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Autore: Raya_Cap_Fee    11/11/2013    12 recensioni
Mi chiamo Sarah Jane Donough e nell’Agosto del 1980 sono morta in un incidente a soli vent’anni. Trovate che sia triste? Non datevene pena. Non sono andata verso la luce, sono stata trattenuta qui sulla terra nelle vesti invisibili della Morte. Beh, una delle tante Morti in realtà. Ho il compito di prelevare le anime da questo mondo e guidarle verso la luce. Ora è giunto il momento di passare la falce, simbolicamente parlando, al mio successore. Daniel Duroy. Finalmente potrò essere libera.
Mi chiamo Sarah Jane e sono la Morte.
Genere: Comico, Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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COME FOSSI NIENTE, COME FOSSI ACQUA DENTRO ACQUA


 
                
 



 
 Staring at the ceiling in the dark
Same old empty feeling in your heart
 
Passenger- Let her go

 
 
 
 
DANIEL POV
 
Sospirai per l’ennesima volta e mi sdraiai supino alzando lo sguardo sul soffitto buio della mia stanza.
La sveglia sul comodino segnava le due del mattino ed io non avevo ancora chiuso occhio.
Da quando ero tornato a casa, due giorni prima, faticavo a prendere sonno come sempre. Al contrario di quando ero a spasso con gli amici o a casa di qualche ragazza, nel buio della mia stanza sentivo la mia testa esplodere di pensieri, di domande a cui non avevo mai una risposta.

Volsi la testa verso la finestra che si affacciava sulla strada e sentii una strana sensazione. Scivolai fuori dal letto cigolante e mi avvicinai cauto alla finestra facendo attenzione a non fare altri rumori.
Scostai appena la tendina bianca e aggrottai la fronte nello scorgere una figura ferma al centro del piccolo giardino. Era illuminata appena dal lampione in strada e con la testa rivolta verso la mia finestra. Strinsi la mascella nel riconoscere i lunghi capelli quasi arancioni.
Cos’era? Una stalker? Feci per aprire la finestra e urlarle qualcosa contro quando una vocetta alle mie spalle mi fece trasalire.
 
“Dan?”
 
Mi voltai di scatto verso Maddie. Era appena ad un passo da me, il pigiamino bianco che spiccava nella poca luce che filtrava dalla finestra. In una mano stringeva per le trecce la bambolina di pezza con cui solitamente dormiva. Sbirciai nel giardino ma non c’era più nessuno. Forse  me l’ero immaginata. Non ne ero sicuro.
 
“Non riesci ancora a dormire?” mi sentii rivolgere e mi avvicinai a  Maddie.
 
“Lo sai che non dovresti camminare a piedi scalzi?” cambiai argomento e la sollevai da terra facendola sedere sul mio letto che, al contrario di quando mi ci sedevo io non fece rumore.  Accesi la piccola lampada sul comodino “E tu cosa ci fai sveglia a quest’ora umh?” .
 
Si strinse nelle spalle e mi porse Clara, la bambola “Mi ha svegliato il rumore del tuo letto. Non fai che agitarti. Clara può aiutarti a dormire”

Per una bambina della sua età Madison era molto intuitiva.

Presi tra le mani Clara. Dubitavo che quella bambola di pezza mi avrebbe fatto dormire “Emh…" non sapevo cosa dire e ci pensò Maddie a riempire subito dopo il silenzio “Oppure posso stare io qui con te. Posso vero?”
Mi guardò speranzosa. Negli ultimi giorni mi stava sempre intorno.
 
 Esasperato annuii e lei gattonò sotto le mie coperte al caldo.
 
Non avrei retto ancora a lungo.
 
 
SARAH JANE POV
 
I ritmi sfiancanti della vita da umana mi stavano distruggendo perciò, quando Tommy mi lasciò libera per il giorno successivo sospirai di sollievo. Finalmente.
Erano un paio di giorni che non incontravo Daniel Duroy in giro per il Fire Cracker ed ero anche riuscita a fare una capatina agli allenamenti della squadra solo per scoprire che anche lì non c’era traccia di lui.
 
