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Autore: lyy223    22/01/2014    2 recensioni
"Nome dopo nome, la lista andava esaurendosi. Poche anime ancora e sarei stato libero. Mi sarei liberato di quel patto fatto più di un secolo fa. Per amore si è capaci di far tutto."
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Prima storia della serie "Soul"
Genere: Malinconico, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Soul'
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Entrò nel bagno ma non vi trovò nessuno. Naturalmente in quel bagno non le avrei potuto dare la lezione che finalmente si meritava da tempo. Velocemente, pochi istanti prima che lei aprisse la porta, ero uscito dal  piccolo finestrino con non poca difficoltà. La attendevo con ansia, attendevo da anni quello scontro. Mi era sempre stata alle calcagna, ero una fissazione per lei, ha iniziato ad odiarmi dal momento in cui l’avevo rifiutata, ben sessant’anni fa e da quel momento non mi ha più lasciato in pace. Ricordo come se fosse ieri quel momento…
Da anni oramai eravamo amici inseparabili. Lei era la mia confidente, la persona su cui potevo contare ciecamente, lei era la mia più cara Amica. E proprio quell’ultimo termine a lei non andava bene. Voleva di più. Voleva essere la mia donna. Doveva essere l’unica su cui io dovessi posare i miei occhi, voleva essere la mia unica ragione di vita. La donna a cui io avrei dovuto offrire la mia vita. Ma io quel “più” non potevo darglielo. Avevo già dato la mia vita per salvare quella di un’altra persona. Il mio cuore e la mia mente erano già stati rapiti da un’altra splendida donna.  Lei però non lo capiva. Jessie puntava sul fatto che fisicamente assomigliasse molto alla mia amata Irene. Questo era vero. Entrambe avevano i capelli rossi lunghi e mossi, il fisico snello e i modi di fare delicati. Però oltre queste caratteristiche, non c’era più nulla che le accomunasse. Il rosso dei capelli di Irene era come quello delle ciliegie mature e dolci a metà dell’estate, profumavano di fragola; le delicate lentiggini sugli zigomi erano piccoli semi che alla luce del sole si scurivano; ogni qualvolta qualcuno posasse lo sguardo sul suo volto, un’improvvisa serenità invadeva il corpo e rendeva libero l’animo. Era come un angelo, un angelo caduto dal cielo, troppo bello per restare nella grandezza del Paradiso. Jessie invece incuteva terrore e paura nelle persone che le stavano accanto. I suoi capelli erano di un rosso sangue, il suo sguardo era malvagio e crudele. Da quando la conoscevo, non era per nulla cambiata. Mi lasciai influenzare da quella iniziale maschera che mi aveva mostrato. Con me inizialmente era premurosa e tranquilla, i suoi occhi sprizzavo di gioia quando mi vedeva. Con le altre persone non era così, e proprio questo suo atteggiamento mi fece capire quali erano i suoi veri e unici obiettivi. Ctonie mi aveva sempre detto di stare attento, a quei tempi non le davo mai ascolto. Ma Quella fu l’ultima volta che non le diedi ascolto.
Ci trovavamo sulla Tour Eiffel, per molti uno dei posti più romantici dell’intero pianeta. Eravamo sul punto più alto della torre, Parigi era bellissima quella notte. Le dolci e piccole luci della città cercavano di fare a gara con le stelle luminose del cielo limpido. Un leggero venticello scompigliava i nostri capelli.
-Visto? Cosa ti avevo detto? E’ bellissimo qui! Tutti ne parlavano l’altro giorno, e tu che non volevi accompagnarmi … - disse. Pronunciò le ultime parole con fare triste, facendo finta di mettermi il broncio, così come faceva una piccola bambina che voleva a tutti i costi le sue caramelle preferite. Poi si alzò e iniziò a volteggiare, il suo vestito leggero che le arrivava fino alle ginocchia a causa di quel volteggiare si gonfiò. Sembrava quasi una nuvola azzurra che volava bassa in quella notte luminosa.
-Però alla fine ci sono venuto. Dai non fare quella faccia, lo sai che ti voglio bene, sei la mia più cara amica e cerco sempre di accontentarti-. Mi appoggiai alla ringhiera sorridente mentre lei si fermò di scatto. Mi fissava. Ci furono parecchi minuti di silenzio in cui lei non fiatava. Io lì per lì neanche me ne accorsi, ero troppo impegnato ad ammirare lo splendido paesaggio che si mostrava ai miei occhi.
