Salve
gente, eccomi qui, ancora (mi dispiace).
Doveva essere una OS e invece eccoci qui con il capitolo numero 6, mi
sono
divertita a scriverlo, spero che faccia sorridere anche voi.
Buona lettura.~
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I
Missed You
Tommy era seduto sui gradini all’entrata della scuola,
stranamente era arrivato
in orario per le lezioni. Anzi era in anticipo, forse perché
non aveva dormito,
se non dormi non devi preoccuparti di svegliarti. Aveva le cuffie
collegate
all’iPod e non sentì arrivare Isaac, che lo
salutava.
Finche non gli diede un colpetto dietro la testa per farlo voltare
«hey»
«chi sei tu? E cosa ne hai fatto del mio amico? Di la
verità sei un alieno»
«ma che stai dicendo?»
«sei fuori scuola che aspetti di entrare, di solito arrivi
quando siamo già
tutti dentro, seduti, ad ascoltare la lezione, quindi dimmi chi sei e
cosa ne
hai fatto di Tommy?»
«ah, ah, ah, divertente, diciamo che volevo provare il
brivido di arrivare
puntuale» ci scherzò.
Entrarono e insieme
posarono i libri nell’armadietto, anche
se, Tommy non aveva quasi niente con se. Si diressero verso la classe
di
letteratura e presero posto.
«Tommy Joe Ratliff è già qui o sto
sognando?» disse con tono, veramente
sorpreso il professore. Tommy, non rispose, si limitò ad
annuire e ha fare un
finto sorriso. L’ora non fu molto noiosa, almeno, non quanto
lui si aspettasse,
fu quasi dispiaciuto di dover lasciare quella classe per andare in
quella di
chimica.
Mentre era pronto ad uscire, il professore lo chiamò
posandogli una mano sulla
spalla, facendolo voltare verso di se. «I tuoi voti sono
pessimi, ma non
irrecuperabili, ti do la possibilità di riscattarti. Domani
portami una
relazione su questo libro, è un compito extra, per farti
recuperare. È un libro
molto facile, quindi non copiare da internet, cerca di essere
originale, puoi
citarmi anche qualche frase. L’importante è che
sia tu a farlo, mi raccomando
non deludermi» gli disse, prima di porgergli il libro. Tommy
lo guardò e lesse
il titolo “Romeo e Giulietta”, lo prese e poi
ritornò a guardare il professore
«grazie»,
«non ringraziarmi, svolgi bene il compito»
«certo, a domani» sorrise e poi voltandosi
uscì dall’aula.
Il
resto delle lezioni furono una noia, ma non fu solo
questo a distogliere la sua attenzione. La sua mente era completamente
impegnata da un solo pensiero. Adam. Lo odiava, o almeno in quel
momento,
pensare di odiarlo gli premetteva di illudersi che non gli importasse,
ma era
inutile perché infondo sapeva di non provare odio per Adam.
Amore? Forse lo era. Non ne era sicuro, non sapeva se ciò
che provava poteva
definirsi amore. Se gli avessero chiesto di spiegare ciò che
provava, avrebbe
detto … desidero. Perché l’unica cosa
di cui era totalmente sicuro, era che lui
desiderava Adam, ma non un semplice desiderio fisico, neanche sessuale,
a lui
bastava averlo vicino, essere sfiorato. Le sensazioni che provava
quando
accadeva, erano inspiegabili, ma era sicuro di averne bisogno. Lo
facevano
sentire bene. Felice. Nel breve tempo di una carezza, un abbraccio, si
sentiva
bene, sentiva di essere finalmente nel posto giusto, lì,
sotto il tocco di
Adam. Desiderava ascoltare la sua voce, bearsi del suo canto.
Desiderava anche
poterlo solo guardare.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per non essere seduto su un sedia scomoda,
ad
ascoltare un professore a cui non prestava attenzione, per essere con
Adam.
Adam, Adam, Adam, questo nome non faceva che ripetersi nella sua mente,
gli
sembrava di impazzire. Era rimasto sveglio tutta la notte a pensarlo,
fissando
la porta e pensando di andare al locale per cercarlo, ma alla fine
aveva deciso
di restare a casa. Non poteva sempre essere lui a fare il primo passo.
Era
andato da lui tutte le sere, ormai solo uno stupido non si sarebbe
accorto che
a lui importava molto di Adam. Non gli restava che aspettare, per
vedere se
anche ad Adam importava di lui.
