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Autore: samubura    27/12/2013    16 recensioni
Ho pensato per molto tempo a cosa potessi scrivere come fanfiction di un libro di cui mi sono innamorato.
Alla fine ho pensato potesse essere interessante riscrivere la storia dagli occhi di Peeta, personaggio che personalmente ho adorato, e penso sia impossibile non farlo.
Spero veramente molto che vi piaccia e in caso di farmelo sapere con una recensione o un messaggio per consigliarmi su cosa potrei migliorare. Buona lettura!
(p.s. se la storia vi piace, passate sulla mia pagina! https://www.facebook.com/samubura)
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Peeta's Hunger Games'
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Caesar Flickerman apre la cerimonia salutando il pubblico che è in delirio, presenta le nostre squadre di preparatori e immagino quanto saranno esaltati adesso che tutta la nazione potrà vederli.
E poi ecco Effie Trinket, la nostra accompagnatrice, che ancora non ho avuto l’occasione di incontrare. Attende questo momento da anni e spero proprio che possa goderselo.
Segue il turno di Cinna e Portia, i nostri fantastici stilisti che hanno fatto un lavoro fenomenale, non c’è dubbio, e il pubblico li acclama.
Un gran trambusto accompagna l’ingresso sul palco di Haymitch e continua per molto tempo. Passerà alla storia: il mentore che da solo ha mantenuto non uno, ma ben due tributi e in più del distretto più remoto. Si merita tutti gli applausi. E anche io gli sono immensamente grato.
La pedana inizia a muoversi sotto i miei piedi, cogliendomi di sorpresa. Mi appoggio saldamente al bastone che Portia ha progettato per me e faccio il mio ingresso trionfale sul palco, scaccio ogni pensiero e sorrido abbagliato dalle luci.
Dovrei salutare il pubblico, salutare Caesar, insomma fare i miei doveri di vincitore, ma l’unica cosa che mi importa adesso è Katniss.
È a qualche metro da me e sembra un’altra persona. Resa ancora più bella dalle mani dei suoi preparatori, indossa un abito del mio stesso tessuto, con un’ampia gonna corta. Appena la piattaforma si assesta mi corre incontro e quasi mi butta giù. La stringo a me e la bacio intensamente, perché ho aspettato questo momento ogni giorno. Ogni volta che il dottore diceva che stavo meglio chiedevo di vederla, di riavere con me la mia Katniss.
Adesso lei è qui con me, e ci  baciamo per non so quanto tempo, arriva persino Caesar a picchiettarmi sulla spalla richiamandomi allo show, ma lo spingo via senza staccarmi da Katniss. Lei è qui con me adesso e mi fa sentire importante, speciale. Non so se mi ama quanto la amo io, ma qualcosa c’è, lo so, solo che non riesco a capirlo fino in fondo.
Arriva Haymitch e capisco che può bastare. Ci spinge amichevolmente verso un grazioso divanetto di velluto rosso, che assomiglia più a  una poltrona in quanto a dimensioni, ci sediamo uno accanto all’altro e poi Katniss toglie i sandali e si accoccola con la testa sulla mia spalla. Le passo un braccio dietro la schiena e la abbraccio, con le dita giocherello con una ciocca di capelli.
È come se non ci fossimo nient’altro che io e lei. Da soli, come nella grotta, ma più felici, più sereni.
So cosa mi attende, un riassunto di tre ore di tutti i nostri Hunger Games. Mi concentrare a non mostrare le mie emozioni sul palco mentre Caesar fa qualche battuta, rispondo senza trasporto, Katniss resta muta accanto a me.
Le luci dello studio si abbassano e mi concedo un sospiro adesso che tutti gli occhi saranno puntati sul grande schermo. Il sigillo di Panem apre come consuetudine la trasmissione, poi ecco che inizio a rivivere ogni singolo momento dell’ultimo periodo della mia vita.
Senza distogliere lo sguardo cerco la mano di Katniss che è gelida, la prendo nella mia e la tengo forte, come quella sera sul carro perché ho paura di cadere.
