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Autore: Cherrie_2709    05/02/2014    1 recensioni
-Magenta, ti prego...-
-NO! Lasciatemi in pace, tutti e due! Non avete fatto altro che mentirmi! Solo perchè io combattessi! Siete tutti così in questo secolo o mi sono beccata io gli stronzi?-
Premetti il pulsante, ma l'ascensore non si chiuse.
-IDA! Chiudi questa cazzo di porta!- gridai
-Certo, signorina Cameron-
Corsi in camera e mi buttai sul letto. Pensai che avrei pianto per il resto della mia vita.
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Unexplored - la serie'
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Eccolo. Eccolo qui. Magari per voi non significa molto, ma per me ha un grandissimo significato. E' la mia prima FanFiction conclusa. Perciò ecco a voi. So che vi è sembrata banale e non voglio spacciarvela per qualcosa di unico e originale, ma qui c'è il mio cuore. Grazie di avermi accompagnata. Vi aspetto con Unexplored 2 e, se l'attesa non vi piace, potrete leggere 2203, altra FanFiction su Mass Effect ma ambientata nel futuro rispetto alla guerra finale contro i Razziatori. Vi voglio bene. Grazie di tutto!

Bastarono pochi secondi perché iniziassi a sudare freddo. I Collettori sembravano davvero sciami di insetti e tutte le volte che ci pareva di poter avanzare indisturbati, ci ritrovavamo a ripararci in punti scomodissimi per ricaricare le armi ed evitare i colpi. Eppure, nonostante l’enorme fatica, riuscivamo ad avanzare. Pensavamo che i nemici più difficili da sfidare fossero i Collettori muniti di raggio particellare, ma non erano nulla in confronto a chi veniva posseduto dall’Araldo. Quando la situazione iniziava ad essere a nostro favore, uno a caso tra i nemici iniziava a fluttuare a mezz’aria, per poi essere invaso da una potente luce gialla. “Assumo il controllo” era tutto ciò che si poteva udire. Successivamente il Collettore designato diventava molto più duro da fare fuori e anche potentissimo negli attacchi. Miranda fu colpita da quello che sembrava essere una specie di attacco biotico e i suoi scudi rimasero inattivi per diversi minuti. Il rischio di perdere qualcuno sembrava alzarsi ad ogni passo che facevamo.
Come se la difficoltà di ciò che stavamo fronteggiando non fosse già abbastanza alta, venne fuori che il condotto che Tali doveva percorrere per raggiungere le due porte bloccate presentava diverse grate che le impedivano di continuare. A Shepard bastò trovare il loro terminale di attivazione, ma non era così facile usarlo in mezzo ai colpi dei nemici. Sta di fatto che, per via di questo piccolo problema, quando raggiungemmo le porte, Tali e la squadra di Shepard erano ancora indietro.
- Siamo in posizione, attendiamo che le porte si aprano – comunicai.
Dall’altra parte non ebbi alcuna risposta: sentii solo una miriade di spari in successione. Restammo col fiato sospeso per diversi minuti, con le schiene contro le porte e la mente pronta all’arrivo di altri nemici. Non era affatto bello avere le spalle al muro, nel vero senso della parola. Avevamo diversi ripari, certo, ma rimaneva il fatto che non c’erano vie di fuga, perciò dovevamo per forza farli fuori tutti, senza lasciare che si avvicinassero. Fu un sollievo sentire Tali che ci comunicava di essere arrivata finalmente al punto di randez vous. Vedere il suo casco dall’altra parte delle porte fu una gioia per tutti, ma non era ancora finita. Il punto da cui eravamo entrati faticava a richiudersi e nel frattempo Shepard e gli altri erano arrivati al loro portone.
- Va’, ti copriamo noi! – gridai a Tali.
Non potevo lasciare la squadra di Shep in pericolo. Anche Legion era in grado di richiudere la porta, così ci bastò sostenere qualche altro colpo nemico mentre lui si occupava della cosa. Superato questo ostacolo, dovemmo spostarci per aiutare l’altra squadra: erano riusciti ad entrare, nonostante la loro porta fosse guasta, ma anche in quel caso ci volle tempo per richiuderla. Ovviamente Tali fu impeccabile e, finalmente, riuscimmo a prendere fiato. Mi appoggiai istintivamente a un muro e mi afferrai la milza che, a forza di correre, mi pareva spappolata.
