Buondì!
Lo
so, gli aggiornamenti regolari non sono il mio forte, ma consolatevi: l’odissea
di questa storia –che si trascina da un anno e più- sta per finire perché avete
di fronte l’ultimo capitolo prima dell’epilogo.
E
manca tanto così alla scelta.
Per pura curiosità: voi lettori con chi fareste finire Lila?
Perciò,
accomodatevi e godetevi il capitolo.
Capitolo XI
Send me away with the words
of a love song
She'll know I'm safe with you when she stands under my colors
Oh, and life ain't always what you think it ought to be, no
Ain't even gray, but she buries her baby
If I die young, The Band Perry
Quattro
giorni dopo era ancora tutto tranquillo.
Lila
era decisissima a godersi un giorno -uno solo, non chiedeva certo tanto!- di
meritato risposo come lo intendeva lei.
E
ciò non comprendeva un letto, coperte, bevande calde e cinque Vendicatori nella loro miglior
versione di chiocce protettive.
Così
si era svegliata molto presto e aveva convinto -più che altro obbligato- un
pilota molto gentile ad accompagnarla a terra.
Certo,
l'uomo era stato un po' reticente perché non aveva avuto nessuna autorizzazione
da parte di Fury, ma alla fine Lila era riuscita a persuaderlo a portarla giù
per poi venirla a prendere nel tardo pomeriggio.
Si
era fatta depositare su un tetto nei sobborghi di New York e ora camminava
tranquillamente per le strade di Manhattan, diretta verso Broadway.
Aveva
chiamato suo fratello e gli aveva detto di volerlo vedere, così gli aveva
concesso di saltare la scuola e di raggiungerla da Starbucks.
Un
comportamento non proprio da lei che doveva aver insospettito Simon, ma il
ragazzo non aveva protestato.
Lila
aveva bisogno di respirare un po' di normalità e credeva di averne anche il
diritto.
Insomma,
non la si poteva biasimare se per alcune ore cercava di sfuggire all'orrore che
era diventato parte della sua stessa vita.
Aveva
passato quattro giorni in una prigione, con l'incubo della morte sempre
accanto, e probabilmente mai avrebbe dimenticato le battaglie e la distruzione
di quei giorni...
Nell'ottica
di Lila, era quasi un dovere trovare qualcosa di cui sorridere di tanto in
tanto, in tutto quel caos.
Entrò
nel negozio e la accolse subito la familiare aria profumata di caffè, caramello
e latte.
Diede
un'occhiata in giro e scorse una ben nota chioma bionda che sorseggiava un
caffè e si pavoneggiava con alcune ragazzine in divisa, esibendo la tua felpa
della squadra di football come se fosse una medaglia al valore.
“A
volte mi chiedo come facciamo io e te ad essere parenti” lo prese in giro con
un sorriso sardonico.
“Sorella!”
si alzò e la strinse in un abbraccio da orso.
Simon
aveva solo quattordici anni, ma era già più alto di lei e con le spalle larghe
di un uomo. Non sapeva come avesse fatto a diventare così massiccio, ma
era sicura che non fosse una cosa di famiglia: prova ne era il fatto che lei
era tanto minuta e aggraziata quanto lui alto e massiccio.
Se
qualcuno li avesse visti -lei quasi bionda, piccola e lui castano scuro e
muscoloso- avrebbe pensato che non fossero neanche lontanamente parenti.
Quando
la lasciò libera di tornare a respirare Lila si accomodò sulla sedia di fronte
e ordinò un latte caramellato con tanta, tanta panna.
“Come
va con la scuola?” domandò con un sorriso disinvolto.
Simon
la scrutò con occhi attenti e alla fine si sporse verso di lei con
l'espressione più seria che gli avesse mai visto addosso.
“Cosa
c'è che non va, Lils?”
Quello
-l'innata
capacità di guardare dentro le persone- avrebbe invece confermato che erano
proprio fratello e sorella.
“Perché
dovrebbe esserci qualcosa che non va? E non hai risposto alla mia domanda”
“Tu mi hai fatto saltare la scuola. E tu non lo fai mai, a meno che non
sia qualcosa di veramente serio. Perciò, sorellina, dimmi qual è il problema,
senza girarci troppo intorno”
La
ragazza abbassò lo sguardo e si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore,
tamburellando le dita sul tavolo.
Non
poteva coinvolgere suo fratello in quella guerra, ma aveva bisogno di parlare
con qualcuno della situazione con Steve e Loki, qualcuno che non la giudicasse
e che l'avrebbe amata a prescindere da qualunque scelta avesse fatto.
“Mi
sono innamorata di un altro uomo” esalò alla fine.
“E
Steve? Lo amavi così tanto!”
“E
lo amo ancora! E' questo il problema, capisci? Come posso scegliere tra due
tipi di amore così diversi, eppure ugualmente forti?”
“Ok,
ho capito. Ora taci e ascolta, sorella” la fermò lui stringendole una mano.
Lila era stata una bambina, poi una ragazza e infine una donna decisa e forte.
Era stata un modello da seguire, non tanto per i suoi traguardi
-irraggiungibili per lui, in realtà- ma per la sua capacità di fare la cosa
giusta, anche quando era la scelta più difficile.
Spesso
lo aveva fatto per lui, spesso per sé stessa... ma questo non la rendeva una
persona perfetta, priva di macchie e sovrumana.