Tutta la prima mezz’ora si concentra sulle mietiture e gli addestramenti, rivedere i volti dei tributi fa uno strano effetto. Sono tutti morti, tranne noi due. Non riesco a pensare ad altro.
Il bagno di sangue mi fa rabbrividire, c’ero anch’io là in mezzo, e infatti eccomi, la morte di ogni tributo è ripresa singolarmente e in modo dettagliato, anche se la maggior parte avvenivano in contemporanea a ognuno è dedicato il suo momento speciale. C’è il mio scontro con la ragazza dei coltelli e il suono della sua voce risveglia dentro di me qualcosa di non definito.
La maggior parte delle riprese poi si concentra su me e Katniss, niente di strano, ma degli altri tributi fanno vedere degli spezzoni e poco altro. Ci sono tutte le scene del mio doppiogioco coi favoriti, fino alla notte sotto l’albero degli aghi inseguitori. C’è la piccola Rue che indica a Katniss il nido, poi la terribile morte di Glimmer e della ragazza del distretto 4. C’è il mio scontro con Cato, che sembra veramente patetico, entrambi barcolliamo a causa delle allucinazioni. La mia fuga, la sua rabbia e io che giaccio sotto lo strato di fango che mi ha salvato.
Ecco le immagini dell’alleanza tra Rue e Katniss, sento che stringe la mia mano più forte quando arriva il momento della morte della bambina e di Marvel. Manca la scena che Katniss mi ha descritto, in cui ricopre il suo corpo di fiori, poi capisco. È qualcosa di troppo ribelle per essere celebrato questa sera. Bastano le bacche che non possono omettere.
Sento che Katniss mormora le parole della canzone che ha cantato a Rue e che io ho sentito trasportata attraverso il bosco dalle ghiandaie imitatrici.
L’annuncio di Claudius nella notte e Katniss che urla il mio nome e poi si tappa la bocca con entrambe le mani. È una bella scena, inaspettata. Ma tutto mi sembra così distante, non vedo l’ora che finisca. Vedere i tributi che cadono non è altro che l’ennesimo Hunger Games a cui assisto. Sono cresciuto con queste immagini negli occhi, che ci sia anche io là in mezzo non cambia nulla.
Lei che mi viene a cercare, mi cura, il nostro periodo nella grotta, il festino, la morte di Clove, Tresh che se ne va e Katniss che torna da me ferita. La pozza di sangue in cui giace al mio risveglio e poi noi che ci baciamo nella grotta. La morte di Cato lenta e crudele, le bacche velenose e tutto si conclude con Katniss che prende a pugni le porte trasparenti della mia sala operatoria nell’hovercraft gridando il mio nome. Quella Katniss che sembra così diversa da quella che ho accanto.
Le luci si riaccendono, suona l’inno e ci alziamo in piedi quando il presidente Snow entra accompagnato da una bambina che regge una corno d’oro su un cuscino color porpora.
Il pubblico mormora perché si aspettava una doppia incoronazione, ma poi il presidente sorride e alzando la corona la spezza in due metà identiche e ne posa una sul mio capo e una su quello di Katniss. Avverto la tensione nei loro sguardi nonostante i sorrisi falsi stampati sulle loro facce.
Un grande applauso e saluti al pubblico, mi muovo meccanicamente, un manichino del loro stupido show, in attesa che tutto questo finisca.
Caesar augura la buonanotte ai telespettatori e raccomanda a tutti di sintonizzarsi domani per la nostra intervista finale.
Ma per noi la serata purtroppo non finisce, anzi inizia ora.
Senza neanche lasciarci il tempo di prendere fiato ci trascinano alla residenza del presidente Snow dove si tiene il consueto Banchetto della Vittoria, ma nonostante la quantità incredibile di cibo sui diversi tavoli imbanditi, non ci lasciano neanche il tempo di mangiare, tutti vogliono parlarci, fare foto con noi. Personaggi importanti di Capitol City tutti diversi, ma tutti uguali per me. Sorrido forzatamente e cerco anche di fare qualche battuta ogni tanto. Katniss si aggrappa a me e io mi aggrappo a lei, restiamo mano nella mano per tutta la serata, sorreggendoci a vicenda. È questo il nostro destino, sostenerci l’un l’altro.
