intarsiata... dove, ebbene?”
“Alla tomba del cardinal De Plessy...”
Bryce spalancò appena gli occhi... raramente qualcosa che non fossero due colori non abbinabili lo sconvolgeva. “E scommetto che sai il perché...”sussurrò, cercando di nascondere lo sconcerto.
“Si, e non so se preoccuparmi... pare che quando aveva appena cinque anni e il cardinale ancora fosse un semplice parroco con la nomea di evocatore, essa fu posseduta dallo stesso spirito del Presidio che aveva tormentato il nonno e che egli fece di tutto per farlo scacciare dal corpo della nipote, compreso chiedere aiuto ad un evocatore. De Plessy venne e lo aiutò, a patto che egli gli facesse un voto di eterna riconoscenza e che nel momento opportuno accorresse in suo aiuto.”
“Scommetto che credi che il voto si sia trasmesso alla ragazza quando il nonno è morto.”“E' possibile, in quanto è lei la sua erede, ma anche De Plessy è morto...”“Ma allora cosa ci faceva sulla sua tomba?”
“Non penso che la nostra intarsiatrice sia in grado di riportare in vita i morti, ma forse può realizzare qualche giocattolo che il cardinale sarebbe stato felice di vedere in opera...”
“Bene... cosa suggerisci, fratello?”
“Di farti costruire una bara.” sorrise Axel.
“La tua simpatia avvolte raggiunge profondità incredibilmente basse.”
“Anzi, sarai così puntiglioso nel volere una sua bara intarsiata, da scoprire ogni singolo recesso di quella bottega e vedere cosa nasconde.”
“Che piano squallido...” sbuffò Bryce.
“Hai di meglio da proporre?”
“Una visita dei cinque?”
“Se poi non nasconde nulla spaventeremmo solo a morte la ragazza... e poi Eloise mi ucciderebbe.”
“E quindi mandiamo in prima linea il povero Bryce in mezzo a quelle vernici venefiche... ebbene sia.”

 