Quel
giorno Isaac era impegnato con la scuola, diversamente
da lui, il suo amico faceva parte del comitato studentesco ed era
incaricato
dell’organizzazione del ballo studentesco insieme ad altri
ragazzi. Al termine
delle lezioni, andò a casa da solo. La sua casa non distava
tanto dalla scuola
e non impiegò molto ad arrivarci.
«Sono
a casa!» annunciò, senza sapere se suo padre fosse
in
casa, poiché la maggior parte delle volte era impegnato in
ospedale. Era un
medico e trascorreva molto più tempo lì che a
casa con suo figlio, ma non per
questo era un cattivo padre. Dopo la morte della madre, che era
avvenuto quando
Tommy aveva 14 anni, erano rimasti soli e suo padre si era diviso in
quattro
per non fargli mancare niente. Era stato assente, loro non facevano
chiacchierate
padre figlio o commentavano le partite di baseball ma Tommy comprendeva
e
capiva che se il padre lavorava 24 ore su 24, era solo per non fargli
mancare
niente. Se solo avesse saputo che la cosa di cui Tommy aveva
più bisogno era la
sua presenza, ma ormai non importava, ci era abituato e poi aveva
sempre avuto
Isaac vicino, era cresciuto tra la sua casa e la casa del suo amico.
Non poteva
dire di aver avuto un’infanzia difficile, c’erano
persone che vivevano
situazioni peggiori della sua, forse era per questo che si era
adattato, il
modo in cui viveva non era male, a lui stava bene.
«Tommy»
la voce di suo padre lo accolse e ne rimase
sorpreso, ma non fece in tempo a chiedergli come mai fosse ancora a
casa che lo
informò di dover andare in ospedale per
un’emergenza «mi dispiace, cercherò di
liberarmi presto, per passare un po’ di tempo
insieme» non si sorprese delle
parole del padre, erano le solite, diceva questo ogni volta che usciva,
ma alla
fine tornava sempre verso la sera, se non più tardi.
«Okay, non preoccuparti per me» lo
rassicurò.
Suo padre uscì e lui si buttò a peso morto sul
divano, avrebbe dovuto cucinare
qualcosa per mangiare, ma quel giorno non ne aveva proprio voglia.
Posò la
borsa ai suoi piedi ma prima di farlo, prese il libro di Shakespeare ed
iniziò
a leggere.
Era
passata un’ora, non aveva pranzato e non aveva neanche
fame. Stava per alzarsi e andare in camera sua ad ascoltare un
po’ di musica,
quando suonarono il campanello. Si avvicinò alla porta,
guardò dallo spioncino
e sorrise. Era Adam. Aprì la porta.
«A, sei tu» disse fingendosi indifferente,
«ti sono mancato?» Tommy pensò che era
una domanda stupida, certo che gli era
mancato,
«che vuoi Adam?» non poteva già cadere
ai suoi piedi, un po’ di vendetta ci
voleva.
«Mi dispiace per ieri» disse abbassando il tono di
voce e tossendo, ma l’altro
aveva capito,
«cosa?» domandò per farglielo ripetere,
«hai capito» rispose. Aveva ragione ma Tommy voleva
almeno una piccolo vincita
su di lui, così chiuse la porta senza neanche salutarlo.
Adam bussò di nuovo, ma era inutile «Tommy, apri
-fece un respiro profondo- per
piacere» dall’altro lato della porta Tommy rideva,
«se devi dirmi qualcosa puoi farlo, anche
così» disse a voce più alta per farsi
sentire.
Adam sospiro. Doveva fare qualcosa, «mi dispiace per
ieri» disse,
«hai detto qualcosa?» Adam alzò gli
occhi al cielo, voleva sentirglielo urlare,
bene, l’avrebbe fatto per lui «mi
dispiace!» urlò,
l’altro sorrise «tutto qui, nient’altro
da dire»
«puoi dimenticare ciò che è successo
ieri ed aprire» lo pregò, Adam.
Tommy aprì la porta, lo guardò «non
tutto ciò che è successo ieri è un
brutto
ricordo»
«allora dimenticane solo una parte»
«sarà difficile, mi serviranno altri bei
ricordi» disse prima di afferrarlo per
il colletto della giacca e trascinarlo dentro, chiudendo la porta
usando un
piede.
Una volta chiusa, ci spinse Adam contro e lo baciò
«mi sei mancato» sussurrò
sulle sue labbra. Adam rise, anche a lui era mancato e in quel momento
voleva
soltanto godersi la sua presenza, senza lasciare che le sue paranoie lo
facessero scappare, ancora, lontano da quel piccoletto. Tommy si stacco
da lui prendendolo per mano e portandolo nel soggiorno. Gli
fece segno di accomodarsi sul divano e una volta che si fu seduto,
prese posto
accanto a lui. Adam guardò Tommy e si stupì nel
vederlo in imbarazzo, mentre si
guardava le mani come se fossero la cosa più interessante
del mondo. Si stupiva
perché, quel piccoletto era capace di essere sfacciato e un
attimo dopo
imbarazzarsi per niente. Gli piaceva sempre di più.