- Tutto bene? – mi chiese Hope.
- Sì – dissi ancora ansimando – Tutto bene. Solo un po’ di ansia mista ad adrenalina – conclusi ridacchiando.
- Shepard – disse poi Miranda –Questo devi vederlo.
Ci spostammo verso l’interno della stanza che avevamo raggiunto. Era piena di capsule, ma quella ormai era una costante negli “alloggi” dei Razziatori. Ciò che ci incuriosì furono i tubi che partivano dalla cima di queste capsule. Si ricongiungevano tutti in tubi più grandi che andavano a finire in un’altra stanza chissà in che punto della nave. Cosa raccoglievano dagli umani rapiti?
- Sembra una dei coloni scomparsi – continuò Miranda guardando una delle donne dentro le capsule più vicine.
Sfiorai la capsula e la donna si mosse leggermente, come se l’avessi accarezzata nel sonno. Dormivano? Kasumi notò che più avanti c’erano altre persone conosciute: erano quelli dell’equipaggio. Non conoscevo tutti, ma riconobbi la dottoressa Chakwas e Kelly Chambers, nonché le uniformi che gli altri indossavano. Mentre fissavamo quei corpi, incuriositi dal loro stato, da diverse capsule iniziò a fuoriuscire uno sbuffo. La pelle della colona che avevo davanti iniziò a presentare dei puntini rossi. Si stava…sgretolando? Lei aprì gli occhi e iniziò a dimenarsi.
- Sono vivi! Sono ancora vivi! – gridai presa dal panico.
Non volevo vederli morire. Non così e non quando potevo fare qualcosa.
- Tirateli fuori! – ordinò Shep, iniziando a colpire un altro dei contenitori.
Colpii con foga il vetro, ma la donna non smise di gridare e perdere sangue. Infine, si accasciò a terra e venne trascinata in basso, come se qualcosa la stesse risucchiando. Fortunatamente, i miei compagni ebbero più successo e riuscirono a liberare l’equipaggio della Normandy. Erano scossi, ma vivi. Ma, mentre Shepard e gli altri si accertavano che non ci fossero gravi danni e pensavano a una soluzione per non doverseli portare dietro nella battaglia finale, io sentivo le gambe cedermi.  Dopo tutto quello che avevo passato non ero ancora abituata? Non riuscivo ancora a guardare la morte in faccia ed evitare il dolore? Quella ragazza si era sgretolata davanti ai miei occhi, gridando in una maniera agghiacciante e la sua espressione e le sue grida non si toglievano dalla mia testa.
- Magenta?
Non notai nemmeno Shepard che si avvicinava a me. Alzai il viso di scatto e subito mi ritrovai nei suoi occhi. La abbracciai più forte che potevo, non solo per evitare di cadere a terra, ma anche per evitare di perdere completamente la testa.
- Non ce la faccio. Non mi abituerò mai a vederli morire – fu tutto quello che riuscii a dire.
- Nemmeno io.
- Ma che stai dicendo? Tu non hai fatto una piega.
- Ciò non significa che non mi tocchi. Muoio dentro ogni volta ed ogni volta sembra più doloroso. Non ci si abitua mai a vederli morire. Mai.
- E come si sopravvive allora?
- Pensando a chi non se n’è andato.
 
Il nuovo piano era un po’ più complesso del primo. Due corridoi paralleli partivano dalla stanza in cui eravamo: uno era relativamente libero, ma la porta in fondo ad esso era bloccata; l’altro presentava una porta priva di blocchi, ma era completamente invaso da sciami cercatori. Una soluzione, per quanto rischiosa, c’era. Un biotico avrebbe creato uno scudo per proteggere una squadra ristretta e farla muovere attraverso gli sciami, mentre gli altri si sarebbero mossi nel corridoio “pulito” e avrebbero aspettato l’apertura della porta. I membri dell’equipaggio liberati da poco, infine, sarebbero stati portati alla nave da qualcuno. Andavano solo stabiliti i ruoli.
- Dunque, chi porta indietro gli altri? – chiese Shepard.
Io non volevo. Non che non tenessi a quelle persone, ma volevo arrivare fino alla fine, accompagnare Hope fino in fondo. Fortunatamente, Jacob si propose. Joker li avrebbe aspettati con la nave nel punto più vicino raggiungibile, dato che la Normandy era tornata operativa.
- Come biotico esperto io proporrei Samara o Jack, sono le migliori in questo campo.