Al
contrario, sua sorella era tremendamente umana e Simon poteva solo immaginare
quanto le dispiacesse non riuscire a fare la cosa giusta.
“Io
adoro Steve e tu lo sai, ma non ti dirò di scegliere lui se non sei sicura e
spero non sia questo quello che ti aspettavi. Il punto non sono loro, ma tu: io
voglio che tu sia felice e forse il fatto che questo amore ti provochi
tanta sofferenza vuol solo dire che non sono le persone giuste per te. L'amore
dovrebbe essere la cosa che più ci avvicina alla magia, non dovrebbe
tormentarti fino a desiderare di fuggire. Non so cosa provi esattamente per
loro, ma qualunque sia la tua scelta, ti appoggerò sempre” la rassicurò.
“Cosa
mi stai suggerendo?”
“Sto
solo dicendo che non ti lascerò mai sola. Mi dispiace, ma dovrai sopportarmi
ancora per... il resto della tua vita?”
Lo
sguardo di Lila si addolcì mentre si alzava con il suo latte caramellato da
asporto. Simon la seguì e insieme uscirono dal locale.
“Ora
devo andare. Posso anche aver saltato la scuola, ma non posso mancare agli
allenamenti”
Lila
lo abbracciò. Mentre lo stringeva a sé si rese conto che di lì a poco si
sarebbe scatenata la più terribile delle battaglie che la Terra avesse mai
visto e che sarebbe potuta morire davvero. Non era un'opzione improbabile:
quella poteva essere l'ultima volta che abbracciava suo fratello.
Gli
occhi le si riempirono di lacrime. Lo faceva anche per lui, si disse, eppure
l'idea di un futuro senza Simon la distruggeva.
Aveva
amato suo fratello dal primo momento in cui aveva respirato ed era stato la sua
famiglia prima che arrivassero Kurt, Jackson e i Vendicatori.
“Qualunque
cosa succeda” gli sussurrò all'orecchio “ti vorrò sempre bene”
“Cosa
dovrebbe succedere, sorella?” rise lui e Lila provò una stretta allo stomaco
mentre si allontanava da lui.
“Niente,
hai ragione, ma sappi comunque che sono tremendamente fiera di ciò che sei
diventato”
“Sì,
modestia a parte, sono un fico”
“Sì,
ho fatto proprio un ottimo lavoro con te” scherzò Lila e Simon si imbronciò
borbottando parole incomprensibili.
Quando
si separarono, Lila prese a camminare in fretta per allontanarsi da Broadway.
Le parole di suo fratello l'avevano fatta riflettere.
Era
stato facile non pensare alla scelta che doveva fare fino a quando era stata
rinchiusa: aveva altro a cui pensare e nessuno l'avrebbe biasimata per questo.
Ma
ora che era tornata non poteva più esimersi. Mentre camminava e sbocconcellava
distrattamente un dolcetto comprato in
una piccola pasticceria, si ritrovò a fissare una grande fontana in pieno
Central Park.
Avrebbe
dovuto tornare per non far preoccupare nessuno, ma decise che poteva concedersi
qualche minuto per ammirare i giochi d'acqua e il riflesso del sole.
Da
quando era rimasta rinchiusa in quella microscopica prigione con Loki aveva
iniziato ad apprezzare di più gli spazi ampi e la solitudine. Non aveva mai
apprezzato tanto la libertà.
Ma
non era quello il motivo per cui voleva un po' di quiete. Doveva fare la sua scelta,
non c'era possibilità.
A
volte si chiedeva se non stesse diventando monotona: l'unica cosa a cui
riusciva a pensare ora era quella.
Non
poteva andare a impelagarsi in una storia più scontata: lei, lui, l'altro.
Con
uno sbuffò si lasciò cadere su una panchina, al sole: novembre era una stagione
fredda, ma quel giorno i raggi dorati erano tiepidi a sufficienza da scaldarle
il viso.
Steve
o Loki? Chi scegliere?
Aveva
sempre saputo di amare Steve e di farlo con un'intensità tale da togliere il
fiato. Non aveva mai provato un amore del genere per qualcuno.
Lui
tirava fuori il meglio di lei, la rendeva una persona migliore, degna di ogni
cosa buona.
Qualunque
ragazza sognava un amore di quel genere.
E
allora perché a lei non bastava?
Non
era quello il punto, comprese in un lampo. Non era questione di farsi bastare
Steve. Il problema era che non aveva chiesto di innamorarsi anche di Loki,
non lo aveva voluto per compensare una qualche insoddisfazione.
Era
successo e basta ed era stufa di chiedere scusa per quello.
Sì,
amava anche Loki. Forse non allo stesso modo di Steve, ma sicuramente con la
stessa intensità.
Fu
quel pensiero a farle capire che non avrebbe mai potuto scegliere.
Avrebbe
voluto e dovuto farlo, ma se li amava con la stessa forza... come fare a dire
addio a uno dei due?
Sapeva
che se avesse scelto, prima o poi avrebbe fatto pesare quella decisione sul
capo del fortunato e non era ciò che voleva.
C'era
un'unica cosa da fare, anche se questa le avrebbe spezzato il cuore, un'unica
decisione da prendere e...
All'improvviso
i suoi pensieri vennero interrotti da un boato assordante e dalle urla di
migliaia di persone.
