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Autore: smak978    03/03/2014    3 recensioni
"Succorbentis?" Chiese Malfoy con un filo di voce, coprendo subito il volto con quell'insopportabile maschera. "Hai la Succorbentis?" Silenzio. "Lo sai che è una malattia incredibilmente rara, vero? ...E lo sai che è incurabile, vero?" Silenzio. "Non c'è da stupirsi che ti rifiuti di accettarlo." Ron/Hermione/Grifondoro OOC
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: OOC, Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Ciao popolo di efp!

In primis, chiedo scusa se sono stata assente per più di un mese, ma ho avuto un lungo periodo a scuola in cui non potevo fare niente perchè avevo una montagna di compiti. Disgraziatamente, vado in quarta superiore al liceo classico e la scuola assorbe gran parte del mio tempo :( comunque, la colpa è mia, avevo il secondo capitolo tradotto da un po' ma avrei dovuto rileggerlo, e non avevo tempo nè voglia. Qualche anima pia là fuori è disposta a farmi da beta reader? Sono le persone che controllano l'uso corretto della lingua e la grammatica e che nelle traduzioni controllano incongruenze e consigliano l'autore sulle espressioni più corrette da usare. Fateci un pensierino, ok?

In secundis, EFP ha seri problemi perchè con tre computer non sono riuscita a sistemare la presentazione dell'account E/O il font del primo capitolo. Era normale, con alcune parti in corsivo per evidenziare delle parole, ma mi è venuto tutto in corsivo nonostante i miei ripetuti tentativi di sistemarlo! -^- mi sa che dovrò installare il programma richiesto... Se qualcuno ha consigli da darmi, per favore mi contatti, non riesco a sistemarlo!

In tertiis, tantissime grazie a chi ha letto il primo capitolo, e un abbraccione particolare a uwetta e Upsidedown che lo hanno recensito! Credetemi, ho cercato di rispondere tipo 30 volte ma EFP non mi vuole bene :( siete stati/e meravigiosi/e e vi ringrazio tantissimissimissimo! Siete voi che mi spingete a tradurre di più (e a craccare il pc di mia mamma per farlo :P) Grazie ancora tantissimo, spero che anche questo capitolo vi piaccia :)

E ora vi lascio alla storia, bye bye!

malpensante

P.S. pensateci per il discorso di farmi da beta, diminuirebbe di molto il tempo tra un capitolo e l'altro!

Capitolo Due – Sorriso

Ci volle una buona giornata prima che Harry superasse l’amarezza. Non nel senso di perdonare gli amici per la loro cecità ignorante, ma nel senso di metterla da parte quando realizzò che se non aveva intenzione di dirlo a nessuno, non poteva neanche prendersela con loro.

Così, piuttosto testardamente, Harry alla fine andò a colazione la mattina dopo, sospirando quando si trovò di fronte la coppia silenziosa. “… Mi dispiace. Non avrei dovuto scattare… Ero arrabbiato, ma non avrei dovuto sfogarmi con voi.”

“No, non avresti dovuto farlo.” Hermione fu la prima a parlare, naturalmente. Gli rivolse uno sguardo ferito, facendo stringere il nodo nel suo stomaco, a disagio. Non glielo stavano rendendo più facile.

Lei tirò uno schiaffetto alla mano di Ron quando lui continuò a sedere lì in modo indisponente, un’istigazione a guardare Harry, perlomeno. Non poteva essere così interessante un nodo del tavolo.

“Ron, amico…?”

Ron si spostò con disagio sulla sedia per un momento, lanciando un’occhiata al tavolo Serpeverde prima di accigliarsi di nuovo. “…Quindi, era solo lavorare… nient’altro? Non sei loro… amico o simili, giusto?”

“Sì, nient’altro! Francamente, stavo solo facendo la pozione, e hanno tutti iniziato a guardarla… stavano aspettando che esplodesse o qualcosa del genere, non stavo seguendo le istruzioni.” Harry lanciò un occhiata al tavolo dei Serpeverde, sbattendo le palpebre per la sorpresa quando vide degli occhi grigi che lo fissavano. Gli occhi scintillavano per il divertimento, ovviamente si erano accorti del contrasto fra i tre. Era davvero così interessante guardare la loro amicizia andare in malora? Quel biondino presuntuoso non aveva niente di meglio da fare?

Harry lo fulminò con lo sguardo, rifiutandosi di distogliere lo sguardo dall’ovvia sfida nell’aria. Fu solo quando venne alzato un sopracciglio che Harry riuscì a distogliere lo sguardo, realizzando l’errore troppo tardi.

“Oh, certo, niente un cazzo! Perché stai guardando Malfoy?”

“Niente Ron, cielo, calmati!”

La faccia di Ron era già chiazzata di rosso. Saltò in piedi, catturando l’attenzione non solo dei Grifondoro, ma dell’intera sala. Strinse i pugni con rabbia, apparentemente senza notare l’attenzione focalizzata su di loro. “Hai detto che era ‘tutto a posto’! Hai detto che avete ‘chiacchierato’!”

Cosa intendi dire?

“Cosa intendo dire? Cosa intendo dire? Sono Serpeverde!”

Se qualcuno aveva dubbi sulla discussione, ora non ne avevano. Contemporaneamente, tutti gli occhi si spostarono a fulminare il tavolo ammantato di verde. “Sono Mangiamorte e peggio! Volevano ucciderti, Harry! Hanno provato a ucciderci! Hanno u-ucciso…” Ron rabbrividì, cercando di respirare, con la faccia rossa. Harry ne aveva abbastanza.

Consapevole delle orecchie tese spudoratamente sulla conversazione, si avvicinò, sforzandosi di parlare piano. “Okay, amico, capisco. Mi dispiace, okay? Mi dispiace.” Gli dispiaceva, per più cose di quando avrebbe voluto. Gli dispiaceva che tutti erano morti per lui nella battaglia finale. Gli dispiaceva per Ron, che aveva perso suo fratello per l’amico. L’amico che ora stava pure morendo. Dio, a Harry dispiaceva. Ma non poteva perdere anche Ron. Non importava quanto si arrabbiava, non importava quanto si indeboliva in modo patetico, non poteva perdere Ron. Non ce l’avrebbe fatta se anche Ron l’avesse odiato.

“Ron. Mi dispiace…” Qualcosa nel tono di voce doveva averlo convinto perché dal nulla smise di gridare, e deglutì forte, fissando Harry. Annuì, sedendosi, e prese bruscamente un piatto di cibo. Gli occhi della sala invece si spostarono su Harry.

Non si era mai abituato agli sguardi inquisitori. Quegli occhi impietosi, tutti lo scrutavano, giudicando ogni sua parola e azione.

“…Torno in dormitorio…”

“Non essere stupido. Siediti.” Borbottò Ron senza guardare Harry, ma continuò a riempirsi la bocca. Harry deglutì di nuovo, ignorando le centinaia di occhi incollati a lui, e lentamente si sedette. Fu come se avesse premuto un interruttore; i bisbiglii ricominciarono, un sibilo che echeggiava attraverso la sala. E nessuno si preoccupava neanche di tenere la voce relativamente bassa.

Lanciò un’occhiata a Hermione, che alzò le spalle come a dire ‘Te la sei tirata addosso da solo’. Era completamente ingiusto. Era entrato nella classe di Pozioni, e non c’erano posti rimasti perché i suoi amici non avevano pensato a tenergliene uno. Aveva dovuto sedersi con i Serpeverde. E allora? Aveva parlato e non gli avevano fatto una maledizione. E allora?

Harry aspettò che la faccia si raffreddasse, ma i mormorii aumentarono. Calì era piuttosto rumorosa mentre parlava con Ginny e Luna della classe di ieri. Harry incrociò gli occhi castani furiosi di Ginny e gemette silenziosamente quando si girò sbuffando. Giorno due, e la situazione era già insopportabile.