Samara era un’asari molto abile e lo sapevo perché senza di lei non sarei mai riuscita a sfruttare i miei poteri biotici. Eppure, qualcosa mi diceva che Jack sarebbe stata più adatta per quel lavoro. Ripensai alla barriera che mi fece vedere uno dei primi giorni sulla Normandy: l’aveva creata in pochissimo tempo e quasi sembrava che non si fosse sforzata.
- Credo che dovrebbe farlo Jack – dissi istintivamente – Sempre se te la senti – conclusi rivolgendomi a lei.
Tenne gli occhi puntanti verso il basso per qualche secondo, poi rialzò lo sguardo mostrandosi piena di coraggio come non mai. Non aveva il solito sguardo spaccone, l’aria che usava per proteggere se stessa dal passato. Era davvero convinta.
- Perfetto, vado io.
Infine, serviva sapere chi sarebbe stato sotto la sua barriera e chi avrebbe formato la seconda squadra.
- Dunque, non possiamo mandare troppe persone con Jack, perché più sarà grande la barriera, meno riuscirà a mantenerla. Io guiderò la seconda squadra – disse Shepard – proprio perché sarà la più numerosa. Chi se la sente di andare con Jack?
Ormai mi sembrava di non conoscermi più. Una volta, posta una domanda del genere, mi sarei nascosta dietro ai più grossi sperando di non essere notata, mi sarei fatta piccola, piccola pur di evitare ogni ritorsione. Eppure volevo andare, volevo affrontare quel pericolo e dimostrare che potevo farcela. In tutta la mia vita non mi ero mai sentita così a mio agio come in battaglia.
- Io ci sto- dissi, dunque.
- Anche io – esclamò Luke.
- Io non mi tiro indietro – concluse Garrus.
Shepard non sembrò affatto preoccupata. Le persone più legate a lei sarebbero entrate in un corridoio pieno di sciami cercatori e nessun’altra protezione contro di essi a parte una barriera, eppure lei sembrava quasi felice. Ma sapevo che non era per il nostro gesto: era perché volevamo farlo insieme.
- Bene, direi che può bastare. State attenti a non allontanarvi mai troppo da Jack e ovviamente ricordatevi che dovrete proteggerla, dato che sarà impegnata.
Dovevamo separarci di nuovo dai nostri compagni. Jacob tornò indietro, mentre noi ci separavamo ad un bivio. La barriera che Jack creò era comunque piuttosto grande, dato che dovevamo avere spazio per muoverci, ripararci e trovare i punti migliori da cui sparare. Fu davvero strano addentrarsi in mezzo agli sciami: svolazzavano attorno a noi, intenti a pungerci, ma la barriera impediva loro di avvicinarsi. Vi sbattevano contro, probabilmente consapevoli che, sforzandola, potevano romperla, eppure Jack non sembrava infastidita. Forse erano troppo piccoli per creare danni consistenti.
- Qui…epard…ci…viamo.
Forse non potevano sfondare la barriera di Jack, ma, a quanto pareva, la loro presenza in massa interferiva con le comunicazioni. In ogni caso, la nostra priorità era arrivare sani e salvi dall’altra parte della porta alla fine del lungo corridoio. Voltato il primo angolo, però, arrivarono i primi veri problemi. Altri Collettori arrivarono volando e, ovviamente, Jack fu costretta a ripararsi in attesa che noi liberassimo il passaggio. Sarebbe stato tutto più semplice se ad attaccarci non ci fossero stati, come al solito, Collettori armati di raggio particellare, il quale riusciva ad eliminare barriere e scudi più velocemente di qualsiasi altra arma, e il solito Collettore posseduto dall’Araldo.
Le munizioni avrebbero scarseggiato di lì a breve e usare i poteri iniziava a stancarci sempre di più. Anche Jack, man mano che avanzavamo e che le varietà di nemici aumentavano, sembrava piegarsi sotto il peso della barriera. Il suo era sudore per la fatica, non solo per la paura e l'ansia.
- Forza, ormai ci siamo quasi! - la spronai.