Scattò
in piedi e notò, al di là della sommità degli alberi, filoni di fumo e polvere
provenienti dal 'Upper West Side.
Non
ci volle molto a capire cosa stesse accadendo e tutto divenne ancora più palese
quando notò il varco nel cielo.
Non
aveva tempo di inorridire, così corse in direzione della battaglia. Mentre si
muoveva afferrò l'auricolare che per precauzione portava sempre con sé e se lo
infilò.
“Ragazzi,
mi sentite?”
Quando
non ricette risposta si lasciò scappare un'imprecazione colorita.
“Dannazione,
volete rispondere?”
“Lila,
sono Bruce. Che succede?”
“Thanos
sta attaccando New York. Dovete venire qui, ora. Io mi sto dirigendo verso la
zona”
“Aspetta!
Non puoi andare da sola!” la richiamò la voce di Steve.
“Sono
già qui, non starò ad aspettare che tutto sia distrutto. Fate in fretta” gridò
mentre entrava nel pieno dell'azione.
Sembrava
di rivedere l'attacco dei chitauri di sei mesi prima. Alcuni edifici stavano
crollando, la gente correva da una parte all'altra, tutto intorno a lei c'erano
macchine distrutte e altre che bruciavano.
Era
uno spettacolo terribile, uno scenario di morte e distruzione che mai Lila
avrebbe potuto dimenticare.
“Lila,
no, aspetta! Dannazione, fermati!”
“Muovetevi”
ribadì prima di chiudere le comunicazioni. Le avrebbe riaperte una volta che
fossero comparsi sul campo di battaglia.
Diamo
il via alle danze.
*
“Io.
Odio. I. Chitauri” ringhiò Tony mentre si risollevava dalla polvere.
Al
suo fianco, tutti gli altri Vendicatori erano sudati, sporchi di polvere e
sangue. Ed erano tutti stremati: combattevano da ore senza pause e al massimo
delle loro forze.
Natasha
e Lila sembravano le più provate, ma dopotutto erano umane e combattevano senza
l'ausilio di armature.
Nessun
essere semplicemente umano avrebbe retto a ritmi del genere, ma erano entrambe
decise a non mollare.
“Il
peggio deve a-ancora a-arrivare” ansimò Lila mentre si piegava su un fianco e tossiva
per lo sforzo, salvo poi spostare la testa a destra e sinistra.
Non
era solo la stanchezza del corpo a stordirla, ma anche quella dello spirito. I
suoi occhi avevano visto morti, sangue,
devastazione a sufficienza per infiacchire anche l'animo più coriaceo.
Era
sconfortata: se non avevano potuto salvare tutto quelle vite, per cosa
combattevano?
“Dovresti
riposarti un po'” azzardò Steve e Lila alzò lo sguardo su di lui,
fronteggiandolo con una strana luce negli occhi.
“Fingerò
che tu non abbia aperto la bocca per dire una stronzata tanto grande” sibilò e,
pur nella confusione, il linguaggio di Lila attirò la loro attenzione. Lei non
era mai volgare, mai, neanche per sbaglio.
“Scusate,
divento sboccata quando sono arrabbiata. E nervosa. E stressata. Ho bisogno di
un centro benessere” gemette alla fine, facendo sorridere tutti per un attimo.
Poi
tornarono a combattere, forse con più forza di prima.
Lila
aveva ragione: il peggio non era ancora arrivato dal momento che Thanos non era
ancora giunto.
Nessuna
comparsa, neanche breve. Niente.
Quell'assenza
era sospetta e quantomeno preoccupante.
Lila
pugnalò un mostro e si lasciò cadere per un attimo a terra, ansante. Sentiva i
polmoni in fiamme, le gambe molli e la testa pulsante.
Ogni
respiro era una sofferenza e sembrava che qualcuno la infilzasse la trachea con
lame roventi.
All'improvviso
i chitauri si ritrassero e accerchiarono i Vendicatori che a loro volta si
strinsero in un cerchio, guardandosi le spalle a vicenda.
Una
luce azzurra, familiare e inquietante, illuminò brevemente la strada e le
macerie per poi dissolversi, lasciando il posto a lui.
Thanos.
Solo
quando lo vide sul viso di quel mostro, Lila capì quanto aveva sperato di
vederlo comparire.
Non
aveva mai provato un disprezzo così intenso, così pulsante, verso qualcuno, ma
non le faceva paura.
Era
galvanizzante, un veleno caldo che le serpeggiava lungo le membra e le fece
vibrare in gola un ringhio.
Fu
felice di vedere che non sorrideva più. Al contrario, sembrava furibondo.
“Pagherete
entrambi per avermi ingannato” sibilò e per qualche strana ragione a Lila
ricordò il suono di un serpente pronto ad attaccare.
“Che
ne dici di fare meno chiacchiere e più a botte?” lo istigò Tony mentre tutti i
Vendicatori serravano la propria presa sulle armi.
“Vi
do un'ultima chance, Vendicatori” esordì Thanos “consegnatemi il Tesseract e
quei due e avrete salva la vita insieme alla libertà del vostro pianeta”
Se
non avesse chiesto la consegna del cubo sarebbe stata un'offerta allettante,
quasi impossibile da rifiutare.
