Videogiochi > Monster Hunter
Segui la storia  |       
Autore: Albornoz    15/09/2013    3 recensioni
Cacciare... In un mondo in cui la caccia è vita un ragazzo, dapprima inesperto, diventerà l'ago della bilancia tra armonia e distruzione, cacciatore e preda, uomo e mostro.
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 1
Rosso e bianco
 
 
Un'imponente figura avanzava quattro zampe, fiera e terribile. Il suolo crepitava sotto gli artigli d'acciaio, veniva contaminato e si trasformava in fango maleodorante. Rosso. Il sangue colorava i denti di ferro. La bestia proseguiva, il suo costante incedere enfatizzato dagli stridii provocati dallo sfregamento delle placche metalliche che, sovrapponendosi, le conferivano l'aspetto di lupo, un lupo corrotto e grottesco appena visibile nella cortina di fumo che si spandeva attorno. Rosso. Il fuoco le ardeva negli occhi. Non un normale fuoco, ma la fiamma insaziabile che divora e distrugge.
Dietro di lei solo morte. Uomini, donne, giovani e anziani giacevano a terra carbonizzati, i volti contorti e sfigurati, gli occhi privi di luce. Con loro anche figure diverse. Grandi e piccole. Coperte di squame, pelliccia e piume. O almeno quello che ne era stato risparmiato dalle fiamme.
D'un tratto ella si fermò, il muso sollevato a fiutare l'aria, e un ruggito vibrò lungo le placche della gola per poi esplodere nel mondo circostante. Un inferno di mille bocche che urlano. Persino le montagne parvero tremare di fronte a quel miscuglio di odio, rabbia, fame e pazzia che invase e si spense nelle valli attorno.
Come in risposta l'aria mutò e un vento gelido cominciò a soffiare, crebbe, e presto si trasformò in tempesta. Bianco. In poco tempo tutto si ricoprì di ghiaccio e neve. La natura intera venne scossa da un ruggito che, come araldo di tempi selvaggi, sovrastò anche l'ululare della tormenta. Il mostro si ancorò al terreno con gli artigli e scavò con il muso nella neve per trovare e mordere le radici degli alberi, ma ciò si rivelò inutile quando l'aria esplose e la catapultò a metri di distanza.
Dove poco prima si era fermata la bestia ora si ergeva un'imponente figura ammantata da un vortice di neve e ghiaccio che ne faceva intuire solo la forma felina. Lentamente questa avanzò verso il mostro nero intento a rialzarsi e liberarsi dai cristalli di ghiaccio che si erano formati intorno alle scaglie d'acciaio e gli impedivano i movimenti. La furia attizzava l'Inferno dei suoi occhi e scosse nuovamente il mondo con un secondo grido. La sagoma ammantata dai ghiacci si fermò e ruggì di rimando ma quello che vibrò nell'aria non fu un suono animale, bensì un corno da caccia. L'ombra mutò e si rimpicciolì fino a diventare una sagoma umana. Un guerriero armato di una lunga spada.
Le due figure si squadrarono a lungo mentre tempesta e fumo vorticavano e si mischiavano, e il mondo sembrò dividersi a metà. Da una parte corruzione e devastazione, dall'altra la natura selvaggia ma in costante equilibrio, persino nella distruzione. E finalmente le due si affrontarono. Il mostro caricò con zanne e artigli. Il guerriero gli andò incontro menando un fendente in salto. Sempre più vicini. Sempre più vicini, finché......
 
-PAPINOOOOOOOO!!-
Un tonfo. Due cose che si scontrano. Dolore in mezzo agli occhi. Marrone.
Evan tentò di rimettere a fuoco. Le travi del soffitto giravano per poi fermarsi e ridefinirsi di fronte al suo sguardo assonnato. Imprecò portandosi le mani alla fronte dolorante. Gli sarebbe venuto un bel livido, ne era certo. Stava giusto per chiedersi cosa diavolo gli fosse crollato in testa quando un singhiozzo gli fece portare l'attenzione di fianco al letto dove una creaturina dalle lunghe trecce rossicce se ne stava sul pavimento massaggiandosi a sua volta la fronte con le manine. Era una scena che aveva del buffo e del tenero ed Evan si sarebbe concesso una risata se, proprio in quel momento, la bimba non avesse sollevato lo sguardo rivelando un visino corrucciato e un paio di occhioni velati dalle lacrime, chiari sintomi di un pianto imminente. Lesto si alzò e sollevò la piccola da terra.