Quando ormai credevamo che i Collettori ci avrebbero circondati, vidi la porta. Era vicina, ci separava solo una discesa. Iniziammo a sparare alla cieca per poter correre verso di essa e, raggiuntala, lasciammo che fosse Garrus ad aprirla. Sarebbe bastato un bypass semplice, di quelli che chiunque poteva effettuare, ma un minimo di tempo serviva lo stesso. Gli sciami si avvicinavano sempre di più e ormai ero certa che avrebbero preso uno di noi. Proprio in quel momento, però, Jack riuscì a concentrare le sue ultime forze. La barriera divenne così una potente onda d'urto, che spazzò via sciami, Collettori e qualsiasi altro essere nemico. Il familiare suono di apertura di una porta aumentò ulteriormente la mia sensazione di sollievo. Lasciando che Jack appoggiasse il suo braccio attorno alle mie spalle, superai la porta, che finalmente ci separò definitivamente dagli sciami. Diedi a Garrus una pacca sulla spalla per la velocità con cui aveva aperto la porta e mi congratulai con Jack per l'egregio lavoro. Non potemmo, però, soffermarci troppo sulla gioia del momento: i nostri compagni erano ancora dall'altra parte della seconda porta. Per aprirla ci volle un po' più di tempo e, quando vidi Shepard sbucare, mi sentii per un momento il cuore in gola. Si accasciò subito contro una parete tenendosi un fianco e io pensai il peggio. Fortunatamente mi sbagliavo. Non appena mi avvicinai a lei, alzò lo sguardo e mi sorrise, pronta a ripartire come se nulla fosse. Allora controllai che anche tutti gli altri ci fossero. Passai in rassegna tutti i loro volti e alla fine mi sentii meglio. Non avevamo subito alcuna perdita.
 
- Che fare, dunque?
- Non abbiamo molte alternative, vista la mole di Collettori che stanno tentando di aprire quelle porte. O decidiamo di darci una mossa e sperare che questa missione finisca prima che loro raggiungano questa sala, o preghiamo perché una trincea ci salvi le chiappe.
Shepard aveva totalmente ragione. Non c'erano molte alternative. Eppure ero certa che la prima fosse la migliore: con mutanti, progenie e quant'altro, una battaglia di trincea ci avrebbe fatto subire gravi perdite.
- Io voto per il darci una mossa.
Molti nel gruppo fecero cenno di sì e, comunque, chi non lo fece non pareva essere contrario.
- Bene. Sicuramente avrete capito che non posso portarvi tutti, anzi, potrò portare una piccolissima squadra. Non solo perché in pochi ci muoveremo meglio, ma anche perché, se dovesse succederci qualcosa in quella stanza, non voglio far rischiare la pelle a tutti voi più di quanto non lo stia già facendo. Motivo per cui, sarete voi a scegliere se venire con me.
Ecco, un'altra scelta. Ma, quella volta, si trattava di scegliere se arrivare fino in fondo o se ritirarmi all'ultimo come spesso avevo fatto nella mia vita. Il primo a scegliere di andare con lei fu Garrus. Tutti lo sapevano, tutti sapevamo che non l'avrebbe mai lasciata sola, nemmeno in quel momento.
- Solo un altro, poi andremo.
Era il momento. Luke avrebbe provato a farmi desistere, ma io mi sentivo in dovere di farlo. Era mia figlia ed ero stata con lei solo un mese o due dopo la sua nascita. Nascita che ci aveva portati a tutto questo. Sì, perché, se non avessi mai avuto una figlia, quel giorno non avrei deciso di combattere per darle un mondo migliore, ma sarei rimasta a casa con Luke, sperando che qualcun altro liberasse la terra per noi. E, se non avessi deciso di combattere, non avrei rischiato la morte finendo in una capsula criogenica. E, se non ci fossi finita, non mi sarei risvegliata un secolo più tardi per scoprire che non eravamo soli nella galassia e che mia figlia, pur di conoscermi ,si era fatta congelare a sua volta. Dunque lei era la causa di tutto questo. Era grazie a lei se potevi sentirmi viva, perché quella, dopo la decisione di innamorarmi, era la più grande avventura che io potessi mai chiedere di affrontare.
- Vengo io - furono, quindi, le mie parole.
Vederla sorridere mi diede la conferma di aver preso la giusta decisione. E, anche se Luke mi guardò con in viso tutta la tristezza e la paura che non gli avevo mai visto provare prima, mi sentivo fiera di me stessa.
- Tornerò, amore mio - gli dissi.
- Lo so - disse prendendomi la mano e posandosela sul viso - Ma concedimi un po' di preoccupazione. È un mio diritto, dato che ti amo.
