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Autore: Hoi    16/02/2014    3 recensioni
I fatti narrati si svolgono dopo gli eventi del primo film
“Pronto! Aiuto ho investito una persona. Sono in via...” Dove cazzo ero? Mi guardai attorno nel panico. Non c’era neanche un fottutto cartello. Merda! Ma quella era New York. Una New York mezza distrutta e ancora in piena ricostruzione, ma pur sempre New York. Di certo avrebbero rintracciato la chiamata e sarebbero venuti ad aiutarmi.
“il numero da lei selezionato è inesistente”
“Cosa?!?!?!” Piena di sgomento guardai lo schermo. 118. Idiota! Idiota! Idiota!
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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C’erano volute ore, praticamente tutta la giornata, ma alla fine, dopo un’attesa infinita e un interrogatorio straordinariamente superficiale, la polizia mi aveva lasciata andare. Devo dire “mi” perché ad essere precisi Davide se l’era cavata subito. La sua scomparsa poco dopo l’intervento di Cap era stata proprio dovuta alla polizia, che l’aveva immediatamente interrogato.  Chissà poi perché l’avevano requisito con tanta urgenza in un momento importante come quello, neanche qualcuno gli avesse detto che era un terrorista. Io non ero stata altrettanto fortunata. Al contrario, ero stata quasi l’ultima ad essere sentita. Quantomeno un lato positivo in quella situazione c’era: ero riuscita a passare il resto della giornata con Davide. Certo, eravamo in una stazione di polizia piena di gente strillante e sudata, non proprio il posto più romantico del mondo, ma quantomeno nessun’altro chitauro tentò di ucciderci.
Era quasi il tramonto quando finalmente ce ne potemmo andare e dentro di me era cresciuta la certezza che sarebbe stato uno splendido, magnifico tramonto, che sicuramente avrebbe rasentato la perfezione su una carrozza di Central Park. Uno di quei tramonti che ti devi per forza godere o rischi di non trovare mai più. Quindi, appena fatto un passo fuori dalla stazione di polizia, fissai gli occhi su quel ragazzo magnifico che presto avrei sposato, pronta ad usare i peggio trucchi per realizzare quella magnifica visione.
“Salve signorina Recidivo. Mi dovrebbe seguire.”
Un gemito di dolore mi sfuggì dalle labbra. Mi voltai a guardare lo splendido soldato, che mi sorrideva gentilmente, pur non abbandonando la fermezza nella sua voce. Non potevo credere che il mio eroe stesse distruggendo i miei sogni.
“Senza offesa, ma credo sia meglio che vada a casa a riposarsi un po’.”
Mi rivoltai verso Davide. Per una legge divina ormai stampata nel mio DNA, ero profondamente convinta che nessuno avrebbe mai dovuto contraddire Capitan America, in quel preciso frangente, la cosa mi sembrò però perdonabile, anzi quasi giusta.
“Lei dev’essere il signor Corso, giusto? Posso capire che la voglia proteggere, perché anche io voglio la stessa cosa. Quello che deve capire però, è che non è questo il modo. Quello che sta accadendo è qualcosa più grande di voi. Siamo alle porte di una nuova guerra signor Corso. Se davvero vuole che sia al sicuro. Se vuole che questi attacchi finiscano. Dovete seguirmi. Altrimenti, non solo lei, ma miliardi di persone saranno in pericolo.”
Wow. Se mi fossi concentrata abbastanza ero certa avrei sentito un’intera orchestra suonare l’inno americano in sottofondo. Doveva aver aspettato tutto il pomeriggio per potermi scortare, dovunque dovessimo andare.
Anche se ancora poco convinto Davide annuì. Dal canto mio, io avevo perso ogni voglia di contraddirlo e buona parte delle mia facoltà mentali appena avevo sentito le parole “anche io voglio la stessa cosa” cioè “proteggermi”. Proteggere ME. per quanto il mio subconscio mi dicesse “Farebbe la stesa cosa anche per un vecchio con tutte e due i piedi nella fossa! Perché lui è Capitan America” Tutto il resto del mio corpo gridava “Fottitene e goditi il momento!”
Così salimmo in auto –quasi certamente una delle industrie Stark- con Cap, arrivando in pochi istanti alla, ancora in ricostruzione, torre dei Vendicatori. Quando le porte dell’ascensore si aprirono, mi resi conto che col nostro arrivo la squadra poteva finalmente dirsi riunita.