Inizio ad avere sonno, ma non possiamo sicuramente andarcene, quindi continuo a sorridere, fare foto, ringraziare sconosciuti dei complimenti e le congratulazioni che ci fanno, citando episodi dei nostri giochi che quasi neanche ricordo.
È quasi l’alba quando ci riportano ai nostri appartamenti al dodicesimo piano del Centro di Addestramento.
Haymitch mi dice di andare con Portia e si allontana con Katniss in direzione opposta alla nostra, sono troppo stanco per mettermi a discutere, anche se vorrei passare un po’ di tempo da solo con lei.
-Perché ci state tenendo separati? – chiedo alla mia stilista.
-Avrete tanto tempo quando tornerete a casa – risponde evasiva –Adesso vai a riposare, domani alle due dovrete essere in onda.
Non faccio storie, ma vorrei veramente parlare con Katniss senza la pressione delle telecamere.
E ho intenzione di farlo. Mi infilo sotto le coperte e non sono mai stato così grato di avere un letto. Il materasso soffice avvolge il mio corpo e lo sostiene facendomi rilassare. Niente a che vedere con il sacco  a pelo sui duri sassi della grotta.
Ma non riesco ad addormentarmi comunque, quindi inizio a pensare di uscire, magari intrufolarmi nella sua camera, solo per parlare. Ho quasi la certezza che anche lei non stia dormendo.
Quindi mi alzo, e saltello in punta di piedi fino alla porta, ma quando abbasso la maniglia capisco che la mi hanno chiuso in camera. La terribile sensazione di prigionia, la stessa che avevo nell’ospedale, mi riassale. Allora è così? Siamo intrappolati per sempre al volere della capitale?
Torno nel letto e non riesco a non pensare a come potrebbe essere la mia vita, la mia futura vita da mentore. Mi immaginavo un radioso futuro con Katniss, ma adesso tutto sfuma in una successione di anni grigi in solitudine, alla mercé della capitale.
Fortunatamente il sonno ha la meglio sulla mia mente stanca ed è la voce di Effie Trinket, squillante e forse più allegra del solito a svegliarmi la mattina seguente.
Faccio colazione e ovviamente Katniss non c’è a farmi compagnia, quasi non mi lasciano il tempo di finire che mi trascinano a prepararmi per l’intervista. Non ho il tempo di parlare con nessuno che il mio team di preparatori inizia a lavorare. Chiacchierano della serata appena trascorsa, di come si sono emozionati e, come sempre, spengo le orecchie.
Portia mi fa indossare un completo elegante bianco e rosso.
-Emozionato? – chiede per fare un po’ di conversazione.
-No – rispondo con sincerità – Voglio solo tornare a casa.
-Lo farai presto – dice sorridendo – Adesso scendiamo dai. Stai da favola.
Ed è vero, ancora una volta i suoi vestiti mi fanno apparire più bello e forte di quanto non mi senta.
La nostra ultima intervista si terrà privatamente, solo noi, Caesar e qualche cameraman. Niente pubblico, niente effetti di luce. C’è il divanetto in cui siamo stati seduti ieri sera circondato da vasi pieni di rose rosse e rosa. Katniss indossa un vestito bianco e leggero. Appena la vedo e siamo per un momento soli la tiro per un braccio da parte.
-Non sono neanche riuscito a incontrarti. Haymitch sembra determinato a tenerci separati – dico per iniziare -Be’ rimane solo questo, poi ce ne andiamo a casa. A quel punto, non potrà continuare a sorvegliarci – aggiungo.
Katniss ha un brivido, ma non fa in tempo a rispondermi perché è tutto pronto per la diretta.
-Coraggio, appoggiati a lui, se vuoi. Ieri è stato molto dolce – suggerisce Caesar a una Katniss seduta un po’ rigida accanto a me.
Segue il consiglio del presentatore e riassumiamo una posa simile a quella della sera precedente, la stringo forte per farle sapere che ci sono e che non deve preoccuparsi di niente.