Mi saluto dandomi un bellissimo bacio sulle labbra e regalandomi un sorriso leggermente rattristato. Ero pronta ad affrontare ogni cosa.
 
Eppure, ciò che trovammo era al di là di ogni immaginazione. Dopo altre orde di Collettori e mostri vari, raggiungemmo finalmente la sala di controllo centrale. Appesa, sopra le nostre teste, c'era una macchina con le sembianze di uno scheletro umano. Dalle braccia gli veniva iniettato qualcosa, che, solo pochi secondi dopo, capii essere il materiale genetico ottenuto dalla disgregazione dei coloni rapiti.
- È un Razziatore umano - osservò Shepard.
Ne sapevo poco di Razziatori. Avevo sentito parlare di loro solo quando IDA ci aveva informato del fatto che i Collettori non erano altro che un'antica specie tramutata da questi. Di sicuro, però, ne sapevo abbastanza da capire che quell'essere andava distrutto.
- Pare - ci comunicò IDA - che quei tubi siano una debolezza strutturale.
Quindi ci bastava sparare a quei tubi e quella mostruosità sarebbe stata distrutta? Eppure mi sembrava troppo semplice. Ovviamente la stanza non rimase vuota per molto. I Collettori che non erano impegnati nel tentativo di aprire le porte che li separavano dai nostri compagni, vennero a tenerci impegnati. Il problema della loro presenza stava nel fatto che i tubi contenenti il materiale genetico non erano sempre in una condizione di debolezza. Quando lo stantuffo al loro interno si abbassava per iniettare il liquido, era molto più difficile scalfirli. Dovevamo, perciò, aspettare che si riempissero nuovamente e, al tempo stesso, tenere a bada i nemici. Due persone avrebbero tenuto a bada i nemici, mentre la terza pensava ai tubi. Siccome Shepard e Garrus avevano iniziato a uccidere gli alieni insettoidi, immaginai toccasse a me sparare ai tubi. Pur essendo lontani, non era necessaria un arma di precisione, anzi un fucile d’assalto era molto meglio: avrebbero ceduto prima sotto tutti quei colpi. Ci fu un momento, mentre sparavo, in cui un colpo mi sfiorò la testa. Quando mi voltai a destra per vedere da dove proveniva notai il fucile di precisione di Garrus, ancora fumante.
- Stai più attento Vakarian!
- Credi l’abbia fatto per sbaglio? Guarda alla tua sinistra.
A pochi passi da me c’era un Collettore morto con un colpo che gli adornava la fronte. Quel turian era dannatamente bravo.
I tubi, comunque, necessitarono di pochi minuti per essere definitivamente distrutti. “Bene, i nostri compagni dovrebbero stare ancora bene” fu la prima cosa che pensai quando il Razziatore-umano crollò. Ce l’avevamo fatta. Ciò per cui i Collettori avevano rapito intere colonie umane era finalmente distrutto e potevamo distruggere la loro base, lasciandoci alle spalle il loro arrivo e la distruzione che avevano portato.
Il Comandante disse ai nostri compagni che potevano tornare alla Normandy: avremmo fatto esplodere la base. Jokeri ci avrebbe aspettato con gli altri già a bordo. Eppure, quando pensavamo che il compito fosse facile, facile, il pilota ci avvisò dell’arrivo di un messaggio da parte dell’Uomo Misterioso. Raramente portava buone notizie.
- Shepard, hai fatto l’impossibile.
- Ero parte di una squadra.
- Sto esaminando i diagrammi inviati da IDA. Un impulso radioattivo dovrebbe uccidere i Collettori rimasti, ma lasciare le macchine e la tecnologia intatta. E’ la nostra occasione, Shepard. Stavano costruendo un Razziatore…quelle conoscenze, quella struttura, potrebbero salvarci.
- Scomponevano le persone- disse Shepard alzandosi e dirigendosi verso l’ologramma - le riducevano in qualcosa di orribile. Dobbiamo distruggere la base.
- Non essere così limitata. Rivolgere le risorse dei Razziatori contro di loro potrebbe essere la nostra unica possibilità…
La cosa che mi sconvolse della situazione, fu che Garrus appoggiò l’idea dell’Uomo Misterioso. Fortunatamente, Hope rimase della sua idea: usare quella base era sbagliato, perché era nata distruggendo gran parte dell’umanità. Non potevamo abbassarci a tanto. Piazzò la bomba, settata per esplodere dopo dieci minuti. Così, fieri di aver distrutto quell’orrore e di aver mantenuto la nostra posizione, ci dirigemmo verso l’uscita.