Il signor Stark non mi avrebbe mai perdonato d’averci messo tanto.
“Finalmente! Sai, è da un po’ più di mezz’ora che ti aspettiamo”
Appunto. Quantomeno si era tolto l’armatura e ora indossava un completo elegante, che lo faceva sembrare un po’ meno pazzo.
“Mi dispiace signor Stark, ma sa com’è… Mentre tornavo qui sono stata quasi uccisa da un chitauro e requisita dalla polizia… Sciagure che capitano insomma”
Lui mi fissò con ira. Io lo rifissai con altrettanta ira. Mi stava sfidando e anche se mi rendevo conto di quanto sembrassimo infantili in quel momento, non intendevo perdere.
“Se te ne fossi restata buona qui, come TI AVEVO DETTO, non sarebbe successo.”
Lo shock mi fece ammutolire per qualche istante. Anche se l’aveva nascosto in una frase ero certa di averlo sentito dire “te l’avevo detto”. Sapevo che fosse infantile… ma non fino a quel punto. Mi piantai le mani sui fianchi, in segno di sfida. Non avrebbe vito, non così.
“Se non fossi venuta a lavorare per lei, o se sapesse garantire un minimo di sicurezza al suo personale, non sarebbe successo.”
Stark incassò il colpo, ma sapevo che era pronto a ribattere. Fortunatamente Clint intervenne, aggiudicandomi così l’ultima parola.
“Abbiamo cose più importanti di cui parlare direi”
“Per prima cosa potresti dirci chi sono questi due ad esempio”
Natasha Romanoff era seduta su una poltrona, con un elegante vestito da sera bordeaux, dallo spacco imbarazzante. Aveva gli occhi fissati su di me, e un sopracciglio alzato, come a sottolineare quanto fossi fuori posto lì. Teneva  le mani intrecciate e le gambe accavallate, tanto per concedersi un’aria ancora più da stronza superba. La odiai dal primo sguardo e la odiai ancora di più, quando smise di fissarmi e iniziò a fissare Davide, abbassando quel sopracciglio irriverente.
“Sa, è educazione presentarsi prima di chiedere informazioni sulla gente. Comunque io sono Francesca Recidivo, l’architetto del signor Stark e lui è il mio fidanzato.”
Dicendolo presi Davide sottobraccio, facendomi un po’ più vicina a lui. Potrei dire che fu una specie d’istinto di protezione, o roba simile, ma la verità è che stavo marcando il territorio. Volevo che le si stampasse per bene in quella testa cotonata, che poteva fissare e rifissare il MIO fidanzato quanto voleva, lui restava proprietà privata.
Lei si alzò e venne da noi, davanti a noi.
“e il TUO fidanzato, ha anche un nome per caso?”
Ci eravamo capite, questo era chiaro, il problema che sorgeva ora era che non pareva intenzionata ad arrendersi. Al contrario, mi stava sfottendo. Avrei tanto voluto dirle che non erano affari suoi, o una risposta sagace del genere, sfortunatamente, quel cretino del mio fidanzato se la stava già ridendo.
“Davide Corso, piacere”
Lui allungò la mano e lei gliela strinse. Li avrei schiaffeggiati volentieri entrambi. Soprattutto Davide, visto che non correvo il rischio che mi rompesse un braccio prima che ci riuscissi.
Stark batté con forza le mani, chiudendo la conversazione.
“Ok, se le due gattine hanno smesso di azzuffarsi, vi inviterei a tornare al posto da bravi bimbi e ascoltare la lezione in silenzio.”
Girandosi Natasha mi guardò per un istante negli occhi. Potevo leggerci un “sono io la femmina alfa, ricordatelo” scritto in stampatello maiuscolo in quei fondi di heineken che erano le sue iridi. Maledetta. La seguii in silenzio, senza lasciare un attimo il braccio di Davide. Appena ci sedemmo, Stark si schiarì la voce ed iniziò il suo comizio.
“Per prima cosa facciamo un veloce riepilogo dell’accaduto: I chitauri sono tornati sulla terra. Probabilmente l’esplosione del Tesseract, ha lasciato dei residui energetici, che ad intervalli irregolari riescono a conglomerarsi, creando delle brecce che i chitauri usano per arrivare fino a qui”
“Come facciamo a chiudere queste brecce?”