Spezzò il silenzio improvvisamente:- Quindi, caro Dev, io per te sarei SOLO un’AMICA?- quando pronunciò la frase, mi voltai a guardarla. I suoi occhi erano cambiati, era ferita. Non volevo vederla così, non era mia intenzione farle del male. –Jess, ascolta.. Tu conosci fin troppo bene il mio passato. Te l’ho ripetuto più e più volte cosa provo. Lei non posso dimenticarla, non ci riesco-.
-MA E’ MORTA, STRONZO! Per la Miseria! Vivitela un po’ questa nuova esistenza! Non stare sempre a pensare a lei.. -. Si avvicinò a me, i suoi occhi quasi mi perforavano testa. Il suo sguardo era pesante. Era sempre stata invidiosa dell’amore che io provavo per Irene.
-Lei non E’ MORTA.. Lei vive nel mio cuore, nella mia mente, nei miei ricordi..di notte la sento ancora al mio fianco.. di giorno so che mi osserva dal cielo.. è sempre con me.. lei mi ha protetto e mi proteggerà per sempre…-. Stavo per scoppiare in lacrime. Gli occhi mi pungevano come non mai. Ma non dovevo piangere, non potevo. Non doveva vedermi debole. Chiusi gli occhi, mi voltai. Aspettai qualche secondo e con molta fatica ricacciai dentro quelle piccole gocce salate che con grande veemenza volevano scorrere sul mio volto e scendere sulle mie guancie incandescenti. Iniziò a girarmi attorno, mi osservava, osservava ogni centimetro del mio viso. La sentivo muoversi lenta, sentivo il suo sguardo ancora più pesante ed insopportabile. Mi si parò davanti. Io aprii gli occhi, volevo guardare il suo volto. Normalmente una persona normale dopo quelle mie parole avrebbe sofferto. Invece lei no, lei non soffriva. La gioia aveva lasciato il passo all’odio. Odio profondo nei miei confronti. Quell’odio misto alla rabbia si riversava nei suoi occhi come due fiamme incandescenti. Sembrava che da un momento all’altro potesse darmi fuoco con un solo battito di ciglia.
-… E io che pensavo di averti reso più forte, di averti cambiato in meglio. Pensavo di essere riuscita a farti diventare un vero “uomo”, uno con le palle, un uomo senza scrupoli, senza difetti. Ma sei solo un mollusco senza cervello, senza spina dorsale, sentimentale e romanticone. Sei un fallito. Un fissato. Lei non tornerà più da te, MAI PIU’!-
-MAI PIU’! MAI PIU’!M.A.I. P.I.U’.!-. Mi ripeteva, urlando quelle parole insistentemente. Qquelle parole che uscivano dalla sua bocca erano come milioni di piccoli aghi affilatissimi che si conficcavano nella pelle e arrivavano dritto ai polmoni e al cuore. Avevo difficoltà nel respirare, non mi era mai capitata una cosa del genere.
La rabbia aveva preso possesso del suo corpo. Con una forza sovrumana riuscì a sollevarmi con molta facilità. Io non ero in grado di contrastare quell’essere, ero come paralizzato e pietrificato. Ero in completa catalessi. Vedevo la scena davanti ai miei occhi, volevo reagire ma i muscoli non rispondevano. Con le sue braccia portò il mio corpo sulla sua nuca, somigliava ad un contadino che stava per buttare sul suo piccolo camioncino un sacco di patate. In quel caso il camioncino era il vuoto. Jessie voleva buttarmi giù dalla torre. Sapeva bene che sarei sopravvissuto, ma aveva pensato bene di aggiungere al dolore interiore anche quello fisico. Dopo pochi istanti la scena cambiò all’improvviso. Il mio fisico fendeva violentemente l’aria. La forza di gravità mi tirava giù inesorabilmente. Vedevo il suolo poco lontano da me. Riuscii a voltarmi di poco, vedevo il ferro della torre che passava veloce davanti ai miei occhi. Le luci della città a poco a poco scomparivano, facendo risaltare solo quelle più vicine. La zona sottostante istante per istante diventava più definita. Prima di scontrarmi con il suolo chiusi gli occhi. Un forte impatto e mi ritrovai disteso ai piedi della torre. Il suo grattugiò la pelle del mio viso. Le costole si incrinarono e premevano sui polmoni già doloranti. Non sentivo più le estremità del mio corpo. Il dolore era allucinante.