Avevo perciò deciso di verificare che non fosse scappato chissà dove. Lunedì sera finito il mio turno al lavoro, andai a casa Duroy. Una macchina era parcheggiata nel vialetto. Era quella di Henry Duroy e quindi, quella che usava Daniel?
 
Non sapevo esattamente dove fosse ubicata la stanza del mio successore ma colsi del movimento dietro una delle tende del piano superiore. Mi avevano senz’altro visto perciò mi affrettai a nascondermi nell’ombra. Dopo un po’ la stanza dalle tendine bianche si illuminò di una fioca luce, probabilmente quella di una lampada, e compresi che qualcuno era sveglio lì.
 
Feci una leggera smorfia.
 
Il mattino successivo venni nuovamente svegliata dalla voce familiare di Gabriele, in giro per casa mia. Non me lo ero mai ritrovato così intorno negli ultimi trentatre anni.
Sbuffai appena da sotto le coperte quando mi sentii chiamare “Sarah Jane?”
 
Per la miseria.
 
“Cosa c’è?” sbottai mettendomi a sedere. Era lì in mezzo alla stanza, con le braccia incrociate all’altezza del petto e mi guardava, come spesso faceva, con fare ammonitivo.
 
Colsi l’antifona  e mi alzai in piedi “Sei peggio di mia madre lo sai?”
“Hai del lavoro da fare”
 
Mentre gli davo le spalle imitai silenziosamente le sue parole con una smorfia.
 
 
“Non mi piace avere a che fare con quello lì. Non potevi scegliere qualcuno altro?”
 
“Siete più simili di quanto credi tu e Daniel. Tuttavia, oggi non è di Duroy che dovrai occuparti”
Sollevai improvvisamente interessata, lo sguardo dai cereali in cucina “Cioè?” domandai cauta.
 
Magari era qualcosa di peggio.
 
Gabriele mi porse un foglio bianco piegato a metà. Era un foglio che conoscevo bene quello.
 
“Oggi tornerai per qualche ora alla tua vecchia occupazione. Io ho dei problemi da risolvere altrove”
 
Presi il foglio e lo aprii:
 
 
Charlie Edward Duhnam
Camarate Street, 33. Caldwell.
Ore 1.23 pm.
 
Sorrisi.
 
“Non dovresti sorridere quando leggi che qualcuno dovrà morire sai?”
 
Sollevai gli occhi grigi dal foglio e incrociai quelli azzurri dell’Angelo senza smettere di sorridere.
 
Un’altra giornata senza Duroy.



 
 
Quando, poco prima dell’orario stabilito ero davanti al numero trentatre di Camarate Street mi sentivo molto meglio. Le persone che avevo incrociato camminando per Caldwell non mi avevano visto. Era bello tornare ad essere invisibile.
 
Attraversai senza alcun problema la porta d’ingresso della villetta a schiera e mi guardai intorno. Charlie Edward Duhnam stava in piedi su un piccolo sgabello ed era intento a cambiare una lampadina nel proprio salotto. Era molto anziano a giudicare dalla quantità di pelle raggrinzita sul collo.
 
Mi fermai a guardare. Probabilmente sarebbe caduto e avrebbe sbattuto la testa sul tavolino, oppure, avrebbe preso la scossa. Erano anni che assistevo alla morte delle persone.
 
Si avverò la prima ipotesi.
 Quando cadde mi avvicinai a lui e mi chinai a prendergli una mano con la mia. Era così che finiva.
 
Ero io a decretare la loro fine dopotutto.
 
Al mio fianco apparve un Charlie Edward incosistente “Sono morto?”
 
Non era poi tanto strana come domanda, quando ti ritrovi a fissare il tuo corpo dall’esterno. Avevo perso il conto delle persone che me l’avevano chiesto. Incrociai gli occhi nocciola dell’anziano. Lo tenevo per mano “Mi dispiace, Signor Dunhnam” mormorai.
 