Cap, nobile come sempre, era già pronto all’azione.
“Non lo sappiamo e comunque non ci interessa. Se mi avessi lasciato finire –Stark gli lanciò un’occhiataccia- sapresti che io e il dottor Benner abbiamo già studiato la cosa. L’energia si sta disperdendo naturalmente e in tempi brevi dovrebbe sparire del tutto naturalmente. Cercare di intervenire per rendere più rapido il processo sarebbe pericoloso, quindi non lo faremo.”
“La tua proposta è di lasciare che continuino ad invaderci?”
Potevo capire che il Capitano Rogers fosse scioccato da quell’eventualità e in tutta sincerità, lo ero anche io.
“Non mi sembra poi una cattiva idea. Visto che la cosa è temporanea, possiamo benissimo continuare a fermarli quando si presentano e aspettare che finisca”
Possiamo continuare? Ora era Clint quello a cui avrei tirato più volentieri un ceffone. A lui e a quel suo “NOI” che non sapevo bene chi comprendesse visto che fino a quel momento lui non c’era stato neanche per mezzo secondo.
“E lasciare che continuino a razziare Midgard? Questi attacchi potrebbero terminare, ma sarà davvero per sempre? Io propongo di spostare questa guerra sul loro campo di battaglia. Attraversiamo la breccia e fermiamo il problema all’origine.”
Non fui mai tanto grata a Tohr quanto in quel momento. Finalmente una proposta intelligente.
“Quello d’invadere altri pianeti e assoggettare popolazioni, è proprio un vizio di famiglia, è?”
Alle parole di Stark, il dio scattò in piedi. Era paonazzo in viso. Senza nessun tatto il grande eroe in armatura aveva visto la ferita che il ragazzone biondo aveva sul cuore e ci aveva infilato un dito dentro.
“Sei abile a giocare con le parole Stark. Ma sai, quanto tutti loro, che non è questo che sono, né è ciò che voglio”
Certo che lo sapevamo. Lui voleva andare là e prendere a calci in culo il boss, per poi tornare indietro con qualche accordo di pace. Non il piano migliore di tutti i tempi, ma comunque il migliore che era stato proposto fino ad allora.
Stark sospirò.
“Tranquillo ragazzone, era solo una battuta. Ora, se la smetteste tutti di interrompere, passerei a spiegare il piano. Quello intelligente.”
Per un attimo ebbi il dubbio che con “quello intelligente” intendesse se stesso e non il piano.
“Dunque: ho esaminato gli attacchi e trovato un elemento comune. Il primo attacco è avvenuto alla torre dei vendicatori, al cinquantaquattresimo piano, dove c’era solo Francesca.”
Davide mi prese la mano e un brivido mi corse lungo la schiena. Avrei voluto dire che la colpa era di quel ricordo, ma la verità era che Stark mi aveva chiamata per nome per la prima volta da quando ci conoscevamo. E non era certo un buon segno.
“Il secondo attacco è avvenuto alla stazione di polizia, in cui  Francesca si era recata quella mattina e che teneva in custodia i suoi oggetti personali, sotto sequestro.”
Coincidenze. Fottute, maledette coincidenze e Stark era meschino a tirarle fuori.
“Il terzo attacco è avvenuto in un bar dove, guarda caso, Francesca stava pomiciando col suo ragazzo, quindi…”
Mi alzai di scatto. Ero furibonda. No. Non avrebbe scaricato a me la patata bollente. No. Io ero una ragazza normale, con una vita normale.
“No. Primo: non stavo pomiciando. Secondo: Non provi mai più a tirarmi dentro questa faccenda. Io non ne voglio sapere niente. E se lei –Stark aprì la bocca- NO. Non provi ad interrompermi. Se lei vuole giocare a fare l’eroe sono affari suoi. Io non ne voglio sapere niente. Non voglio essere una supereroina o cagate del genere. Io sono una ragazza normale e voglio fare la ragazza normale. FINE DELLA STORIA.”
Tutti mi guardavano. Stark, mi guardava. Probabilmente era incazzato per le cose che gli avevo detto, eppure nei suoi occhi aleggiava solo una strana tristezza. Mi girai verso Davide e gli dissi d’andarcene. Lui non si mosse.