Harry sospirò, mescolando il cibo nel piatto e cercando di ignorare tutti gli sguardi sulla schiena. Era insopportabile. Alla fine Hermione ebbe compassione di lui e gli diede un colpetto sul gomito per richiamare la sua attenzione.

“Pensi che i ragazzi dell’ottavo anno possano fare il provino per il Quidditch quest’anno?”

Ron alzò immediatamente lo sguardo, gli occhi sgranati.

“Merlino, non ci avevo neanche pensato! Cosa ne pensi, Harry, torneremo nella squadra anche quest’anno? La coppa sembra così bella nella sala comune di Grifondoro, vero? Con te come cercatore e me come portiere, non avranno possibilità. Nessuno vorrà giocare contro il grande Harry Potter, giusto? Penseranno che li butterai giù dalla scopa.” Ridacchiò, ora un po’ più felice, e tirò altri piatti verso di sé. Harry lanciò un’occhiata grata a Hermione, che fece ancora spallucce; il movimento sembrava essere uno dei suoi preferiti. Ron sarebbe stato furioso quando avrebbe scoperto che aveva già rifiutato l’offerta della McGranitt. Harry rigirò il cibo nel piatto senza scopo. Non aveva più così fame.

Cercando di essere disinvolto, Harry si guardò intorno. Quasi tutti stavano sussurrando, ridacchiando, alzando gli occhi al cielo. Era come se non si dovessero preoccupare di niente, come se questo fosse uno show da non perdere assolutamente. Fantastico.

Corvonero sembrava compiaciuta. Tassorosso moderatamente interessata. Grifondoro seccata.

Harry sapeva davvero che non doveva farlo, ma lanciò ancora un’occhiata al tavolo Serpeverde. Per curiosità. Malfoy lo stava osservando apertamente, le sopracciglia alzate. Fece un sorrisetto compiaciuto ad Harry, alzando un indice e girandolo un paio di volte.

Ringhiando, Harry girò la testa di scatto. Non era sotto il loro controllo. Erano entrambi arrabbiati, e Ron aveva perso più di Harry, quindi Harry doveva essere superiore. Essere superiore non significava essere una proprietà.

Seguì gli altri due a Trasfigurazione, amaro e arrabbiato. Come osava Malfoy ridere di lui? Chi se ne importa dell’intera scuola, quello si poteva sorvolare. Era il sorrisino sardonico di Malfoy che faceva saltare i nervi ad Harry. Aveva sempre quella dannata smorfia in faccia, doveva sempre avere l’ultima parola.

La sala lo metteva a disagio. Malfoy lo faceva diventare furioso.

Entrarono nella classe e si sedettero assieme. Harry tentò di fare un sorriso incerto a Ron, ma era forzato. Molto forzato. E non aiutò il fatto che Malfoy sorrise in modo compiaciuto quando passò il loro tavolo, evidentemente divertito.

La McGranitt iniziò la lezione con una predica, come volevasi dimostrare, e poi procedette a vedere quante cose si erano dimenticati.

“Oggi faremo dei semplici incantesimi evanescenti per vedere quanto vi ricordate. Dopo che tutti riuscirete a fare un incantesimo di sparizione, potete iniziare a prendere appunti sul Multicorfors, a pagina 103… Bè, cosa state aspettando? Signor Potter, può prendere le lumache dall’armadio. Se tutti riescono a farli svanire, prenderemo i topolini. Non ci sarà un Multicorfors nella mia classe fino a che tutti voi non riuscirete a fare un semplice incantesimo evanescente.”

Harry inciampò sulla strada per l’armadio e tirò fuori malvolentieri la piccola gabbia di lumache. Era coperta di bava e puzzava come cibo andato a male. Iniziò comunque ad andare in giro, allungando una mano e prendendo una lumaca per ciascuno, facendo una smorfia quando toccava le viscide creature. Anche Parkinson fece una smorfia d’orrore quando tirò fuori una grossa lumaca per lei, coperta di muco verde. Lei ghignò debolmente, come se fosse una scelta e non un ordine.

“Cielo, grazie Potter.” Di solito il tono sarcastico gli avrebbe fatto controllare se gli avessero lanciato una fattura o un incantesimo mentre non guardava; oggi, lo registrò a mala pena.

Sentendo degli sguardi truci sulla schiena dal resto della classe, continuò, facendone cadere una sul banco di Zabini e girandosi verso la prossima persona. Fu allora che qualcosa lo trattenne per i piedi e lo strinse come una corda. A metà passo gli tirò le caviglie, levandogli letteralmente il terreno da sotto i piedi.

Cadde sul banco più vicino, spedendo lui e lo studente dritti per terra. Il coperchio della gabbietta si aprì e le lumache scivolarono dappertutto assieme alla bava.

Harry trasalì atterrando goffamente sullo studente e sul banco, rotolò e fece una faccia schifata alla vista dell’uniforme imbrattata di schifezza. Gli ci sarebbe voluta un’eternità per levarla senza magia.

Si girò verso lo studente che non si era ancora mosso, pronto a offrirgli una mano. La mano si fermò a metà strada, riappoggiandosi al pavimento per poi spingerlo in piedi. Ottimo. Fantastico. L’Universo lo voleva rovinare, doveva essere così.

“… Uh… Scusa, immagino, Malfoy.”

“La prossima volta che ti muovi, Potty, pensa. Non dovrebbe essere troppo difficile coordinare le gambe e il posto dove il tuo stupido cervello vuole che le porti.” Malfoy parlò lentamente, sedendosi senza fretta apparente e osservando con noncuranza la moltitudine di lumache che si stavano lentamente muovendo sulla sua uniforme. “Hmm. Cosa dovrei fare con te?” Mormorò a una lumaca che aveva sulla mano, puntando crudelmente la bacchetta e guardando come essa iniziò a contorcersi, come se fosse ignaro della classe che lo guardava.

Signor Malfoy! La smetta subito di fare qualunque incantesimo sia e si alzi! Signor Potter! Anche lei.” Entrambi si alzarono di mala voglia e Malfoy fece cadere sul pavimento la lumaca ormai morta. Harry la guardò tetro, battendo le palpebre prima di girarsi verso la McGranitt. In che modo facile quella povera cosina aveva combattuto ed era morta… senza prevalere. Ma che pensiero confortante, pensò freddamente. Era un segno? No, solo una spiacevole coincidenza.

“Andate ripulirvi. Ora, chiunque lo abbia fatto se ne pentirà amaramente! Non tollererò scherzi infantili, specialmente da voi dell’ottavo anno!”

Harry non sentì più niente quando uscì dalla stanza come una furia, cercando di respirare con calma ma perdendo penosamente la battaglia. Era stato un Grifondoro, e l’avrebbero pagata. Entrò in bagno e si precipitò al lavandino, ficcando le mani sotto il getto d’acqua e cominciando a strofinare. Aveva bisogno di grattare via lo sporco. Non ce la faceva più. Voleva usare la bacchetta e maledire chiunque lo aveva fatto cadere. Lo mandava in bestia sapere che non poteva neppure reagire senza essere irrimediabilmente battuto. Diavolo, non poteva neanche usare la magia per pulire la bava che gli copriva il braccio. Era patetico; niente di più di un Magonò. Potevi diventare un Magonò? O ora era classificato come Babbano?

Harry continuò a strofinare le mano, sapendo che se ne era andata ma non sarebbe entrato di nuovo in quella stanza finché non si fosse calmato. Ora come ora non poteva affrontare Ron o Hermione… E cosa poteva dire? Probabilmente sapevano chi l’aveva detto. C’era anche la possibilità che fossero stati loro, se Ron non era così indulgente come Harry pensava.