-Ed eccomi qua con i nostri carissimi sfortunati amanti del Distretto 12! Katniss Everdeen e Peeta Mellark, i vincitori dei settantaquattresimi Hunger Games! – dice Caesar dopo il conto alla rovescia dell’equipe di cameraman. Siamo in diretta nazionale, tutta Panem è costretta a guardare la nostra commediola.
-Non più così sfortunati – lo correggo io. So che Katniss dirà a malapena due parole quindi, se voglio che questa intervista piaccia a qualcuno dovrò darmi parecchio da fare. Caesar è meraviglioso come sempre e coglie al volo ogni occasione per fare una battuta di spirito e far sembrare una risposta banale migliore di quanto non sia.
Ogni tanto rivolge qualche domanda singolarmente a ognuno dei due, ma per il resto del tempo Katniss lascia che sia io a parlare. Ovviamente il nostro giovane amore è l’argomento principale.
-Bene, Peeta, dai vostri giorni nella grotta sappiamo che per te è stato amore a prima vista. Da quando, dai cinque anni? – chiede Caesar curioso.
-Dal momento in cui ho posato lo sguardo su di lei – rispondo, forse esagerando un po’.
-Che rincorsa è stata per te, invece, Katniss. Credo che la vera emozione per il pubblico sia stata guardare te che ti innamoravi di lui. quando hai capito che lo amavi?
-Oh, questa è difficile.. – dice Katniss abbassando lo sguardo, una risatina nervosa le sfugge.
Già, bella domanda Caesar, proprio difficile.
-Be’, so quando l’ho capito io. La notte in cui hai urlato il suo nome da quell’albero, vero? – incalza il presentatore per non lasciare momenti di vuoto imbarazzante.
-Sì, immagino che sia stato allora. Voglio dire, fino a quel punto avevo solo cercato di non pensare a quali potessero essere i miei sentimenti, perché era qualcosa che mi disorientava, e volergli bene sul serio peggiorava le cose. Ma poi, sull’albero, tutto è cambiato – dice Katniss cavandosela benone. Mi chiedo persino io quanto se ci sia un fondo di verità nelle sue parole.
-Perché, secondo te?
-Forse… perché per la prima volta… avrei potuto averlo per me – dice titubante.
Caesar si toglie di tasca un fazzoletto e asciuga lacrime di coccodrillo per la sua profonda commozione.
-Allora, adesso che mi hai avuto, cosa farai di me? – chiedo appoggiando la mia fronte contro quella di Katniss.
-Ti metterò in un posto dove nessuno ti farà del male – dice, poi la bacio, e le sue labbra morbide mi fanno sentire che è vero.
Caesar allora si dedica alle ferite che abbiamo subito nel corso dei giochi, io sono più bersagliato di domande, Katniss oltre alla bruciatura e al taglio alla tempia ha avuto solo piccole lesioni, io in confronto sembra un miracolo che sono ancora in piedi.
-E dimmi, Peeta, come ti trovi con la tua nuova gamba?
-Nuova gamba? – chiede Katniss e subito alza un lembo dei miei pantaloni per scoprire la protesi meccanica.
-Non te l’ha detto nessuno? – chiede Caesar.
-Io non ne ho avuto la possibilità – dico facendo spallucce mentre Katniss scuote la testa disorientata.
-È colpa mia – mormora – Perché ho usato quel laccio emostatico.
-Sì è colpa tua se sono vivo.
-Ha ragione. Senza il laccio, sarebbe sicuramente morto dissanguato – mi sostiene Caesar, ma Katniss resta lo stesso abbastanza sconvolta. Il presentatore evita di farle domande per un po’, aspettando che si riprenda.
Quando però Caesar tira fuori il discorso delle bacche velenose chiede nuovamente a Katniss di intervenire.
-Katniss, so che hai avuto uno shock, ma devo chiedertelo. Nel momento in cui hai tirato fuori quelle bacche cosa avevi in mente?
Io lo so cosa aveva in mente, non certo un adorabile e struggente sacrificio d’amore, bensì la voglia di trovare a tutti i costi un modo di fregare la Capitale e i loro stupidi giochi. Un gesto di ribellione, come i fiori sul corpo di Rue. Un gesto semplice che però ha messo in crisi il sistema.