“Credo che sarebbe meglio se prima finissimo di sentire cos’hanno da dire.”
Non potevo crederci. Non poteva starmi facendo questo. Non lui.
“Se vuoi giocare all’X-man lo farai senza di me. Io me ne vado”
Sapevo d’aver colpito basso e che me l’avrebbe rinfacciata a vita, ma quello era il momento in cui lui sarebbe dovuto essere dalla mia parte. Gli voltai le spalle. Prima che potessi arrivare alla porta il Capitano Rogers mi bloccò la strada.
“Mi dispiace Signorina, non posso permetterglielo”
Traditore, anche lui. Lui più di tutti. Lui che era il mio eroe. Lui che era il simbolo di ciò che c’era di buono in America. Simbolo di liberta, un cazzo. Erano tutti così presi a giocare alla guerra che non facevano neanche finta di preoccuparsi per la mia vita. Ero egoista lo sapevo. Avrei dovuto pensare a come proteggere New York e non me stessa, ma la verità è che come la vedova nera, ero convinta di non c’entrarci niente. La mia assenza non poteva fare che bene. Peccato fossi l’unica a pensarla così. Mi rimisi a sedere.
“Ok, in confidenza…”
Stark si sedette sul bracciolo del divano su cui c’ero io. Ero scioccata. Mi aveva maltrattata, mi aveva fatto lavorare come una schiava senza darmi mai un minimo di soddisfazione e ora voleva che ci facessimo le treccine chiacchierando dei fatti nostri? Potava scordarselo.
“Sappiamo che non sei proprio Normale”
Ero ufficialmente passata da scioccata ad inorridita.
“Ma non normale, lo sarà lei!”
Da inorridita ad inferocita.
“Sì, bhé questo mi pare scontato… Insomma io sono un genio, affascinante…”
“Perché dovrebbero voler lei?”
Ero grata alla Vedova Nera per averlo fermato prima che diventasse inarrestabile, ma la odiavo comunque. Forse anche un po’ di più visto che parlava come se non ci fossi.
Stark la fulminò con gli occhi. Questa cosa del continuare ad interromperlo, lo stava snervando.
“Ci sto lavorando. Quindi –tornò a fissare me- cos’hai di speciale. Perché vogliono te?”
Ero ufficialmente tornata allo stato di shock. Era lui che avrebbe dovuto dirlo a me! E poi questo non era mica lavorarci. Questo era Chiedermelo e avrebbe potuto farlo chiunque, altro che genio.
“Non vogliono me!”
Cazzo era così evidente che fossero coincidenze, come facevano a non capirlo?
Stark sospirò.
“Ok… è possibile che tu non lo sappia, ma qualcosa l’hai fatto quando il chitauro ha afferrato mister berretto”
Con un pollice indicò Davide e il suo stupido berretto dal taglio militare, che non si toglieva mai. In effetti in quel frangente qualcosa di strano era avvenuto. Sentendosi tirato in causa, Davide si agitò leggermente sulla sedia.
“Veramente…”
Stark lo fulminò con gli occhi. Era arrivato al limita della sopportazione. Quella era stata decisamente l’interruzione che aveva fatto traboccare il vaso.
“Ok, adesso basta.”
Stark si mise una mano sotto la giacca, estraendone una specie di pistola trasparente con un minuscolo ago sulla punta, che mi conficcò nel braccio. Ci fu un suono, come un sospiro, quando schiacciò il grilletto. Davide gli afferrò il braccio, strappandomi quell’aggeggio di dosso.
“CHE DIAVOLO È?!”
Era incazzato, forse avrei dovuto esserlo anche io, ma sinceramente non capivo cosa mi fosse appena successo. Il braccio mi faceva un po’ male, ma non più che se mi avessero fatto un pizzicotto.
“Calmo eroe, le ho solo fatto un piccolo prelievo di DNA”
Lui mi aveva fatto cosa? Tutta la stanza parve rilassarsi, tutta quella scena per una cosa come quella era quasi nella norma.
“E  c’era bisogno di usare quell’aggeggio strano?”
Gli occhi di Stark si dilatarono. Aprì la bocca per parlare, ma la richiuse subito dopo senza aver proferito parola. Poi alzò un dito e glielo puntò sul petto.
“Tu, sei un ragazzo privo di fantasia”
Detto questo si girò e se ne andò, lasciandoci lì.
  
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