Harry ringhiò di nuovo, appoggiando la testa allo specchio e respirando pesantemente. Era martedì oggi. La sua prima diagnosi era stanotte, per assicurarsi che non peggiorasse. Quindi, oltre a tutti i compiti avrebbe passato le prossime ore a soffrire fino a nuovo ordine. Uscire non era un problema; doveva solo prendere il mantello e la mappa.

“Penso che ci sei riuscito, Potty.”

Harry spalancò gli occhi e si voltò. Malfoy era appoggiato alla porta, con un’espressione divertita negli occhi. Era immacolato. Non un capello fuori posto. Il bastardo.

“Dov’è la bava?”

“Tsk, per una coincidenza sono un mago, Potty. È sorprendente che tu sia stato ammesso alla scuola. Davvero, un regalo.”

Harry ringhiò di nuovo, spingendolo via per tornare in classe. Non voleva che Malfoy sapesse quanto le sue parole avessero fatto centro, ma aveva appena detto quello che Harry aveva temuto per settimane. Se non poteva più usare la magia, era ancora un mago? Aveva ancora la magia; l’unico problema era che ora stava cercando di ucciderlo.

Trasfigurazione era un inferno, un’ombra di quello che era prima. Harry agitò la bacchetta svogliatamente, facendo finta di provare a lanciare l’incantesimo. Gli occhi vagarono verso l’altro lato della stanza dove tutte le lumache erano già state fatte svanire. Zabini e Malfoy stavano sussurrando tra loro, guardando a mala pena il libro prima di scribacchiare attentamente le istruzioni. Malfoy mormorò ancora qualcosa, e improvvisamente gli sguardi di entrambi erano puntati su Harry e brillavano di divertimento.

Non migliorò per niente il suo umore.

Furioso, lanciò un’occhiataccia alla lumaca sul suo banco, desiderando sapere l’incantesimo che Malfoy aveva usato prima per farla contorcere. Se si meritava di essere così infelice, lo stesso valeva per la lumaca, vero?

Incantesimi fu terribile come Trasfigurazione.

Difesa fu un incubo.

Tutti erano capaci di fare gli incantesimi con facilità, volando attraverso il ripasso senza battere ciglio. Aveva migliorato l’umore di tutti, che ora ridevano e sorridevano come se avessero deciso che, improvvisamente, i MAGO erano raggiungibili. Harry tenne giù la testa e prese appunti. Non fece pratica come gli altri, invece iniziò i compiti, e ne aveva già fatti metà prima che qualcuno si accorgesse che era ancora al banco.

Alla nuova insegnante non dispiaceva, e in realtà gli fece un mezzo sorriso. Merlino, la compassione era peggio di essere ignorato. Ron era di nuovo abbastanza felice, la trovata a Trasfigurazione era abbastanza per lui da pensare che Harry fosse stato umiliato abbastanza. Hermione però sembrava un po’ di malumore e continuava a guardare Harry. Alla fine, la tensione divenne troppo forte da sopportare e si avvicinò, un po’ scocciata. Aveva completato tutti gli incantesimi perfettamente, e nonostante ciò sembrava che li avesse sbagliati.

“Harry, che stai facendo?” Chiese lei, una vena irritata evidente nel tono di voce. Sembrava che stesse cercando di rimanere amichevole e felice, a dispetto delle occhiate tese della professoressa.

“Sto prendendo appunti.” Lui fece finta di sorridere, ignorando il lampo di irritazione. “C’è qualche problema?”

“Dovresti fare pratica. È il primo giorno della professoressa, la sua prima lezione del suo primo lavoro… e tu stai già minando la sua posizione sedendo qui a fare niente. È ovvio che la stai imbarazzando, guarda gli sguardi tristi che continua a darti.” Entrambi guardarono l’insegnante giusto in tempo per beccare una delle famigerate occhiate; la compassione le bruciava negli occhi. Harry tornò velocemente al suo lavoro. “So che puoi fare questi incantesimi, quindi magari solo per lei? Tutti guardano te, Harry. Sei un modello adesso.” Lei alzò gli occhi al cielo davanti alla sua espressione disgustata e gli parlò velocemente sopra. “Quindi, se ti vedono seduto qui a non fare incantesimi, potrebbero decidere di copiarti.”

“Hermione, non hanno dodici anni.” Harry si accigliò, non capiva perché doveva esplicitarglielo. “Sono perfettamente capaci di fare le loro decisioni; non sono stupidi idioti che copiano ogni cosa che faccio. Comunque, conosco questi incantesimi e, francamente, non voglio usarli mai più.”

L’espressione di Hermione si ammorbidì notevolmente. Annuì e si unì agli altri, parlando piano a Ron, e entrambi si girarono a guardarlo tristi. Dio, oggi era una giornata veramente insopportabile, vero?

Grazie al cielo aveva due ore di studio dopo pranzo, che passò copiando velocemente gli appunti di Trasfigurazione. Gli ci vollero solo dieci minuti, dopo i quali lasciò velocemente la stanza, ignorando i commenti curiosi di Ron e Hermione.

Lasciò che i piedi lo guidassero dato che non voleva tornare dentro. Lentamente, passeggiò fino al lago e si sedette sul posto del giorno prima. Guardò indifferente la nera acqua gelida, sbattendo le palpebre, la mente vuota. Riposando le braccia sulle ginocchia, si appoggiò all’indietro, assente.

Non voleva pensare più.

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Harry si contorse inquieto, la faccia contratta per l’agonia. Poteva sentire la pozione che gli strisciava nel corpo, proprio sotto la pelle, cercando in ogni minuscola piega del corpo. Essa forzò la strada attraverso i muscoli, a dispetto del dolore che portava, indugiando crudelmente prima di spingersi avanti. La Chips lo aveva avvertito che avrebbe ‘fatto un po’ male’.

Fatto un po’ male.

Non che lo avrebbe lasciato a urlare fino a che la gola non gli sanguinava. Doveva essere svenuto per un attimo, perché in un attimo essa si stava dimenando subito dopo la spalla, contorcendosi sotto le scapole e avvicinandosi sempre di più al petto. Il dolore era insopportabile, più di qualunque cosa che aveva patito in precedenza. Dio, la morte era stata più facile da sopportare di questo. Ora gli aveva circondato il cuore, strizzandolo, fermandolo, rendendolo impossibilitato a battere, forzandolo all’immobilità. E Dio, quello aveva fatto male.

Harry alzò una mano per strofinare l’umidità degli occhi e lo shock gli attraversò lo sguardo. Non si ricordava di aver pianto. Se li asciugò con violenza, una mano invece si stringeva attorno al nodo allo stomaco. Essa stava strisciando lì attorno, gli faceva venire la nausea. Voleva vomitare tutto quello che aveva mangiato a pranzo, e anche allora, il suo stomaco che si agitava non si sarebbe calmato.

Harry trasalì e si sedette un po’ più su, guardando scioccato il suo corpo. Il petto era coperto di graffi, marchi insanguinati che correvano sulla maglia. Il sangue cremisi era penetrato nell’uniforme e, quando alzò una mano tremante, le dita macchiate di sangue lo fissarono di rimando come a deriderlo.

“Si… Oh, bè… Lei si è un po’ frustrato mentre non riusciva ad alleviare il dolore al petto…” Balbettò Madama Chips, apparendo alla sinistra di Harry. La guardò, trasalendo quando vide il viso rosso e le guance rigate di pianto. Le mani le stavano tremando, quando si rese conto che Harry era di nuovo cosciente. “Oh… Bè, devo… Andare a controllare… Sta bene?”

Harry annuì lentamente. Non provò neanche a parlare; al momento un mugolio era impossibile. Dovette guardare in silenzio mentre lei se ne andava, la gola tradiva i suoi pensieri urlanti. Resta! Solo… resta!