-Ellie! Ma che combini?- disse sedendosi nuovamente sul letto con la piccola sulle ginocchia per esaminarle la fronte. Nessun danno, a parte un leggero rossore.
La piccola tirò su con il naso un paio di volte:
-Mamma dice che il sole è già alto e devi fare colazione, sennò fai tardi al lavoro. Quindi sono venuta a svegliarti, ma tu continuavi a dormire....- il labbro inferiore della bambina sporgeva pericolosamente.
-E tu hai pensato bene di saltarmi addosso e urlarmi nelle orecchie. E' così?- Evan sollevò un sopracciglio con fare scherzoso.
-Sei tu che hai il sonno pesante! E la testa dura!!!- strillo la bambina puntando un ditino verso la fronte del padre.
-Ah sì? Ho la testa dura?- disse lui accigliandosi.
-Sì!!- confermò squillante lei.
-E quindi ti ho fatto tanta bua?- un lieve sorriso si dipinse sul viso di Evan.
-Sì!! Testa dura!!- la piccola si dimenò e per poco non perse l'equilibrio.
-Allora dobbiamo medicare la ferita!- il sorriso di Evan lentamente si trasformava in un ghigno.
-Ehm......- la piccola era confusa.
-E c'è un solo modo per guarire un male del genere!-
-No.....- Troppo tardi. Evan aveva già cominciato a tempestarle la fronte di piccoli baci. Ellie cominciò a ridere senza posa tentando di allontanarlo, la barba del padre le procurava un piacevole solletico.
-Papà!!!! No!! Dai! Smettila! Mi fai il solletico!!!- La bambina era senza fiato.
-La mia bambina, sangue del mio sangue, soffre il solletico?!- anche lui aveva carenza d'aria.
-Sì!!!- gli urlò lei nell'orecchio.
-E nessuno me l'ha mai detto?!- Evan sfoggiò la sua migliore espressione sadica e la piccola, conscia di ciò che stava per accadere, tentò di divincolarsi da quelle dita birichine che stavano già cominciando a muoversi lungo i suoi fianchi.
Ben presto si ritrovarono, padre e figlia, distesi sul letto, ansanti per il troppo ridere. Lui steso supino con lei sul petto. Lui che le accarezzava ritmicamente la testa e lei con le mani tra i capelli di lui, le piccole dita che giocavano con le ciocche a cui si era aggrappata durante il gioco. Lo sguardo sereno perso in quello del padre.
"Il mio piccolo tesoro." Evan sorrise contemplando gli occhi della figlia. Un perfetto connubio tra il suo nocciola e lo smeraldo di Kira.
-E' meglio che scendiamo, scimmietta.- si sollevò prendendola in braccio.
-Io non sono una scimmia!- protestò Ellie mentre scendevano le scale.
-Oh sì che lo sei!!- rise lui issandosela sulle spalle. -Sei una bellissima scimmietta rossa! Ora, piccola arrampicatrice, dove si trova mia moglie?-


Kira era intenta a curare i gigli quando li vide arrivare. Padre e figlia. Lui alto, a petto nudo, con lo sguardo vispo e la chioma fulva scompigliata. Lei sulle spalle di lui, piccola, con le lunghe trecce rosse e le manine che contribuivano al disordine dei capelli di Evan. In pochi avrebbero detto che quei due fossero imparentati e ancora di meno che fossero padre e figlia. Ma lei aveva potuto studiarne a lungo anche i più piccoli dettagli. La forma degli occhi e della bocca, lo stesso modo di arricciare il naso. Un sorriso divertito le animò le labbra.
-Ecco il nostro dormiglione.- si alzò per dare un bacio al marito. -Sei riuscito a sollevarti dal letto.-
-Già! Non crederai a quel che mi è successo!- rispose Evan ammiccando allegro -Dormivo beatamente quando questa scimmietta rossa mi è piombata addosso! Come avrà fatto ad entrare in casa e, addirittura, a rubare uno dei vestitini che hai fatto per la nostra bellissima figlia?!-
-Non sono una scimmia!!- Ellie strattonò giocosamente i capelli del padre.
-Che cosa bizzarra!- rise Kira guardando la piccola. -Però capita a proposito. Tra poco arriverà l'inverno e nostra figlia avrà bisogno di qualcosa di caldo da mettere. Farò un bel cappottino con questa scimmietta.-
-Mi sa che potrai ricavarne poco. E' tutta pelle e ossa, non possiamo nemmeno farci lo stufato!-
-Papà! Mamma! Sono io!!- la bambina si calò lungo la schiena dell'uomo.