Spostò
lo sguardo da Tommy al tavolino che era davanti al
divano «Shakespeare» disse indicando il libro.
Finalmente aveva spezzato quel silenzio facendo ritornare Tommy a
proprio agio
«è per la scuola, un compito extra per
recuperare»
«l’hai letto?»
«certo, l’ho letto prima che arrivassi tu»
«hai letto tutto il libro?»
«si»
«citami qualche frase» gli disse Adam con un
sorrisino sul volto,
«cosa?» chiese Tommy,
«sarò il tuo professore per oggi» disse
sempre con quel suo sorrisino,
«mi stai offrendo di fare un “giochetto”
o fai sul serio?» chiese confuso Tommy,
«sono serio, conosco quel libro a memoria, voglio testare la
tua conoscenza,
per quanto a te interessi di più fare altro…
forse finiamo per fare entrambe le
cose» sorrise maliziosamente,
«forse? O finiamo per fare entrambe le cose?»
chiese interessato,
«se non ti muovi a citarmi qualcosa non lo scoprirai
mai» Tommy annuì e penso a
cosa citare.
«Okay. Che significa Montecchi? Nulla: non una mano, non un
piede, non un
braccio, non la faccia, né un'altra parte qualunque del
corpo di un uomo. Che
cosa c'è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il
nome rosa, anche se lo
chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce
profumo»
sorrise soddisfatto, ma Adam lo rimproverò «ma
questa parte la conoscono tutti,
anche chi non ha letto il libro, puoi fare di meglio»
«ahimè, perché l'amore, di aspetto
così gentile è poi, alla prova, così
aspro e
tiranno?» citò,
«un'altra» lo spinse a continuare,
«chi sei tu che avvolto nella notte inciampi così
nei miei pensieri?» Tommy
sorrise, soddisfatto e contento di ricordarsi quelle battute del libro.
«Va meglio, un'altra» Tommy alzò le
mani, quel ragazzo era incontentabile,
pensò.
«Se le mie citazioni non ti soddisfano citami tu qualcosa,
professorino»
Adam rise prima di citare la sua frase preferita «L'amore
è una nuvola che si
forma col vapore, se la nuvola svanisce, l’amore è
un fuoco che brilla negli
occhi degli amanti, se s’addensa ai venti contrari
può diventare un mare che
cresce con le lacrime dell’amante. E che
cos’è l’amore, se non una pazzia mite,
un’amarezza che soffoca, una dolcezza che dà
sollievo?». Sorrisero, insieme,
Adam non distolse mai lo sguardo da quello di Tommy, si
avvicinò verso di lui,
portando una mano ad accarezzargli la guancia prima di citare
un’altra frase «il
mio cuore aveva mai amato? Occhi rinnegatelo, perchè non ho
mai conosciuto la
bellezza fino ad ora» disse cambiando
“rinnegatela” con
“rinnegatelo”. Tommy
ricambiò la sua carezza. Si avvicinarono sempre di
più, velocemente ma
lentamente secondo il loro desiderio di unirsi, si baciarono,
perché era la
cosa più naturale da fare. Adam aveva citato un frase, ma le
parole che aveva
pronunciato erano vere.
Si staccarono, ansimanti, con le mani posate l’uno sul viso
dell’altro e le
fronti ancora unite, Adam si allontanò leggermente per
alzare lo sguardo ed
incontrare quello di Tommy. «Se l'amore è violento
con te, tu sii violento con
l'amore, pungi l'amore quando ti punge, e riuscirai in questo modo a
sconfiggerlo» usò ancora una citazione del libro,
Tommy continuò a tenere la
mano sulla sua guancia
«Adam, l’amore non va sconfitto»
«citavo solo un frase»
«allora Shakespeare è
un’idiota» affermò Tommy,
«hey, Shakespeare è uno dei miei autori
preferiti» gli disse Adam,
«perché stiamo ancora parlando di un uomo morto,
mentre dovremmo fare altro»
«cosa dovremmo fare?» chiese curioso Adam,
«cose da vivi» sorrise Tommy,
«cosa fanno i vivi?»