Ma questa non è certo una risposta che si può dare davanti a tutto il paese. Spero che Katniss se ne renda conto.
-Non lo so, io non… non potevo proprio sopportare il pensiero di… stare senza di lui – dice dopo una pausa che sembra durare un secolo.
-Peeta? Tu hai qualcosa da aggiungere? – chiede Caesar forse non soddisfatto da quella risposta così breve.
-No. Penso che valga per entrambi – è ora di tornare a casa.
Caesar fa segno ai cameraman di tagliare ed è tutto finito.
Katniss si allontana alla svelta e non ho neanche questa volta il tempo di seguirla perché Effie mi si para davanti sorridente e mi abbraccia commossa.
-Oh, Peeta caro! – esclama.
Da quando sono uscito dall’ospedale non ho ancora avuto occasione di incontrarla e purtroppo non posso rimandare.
-Sono così felice che ce l’abbiate fatta entrambi, non avrei sopportato l’idea di dover scegliere tra uno di voi due – continua, mi limito a sorridere e ringraziarla del lavoro che ha fatto per noi, che è stata fantastica ecc ecc.
Quando Katniss ritorna ci caricano in un’automobile dai vetri oscurati, giusto il tempo degli ultimi saluti frettolosi e poi ci conducono in stazione dove il treno diretto verso il Distretto 12 ci aspetta pronto a sfrecciare attraverso i distretti per riportarci a casa.
La capitale si allontana e mi concedo di pensare alla gioia di riabbracciare i miei cari, di tornare alla mia vecchia vita. So che non sarà mai uguale a prima, e ho paura di quanto la mia nuova vita potrebbe essere distante da quella a cui ero abituato, ma in ogni caso sarò di nuovo il figlio del fornaio, il ragazzo che decora le torte e cura la vetrina. Niente di più.
So che tra solo qualche mese dovremo celebrare il Tour della Vittoria, un lungo viaggio attraverso i distretti per ricordare a tutta Panem che gli Hunger Games non finiscono mai, ma per ora non voglio pensarci.
Dopo aver visto tutti insieme una replica dell’intervista di oggi pomeriggio entro nella mia camera per farmi una doccia e cambiarmi. Tolti i vestiti sfarzosi e il trucco mi guardo allo specchio e vedo finalmente me stesso, se non fosse per la protesi che mi fa sentire un robot, tutto il resto è del Peeta che conosco.
Quando torno in mezzo a tutti gli altri cerco subito Katniss e la circondo con il braccio, ma mi rendo conto che più ci avviciniamo a casa, più lei diventa fredda e indifferente. Cosa sarà di noi due una volta tornati alle nostre vecchie vite? Non oso immaginarlo.
Quando il treno fa una sosta per fare rifornimento io e lei usciamo, mano nella mano camminiamo lungo i binari sull’erba di un verde accesissimo. Vorrei parlarle e chiederle se c’è qualcosa che non va, ma ho paura della risposta e preferisco restare in silenzio. Raccolgo un mazzo di fiori selvatici per lei, ma la sua reazione è tutto meno che spontanea. Come quella sera nel centro di addestramento “Per favore, non fingiamo di essere amici quando non c’è nessuno”.
Niente telecamere. Niente finzioni. Niente sentimenti.
Non ce la faccio più, devo parlarle, devo sapere.
-Cosa c’è che non va? – chiedo.
-Niente – risponde secca, e resta in silenzio. Un silenzio che fa più male che mille parole.
Haymitch appare all’improvviso battendoci una mano sulle spalle, sobbalziamo entrambi dallo spavento.
-Gran lavoro, voi due – dice a bassa voce – Tenetelo in piedi anche nel distretto, finché non se ne vanno le telecamere. Dovremmo essere a posto.
Se ne va senza dare il tempo di ribattere.
-Cosa vuol dire? – chiedo a Katniss affianco a me. Non capisco perché dovremmo essere a posto.
-È per quelli di Capitol City. Non gli è piaciuta la nostra trovata delle bacche – risponde all’istante.
-Cosa? Di cosa stai parlando? – domando preoccupato.