 
Il tetto del treno era l’ideale per un combattimento corpo a corpo. Mi ricordavo di tutti i film visti con Ctonie in questi anni e quando c’era un treno, era d’obbligo anche un combattimento.
-Eccoti! Cosa fai Vigliacco! Scappi? Non sono stupida come pensi, sapevo benissimo che quei due stupidi pappamolle non ti avrebbero trovato! Abbiamo un conto in sospeso io e te.. la vostra amata amica Eva, con un po’ di “incoraggiamento”, mi ha detto come far fuori un altro Demone, credevo ci volesse di più e invece è più semplice a farsi che a dirsi. Adesso voglio provare se quella vecchia zoticona mi ha detto la verità oppure no!-.
Eva era una cara amica mia e di Ctonie, era una medium. Eravamo gli unici demoni di cui lei non aveva timore. Diceva che nella nostra anima ormai marcia e putrefatta, sopravviveva ancora un pizzico di vita. Era la nostra maestra, e sarebbe stata proprio lei, dopo che io avessi completato la mia prima lista e fossi diventato un Medio, a trasformarmi in un essere semi-umano. Ci aveva provato con Ctonie, ma non ci era riuscita. Ctonie era da troppo tempo una Media e non poteva tornare più come prima.
-Cosa lei hai fatto, ripugnante donna?! Perché non te la prendi con i tuoi simili? Mi vuoi? Eccomi sono tutto tuo!-. Finite queste parole iniziò il duro combattimento. Ci muovemmo all’unisono. Aveva colto subito il mio invito.
Ci muovevamo così veloci che nessuno avrebbe notato ciò che stavamo facendo. Pugni, calci, forza, velocità, erano i punti su cui entrambi eravamo molto forti. Avevamo passato insieme molti anni in Cina per imparare tutti i segreti dell’antica pratica delle arti marziali. Quindi eravamo allo stesso livello, conoscevamo alla perfezione i nostri punti deboli. Il suo era il ginocchio sinistro, quando era ancora umana infatti dovette restare per mesi e mesi inferma a casa a causa di una brutta caduta. Il mio invece.. era una cicatrice sul fianco destro. Incredibilmente quella cicatrice ogni qualvolta venisse colpita con forza, tornava a far male. Non ricordo neanche come me l’ero procurata.
Tra un colpo e l’altro riuscii a cogliere l’attimo. Una folata di vento le fecero andare i lunghi capelli color sangue davanti al volto, io con una mossa astuta e veloce le immobilizzai la schiena e le colpii il ginocchio. Gemette dal dolore, io non avevo sensi di colpa. Se lo meritava.
-Sai bene che non puoi vincere contro di me, sono molto più forte di te. Così come sono riuscita a immobilizzarti sulla Tour Eiffel, ci riuscirò anche qui!-.
-Se avrai tempo!-.
Con forza le ruppi l’osso del collo. Quello era l’unico modo che mi venne in mente per immobilizzarla. La buttai giù dal treno, il suo corpo andò a sbattere prima contro alcuni rami, frantumandoli in mille pezzi, poi finì tra la neve bianca e candida. I suoi capelli anche a metri di distanza risaltavano in quell’ambiente luminoso e suggestivo. Dopo poche ore l’osso si sarebbe riformato e lei si sarebbe svegliata più arrabbiata e crudele di prima. Per la prima volta ero soddisfatto. Adesso eravamo uno a uno. Sapevo che lo scontro finale si sarebbe presentato a breve.


Note dell'autrice: In questo capitolo mi sono soffermata di più sul rapporto tra Jess e Dev. Volevo raccontare un po' dell'inizio di questo continuo scontro, di questo continuo tira e molla. Spero solo di non avervi annoiati. E Spero sempre con tutto il cuore che la storia vi piaccia. Recensite, se avete dei consigli sono ben accetti! Alla prossima! Un bacio, Lyy223.
   
 
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