Sarebbe
stato bello poter ottenere una vittoria senza combattere, senza rischiare di
sacrificare nessuno, ma non a quel prezzo.
Il
Tesseract doveva restare ad Asgard, al sicuro. Senza contare che nessuno
avrebbe permesso a Thanos di portare via Loki e Lila.
Nessuno
lo disse, ma nemmeno per un attimo i Vendicatori presero in considerazione di
cedere la vita di quei due per la loro libertà.
Lila
spostò lo sguardo su tutti loro e vide impressa nei loro occhi la stessa
sicurezza che era sicura fosse presente anche nei propri.
In
un attimo comprese quanto grande dovesse essere l'affetto che nutrivano per lei
e, a dispetto di tutto, per Loki.
Se
ne sentì toccata e commossa perché mai avrebbe pensato che qualcuno avrebbe
scelto una guerra pur di salvare lei.
Non
che fosse l'unica ragione, questo lo sapeva. Ciò nonostante non riuscì a
levarsi di dosso la sensazione di intenerimento che le accese gli occhi.
“Grazie
per l'offerta, ma ci vediamo costretti a rifiutare” affermò con sicurezza
Steve.
Cadde
una calma irreale sul campo di battaglia, ma tutti sapevano che era la quiete
prima della tempesta.
Lila
sfruttò quegli ultimi secondi di pace per posare lo sguardo su Steve e poi su
Loki. Se fosse sopravvissuta a quella guerra, avrebbe detto loro qual'era la
sua scelta
perché oramai non aveva più dubbi.
Era
la cosa migliore da fare, anche se dentro di sé si sentiva morire per la
tristezza e il suo cuore si accartocciava per il dolore.
Decise
che non voleva pensarci, non ora. Le bastava vederli lì, accanto a lei, ancora
entrambi suoi, anche se forse era un pensiero egoista.
Un
mezzo sorriso fece la sua timida comparsa sul suo viso, ma venne presto
spazzato via dal boato che diede inizio allo scontro.
Lila
aveva un obbiettivo. E non era quello di arrivare viva alla fine della guerra
-non solo almeno- ma qualcosa di molto più ambizioso.
Voleva
Thanos.
Sapeva
che era folle, sconsiderato e imprudente -e probabilmente i Vendicatori
l'avrebbero placcata prima che lo raggiungesse- ma voleva saldare il vecchio
debito e non si sarebbe data pace fino a quando non lo avesse fatto.
L'umiliazione
bruciava e le ferite erano un monumento ad essa, un ricordo inciso su di lei.
Non
avrebbe perdonato né dimenticato ciò che aveva fatto a lei e a Loki e voleva
saziare quell'insano desiderio di vendetta.
Era
riuscita a strappare una lancia ad un chitauro e l'aveva eletta a sua arma,
scoprendo con essa un' affinità maggiore di quanto avrebbe mai immaginato: le
piaceva ed era facile maneggiarla.
Con
un gesto secco la strappò dal torace di un mostro morente e si guardò intorno
alla ricerca del suo nemico.
In
un altro momento, un gesto così crudo l'avrebbe almeno turbata, ma non in quel
frangente.
La
guerra priva l'uomo della sua umanità, pensò con amarezza, salvo poi svuotare la mente.
Aveva
scoperto che era più facile se si lasciava andare all'istinto, se permetteva al
disperato desiderio di vivere di guidarla.
Non
trovò Thanos e questo gli parve strano: dove poteva essere andato?
Steve
combatteva con un'orda di chitauri, Bruce e Natasha combattevano a terra,
mentre Thor e Tony controllavano il perimetro, il tutto sotto l'occhio vigile
-e la freccia pronta- di Occhio di Falco.
Che
fosse fuggito? Era certa che volesse ucciderli di persona e non credeva di
essersi sbagliata.
Eppure
lì lui non c'era, di questo era certa.
Voltò
il capo in ogni direzione, scansando attacchi e distruggendo avversari di
quando in quando fino a quando non si trovò in un punto più esposto degli
altri.
E
li lo vide: Thanos che le sorrideva, crudele.
Qualcuno
aveva detto che basta un attimo perché tutto cambi e in effetti fu questione di
un secondo.
Vide
Thanos alzare lo scettro, una raggio di luce partire da esso e attraversarla.
Dopodiché
fu il buio.
Ma
non erano le tenebre accoglienti e prive di paura nelle quali si dovrebbe
intravedere la luce, no.
Erano
dolorose e contorte, come un labirinto.
Le
sembrava le stessero lacerando le pelle in mille punti e ogni parte del suo
corpo andava alla deriva.
Non
aveva il controllo delle gambe, delle braccia, del viso... era intontita,
confusa e ogni volta che provava a focalizzare l'attenzione su un pensiero la
testa pulsava fino a darle la nausea.
Sentiva
lo stomaco bruciare come se dentro vi fosse lava e avrebbe voluto poter parlare
per chiedere aiuto.
Per
quanto tentasse di riprendere il controllo del proprio corpo questo le sfuggiva
e cadeva in uno stato di incoscienza fino a quando una nuova fitta non la
riportava indietro.
Il
dolore era insopportabile ed eccessivo.
Il
silenzio era irreale, soprattutto perché aveva la vaga sensazione che avrebbe
dovuto udire il rumore di qualcosa, anche se non ricordava cosa e le feriva i
timpani.