-È sembrata troppo ribelle. Perciò negli ultimi giorni Haymitch mi ha dato istruzioni. In modo che non peggiorassi le cose.
-Ha dato istruzioni a te? Non a me, però – protesto, mentre prendo un appunto mentale di andare a discutere con Haymitch quando saremo ritornati a casa.
-Sapeva che eri abbastanza sveglio da capire.
-Non sapevo che ci fosse qualcosa da capire. Stai dicendo che in questi ultimi giorni… e immagino… anche nell’arena, allora… quella era solo una strategia che avete architettato voi due?
È il momento di cacciare fuori ogni sospetto, se voglio delle verità è questo il momento. Ovviamente avevo capito che c’era qualcosa che non andava, ma mostrarmi all’oscuro di tutto mi farà ottenere più risposte.
-No. Voglio dire, sai bene che non potevo parlare con lui nell’ arena – balbetta.
-Ma tu sapevi cosa voleva da te, giusto? – certo che lo sapeva, ma voglio che sia lei a confessare, la rabbia mi monta dentro e voglio trovare ogni buon motivo per essere in collera con lei.
Si morde il labbro, smarrita –Katniss? – la incalzo cercando di non perdere ulteriormente le staffe. Mi accorgo che siamo ancora mano nella mano e la lascio andare disgustato. E io che credevo che in fondo qualcosa ci fosse.
-È stato tutto per le telecamere. Il tuo modo di comportarti.
-Non tutto – si giustifica lei. Ma non le credo. Non ci riesco.
-Allora quanto? – chiedo alzando la voce – No, lascia perdere. Immagino che la vera domanda sia: cosa resterà quando torneremo a casa, vero?
-Non lo so. Più ci avviciniamo al distretto 12, più sono confusa – inizia, ma dopo un po’ che aspetto ulteriori spiegazioni mi rendo conto che non arriveranno.
-Be’ fammi sapere quando l’avrai capito – dico, e mi allontano di fretta.
Mi sento male, un dolore forte al centro del petto che mi mozza il fiato e mi stringe la gola in un nodo.
Ho sempre saputo veramente dentro di me che c’era qualcosa di sbagliato nel suo comportamento, ma ho continuato a sperare che magari si stava veramente affezionando a me. Invece no.
Confusa. Che me ne faccio io della sua confusione, adesso, più che mai, ho bisogno di una persona che possa garantirmi di starmi accanto. So che Katniss ha fatto l’unica cosa che poteva fare, so che ci ha salvati entrambi giocando agli innamorati. L’unico problema è che per me non era affatto un gioco, e adesso che me ne rendo veramente conto mi sento uno stupido per averle aperto il mio cuore senza pensarci due volte.
Mi fiondo in camera ignorando Effie che mi ricorda che tra poco sarà ora di cena. Ho lo stomaco sottosopra e non ho certo intenzione di cenare con Katniss costretto a sorridere come uno stupido.
Ci credevo, in quei sorrisi, in quel tenersi per mano, la sua testa appoggiata sulla mia spalla. Ho creduto in ogni gesto e in ogni parola perché volevo che fosse vero. Lo volevo così tanto che mi sono lasciato ingannare, mantenendo il sospetto vivo che forse mi sbagliavo, ma ignorando la voce della verità che mi urlava dentro.
Troppo stupido per fidarmi dei miei sospetti, troppo innamorato per non crogiolarmi in quel finto bene che Katniss aveva iniziato a volermi. Quella sensazione di calore quando le nostre labbra si sfioravano.
Mi sdraio sul letto lanciando via i mille cuscini messi ordinati dal più grande al più piccolo da qualche inserviente del treno. Rimango a fissare il soffitto e nessuno mi viene a disturbare per chiamarmi. Magari Katniss si è inventata qualcosa per farmi lasciare in pace, o forse l’hanno capito da soli che non voglio farmi vivo.
Vorrei urlare, vorrei piangere, ma la prima cosa non posso, l’altra non riesco. E non voglio. Sono stufo di essere debole a causa sua. Posso andare avanti senza di lei, non siamo più nell’arena siamo fuori, posso ricominciare tutto da capo.