Nemmeno due passi, ne sono sicura. Nemmeno due passi che la base tremò. Istintivamente ci girammo e lui, quel coso, era lì. Il mostro che poco prima avevamo visto cadere in fondo alla stanza e schiantarsi al suolo, si era appeso ad alcuni dei pannelli mobili e si era tirato su. Era vivo. Vivo e armato. Aprì la bocca e uno strano raggio, pieno di sciami cercatori, iniziò a caricarsi. Il da farsi era ovvio: ci buttammo dietro diversi ripari, pregando perché bastassero a proteggerci. In un certo senso, quel raggio era interessante: sparava in diverse direzioni, ma lasciava intatto tutto ciò che non era organico. Non scalfì nemmeno uno dei muretti dietro cui ci eravamo posizionati. Ma sapevamo di non poter semplicemente stare chinati e sperare che se ne andasse.
- IDA, cosa puoi dirmi su questo mostro? – chiesi via radio.
- E’ dotato di diverse debolezze strutturali, a dire il vero. Una è il centro del suo petto.
Buttai un occhio: sembrava un cuore artificiale, alimentato da tutto quel liquido che gli era stato iniettato.
- Altrimenti, potete puntare ai suoi occhi, ma il danno sarà molto minore.
- Ti ringrazio.
Il problema del petto era che non stava mai scoperto per troppo tempo. Andare sul sicuro, puntando agli occhi, ma rischiando di metterci ben più di dieci minuti, o sparare al suo petto ogni volta che si trovava sulla linea di fuoco?
- Non dobbiamo mancare un colpo – gridò Shep, che aveva capito le mie intenzioni.
Io e Garrus le facemmo cenno di sì con la testa ed entrambi tirammo fuori i Viper. Non avevo mai sparato a un bersaglio che si muoveva così tanto. Certo, non che le persone stessero ferme, ma era diverso. Il Razziatore si muoveva a scatti e così anche il suo centro.
- Fai un respiro profondo – mi disse Garrus – E vedrai che sarà più facile di quanto credi.
Il Comandante si occupò dei nuovi Collettori che arrivarono all’attacco. Il fatto che fossero molti, però, non si rivelò un problema: il raggio di quella macchina non distingueva tra noi e loro, così ci bastava chinarci quando caricava. I Collettori, l’avevamo capito, non erano particolarmente svegli, essendo corpi svuotati e riempiti della volontà di qualcun altro. A ogni colpo, le loro orde venivano stese. Ma rimaneva il problema delle debolezze strutturali. All’inizio, Garrus si occupò di puntare al cuore mentre io riempivo di colpi gli occhi finché quel coso non si nascondeva per ricaricarsi.
- Non basta! Ci metteremo una vita! Devi aiutarmi a colpirlo al petto!
- Non credo di esserne capace.
- Magenta, datti una mossa e ascolta quello che ti dice Garrus.
Inspira. Espira. Lo feci diverse volte prima di mirare. Aspettai che il Razziatore si trovasse in un momento di stabilità e colpii. Incredibilmente, centrai il colpo. Nonostante la paura di morire, nonostante la sensazione di sentire lo scorrere del timer della bomba e il fatto di essere circondata da orde di Collettori, colpirlo mi veniva più facile di quanto pensassi. Mi sembrò di vedere Garrus sorridere.
Il tempo che passò mi sembrò molto più di dieci minuti. Eppure, quando io e Shepard ci alzammo dal riparo per colpire con una deformazione il Razziatore, che ormai era allo stremo, mancavano ancora due o tre minuti. Non so come ci riuscimmo. Ero talmente sollevata, felice di averlo definitivamente distrutto, che non notai cosa la sua morte (o disattivazione, ancora non ne ero sicura) stava comportando. Con una mano colpì la base fluttuante su cui mi trovavo e io mi ritrovai a scivolare verso il basso sempre più velocemente. Se non ci fosse stata Shepard, che prontamente si tuffò per prendermi, sarei morta insieme a quell’abominio. Ma il crollo che provocò era inarrestabile. Presto ci ritrovammo nel buio più totale, svenuti.