A
un certo punto venne sostituito da un vociare confuso e caotico, come se tante
persone stessero parlando tutte insieme.
Non
riusciva a distinguerle nel caos, anche se aveva la vaga sensazione che fossero
familiari.
Qualcuno
al suo fianco gemeva, qualcuno la chiamava. Perchè era lei Lila, no? Era il suo
il nome che stavano invocando, giusto?
E
all'improvviso, senza alcun nesso logico, realizzò che stava morendo; che un
momento prima stava combattendo una guerra e quello dopo giaceva a terra,
morente.
Stava
morendo.
Provò
panico e terrore, ma non così tanto come avrebbe pensato. Forse perché la sua
mente cominciò a lavorare a pieno regime per trovare il modo di rifiutare
quella realtà.
C'è
ancora speranza, sussurrò
a sé stessa e si aggrappò con forza a quel frammento di coscienza per non
andare alla deriva.
Eppure
sembrava così facile mollare la presa. Era come fare un passo o respirare: del
tutto naturale e di una semplicità disarmante.
Ma
non poteva, aveva troppi motivi per restare lì, motivi che superavano il
dolore. Non voleva che cessasse perché se l'avesse fatto sarebbe stata morta.
Fredda,
irrigidita, perduta.
Suo
fratello aveva ancora bisogno di lei e lei stessa non si sentiva pronta a una
vita -anche ultraterrena- senza Steve e Loki.
E
non era pronta neanche a lasciare se stessa. Amava ciò che era e non voleva
morire. Voleva vivere, con ogni fibra del suo essere.
*
Era
stato impossibile non vedere cosa era accaduto a Lila, eppure tutti
continuavano a pensare che si sarebbe rialzata da un momento all'altro.
Certo,
sarebbe scattata in piedi digrignando i denti e ringhiando come una tigre
arrabbiata, pronta a tornare a combattere.
Ma
quando niente di tutto quello si avverò il panico li assalì e un dolore forte,
persistente, invase l'animo e lo sguardo di Steve.
All'improvviso
non furono più importanti i chitauri né le milioni di persone da proteggere. L'unica
cosa davvero essenziale era lei, il centro del suo universo, stesa in una pozza
di sangue e mortalmente pallida.
Provò
la stessa sensazione che avrebbe sentito se qualcuno avesse preso il suo cuore
e lo avesse stritolato crudelmente fino a farlo morire.
Una
volta le aveva detto di non riuscire a pensare alla propria vita senza di lei.
Solo ora si rendeva conto di quanto fossero vere quelle parole: ora che lei era
lì, coperta di sangue e polvere, comprese come sarebbe stato inutile tentare di
tornare a vivere se lei fosse morta.
Si
sarebbe trascinato stancamente fino alla fine dei suoi giorni, combattendo i
cattivi e difendendo il pianeta per cui Lila aveva tanto lottato, ma non
sarebbe stato paragonabile a quando c'era lei.
Avrebbe
respirato la stessa aria, camminato sotto lo stesso cielo, guardato la stessa
luna... eppure niente sarebbe stato uguale, come se qualcuno avesse tolto il
colore ad un film.
“Lila”
la chiamò, scioccamente mentre si lasciava cadere accanto a quel corpo
mortalmente pallido, dimentico della battaglia intorno a lui.
Avrebbe
continuato a proteggere la terra, non avrebbe perso la fiducia nella giustizia,
avrebbe continuato ad essere Capitan America, ma non quel giorno.
“Lils...”
la chiamò ancora, prendendola tra le braccia e accarezzandole i capelli. Il
sangue gli imbrattò i guanti, ma non se ne curò.
Rimase
lì, con gli occhi sgranati e le labbra posate sulla fronte di Lila, mentre
intorno a lui imperversava la battaglia.
Non
gli importava: non si sarebbe alzato da lì.
*
Come
si uccide un immortale?, si chiese Loki mentre scansava un colpo ben assestato di
Thanos.
Combatteva
con quel mostro da un tempo che gli pareva lunghissimo, ma probabilmente non
erano più che una manciata di minuti.
Non
aveva visto cosa era accaduto a Lila, troppo impegnato a combattere contro un
manipolo di chitauri, ma ad un certo punto aveva avvertito una strana
sensazione allo stomaco e poi era stato come se una crepa gli si fosse aperta
al centro del petto, laddove c'era il cuore.
Allora
si era voltato come guidato da un istinto superiore e aveva visto Lila cadere a
terra, simile a un fiore in boccio reciso.
Era
stato allora che aveva provato una vasta gamma di emozioni. Dapprima c'era
stata la negazione, sostituita presto dalla rabbia, incontrollata e forte, che
aveva scaricato su altri mostri.
Infine
era stata la volta del dolore, acuto e straziante come se mille aghi di fuoco
gli stessero dilaniando il cuore.
A
quel punto non aveva più pensato e per la prima volta aveva agito d'istinto: si
era lanciato contro Thanos e avevano iniziato a combattere, mosso da qualcosa
che era parte di lui e che conosceva da sempre: la vendetta, calda, dolce,
inebriante.
Come
si uccide un immortale?, si domandò ancora.
Non
lo si uccide: questa fu l'unica desolante risposta.