Mi chiedo se saremo costretti per sempre a inscenare annualmente il nostro amore davanti a Panem. Forse si, forse ci lasceranno in pace, ma dubito. Forse potremmo inscenare una clamorosa separazione, da discutere con Haymitch ovviamente.
Lui, la mente dietro tutto questo. Aveva capito che ero innamorato di Katniss e l’ha guidata verso l’unica possibile scelta. Chissà che non ci sia il suo zampino persino nell’annuncio dei due vincitori dello stretto distretto. E la più grande pecca è che non posso far altro che ringraziarlo per aver strumentalizzato i miei sentimenti e avermi portato a casa quasi tutto intero.
Mi infilo con la testa sotto le coperte e provo a dormire qualche ora. Domani io e Katniss dovremo essere di nuovo innamorati, non sono abituato a recitare, ma dovrò almeno tentare. Tenere da parte ogni sentimento, solo un rapporto professionale. Due attori, due tributi che si sono salvati la vita a vicenda. Niente di più.
Come la fredda alleanza dei favoriti. Pura e semplice legge di sopravvivenza. Un fragile legame dettato dall’interesse comune. Niente di più?
No, devo semplicemente smettermela di chiedermelo. Se c’è qualcosa di più sta a Katniss deciderlo, non a me. Continuerei a farmi del male da solo.
Il mattino arriva in un modo o nell’altro. Ma non me la sento di uscire, quindi quando un senza voce entra per sistemarmi la camera gli chiedo se può portarmi la colazione.
Rientra dopo una decina di minuti con un vassoio stracolmo di cose buonissime da mangiare che divoro avidamente perché adesso la fame arretrata di ieri sera si fa sentire. Ancora una volta il pane mi ricorda di quanto vicino a casa sono. Manca veramente pochissimo.
Aspetto per un po’ nella mia stanza poi decido di andare a cercare il mio mentore.
Fortunatamente, come speravo, non incrocio Katniss nel corridoio e raggiungo la stanza di Haymitch dove non ho dubbi di trovarlo. Sperando sia sveglio.
Busso piano e dall’interno mi dice di entrare. Sembra quasi cordiale, ma sul suo volto si dipinge un sincero stupore quando faccio il mio ingresso. Evidentemente non mi aspettava.
-Che succede, ragazzo? – chiede in tono vago. Ma penso sappia benissimo il motivo della mia visita.
-Possiamo parlare? – gli chiedo, in tutta risposta mi indica la telecamera nella sua stanza: rotta.
-Voglio sapere cosa le hai detto, voglio sapere tutto. Credo di averne il diritto, sono stanco del tuo scavalcarmi nel prendere decisioni. Da qui in avanti mi farai consapevole dei tuoi piani, chiaro?
Ridacchia, se Haymitch ha una dote, sicuramente è quella di dare i nervi alla gente nel momento meno opportuno.
-Ok. Sai benissimo che quello che ho fatto l’ho fatto solo per voi due.
-Lo so.
-E non ho detto granché a Katniss, ha solo capito quello di cui avevo bisogno per portarvi a casa. Per la maggior parte, la ragazza se l’è cavata alla grande da sola. Su di te non ho mai avuto dubbi.
-Ma dai… - commento, nonostante tutto sono arrabbiato.
-Non posso tornare indietro. Ho fatto quello che ho dovuto, puoi anche tenermi il broncio, ma non cambierà le cose. Vuoi sentirmelo dire? Mi dispiace di aver giocato coi tuoi sentimenti, ma sei vivo: è l’unica cosa che conta – dice. E non posso ribattere in nessun modo, perché so che nonostante tutto ha ragione.
-Che succede adesso che torniamo al Distretto 12? – chiedo invece.
-Niente. Sorridete per il pubblico, fate i carini e poi quando le telecamere ce ne andiamo tutti a casa propria. Quando torneranno le troupe per il Tour della Vittoria di nuovo baci e carezze e così quando sarete mentori e così per sempre.
-Non possiamo semplicemente rompere? – propongo.