«si amano -lo baciò- fanno
l’amore»
«vuoi fare l’amore?» gli chiese ad un
centimetro di distanza dalle sue labbra,
Tommy arrossì, ma non era in imbarazzo,
«voglio qualunque cosa abbia a che fare con te»
Adam gli si avvicinò, sfiorando
le sue labbra, rise prima di farle aderire a quelle
dell’altro. Tommy si sporse
verso di lui posando le mani sulle sue spalle per spingerlo verso lo
schienale
del divano. Dopo aver fatto aderire la schiena di Adam al divano, lo
guardò
negli occhi, era desiderio quello che vedeva, ormai era inutile girarci
intorno. Salì a cavalcioni su di lui. Adam rise, era
divertito dalla
situazione.
Tommy lasciò le sue labbra per baciargli la guancia,
scendendo piano verso la
mandibola e poi il collo. Adesso Adam non rideva, o meglio, aveva un
sorriso
stampato sul volto, ma quel sorriso si alternava a sospiri, gli si
bloccava il
respiro ed era Tommy a fargli quell’effetto. Mentre
l’altro era impegnato a
baciargli il collo, Adam posò le mai sui suoi fianchi,
infilandole sotto la
sottile maglietta, facendo sussultare l’alto che sorrise
contro la sua pelle.
Adam chiuse gli occhi portando la testa all’indietro,
godendosi le sensazioni
che gli procurava Tommy.
Ormai
erano completamente presi da ciò che stavano facendo
che non sentirono la porta aprirsi o chiudersi, ma avvertirono dei
passi. Tommy
si alzò subito dal corpo di Adam, costringendo anche
quest’altro ad alzarsi. «Sali
le scale e vai nella camera con la porta blu»
«cosa?» chiese confuso, ancora frastornato dal
piacere che gli aveva provocato
avere Tommy così vicino «vai, su nella camera con
la porta blu» gli ordinò
Tommy.
Adam arrivò su sentendo Tommy che imbarazzato cerava di fare
l’indifferente e
salutare alla svelta il padre per salire al piano di sopra.
«come mai qui così presto?»
sentì Tommy chiederglielo e ascoltò anche la
risposta, prima di entrare nella camera di Tommy, «ho chiesto
la serata libera
così possiamo finalmente cenare insieme, una buona
volta» Adam smise di
origliare ed entrò nella camera dalla porta blu.
Era
una camera piccola. C’era un letto addossato alla parete
destra, un armadio sulla parte sinistra ed una scrivania al centro,
vicino alla
finestra che era proprio di fronte alla porta. Oltre hai mobili,
c’erano poster
affissi sulle pareti, cd sparsi sulla scrivani e libri sul piccolo
comodino
vicino al letto, ma ciò che attirò maggiormente
la sua attenzione fu una
chitarra. Il suo piccoletto suonava e adesso lui non vedeva
l’ora di
ascoltarlo.
La
porta si aprì alle sue spalle, mentre era fermo al centro
della stanza, si voltò e subito due braccia gli avvolsero il
collo.
«Tuo padre ha un tempismo perfetto» disse in modo
sarcastico,
«lascialo perdere, adesso possiamo riprendere da dove eravamo
rimasti» disse
mentre gli baciava il collo,
«come pensi di farmi uscire da qui?» chiese Adam
che provava ancora a pensare
razionalmente.
Tommy si stacco da lui per un minuto, guardandolo in viso
«per il momento non devi
uscire, ci penseremo dopo» disse prima di spingerlo sul
letto, posizionandosi
sopra di lui «Tommy» voleva essere un rimprovero,
ma la sua voce era indebolita
dalla vicinanza dell’altro e le sue mani che ritornavano a
posarsi sui fianchi
dell’altro, incoraggiarono Tommy a continuare «Adam
-sussurrò al suo orecchio-
ho desiderato questo dal primo momento che ti ho visto» disse
prima di
ritornare a posare le sue labbra su quelle dell’altro.
«Tommy!»
sentendosi chiamare da una voce, che non era quella
di Adam si alzò di scatto, voltandosi verso la porta,
«Papà!» disse guardano la faccia
sconvolta di suo padre,
«che sta succedendo qui dentro!?» spostò
lo sguardo da suo figlio ad Adam che
era ancora steso sul letto «e tu chi diavolo sei!?».
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Angolino di Fay: Avete
finito! siete contenti ?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, scusatemi per gli errori e il
modo
orribile in cui è scritto (bla bla bla).
Grazie per aver letto, grazie a chi sta recensendo e a chi segue la
storia in
silenzio.
(P.S.
Storm of ice, spero che ciò che ho
scritto sia
stato all'altezza dei tuoi "flash mentali" o almeno spero di non
averti deluso)