Eppure
doveva esserci un modo per annientarlo, uno qualunque. La mente di Loki
lavorava incessantemente e a pieno regime per trovarlo, ciò nonostante la
soluzione tardava ad arrivare. Tuttavia era certo che di esserci tanto vicino
da poterla sfiorare con le dita, una volta che avesse allungato la mano nella
direzione giusta.
Come
si uccide un immortale?, ripeté, quasi come se ribadire la domanda lo avvicinasse
alla risposta.
“Lo
si rende mortale” gli rispose nella sua testa la voce di Lila , divertita
proprio come la sentiva sovente. Sembrava che lo stesse prendendo in giro e
quasi gli cadde l'arma di mano nel sentirla nella propria testa.
“Sto
impazzendo?” chiese.
“Mi
sembrava che fossimo d'accordo che tu sei già pazzo”
“E
tu saresti... cosa, esattamente? La mia coscienza?”
“Oh
no! Sono una proiezione della tua mente”
“E
cosa intendi con
“Renderlo
soggetto alla morte, privarlo dell'immortalità... ti bastano come sinonimi o ne
vuoi altri?” lo prese bonariamente in giro.
“E,
sentiamo, come dovrei fare?”
“Non
lo so, sei tu il mago, giusto? Io mi fido di te” lo disse con noncuranza e
se avesse avuto un volto e un corpo avrebbe anche alzato le spalle e accennato
a un sorriso distratto.
Quello
sarebbe
stato esattamente da Lils.
Intanto
però la sua voce era andata facendosi più flebile e Loki comprese che quel
parto della sua mente stava per dissolversi.
“Aspetta!”
la richiamò “Tutto questo è reale?” le domandò scioccamente. Avrebbe fatto di
tutto per trattenere un pezzo di Lils legato a sé, anche se questo voleva dire
costringerla come fantasma su quella terra.
Era
crudele ed egoistico, ma non le avrebbe permesso di andare da nessuna parte, in
nessuna forma.
“E'
così importante saperlo?”
“Se
tutto questo fosse reale, tu saresti morta”
La
voce rise, divertita, leggera, come se stessero prendendo un tè e Loki avesse
detto chissà quale amenità.
“Non
sono morta, non ancora, ma questo non vuol dire che non stia succedendo
davvero. Sono un frutto della tua mente, Loki, sono te”
Poi
ci fu solo silenzio, presto sostituito dall'attività brulicante della sua mente
alla ricerca febbrile di un piano.
In
tutto quel trambusto non aveva cessato di combattere e nel frattempo cercò tra
le tante letture qualcosa che facesse al caso suo.
Ripensò
ai libri letti ad Asgard, ai trattati di Magia Oscura, a ciò che aveva appreso
nei suoi lunghi pellegrinaggi nell'universo.
E
sì, Lila aveva ragione: c'era un modo, un incantesimo che avrebbe potuto mutare la natura di
qualunque creatura, mortale o immortale che fosse, un incanto così potente da
assottigliare la linea di demarcazione tra un dio e un uomo.
Avrebbe
richiesto un dispendio enorme di energia e una concentrazione smisurata, ma
Loki sapeva di potercela fare.
Ma
avrebbe avuto bisogno di aiuto, qualcuno che occupasse Thanos a sufficienza da permettergli
di racimolare l'energia necessaria.
Si
guardò intorno con la coda dell'occhio e scorse a poca distanza suo fratello.
Per
un attimo, mentre ne incontrava lo sguardo, gli sembrò di essere tornato ai
vecchi tempi in cui combattevano l'uno al fianco dell'altro, pronti a
difendersi e ad aiutarsi.
Aveva
pensato che mai sarebbe tornati quei giorni, ma a quanto pareva il destino
aveva altri piani per loro e Loki decise che era il momento di dimostrare a suo
fratello che poteva fidarsi.
Che
non si trincerava dietro parole, che era cambiato davvero.
Indietreggiò
fino a che non furono vicini, abbastanza da potergli comunicare le sue
intenzioni.
“Fratello”
lo chiamò e Thor si voltò verso di lui mentre, schiena contro schiena,
cercavano di combattere contro i loro avversari.
“C'è
un modo per distruggere Thanos”
“Quale?”
“Un
incantesimo che lo renderà mortale. Solo allora potremo distruggerlo, non
prima”
Con
la coda dell'occhio Loki vide il volto di Thor illuminarsi.
“Puoi
farlo?” gli domandò mentre schivava un fendente e distruggeva colui che lo
aveva menato.
Loki
annuì “Avrò bisogno che teniate a bada Thanos e il suo esercito mentre mi
concentro”
Thor
gli rivolse un sorriso “A loro pensiamo noi, tu fai quel che devi fare”
Detto
ciò si parò di fronte a lui e lo spinse in lato, in modo che non fosse più
coinvolto nello scontro. A quel punto iniziò a muovere le mani a disegnare
forme astruse, cercando di concentrare ogni suo pensiero in direzione del
compito che doveva adempiere, ma scoprì diverse difficoltà in questo.
La
sua mente volava sempre a Lila e la vista di Capitan America che stringeva a sé
un corpo apparentemente senza vita non era certo d'aiuto.
Se
non l'avesse rivista mai più? Se l'unico modo per averla accanto da quel
momento fosse stato il suo ricordo?
No,
si disse, non doveva pensarci. Loro avrebbero distrutto Thanos e Lila sarebbe
stata bene, ecco tutto.