“Sedetevi pure principe.” disse con una dolcezza docile Rosabelle.
Bryce notò la sua tenuta dimessa, una gonna di flanella bianca punteggiata di fiorellini purpurei e sbiaditi, un busto poco stretto foderato della stessa stoffa e consumato dai lavaggi, e una camicia che una volta era accollata, ma i cui bottoni, tre staccati e due nelle asole allentate lasciavano intravedere lo sterno senza il minimo ritegno. Come poteva una fanciulla con un talento simile non guadagnare abbastanza per comperarsi un vestito decente? Il pensiero volò via appena lo sguardo salì sul viso. Sebbene i capelli fossero poco meno sciatti del giorno prima, il viso appariva luminoso, probabilmente ben lavato e accarezzato dall'olio di rosa, il cui profumo penetrava come una carezza furtiva nelle sue narici tra gli odori insopportabili dei lucidi e della trementina.
Bryce si accomodò su una poltroncina consumata che lei aveva messo in mezzo alla stanza semivuota al secondo piano che usava come studio. Quella stanza nascondeva ben poco, al centro c'era lui sulla poltrona, sotto di lui un grande tappeto di stoffa blu e al limitare delle sue frange, proprio in linea col suo sguardo, lei aveva messo uno sgabello e un cavalletto con dei fogli da disegno. Lei aveva già preso in mano due carboncini e una sanguigna. La biacca penzolava da un filo, dal bordo del cavalletto. Aveva ascoltato bene il rimbombo dei suoi passi, e era sicuro che non ci fossero botole sotto il tappeto, e nessuna porta segreta sotto la carta da parati marrone scuro.
La bella Rosabelle doveva nascondere il giocattolo nel laboratorio dove intarsiava, dietro alla stanzetta d'ingresso, e lui avrebbe trovato il modo di entrarci.Un momento... bella Rosabelle?
Bryce autocensurò i suoi pensieri, chiedendosi come mai avesse potuto concepire un pensiero del genere per una creatura che indossasse un bustino così consunto, e che per giunta doveva essere stato fuori moda anche da nuovo..
Si concentrò su un punto fisso davanti a lui per riordinare i pensieri, e il punto risultò essere la riga che divideva i capelli della ragazza. Lasciò vagare lo sguardo sulla treccia castana che posava sulla spalla e poi scendeva giù sullo sterno, infilandosi sotto i bottoni sfatti della camicia.
Che lo avesse fatto a posta a farla cadere così?
Bryce sentiva che quella fanciulla nascondeva qualcosa, ma non riusciva a credere sinceramente che lo facesse con intento di nuocere... si sentì improvvisamente rilassato, continuò a fissare la treccia e per un istante si commosse persino nel vederla intenta a tracciare una curva col carboncino e, appena lei incontrò il suo sguardo, a vederglielo cader di mano.
La sua mente vigile lo mise in allarme, quelle sensazioni non erano normali. Lui non provava... “tenerezza”, per “Miss Trascuratezza del Regno” men che meno. Cambiò posizione sulla sedia, irrigidì la schiena che però non fece altro che produrre un altro movimento flessuoso.
“Sembrate un gatto maestà...” disse lei abbassando lo sguardo e la mano per raccogliere il carboncino, “cercate di non muovervi troppo e di non crucciarvi. Da quando vi siete seduto la vostra espressione è cambiata già quattro volte e io vorrei coglierne almeno una appieno per poterla trasferire come merita sul legno.”
“Sono i vostri occhi che vedono male, signora.” si piccò Bryce, “la mia espressione può solamente essere magnificamente regale, ed un gatto non mi sembra la cosa che gli somigli di più...”
“Non volevo essere insolente maestà, solo... beh, so che la mia casa non è degna di voi, ma se posso fare qualcosa per mettervi in tranquillità e a vostro agio, ditemelo, vorrei davvero che questo intarsio fosse il capolavoro che voi volete.”
Quegli occhi neri lo fissavano ansiosi, le labbra appena dischiuse, che di fronte al silenzio di Bryce subito si strinsero, e le mani ricominciarono a trafficare col carboncino in un gioco molto più veloce di prima. Ora lei gli gettava delle occhiate rapide, dirette, come per dissezionarne ogni tessuto, e il carboncino seguiva i guizzi dei suoi occhi.
Bryce si sentì di nuovo rilassato, circondato dagli sguardi di lei... non capiva per quale orrido motivo, ma adorava essere al centro di quella nervosa attenzione. Avrebbe potuto prenderci gusto a farla innervosire.
Rosabelle posò il carboncino sul bordo del cavalletto e cominciò a riempire il foglio di tratti di sanguigna. Ora lei non lo guardava più nervosamente. Accarezzava i suoi tratti con lunghe occhiate, come a saggiare la compattezza della pelle, la consistenza della muscolatura. Dopo poco mise via anche la sanguigna e afferrò il cordoncino con la biacca, poggiandolo tra le labbra e guardandolo fisso negli occhi.
Lui la fissò di rimando incuriosito... che voleva vedere?
Gli sorrise, di un sorriso che avrebbe potuto illuminare una giornata, come se finalmente avesse visto dopo anni tutto quello che cercava...
“Che ragazza bislacca.” pensò Bryce e si scoprì a sorridere.
Come diavolo aveva fatto quella ragazzina?
Si odiò e smise di sorridere, e la sentì sghignazzare.
“Pensavo di non vederla per oggi, ma sono stata fortunata.”
“Che cosa signora, di grazia?” chiese lui, sempre più nervoso.
“La luce maestà...” continuò lei arrestando il riso e cercando di sorridere semplicemente, “...la luce dei vostri occhi. E' abbagliante quando la fate uscire.”, e dicendo così cominciò a picchiettare il foglio con la biacca, lasciandolo nello stato più acuto di basito terrore del genere femminile che avesse mai sperimentato.

  
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