La porta si chiuse con uno schiocco, echeggiando nell’infermeria vuota.

Harry boccheggiò quando essa gli strisciò nell’intestino, facendo sobbalzare i fianchi, e scattò attraverso il muscolo lì. Con le mani che si aggrappavano alle lenzuola, tutto quello che poteva fare era strizzare gli occhi, e sperare che finisse presto.

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Harry ingollò le tre pozioni, notando a malapena il gusto pungente. La pozione blu, un guaritore interno. Sapeva da frutta marcia, o almeno ne aveva l’odore. Gli aveva fatto venire la nausea quando aveva iniziato a prenderla, ma ora era solo un altro aspetto della sua vita che ignorava completamente. La pozione trasparente, un forte antidolorifico; per guarire ogni danno che si era causato durante il giorno, sia visibile che no. Bruciò quando colò nella gola, sembrava causare più danni che curarli. E ora all’ultima… Una pozione marrone, fetida, da prendere due volte al giorno. Una pozione che stabilizzava la magia. Il gusto era allo stesso livello di quello della pozione Polisucco… No, era peggiore.

Ma Harry la mandò giù, sapori e odori gli facevano a mala pena effetto. Si era abituato durante l’estate.

Non aveva ancora deciso se questa era una cosa buona o cattiva.

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Harry sbatté lentamente le palpebre, realizzando che qualcosa non andava ma la sua mente non riusciva a capire cosa esattamente. Era tutto confuso, sfocato. Aspetta, c’era qualcuno?

La sagoma distorta di una persona vicina al letto finalmente si profilò, mentre parole fredde e aggressive si facevano strada attraverso la nebbia.

“Come osi… egoista!… Deprimendoti… morire!...” Harry scosse la testa, cercando di pensare con chiarezza. Chi stava parlando? E perché faceva così male? Il petto gli pulsò, soffrendo per un dolore che pensava di aver dimenticato. Solitudine. Perché era così solo? Un’altra voce tagliò il corso dei pensieri, più profonda, ma furiosa e fredda come la prima.

“Fratello… famiglia… hai preso… bastardo!… Egoista!” Perché non riusciva a collocare la voce? Chi era? Harry batté lentamente le palpebre, cercando di scuotere ancora la testa ma sentendosi troppo pesante per muoverla. Era estenuante, e presto stava ansimando, cercando di fermare la pulsazione insistente.

La figura vicino al letto si spostò, girandosi in evidente disgusto. No. NO! Ci volle ogni briciolo di forza di Harry per tendere una mano, il compito semplice lo prosciugava. Desiderò di non averlo fatto.

Il suo polso era sottile, l’osso spuntava orribilmente dalla pelle sottile. Pesantemente contuso e debole, il polso sporgeva sgradevolmente, in pesante contrasto con le semplici dimensioni del braccio. Era pesantemente emaciato, e tuttavia non riusciva a ricordare perché… o chi era vicino al letto!

Tutto era annebbiato, incoerente. Dov’era? Chi c’era? Perché lui era lì?

Harry si fece prendere dal panico, cercando di vedere chiaramente. L’azione tuttavia lo prosciugò, lasciandolo lentamente affondare ancora una volta nell’oscurità…

Harry si sedette di scatto, ansimando pesantemente. Di colpo voltò la testa per guardare il polso, sospirando di sollievo prima di artigliarsi lo stomaco, cercando disperatamente di trattenere la nausea. Non stava morendo in ospedale… I suoi amici non l’avevano lasciato, disgustati per quello che era diventato. Era ancora Harry. Sopravviveva ancora.

Harry spinse via le coperte con rabbia, furioso per il fatto che era stato tanto debole da addormentarsi dopo il trattamento. Era ancora qui. Stava bene. Bene, porca puttana!

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Quando Harry raggiunse la Sala Grande quella mattina, si fermò appena entrato, cauto. Tutti i tavoli erano vuoti, i suoi passi echeggiavano forti nella sala vuota. Ma quanto presto era? Si avvicinò al suo tavolo, sedendosi comodamente e appoggiando la testa sulla superficie liscia. Non poteva tornare in sala comune, sarebbe stato uno spreco di tempo. E tuttavia, non poteva fare molto quaggiù, no?

Harry tirò fuori la bacchetta, pronto a lanciare un incantesimo temporale, le parole sulla punta della lingua… prima di rendersi conto che non gli era più permesso usare la magia. Certo, poteva farlo se voleva, ma in una stanza deserta, a chissà quale ora del mattino?

Stingendo i denti, mise giù la bacchetta, sbattendo duramente la mano sul tavolo. Non poteva neppure usare un incantesimo temporale? Ma quanto patetico era? Non poteva neppure sapere che ore erano senza mettersi in pericolo?

Ricacciando indietro il calore improvviso della faccia, Harry tirò di nuovo un pugno al tavolo. Non era giusto. Niente era giusto. Non si meritava di bere quelle dannate pozioni ogni giorno, di patire quella tortura ogni martedì notte. E sul fatto che non poteva più usare la magia, senza che gli si ritorcesse contro una volta sì e una no, facendogli male o cercando di ucciderlo?

E a nessuno importava.

Aveva rinunciato alla vita, si era sacrificato per distruggere l’ultimo Horcrux. Si era aspettato di morire. Quando ingiusto era il mondo, a lasciare una responsabilità del genere ad un adolescente? Ma era pronto. Aveva camminato in quella foresta, e aveva chiuso gli occhi. Non aveva rimpianti.

Poi, all’improvviso, gli era stata di nuovo donata la vita. Tutte le possibilità infinite che non aveva mai potuto considerare all’improvviso erano alla sua porta. Il potenziale era illimitato. All’improvviso poteva invecchiare, e sposarsi, e diventare padre. Poteva vivere.

Harry bestemmiò tra sé e sé, tirando un terzo pugno al tavolo. Il destino faceva schifo.

Nel momento in cui la rivelazione che poteva avere una vita lo aveva raggiunto, gli era stata portata via di nuovo.

L’Universo gli stava gridando: “Hey, hai fatto il tuo lavoro; non abbiamo più bisogno di te. Muoviti a sparire.” E sarebbe sparito. Non sarebbe mai invecchiato, non avrebbe mai avuto una casa che aveva comprato con i soldi guadagnati con il sudore della sua fronte. Non avrebbe mai comprato un grande bastardo nero che gli ricordava Sirius per rallegrarlo nei giorni di pioggia. Non avrebbe mai sposato Ginny. Non avrebbe mai visto gli occhi di Lily ripetersi ancora in sua figlia o suo figlio. E questi erano solo gli obiettivi a lungo termine.

Harry ringhiò tra sé e sé, mettendo la testa tra le mani mentre aspettava che il castello si svegliasse.

La vita non era giusta. Non sarebbe mai stata giusta. Una malattia avrebbe fatto ciò che Voldemort non era riuscito a fare. Tsk, Voldy avrebbe dovuto aspettare solo per un altro mese, e poi avrebbe avuto la strada libera. Ma l’uomo non aveva avuto pazienza, e neanche l’Universo, apparentemente.

Harry sbatté le palpebre quando si aprì la porta, il primi Serpeverde che entravano. Lo guardarono con curiosità, ma non fecero nient’altro. Ultimamente avevano tutti mantenuto le distanze, vergognandosi o sentendosi in colpa. Probabilmente solo perché era stato ferito il loro orgoglio testardo. In ogni caso, era solo una questione di tempo prima che la Casa viscida superasse la docilità e si ricordasse chi era veramente. Lui stava aspettando quel giorno; una parvenza di normalità sarebbe stata carina. Ben accetta, in realtà.