-Ellie! Che ci facevi sulle mie spalle?- Evan accarezzò la testa della figlia.
-Non è che hai visto una scimmietta mentre eri lassù?- Kira si era piegata per sistemarle il vestitino. Ellie rise in risposta, abbracciò la madre e la famiglia rientrò in casa.
La colazione volò. Evan doveva prepararsi e uscire, dalla sua nomina a Maestro i suoi orari si erano stabilizzati formando una routine che, anche dopo cinque anni, gli creava ancora delle noie. Prima di andare schioccò un bacio sulle labbra di Kira e riuscì a darne uno sulla fronte di un'iperattiva Ellie.
 
Le strade del villaggio brulicavano di persone. Il mercato, che si teneva due volte la settimana, incitava la gente ad uscire, non solo per dedicarsi alle compere o andare a caccia delle offerte, ma anche per il semplice piacere di incontrarsi. I bambini correvano tra le bancarelle, le donne conversavano amabilmente, gli anziani si fermavano all'ombra dei viottoli e fuori dalle locande per giocare a carte e farsi viziare dagli osti. Di tanto in tanto Evan scambiava cenni con altri cacciatori, conoscenti o forestieri che fossero. Salutarsi tra cacciatori era più che una mera cortesia, era un augurio di buona fortuna e un segno di rispetto.
Man mano che si avvicinava alla Gilda le chiacchiere e le risate venivano sostituite dal tintinnio delle maglie d'acciaio, il martellare dei magli sulle leghe incandescenti, dal fischio e dal brontolio degli alambicchi. L'odore di erbe, cuoio e acciaio schiarivano la mente, la rendevano più lucida e calma. Evan non poteva fare a meno di fermarsi e ammirare il lavoro dei fabbri e alchimisti. Lo sguardo dell'uomo vagava accarezzando il filo delle eleganti spade lunghe, delle affilate lame gemelle, degli enormi spadoni, il profilo degli imponenti martelli e corni, la punta delle lance. Sembrava pizzicare con gli occhi le corde degli archi, come a saggiarne la tensione. Era una sorta di rituale ormai, un omaggio a coloro che contribuivano al lavoro dei cacciatori.
Una lunga scalinata conduceva all'edificio centrale della Gilda. Una costruzione che, nonostante le forme orientali, trasmetteva un senso di severità e imponenza con tutti quegli stendardi di viverne e cacciatori. Ma era solo una facciata. La vera caratteristica di quel luogo era una quiete quasi religiosa, una belva che sonnecchiava.
Una stradina laterale portava ad un complesso di gallerie scavate nella montagna, l'Accademia dei Cacciatori. Essa si diramava nelle profondità della terra. In un primo livello vi erano le classi dove i neo-apprendisti imparavano la teoria e la storia della caccia. Man mano che si scendeva vi erano le sale di meditazione, le palestre per lo sviluppo delle capacità atletiche e l'addestramento alle tecniche di combattimento in singolo, i poligoni di tiro e i laboratori. Risalendo, invece, si arrivava all'Arena dove gli studenti più esperti affrontavano le prime belve sotto la sorveglianza dei Maestri e veterani. Infine vi era la "Selva". Un ecosistema creato dentro il cratere della montagna, o meglio, del vulcano ormai spento. Lì avveniva la parte concreta dell'addestramento. Gli studenti dovevano imparare le tecniche di caccia e sopravvivenza in mezzo agli elementi.
L'idea di tale sistemazione era dovuta essenzialmente a due fattori: praticità e sicurezza. Le lezioni e gli addestramenti dovevano potersi svolgere indipendentemente dalle condizioni esterne, che fossero climatiche o d'altra natura. I metodi d'addestramento, le ricerche su armi, armature ed oggetti alchemici dovevano rimanere segrete al resto del mondo. Ed essenzialmente nessuno ci teneva a vedere gli effetti che un proiettile perforante sparato con una balestra potesse avere su ignari passanti che avessero avuto la sfortuna di trovarsi tra esso e il bersaglio.
Evan si riscosse e, superate le guardie armate di poderose lance, s'inoltrò nel tunnel.
 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Monster Hunter / Vai alla pagina dell'autore: Albornoz