 
Era la seconda volta che mi svegliavo da uno svenimento vedendo Garrus. A liberarmi dalla lastra metallica che mi schiacciava la cassa toracica, però, fu Hope. Eravamo messi maluccio tutti e tre. Ma non c’era tempo per controllare le ferite. Mancava poco più di un minuto all’esplosione. Jokeri urlava talmente forte attraverso l’auricolare di Shepard, che riuscii a sentirlo. Capii che gli altri stavano bene. Mancavamo solo noi. E potevamo solo correre: uno sciame cercatore gigantesco iniziò a inseguirci e, a ogni angolo che svoltavamo, apparivano altri Collettori. Per tutta la stazione riecheggiava la voce dell’Araldo, ma a noi, o almeno a me, importava ben poco. Corsi come non avevo mai fatto prima, fregandomene del cuore che sentivo in gola. E quando vidi Joker aprire la porta della Normandy e sparare per pararci il culo, nonostante il farlo gli costasse un dolore atroce, sentii davvero di avercela fatta. Saltai con tutta la potenza che mi era rimasta nelle gambe e così Garrus dopo di me. Shepard, però, era rimasta indietro. Come se non bastasse, la piattaforma sospesa, grazie alla quale avevamo raggiunto l’entrata della nave senza troppo sforzo, crollò a causa del tremore che scossava tutta la base dei Collettori. Ma Hope non si lasciò scoraggiare. Corse, corse e corse sempre più velocemente, fino a spiccare un salto che sembrava impossibile. Pensai che sarebbe caduta nel vuoto, ma lei era il Comandante Shepard. Con le ultime forze rimaste si aggrappò al bordo dell’entrata e io, evitando il fuoco nemico, la presi per un braccio.
- Aiutami, Vakarian! – gridai.
Un braccio io, un braccio lui. E Hope fu definitivamente salva. La porta ci separò dagli spari.
Mettemmo piede nella nave giusto in tempo per sentire IDA che iniziava il countdown per la detonazione.
- 10…9…8…
- Sì, ho capito IDA – la rimproverò Joker – Tenetevi forte!
Non mi importava. Potevo anche cadere e sfracellarmi al suolo. La mia priorità era vedere la base esplodere, per avere la certezza che nulla di quella specie abominevole restasse. Prima un esplosione, poi un’altra e un’altra ancora. Le fiamme avvolsero la base e velocemente si avvicinarono alla Normandy. Ma prima che potessi vederle mangiare la nostra nave, quel posto da incubo scomparve dietro il nostro salto spaziotemporale.
 
EPILOGO
Quei buchi mi mettevano un po’ di inquietudine. La Normandy era squarciata in diversi punti, ma diversi tecnici mi avevano assicurato che le barriere da loro innalzate ci impedivano di perdere ossigeno. Come spesso mi era successo davanti a qualcosa di nuovo, qualcosa appartenente a quel nuovo secolo, non mi fidavo. Eppure respiravo.
Aspettavamo tutti il Comandante. Era andata a parlare con l’Uomo Misterioso, pronta a dare le dimissioni dopo quello che ci aveva ordinato. Era stata l’ultima goccia. Avevamo capito che la sua malvagità non era solo una facciata, ma il suo vero modo di essere. Nell’attesa alcuni ricontrollavano le armi, altri spostavano i detriti e altri ancora correvano di qua e di là per aiutare il più possibile. Io me ne stavo seduta. “Riposati” aveva detto la Chakwas “E per davvero questa volta”.
- Sembra impossibile eh - disse Luke sedendosi accanto a me.
- Dici? Io mi ci sto abituando.
- Mh, ci vorrà un po’ – aggiunse sorridendo.
- Per via degli alieni, delle guerre o del fatto che nostra figlia è viva e biologicamente più grande di noi?
Scoppiò in una lieve risata. Ce la meritavamo un po’ di tranquillità. Non solo per quello che avevamo affrontato pochi minuti prima, ma anche per quello che avremmo dovuto affrontare poi. Le previsioni, infatti, non erano buone.
Quando Shepard finalmente arrivò, guardò noi tutti, i membri della sua squadra, sorridendo. Eravamo tutti vivi. Joker le porse un datapad. Non avrebbe voluto distruggere quel suo momento di gioia, ma sapeva di non poter aspettare. Era una questione a dir poco prioritaria dirle quello che aveva detto a tutti noi e che, presto o tardi, avrebbe dovuto sapere tutta la galassia.
Stavano arrivando.
  
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