Harry fece una smorfia quando un’altra ingiustizia gli entrò in testa. Non gli avrebbe più potuto duellare con i Serpeverde. E nessuno avrebbe voluto duellare con lui, menomato com’era. Un altro aspetto della sua vita che lo stupido Universo pensava di avere il diritto di prendere.

Non sarebbe stata l’ultima volta che Harry lo pensava.

La vita. Faceva. Schifo.

.

.

.

“e’é ‘on ‘angi?” Chiese Ron diverse ore dopo con la bocca piena di bacon e uova. Harry lo guardò riempire il piatto, mangiando come se non lo avesse fatto per settimane. Era arrivato con Hermione, tenendosi per mano e comportandosi come la coppia dell’anno. Harry non pensava che sarebbero caduti così in basso, ma, eccoli là. I risolini e i sussurri ora succedevano anche a colazione, come se fossero ignari dei fischi che loro amici lanciavano non appena lo facevano.

“Parlo il serpentese, Ron, non il trollese.” Hermione si allontanò dal suo orecchio e fece un sorriso divertito quando fece l’occhiolino a Ron.

“Onestamente, Ronald, non è così… attraente.” Immediatamente Ron deglutì l’intero boccone, sorridendo imbarazzato. Guardava Hermione come se fosse il suo sole, come se tutta la felicità della vita derivasse semplicemente da uno sguardo di lei. Harry sapeva che doveva sostenerli, ma quando guardò un po’ più giù e vide Ginny, non poté fare a meno di stringere i denti dalla rabbia. La gelosia che gli si dipanava nello stomaco stava diventando una costante ormai.

“Harry, perché non mangi?” Ripeté Ron, adocchiando il piatto relativamente pieno di Harry. “Eri qui prima di noi, vero?”

“…Niente, non mi sento molto bene.”

Spinse il piatto verso Ron e fece un piccolo gesto di circostanza. Ron sembrò accettare la sua risposta e continuò a mangiare, ma Hermione aggrottò le sopracciglia.

“Forse ti stai ammalando? In effetti sei un po’ pallido.”

“Solo un po’ stanco.”

E apparentemente, quello le era sufficiente. Dieci parole entrambi, e avevano finito la conversazione del mattino. Hermione annuì, girandosi a mormorare qualcosa a Ron, sorridendo raggiante. Ron arrossì e si strozzò sul boccone, guardando Hermione come se non l’avesse mai vista e con un grosso sorriso stupido che gli si apriva sulla faccia.

Harry sospirò, guardando gli amici senza divertimento. C’era stato un tempo in cui delle scuse così poco convincenti li avrebbero allertati e lo avrebbero stressato per giorni finché non avesse dato una risposta soddisfacente e sincera. Quel tempo era ovviamente passato.

Harry si guardò intorno nella sala, vedendo tutti i visi felici. Stavano ridendo e scherzando, o litigando. Tutti provavano ancora emozioni. Ultimamente, la rabbia era l’unica sensazione a cui Harry permetteva di emergere.

Lo sguardo cadde ancora su Malfoy che, sentendosi immediatamente osservato, alzò gli occhi e fece un sorrisetto di scherno. Dannato Malfoy. Aveva fatto quasi perdere a Harry l’amicizia di Ron per quella ridicola litigata. Harry lo guardò truce, ignorando il sorrisetto. Poi, Malfoy fece lo stesso gesto del giorno prima.

Harry alzò le sopracciglia, e si alzò. Sapeva che gli altri non lo avrebbero visto andarsene, il che era esattamente quello che voleva sottolineare. Non apparteneva a nessuno, e nessuno era sotto il controllo di nessun’altro!

Quando Harry raggiunse le porte, si rigirò, un ghigno falso spalmato in faccia. Si inchinò nella direzione di Malfoy, ignorando il fatto che i mormorii iniziarono quasi subito. La porta si richiuse con un tonfo dietro di lui, lasciando Harry non esattamente felice ma… contento era una parola migliore. Era bello sapere che poteva ancora battere Malfoy in qualcosa.

Aveva sottolineato quello che voleva sottolineare. L’inchino… non sapeva perché l’aveva fatto, ma non importava.

Malfoy non importava.

Non appena raggiunse l’ingresso, comunque, invece del silenzio che cercava, degli strilli furiosi si alzarono ad accoglierlo. Guardò in alto e vide Romilda Vane ridere con alcune delle sue amiche, ovviamente della ragazza Serpeverde in fondo alle scale. La ragazza sarebbe stata anche carina, se non avesse avuto sbavature di mascara sotto gli occhi. E che voce. Strillava alle Grifondoro, la faccia luccicante di lacrime e la bacchetta dimenticata per terra.

Harry alzò gli occhi al cielo, non aveva la minima voglia di essere coinvolto in una tragedia tra ragazze. La sua vita era già abbastanza piena di tragedie che stava cercando di ignorare, anche se senza molto successo.

Harry iniziò ad attraversare la sala, esitando perché non sapeva esattamente dove andare. Se fosse andato su per le scale, sarebbe stato preso nel fuoco incrociato delle ragazze, sicuramente qualcosa in cui non voleva partecipare. L’unica altra direzione erano i sotterranei, e sorprendentemente, avrebbe preferito venire colpito da un paio di ragazze isteriche piuttosto che avventurarsi là sotto.

La Serpeverde sembrava averne avuto abbastanza. Pestò un piede e strinse i pugni, chiedendosi cosa fare. Harry si aspettava che si girasse e tornasse ai sotterranei o a un bagno. Di sicuro non si aspettava che si aggrappasse al coraggio residuo sepolto da qualche parte, e caricasse su per le scale verso le Grifondoro. Le quali, anche loro inaspettatamente, risero solo più forte ai suoi tentativi di raggiungere il loro stesso piano. Gli strilli taglienti echeggiavano ancora nell’ingresso, mentre ogni ragazza tentava selvaggiamente di superare l’altra. Merlino, le ragazze erano brutali.

Harry, che ora stava camminando attraverso l’ingresso, lanciò un’altra occhiata alle ragazze, leggermente interessato al risultato. I Serpeverde di solito erano astuti, ma codardi. Non affrontavano mai un branco di Grifondoro apertamente, da soli.

Fu una fortuna per tutti loro che catturarono l’attenzione di Harry.

Nel momento in cui alzò lo sguardo, notò Romilda con la bacchetta in mano. Continuando a ghignare, la puntò sulla ragazza, che era giusto a metà scala. Lei inciampò.

Harry poté contare ogni secondo.

Uno.

L’espressione di sorpresa della ragazza non ebbe neppure il tempo di trasformarsi in terrore che scivolò all’indietro, verso il pavimento di un piano più giù. Non aveva neanche la bacchetta, l’aveva abbandonata nell’ingresso. I suoi occhi si spalancarono con incredibile lentezza.

Due.

Lo sguardo compiaciuto di Romilda esitò un attimo, combattuto tra felicità e preoccupazione. Troppo tardi per riprendersi l’azione, il ghigno non le scivolò dal viso. I suoi occhi comunque si spalancarono, turbati.

Tre.

Nello stesso istante in cui un urlo esplose nell’ingresso, Harry estrasse la bacchetta e gridò, sperando di prendere qualunque cosa.

“WINGARDIUM LEVIOSA!”

Per un attimo terribile, Harry temette che l’incantesimo non avesse fatto niente, che la sua magia ormai fosse scomparsa. Comunque, la ragazzina smise di cadere, i suoi vestiti erano ovviamente stati intrappolati dall’incantesimo. Iniziò ad agitarsi, visibilmente terrorizzata di essere levitata diversi piani più su. Harry la abbassò lentamente al pavimento, il cuore gli batteva forte nel petto.

Sarebbe successo qualcosa? Aspettò, leccandosi le labbra ansioso, ma dopo qualche momento di non dolore, sospirò di sollievo. La sua magia non aveva reagito. La sua magia non gli aveva fatto del male!