-È un’ipotesi da considerare, ma sicuramente non alla svelta. Quella signorina ha avuto certamente una grande idea con la storia delle bacche, ma a Capitol City non piacciono le buone idee. È sembrata una sfida: lei ha vinto su loro e non è il messaggio che intendono mandare con gli Hunger Games.
-Siamo in pericolo?
-Non possono toccarvi adesso che l’intera nazione vi adora. Ma chi può dire quanto grave la cosa potrebbe essere. Bisogna agire con cautela e lasciar calmare le acque – dice Haymitch pensoso.
-Voglio che mi mantieni informato, non mi interessa quello che mi chiederai di fare, ma voglio sapere il perché di ogni scelta, promettimelo.
-Promesso – sbuffa – E adesso ricordati, sorrisi, saluti e falli contenti.
Annuisco e me ne vado. Spero di poter contare sulla sua parola. È quasi l’ora prevista per il nostro arrivo, quindi mi vado a vestire e poi cerco Effie che è con Katniss davanti al finestrino, guardando la stazione del Distretto 12 che non ha niente a che vedere con quella da cui siamo partiti.
Telecamere, persone felici che allungano il collo.
Allungo la mano verso quella di Katniss – Ancora una volta? Per il pubblico? – dico senza espressione.
Prende la mia mano e la stringe forte, ma ignoro il brivido che il contatto con il suo corpo mi provoca. Guardo fisso fuori dal finestrino e mi sforzo di sorridere.
Ancora una volta.
Chissà per quanto.
 
 
 
 
FINE DEL PRIMO LIBRO
 
 
Ciao a tutti,
questa storia compie due mesi esatti ed è giunta al termine! Ho pensato di scrivere due parole che chi non avesse voglia di leggere può benissimo ignorare ahaha.
Come prima esperienza in assoluto nel grande mondo delle fan fiction ho trovato che scrivere questo genere di storie permetta di concentrarsi molto sul come piuttosto che sul cosa.
Inoltre lavorare con i personaggi di una storia già creata dà la possibilità di raccontare la propria personalissima visione del libro, di come lo si è vissuto e interpretato e ho adorato poter aggiungere qualcosa di me dentro agli Hunger Games.
Sono immensamente grato a tutti voi lettori mi avete mostrato un supporto incredibile recensendo, inserendo la storia tra preferite/ricordate/seguite (siete veramente tantissimi, grazie!) o anche semplicemente leggendo perché è stata la prima volta che non ho scritto unicamente per me, ma anche per qualcun altro che sapevo ansioso di leggere un nuovo capitolo.
Ringrazio anche tutti coloro che mi hanno chiesto di continuare con gli altri episodi della trilogia e sono stato felice di poter rispondere di sì, perché quando ho ideato questo progetto di fan fiction essa comprendeva appunto tutti e tre i meravigliosi libri della serie. Sarà una grande avventura che è appena iniziata e spero che continuerete a seguirmi tutti quanti e a mostrarmi lo stesso appoggio che mi avete dato durante questo periodo.
Non so con precisione come mi organizzerò per la prossima storia anche se credo che la inserirò in una serie con questa che si è appena conclusa, vi invito a leggermi anche sotto altre vesti, continuerò a dedicarmi principalmente agli Hunger Games, ma ho intenzione di fare anche altri progetti e mi piacerebbe sapere la vostra opinione dato che avete apprezzato tanto il mio modo di scrivere e non avete perso occasione per farmelo sapere.
I miei ringraziamenti speciali vanno a Giada che mi ha prestato il suo libro e (purtroppo per lei) sarà obbligata a prestarmi anche gli altri due, perché è stata lei a farmi entrare nel mondo degli Hunger Games, a sostenermi da quando ho iniziato a scrivere e so che continuerà sempre a farlo.
Auguro a tutti un buon anno nuovo perché dubito che ci risentiremo prima. Domani parto quindi mi prenderò una piccola pausa, ma non preoccupatevi, ci risentiremo presto!
Un bacione a tutti quanti e ancora mille grazie,
-samubura-


AVVISO: Ho iniziato la seconda parte di questa storia! Potete trovarla qua: http://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2386599&i=1  


 
   
 
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