Ed era così. Dopotutto mi dispiaceva.
 
Un attimo prima erano esseri vivi e pensanti nel mondo, un attimo dopo erano inconsistenti. Forse dall’altra parte era meglio. Non potevo ancora saperlo.
 
Sorrisi al signor Duhnam “Vuole andare?”
 
Lui annuii. Diventavano così arrendevoli da morti, tutti quanti.
 
E così, lo lasciai andare.
 
 
 
Quando tornai in strada, nuovamente nelle mie vesti da umana,  camminavo a passo svelto verso casa. Avevo una voglia matta di rintanarmi di nuovo nel mio lettone sebbene fosse appena primo pomeriggio.
Una macchina mi passò accanto mentre avanzavo sul marciapiede e inchiodò subito dopo.
 Alzai la testa in tempo per scorgere Daniel venirne fuori.
 
Inarcai le sopracciglia verso l’alto mentre si avvicinava a falcate verso di me con aria poco rassicurante.
 
Oh,oh.
 
“Cosa ci facevi sotto casa mia?” esordì in mia direzione, minaccioso.
 
Era fermo a mezzo passo da me e per guardarlo in faccia fui costretta ad alzare appena la testa “Come scusa?” giocai la carta della finta tonta.
 
Allungò una mano per afferrarmi un braccio ma io mi sottrassi in tempo muovendo un passo indietro “Mi stai seguendo? Stammi lontana”
 
Quanto avrei voluto.

“Non so di cosa tu stia parlando”.

Feci per passare oltre la lui si posizionò di nuovo davanti a me e al mio naso giunse il suo profumo che non riuscii a distinguere “Togliti, Duroy”
 
“Chi sei?”
 
Tanto prima o poi avrei dovuto presentarmi.
 
“Sarah Jane Donough”
 
“Sei di Caldwell?”
 
“Mi stai facendo un interrogatorio?”
 
“Perché ti sei spacciata per mia cugina? Perché eri agli allenamenti? Perché eri al Fire Cracker? Perché eri a casa mia?”
 
Okay, c’erano decisamente troppi perché “Daniel…”

Non sapevo come comportarmi a quel punto. Gabriele mi aveva lasciato carta bianca. Non mi aveva spiegato esattamente come sarei dovuta intervenire nella vita di Duroy. Nelle mie vere vesti o fingendomi una normale buona ragazza?
 
Sospirai “Ho sentito parlare di te e poi, le parole di tuo nonno mentre lo riaccompagnavo a casa…Ho pensato che dovevo farti ritornare a casa da tua sorella. Che dovevo intervenire”
 
Ci stavamo guardando negli occhi

 “Non credi, che la mia vita sia un affare che non ti riguarda?” mi chiese ancora
 
“No”
 
 



Note d’Autrice
Saaalve lettori!!!! Ecco a voi il capitolo otto! Vi è piaciuto? Abbiamo visto Sarah Jane all’opera, abbiamo visto Daniel in versione fratello maggiore che sta crollando nuovamente e li abbiamo visti tutti e due scontrarsi in questa ultima parte di capitolo?
Ringrazio chi ha recensito il capitolo sette (siete adorabili!) Fatemi pensare cosa ne pensate di questo mi raccomando :*
Ah, finalmente dopo tante ricerche (nulla può riuscire a rimanere un mistero per me u.u) ho scoperto che la prestavolto di Sarah Jane è una certa attrice Molly C. Quinn :):) Per Gabriele, mi è venuto in mente inizialmente l’attore di Casper (il fantasma) solo che per interpretare l’angelo era piuttosto ragazzino così come era nel ’95 per cui…spero non vi dispiaccia Leonardo Di Caprio ai tempi di Titanic :P
Alla prossima!
RayaFee


 
 
 
   
 
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