La piccola Serpeverde raggiunse dolcemente il pavimento e venne immediatamente tirata in piedi da un’altra. Harry quasi non prestò attenzione agli insulti che la Parkinson gli stava gridando addosso.

“Che CAZZO stavi pensando di fare?!” Non si era mai arrabbiato così tanto. Non quando aveva scoperto che questa cosa gli stava invadendo il corpo, non quando aveva scoperto che doveva morire di nuovo, non quando suo zio gli faceva una lavata di capo per niente. Non quando aveva distrutto l’ufficio di Silente. Era livido. La furia gli crebbe nello stomaco, forzandogli le gambe a muoversi. Sapeva a malapena che si era mosso, finché non arrivò a pochi metri da Romilda.

“Calmati, Harry, era solo per…”

“Se finisci quella frase con ‘divertirsi’, che il cielo ti aiuti!” Gridò lui, afferrandole le spalle e spingendola in malo modo contro la parete, senza preoccuparsi affatto del piccolo gemito. “Come osi? COME OSI? AVRESTI POTUTO UCCIDERLA!” Ringhiò, senza credere ai propri occhi. Si trattava di una Grifondoro, per amor del cielo! Si aspettava questo da una Serpeverde, non una della sua casa!

“Non… Non si è fatto male nes…”

E se non fossi stato qui? Allora?!” Harry non riusciva a credere ai propri occhi. Questa era una ragazza che conosceva, una di cui si fidava, nonostante qualche pasticcio con le pozioni d’amore. “Ti piace spingere le persone giù per le scale? Pensi che sia divertente, eh?”

Harry ne aveva abbastanza. Prese bruscamente Romilda per il braccio, spingendola verso le scale, guardando i suoi occhi diventare grandi per la paura. Oh, allora lei non voleva cadere, vero?

“Sembri spaventata. Hai paura della morte?” Continuò Harry, ringhiando quando gli occhi della ragazza tornarono su di lui. “Bé, anche lei. Nessuno si merita di morire. NESSUNO! CHI SEI TU PER DARE GIUDIZI? CHI SEI TU PER DECIDERE CHI VIVE E CHI MUORE?

Romilda stava tremando di paura, aggrappandosi disperatamente alla maglietta di Harry nella speranza che non la spingesse giù per le scale. Disgustato dal fatto che lei lo toccasse, Harry la spinse lontano da lui, lontano dall’orlo delle scale. Harry sbatté le palpebre per scacciare il bruciore negli occhi, spazzando via l’umidità improvvisa. Che strano.

Deglutendo a fatica, Harry si guardò intorno, verso una Romilda terrorizzata e compagnia, che stavano tremando e piangendo qualche metro più in là. Ai piedi delle scale, verso la ragazza sconvolta, che ancora piangeva, e Pansy Parkinson, che lo guardava con un’espressione guardinga, sospettosamente vicina a paura. Le porte della Sala Grande erano aperte e delle teste curiose facevano capolino.

Harry corse via.

.

.

.

Per la seconda volta in quella settimana, Harry entrò nella classe di Pozioni sentendosi distintamente fuori posto. Non pensava di essere così in ritardo, ma non appena entrò tutti gli occhi furono su di lui. Stavolta, non erano solo i Serpeverde a fulminarlo. I Grifondoro seguirono ogni suo passo furiosamente con gli occhi fiammeggianti dalla rabbia.

Harry cercò con lo sguardo Ron e Hermione, ma entrambi erano già immersi in una discussione ed era evidente che non guardavano Harry di proposito.

Quindi sarebbe stato così, eh?

Harry sospirò, stringendo i denti per non fare una smorfia e si avvicinò a Goyle, sedendosi tetro sulla sedia e guardando truce il calderone. Voleva che oggi finisse il prima possibile.

Goyle si alzò ancora per prendere gli ingredienti, lasciando Harry da solo al tavolo. Oggi stavano facendo una pozione soporifera avanzata, una che avrebbe reso l’utilizzatore incosciente anche per alcuni giorni alla volta, senza sogni. O incubi, pensò Harry tristemente, desiderando di provare questa pozione in particolare. Non gli dispiaceva davvero addormentarsi per alcuni giorni alla volta, c’era meno tempo in cui il suo corpo lo poteva tradire, no?

Harry alzò lo sguardo sorpreso quando un piccolo aeroplano di carta atterrò sul banco. Ovviamente indirizzato a lui. Guardando in giro, beccò tutti i Serpeverde a fissarlo insistentemente, ma nessun Grifondoro. Non potevano crescere un po’?

Harry aprì velocemente il bigliettino, guardandolo e sperando immediatamente di non averlo fatto. Il fastidio che stava sparendo tornò a mille.

Perché hai cercato di spingere Romilda giù dalle scale?

Furioso, Harry accartocciò il foglio e lo buttò di lato sul banco, desiderando disperatamente di bruciarlo. Un incantesimo non avrebbe fatto niente. Non gli aveva fatto male stamattina, no? Un piccolo incendio…

Goyle tornò al tavolo, buttò diversi ingredienti verso Harry e iniziò a tagliare i suoi. Con una smorfia, Harry seguì il suo esempio, lavorando in silenzio. Occasionalmente la copia di Hulk si girava verso Harry per fulminarlo, come per sfidarlo a dire qualcosa, ma Harry ne aveva abbastanza. Lavorò in silenzio, rifiutandosi di incrociare lo sguardo o di rispondere agli insulti. Anche quando mormorava qualcosa simile a ‘traditori del sangue’ e ‘sporchi mezzosangue’, Harry rimase in silenzio.

Poi, un altro aeroplanino atterrò davanti a lui.

Harry alzò di nuovo lo sguardo, senza combattere per tenere calma l’espressione, prima di leggere il bigliettino.

Perché hai cercato di spingere Romilda giù dalle scale?

Il carattere era più grande stavolta, più insistente. Sembrava più Hermione che gli faceva la predica, che Ron che cercava di scoprire cos’era successo. Di nuovo, Harry lo accartocciò e lo buttò di lato. Prese la milza di rana e la buttò selvaggiamente nella pozione, ignorando l’occhiata di fuoco che Goyle gli lanciò di nuovo.

Fai solo la pozione. Fai solo la pozione.

Harry iniziò a canticchiare il mantra nella testa, ignorando le occhiatacce e ora i bisbiglii che riempivano la stanza. Ogni occhio era incollato alla sua schiena, come se conoscesse tutte le risposte di questo scherzo di universo del cazzo. Sentendosi la faccia andare di nuovo a fuoco, Harry li ignorò, prendendo invece un coltello e accettando la radice di mandragola.

Fai solo la pozione. Fai solo la…

“Cosa volete?” Scattò verso l’altro lato della stanza quando un altro aeroplanino gli atterrò davanti. Lo accartocciò in mano, senza neanche aprirlo. La stanza si zittì immediatamente, e il loro stupido insegnante finalmente prestò attenzione allo sconvolgimento di Harry.

“Harry, ragazzo mio, devi dire qualcosa?”

Harry invece si girò freddamente verso di lui. Sì, impara a controllare la tua classe! Pensò selvaggiamente, prima di scuotere la testa e tornare alla sua pozione che bruciava. Buttò ancora il biglietto sul tavolo, guardando trucemente la pozione. Se aggiungeva un’altra milza, sarebbe esplosa? Allora la lezione sarebbe stata annullata, o lui sarebbe stato mandato in ospedale… no, non voleva tornarci lì. Madama Chips riusciva a mala pena a guardarlo quella mattina. Non voleva essere sottoposto alla stessa pietà che tutti gli insegnanti gli riservavano quando lo guardavano…

“Uno potrebbe pensare,” Harry alzò bruscamente gli occhi quando Malfoy parlò, accogliendo la piccola distrazione anche se lo canzonava, “che forse vogliono una risposta a quei bigliettini?” Ne prese uno, lo aprì e lo lesse, le sopracciglia alzate. “Sembra che stiano scoprendo solo ora il tuo pessimo carattere, Potty. Come sei riuscito a tenertelo per te tutti questi anni, non lo capirò mai.” La voce si affievolì e lui si accigliò alla mancanza di risposta di Harry.