Tornò
a concentrarsi e sentì l'energia scorrere nelle suo corpo, giungere alle mani e
continuare a circolare.
Era
una sensazione inebriante, afrodisiaca, ma non vi badò a lungo, giusto il tempo
di assaporarla, prima di cercare di convogliare tutta quella magia negli arti,
laddove sarebbe stato più facile maneggiarla.
Non
aveva mai provato quel tipo di incanto, ma sapeva di non avere che un tentativo
per distruggere il loro avversario: se avesse fallito sarebbero morti tutti.
Piano,
lasciò che l'energia raccolta fluisse al di fuori di lui e formasse una sfera
luminosa, iridescente, tra le sue mani.
A
quel punto non era più sicuro di chi comandasse cosa. Sentiva che la sfera gli
ubbidiva, ma era come se avesse una sua volontà, come se si sottomettesse a lui
per sua scelta.
Era
strano, ma piacevole e avrebbe voluto avere più tempo per assaporare quella
sensazione così dolce, ma sapeva anche di non poterlo fare.
“Forza,
piccolo cervo. Siamo nelle tue mani” lo incitò la voce distorta dal metallo di
Tony e Loki storse il naso nel sentirsi chiamare in quel modo, ma non protestò.
In
quel momento Thanos era nella posizione perfetta, esattamente di fronte a lui.
Ora
o mai più.
“Fallo,
Loki!” gli urlò Thor e il dio non se lo fece ripetere due volte. Senza
attendere oltre, lanciò con tutta l'energia residua la sfera e poi trattenne il
fiato.
Sembrò
che il tempo si fosse congelato e che tutto si muovesse a rallentatore. Da un
certo punto di vista avrebbe anche potuto essere buffo, chissà, ma se anche lo
fosse stato loro erano troppo tesi per rendersene conto.
Da
quel singolo momento dipendevano le loro vite, la sopravvivenza di un intero
pianeta e tutti ne erano ben consapevoli.
Tutti
rimasero immobili e sentirono ogni speranza crollare quando Thanos scansò
l'attacco all'ultimo secondo.
Ma
Loki non si diede per vinto. Aveva sentito quanto fosse malleabile quella sfera
d'energia, quanto fosse docile e decise di provare a giocare l'ultimissima
carta.
Mosse
le mani e la palla copiò i suoi movimenti come se fosse uno specchio. Thanos
sorrideva come se avesse già la vittoria in mano e alzò lo scettro, pronto a
colpire.
Lo
vide brillare con maggior forza, proprio mentre alle sue spalle la sfera si
avvicinava, veloce come la luce e silenziosa.
Quando
lo colpì, l'espressione di Thanos variò dal sorpreso al furioso, ma non ebbe
tempo di mutare ancora.
Come
pietrificato, la sua pelle scolorì e passò dall'azzurro al grigio spento. Era
il momento, si disse Loki, l'unico che mai avrebbero avuto per mettere fino a
quello spettacolo di morte e devastazione.
“Colpitelo!”
urlò lasciandosi cadere a terra, allo stremo. Non aveva più forze, oramai, ma
d'altronde lui la sua parte l'aveva fatta.
Ci
avrebbero pensato gli altri Vendicatori a Thanos, si disse. Provò sollievo,
gioia, un'enorme sensazione di libertà quando vide il corpo di quel mostro
andare in frantumi e disperdersi in mille pezzi.
Chissà,
forse non era davvero morto, forse non era realmente sconfitto, ma per il
momento andava bene così.
C'era
pace, la guerra era finita. Forse solo temporaneamente, ma era finita e
sembrava persino troppo bello per essere vero.
Dopo
i rumori della battaglia, quella quiete – benché relativa, visto il rumore
delle macerie che cadevano e della gente che gridava ancora- era più piacevole
che mai.
Loki
vide Thor avvicinarsi e sollevarlo in piedi, tenendolo ben saldo per le spalle.
Gli occhi del dio del tuono scintillavano per lo sforzo e la soddisfazione.
“Sei
stato grande, fratello”
Era
la prima volta che suo fratello ammetteva l'utilità della sua magia in
battaglia e Loki ne fu felice, anche senza darlo a vedere.
“Mi
duole interrompere questo delizioso quadretto” li interruppe Iron Man senza
nessuna traccia di ironia nella voce “ma abbiamo ancora un problema”
*
Morire
era uno schifo, ecco la dura realtà.
Non
solo per la questione delle faccende irrisolte, l'addio ai cari, il paradiso,
l'inferno e tutte quelle cose in cui, peraltro, Lila nemmeno credeva.
Il
problema era l'atroce e insopportabile dolore che torturava ogni parte di lei.
Sentiva che piano piano stava prendendo di nuovo il controllo del proprio
corpo, ma non era sicura che fosse una cosa buona perché ogni parte con cui
entrava in contatto faceva male.
Un
male terribile, come se le avessero versato dell'acido nelle vene e sulla pelle
viva.
Cercò
di ragionare e mettere ordine tra i propri pensieri. Se sentiva dolore voleva
dire che era ancora viva. Quindi era una cosa positiva, giusto?
Forse,
chissà, non sarebbe morta. Forse c'era ancora una possibilità per lei.