Harry guardò semplicemente Malfoy finché quello non divenne abbastanza confuso da rigirarsi verso la cattedra. E il terzo round va a Harry. Il pensiero lo fece quasi sorridere. Quasi. Comunque, sembrava che Malfoy non si dissuadesse facilmente.

“Sai, Pansy mi ha detto che oggi hai aiutato Daphne. Non ero incline a crederle, ma i Grifondioti stavolta sembrano odiarti per un motivo completamente nuovo. Sul serio, dovrebbero aspettarselo ormai, con il tuo complesso da eroe.”

“Perché mi stai parlando?” Quello fece di nuovo ghignare Malfoy, che ridacchiò per un attimo prima di rispondere. Onestamente, tirava sempre tutto per le lunghe.

“Mi sto solo chiedendo se l’hai fatto perché era la cosa giusta da fare.” Il biondo sbuffò, come se non ci credesse neanche un po’, “Vedi, i Serpeverde hanno fatto una scommessa. Non voglio perdere cinquanta galeoni.”

“Mi piaci molto ma molto di più quando non parli.”

“Peccato. Bè?”

“Fanculo, Malfoy.” Harry si sedette all’indietro, aspettando la fine della classe e sperando disperatamente che arrivasse presto. Goyle sembrava abbastanza arrabbiato da minacciarlo ancora con il coltello, i Grifondoro erano lividi, e i Serpeverde lo guardavano come se fosse una bomba a tempo. E inoltre, Lumacorno continuava a sorridergli. Rassicurante.

Potevano provare la pozione?

La campanella del pranzo suonò e finì. Harry rimase al suo posto determinato a non andare a mangiare. Sarebbe stato bombardato, e per il momento, a dir la verità trovava rilassante l’aria fresca e umida dei sotterranei. Erano molto più tranquilli del resto della scuola. Sarebbe stato perfetto sedersi quaggiù e sparire di nuovo nel nulla.

Ma poi gli studenti più giovani iniziarono a riempire le sedie, e Harry dovette lasciar libero il suo nuovo nascondiglio, rimpiazzandolo con Trasfigurazioni. Fantastico.

Dire che la McGranitt era incazzata quando Harry arrivò era un eufemismo. Si girò a fulminarlo, e improvvisamente lui si sentì di nuovo dodicenne, in un’uniforme troppo grande per lui e occhiali tenuti assieme dallo scotch. Wow, se solo potesse tornare a quando aveva dodici anni… Avrebbe avuto altri sei anni da vivere, questa volta senza Voldemort.

Harry voleva quasi che lei lo fulminasse ancora.

“…Harry, che succede?” Gli sussurrò Hermione appena si fu seduto. Non aveva neanche avuto il tempo di mettere le gambe sotto il banco. “Romilda è arrivata in Sala Grande piangendo stamattina, dopo che tutti abbiamo sentito urlare.”

“Non è successo niente.”

“Harry, sappiamo tutti che…”

“Non è successo niente!”

“Signor Potter! Ha qualcosa di cui desidera informare la classe?” Harry guardò la McGranitt, scuotendo leggermente la testa. Aveva un sacco di cose da dire, solo non alla classe. “No? Allora ci può dire cosa stiamo studiando oggi?”

“… Il Multicorfors… Permette di cambiare il colore del proprio corpo.”

“Ben fatto, signor Potter. Sembra che dopo tutto non abbia sprecato tutta la sua educazione in futili pettegolezzi. Anche se ancora non riesce a fare decentemente un semplice incantesimo evanescente.”

Harry la guardò con il viso impassibile mentre lo trattava con condiscendenza, stringendo i denti. Lei sapeva che non poteva fare magia pratica. Gli aveva ordinato di fare il minimo indispensabile.

Di solito, quel commento gli sarebbe scivolato addosso. Ma oggi no. Non dopo essere stato ignorato dalla Chips, ignorato da Ron e Hermione, trattato come un emarginato perché aveva fermato un omicidio nel nome del ‘divertimento’, e costantemente provocato in pozioni. E ora, e ora, lo trattavano con condiscendenza?

Senza una parola, Harry si alzò e andò all’armadio, ignorando il comando della McGranitt di sedersi immediatamente. Cosa poteva fare? Metterlo in punizione? Espellerlo? Entrambe le opzioni lo facevano ridere.

Trovò velocemente la gabbia di lumache, tirandone fuori una sulla mano aperta. Ancora senza una parola, la sfiorò con la bacchetta. La lumaca scomparve. Ne tirò fuori un’altra. La lumaca scomparve. Un’altre. La lumaca scomparve. Per tre volte lo fece non verbalmente. Mezza classe non riusciva ancora a fare un semplice incantesimo senza dover sussurrare la formula.

Gli occhi inceneritori della McGranitt si ridussero a due fessure.

“Sta tirando troppo la corda, Potter.”

Hmm. Oggi aveva già usato la magia quattro volte, e non era successo niente. Di cosa si stava preoccupando quella mattina con l’incantesimo di tempo? Non sarebbe successo niente di male. Aveva reagito in maniera esagerata tutto il tempo? O i Guaritori? Gli avevano detto di non usare la magia come precauzione, e non un ordine?

Una sensazione simile alla felicità fece fare un sorrisetto ad Harry, che rimise via le lumache e tornò al posto. Non aveva la minima intenzione di farse trattare con condiscendenza, e aveva appena zittito la McGranitt. Forse oggi sarebbe stata una bella giornata, dopo tutto.

Mentre la classe iniziava a fare pratica sull’incantesimo, Harry era rimproverato da due persone nello stesso momento. Hermione gli soffiava nell’orecchio, come un gatto arrabbiato, sulla mancanza di rispetto nei confronti della Preside e su idee di evidente ribellione. Quando alla fine finì, lei sbuffò arrabbiata, gettando i capelli dietro la spalla. “Ora muoviti a cambiate il colore delle unghie, come dobbiamo fare.”

Harry lanciò un’occhiata alla seconda rompiscatole, che lo stava fulminando attraverso gli occhiali in modo piuttosto evidente, ignorando il resto della classe. Il suo sguardo non aveva bisogno di voce.

Non osare fare quell’incantesimo.

Harry in realtà si sentiva piuttosto leggero. Non felice, no, era un po’ che non era felice. Ma era come se diventare felice fosse improvvisamente raggiungibile. Quattro incantesimi, e non uno scivolone. Forse i Guaritori avevano esagerato. Non gli era ancora successo niente di male. O forse, le pozioni stavano funzionando. Forse lo avrebbero veramente curato da questa cosa nel suo corpo.

Harry esitò ancora, osservandosi le unghie. Doveva farlo?

Dopo un momento, agitò la bacchetta con determinazione, mormorando la formula, e aspettò, trattenendo il respiro. Guardò meravigliato mentre le sue unghie diventarono un nero profondo. Diverso dallo smalto, la punta delle dita divenne di un nero traslucido che imitava un’ombra. E non era successo niente.

Harry si fece quasi scappare un ghigno, il sollievo che si spandeva per il corpo, per le braccia, le mani, e tornava al… braccio? Quello non era sollievo.

Harry deglutì a fatica, girando il braccio con attenzione. Pensava che fosse sollievo, ma sembrava più… potente di quello. Non un’emozione, ma una cosa fisica… come se riuscisse a sentire la magia. Aveva una sensazione opprimente, crudele, che lo scherniva. Harry trasalì dall’orrore.