Cercò
di aprire gli occhi e si rese conto con stupore di non riuscire a comandare i
propri muscoli. Era come quando era molto stanca e le palpebre erano pesanti,
tanto da non riuscire a tenerle aperte.
Solo
che stavolta non era solo sonno.
Alla
fine, dopo innumerevoli tentativi, riuscì ad aprire appena gli occhi.
Pensava
che una volta che fosse riemersa dalle tenebre opprimenti tutto sarebbe andato
meglio, ma si sbagliava di grosso.
Il
dolore la sommerse come un'onda, tanto intenso da mozzarle il fiato. E dire che
pensava che non potesse peggiorare!
Nelle
sue intenzioni c'era un sorriso, magari l'ultimo – sperava proprio di no-
affinché tutti la ricordassero così, serena e allegra. Ma, per quanto tentasse,
non riuscì a stirare i muscoli del viso e l'unico risultato del suo magro
tentativo fu un rantolo di dolore e una smorfia.
Se
fosse morta ora, sul campo di battaglia, la gente l'avrebbe ricordata come
un'eroina. Probabilmente le avrebbero dedicato canzoni strappalacrime sparata a
diecimila decibel e la gente che l'aveva conosciuta avrebbe parlato di lei tra
le lacrime.
Ma
Lila non voleva niente di tutto ciò: voleva solo vivere, nulla più.
Voleva
continuare a cantare, a ridere, magari piangere qualche volta in più per la
gioia, a dire cattiverie e fare tutte quelle cose che la rendevano Lila.
Ma
quei pensieri vennero spazzati via quando vide il volto di Steve, una maschera
pallidissima di panico che si aprì in un sorriso stiracchiato.
“Abbiamo
vinto, sai?” le disse e Lila sbuffò una risata, seguita da colpi di tosse. Si
accorse degli altri Vendicatori solo quando Bruce cercò di far spostare Steve
per controllare le sue condizioni.
Fu
Lila a rifiutare.
Non
era un medico, ma non le serviva esserlo per sapere che era in fin di vita e
non sarebbe sopravvissuta. Tanto valeva godere degli ultimi minuti con le
persone che amava, così cercò con lo sguardo Loki e quando lo trovò, appoggiato
al fratello, gli sorrise.
Il
dio si lasciò cadere di fianco a lei e le prese una mano. Era il massimo che
potesse ottenere di fronte a tutti, Lila lo sapeva. Eppure era ancora conscia
del fatto che quel gesto valeva tanto quanto un bacio.
“Starai
bene” le disse ancora Steve.
“Lo
dici per consolare me o te?” riuscì a sussurrare e a quella domanda Steve non
seppe cosa rispondere, così tacque e le posò le labbra tremanti sulla fronte.
Lila
chiuse gli occhi per nascondere le lacrime.
Quello
le
sarebbe mancato, a prescindere da dove sarebbe andata. Steve e Loki le
sarebbero mancati, proprio come tutti gli altri Vendicatori. E Kurt. E Jackson.
E poi lui, Simon.
Quando
realizzò che mai più avrebbe rivisto suo fratello non poté più trattenere le
lacrime e i singhiozzi.
Il
suo corpo era scosso e le doleva così tanto da farle perdere il contatto con la
realtà, ma intanto non sarebbe riuscita a ragionare lucidamente comunque.
Il
solo pensiero di non rivedere mai più Simon le faceva accartocciare il cuore
nel petto. Non credeva nella possibilità di una seconda vita o di un paradiso
da cui vegliare protettiva su suo fratello.
Lei
era una scienziata, voleva agire ed essere lì, nel pieno dell'azione, quando
Simon si sarebbe diplomato o quando avrebbe preso la laurea o ancora quando si
sarebbe sposato e infine avesse visto nascere il suo primo figlio. Lei non ci
sarebbe stata e avrebbe perso tutti quei momenti.
Era
così persa nel suo mare di tristezza da metterci un po' a capire che qualcosa
era cambiato.
La
realtà si fece di nuovo sfuocata e i rumori ovattati, come se una coltre di
nebbia fosse calata sui suoi sensi.
Non
vide la famosa luce bianca, ma non ne aveva bisogno per capire che era quasi
finita.
Prese
un respiro tremulo e decise che sarebbe morta proprio come era vissuta: fiera,
orgogliosa e forte.
“Lils?”
la chiamò Steve quando vide che le sue palpebre cominciavano a farsi più
pesanti.
“Lila!”
la richiamò ancora.
“A-alla
fine” sussurrò lei con un mezzo sorriso “non s-sono riuscita a-a scegliere.
A-amo entrambi” tossì, ma doveva finire il suo discorso prima che fosse troppo
tardi. Dovevano capire entrambi perché non poteva andarsene con il dubbio che
la stessero odiando “ e f-fino a quando l'universo non collasserà su se stesso,
fino a q-quando io non smetterò di esistere -in qualunque forma io mi
manifesti- vi a-amerò. Sarò sempre con voi, anche quando non mi sentirete. Fino
alla fine dei tempi, vi amerò”
Una
lacrima le solcò la guancia e alla fine si lasciò andare al vuoto che
l'attendeva. Che dietro alle tenebre che la accolsero ci fosse il paradiso,
l'inferno o il nulla non le importava.
Non
sapeva dove stesse andando o da chi. Sapeva solo chi si stava lasciando alle
spalle.