Raggiunse parte dell’avambraccio, e poi crebbe. La sensazione si espanse in una zona, diventando più rigida e stretta, come se lo stesse stritolando dall’interno, finché…

CRACK!

Harry si fece sfuggire uno strillo prima di morsicare il labbro già rovinato, bloccando il suono. Si rifiutò di guardare il braccio, e invece lo cullò con la mano. Faceva male, un bruciore costante e pulsante. Tremando, si sentì piano il braccio, sibilando quando sentì un po’ d’osso tagliare la pelle.

Inorridito, Harry fece cadere la bacchetta, disgustato. La sua magia era sporca, impura… ora stava cercando di ucciderlo, cercando di fargli male… e ci stava riuscendo.

La McGranitt fece uscire tutti velocemente, correndo verso Harry e il suo braccio rotto. Levò immediatamente punti dopo che ebbe sentito il sussurro ‘karma’, anche la sua rabbia stava crescendo. Aveva visto l’esitazione sul volto di Harry, la disperazione nella speranza che l’incantesimo funzionasse, e la quasi gioia che gli aveva illuminato gli occhi quando pensò che avesse funzionato. Poi, l’osso del braccio sinistro si era spezzato, proprio attraverso la pelle.

Merlino, sperava che Potter sarebbe sopravvissuto anche a questo. Un pensiero disperato, impossibile, ma che divenne il suo mantra mentre lo levitava fino all’infermeria. Non sapeva che lo stava sussurrando ad alta voce.

O che ad ogni eco, il dolore di Harry si rafforzava, irraggiandosi crudelmente dal petto. Se anche la McGranitt non aveva speranza, cosa doveva fare lui?

.

.

.

Harry batté di nuovo le palpebre guardando ancora il soffitto, stringendo i denti dalla rabbia. Si voltò a osservare il braccio, come se non fosse più suo. Non lo sentiva più suo… Lo sentiva come se fosse stato preso, mutilato da un estraneo e ricucito.

Sapeva che era stata la sua magia a farlo, sapeva che era fuori controllo… Ma pensava che avesse ancora una parvenza di direzione. Che se la avesse sentita affiorare, la parola che aveva usato per descriverla alla Chips, sarebbe stato capace di incanalarla nella magia che lui voleva… ma no. Non importa quanto aveva provato a stabilizzare la magia, a mandarla attraverso la bacchetta… aveva stazionato nel braccio, irrigidendosi fino a spezzare l’osso, proprio a metà.

Che mago era, se non riusciva neanche a controllare la sua magia? Pensò Harry con disperazione, girandosi dall’altra parte. Comunque, questo portava la sua bacchetta al centro dell’attenzione. Anche lei lo aveva tradito. Qual era lo scopo nell’averla ora? Poteva sconfiggere Voldemort, poteva equivalere in forza alla bacchetta di Voldemort… ma non riusciva più a incanalare la magia di Harry? Aveva bisogno di una bacchetta giocattolo, per agitarla in giro e mormorare incantesimi senza che nessuno lo notasse. Avrebbero pensato che fosse patetico come mago, invece che un Magonò.

Harry si rigirò verso il soffitto. Era di un color bianco sbiadito, un crema faceva capolino da sotto. Sul serio, non avevano abbastanza soldi per riparare il soffitto? Colori scuri, neri o blu oltremare… Colori che rappresentassero l’umore dei pazienti abituali dell’Infermeria?

Harry lanciò un’occhiata quando le porte si spalancarono, sperando che fossero Ron o Hermione che venivano a trovarlo. Comunque, disgraziatamente, fu Malfoy ad entrare.

Il biondo non guardò neanche Harry, che lo prese come un’altra occasione per trapanare il soffitto con lo sguardo. Quante persone guardano in altro, se non sono a letto? Forse Harry doveva scrivere qualcosa sul soffitto, solo per vedere quante persone non l’avrebbero dello alla Chips? Poteva scrivere un messaggio, solo per i pazienti dell’Infermeria, dicendogli esplicitamente di non spifferarlo, o qualcosa del genere. Quanto tempo sarebbe passato prima che uno degli insegnanti notasse?

Ma… Come si sarebbe alzato Harry, senza l’uso della magia. Il mondo, il suo mondo, ruotava attorno alla magia. In ospedale andava ancora bene, perché poteva stare seduto lì tutto il giorno mentre aveva il trattamento o faceva test. Leggeva, faceva i compiti… Era come essere in estate. A Hogwarts, avevi bisogno della magia anche solo per attraversare la sala comune, dato che le persone facevano malocchi o scherzi agli altri. Era pazzo a credere di poter tornare qui.

Harry guardò Malfoy con la coda dell’occhio, che guardava la Chips riempire una scatola con diverse fiaschette. Non c’era modo di dire cos’erano, ma avevano catturato l’interesse di Harry. Specialmente dato che Malfoy sembrava un po’ ansioso di prendere qualunque cosa fossero.

Harry osservò la strana transizione, e poi come la Chips se ne andò subito, per rinchiudersi nel suo ufficio. Di solito così severa con la cura dei pazienti, sembrava evitare Harry. Oh, bè. Più o meno capiva il perché, anche se non faceva niente per migliorare il suo umore.

Aspetta, perché Malfoy stava camminando verso di lui?

Harry guardò accigliato mentre Malfoy si avvicinava al letto, come avrebbe fatto uno con un cane rabbioso. Piegò la testa di lato, meditabondo, poi la scosse leggermente. Questo sarebbe stato sopportabile.

“…Ciao, Potty.” Wow, le prime parole erano un insulto. C’era da aspettarselo, ma era irritante lo stesso.

Harry lo guardò di rimando impassibile, chiedendosi di questa strana svolta. “Ciao.”

“Come ti sei rotto il braccio?”

“Eri nella stanza. Hai visto.” Quel che era ancora più strano della conversazione, realizzò Harry improvvisamente, non era il fatto che era Malfoy e stavano parlando educatamente. No, era il fatto che aveva parlato a Malfoy più che a Ron e Hermione messi assieme questo quadrimestre, fino ad oggi. E avevano litigato meno. Aveva un rapporto migliore con Malfoy che con i suoi migliori amici, in questo senso.

“No, ho visto che ti cambiavi il colore delle unghie. Poi hai aspettato pochi secondi. Poi si è rotto il braccio.”

“…E allora? Mi ci è voluto un po’ per realizzare che era rotto. Lo shock, o qualcosa del genere.”

Harry deglutì davanti alla faccia accigliata di Malfoy, non voleva ammettere di essere intimidito ma, per contro, si sentiva dannatamente ansioso davanti allo sguardo indagatore. Malfoy sembrava… confuso. Del tutto diverso dalla solita persona stupida, egocentrica, vanitosa e idiota che era normalmente.

“…Perché non sorridi più?”

Passò un minuto di silenzio.

Due.

Il petto gli si stringeva in modo spiacevole, pugnalandolo di nuovo con un dolore recentemente familiare. Faceva fatica a respirare.

La faccia rimase impassibile; aveva fatto un sacco di pratica, dopo tutto.

Lentamente i piedi scivolarono dal letto. Lentamente attraversò la stanza.

Senza un suono la porta si spalancò.

Seguendo un pensiero del subconscio, Harry permise ai piedi di portarlo attraverso il castello vuoto.

Non fu che quando Harry riuscì a sbattere le palpebre che realizzò di essere sulla riva del lago. Le ginocchia gli tremavano, e poi cedettero completamente, lasciando cadere pesantemente a terra il corpo.

Ignorò il calore del viso, il fatto che riusciva a sentire acqua calda scendere sulle guance.

Non doveva cambiare niente.

  
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