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Autore: Angie Mars Halen    26/03/2014    2 recensioni
Nikki sta attraversando il periodo più buio della sua vita e ha l’occasione di incontrare Grace. Dopo il loro primo e burrascoso incontro, tra i due nasce una profonda amicizia e Grace decide di fare del suo meglio per aiutare e sostenere il bassista. Inizialmente Nikki è felice del solido rapporto che si è creato tra lui e questa diciassettenne sconosciuta, ma subentrerà la gelosia nel momento in cui lei inizierà a frequentare uno dei suoi compagni di band. Mentre dovrà fare i conti con questo, Grace, che è molto affezionata a lui e quindi non vuole abbandonarlo, dovrà fare il possibile per non essere trascinata nell’abisso oscuro di Sikki.
[1987]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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28) NIKKI

Avevo passato l’intera mattina e parte del pomeriggio in totale solitudine, seduto sul mio divano a pensare alla mia adorata e dolce Nona, ad ascoltare a loop un disco degli Who e a scrivere sul mio diario di quanto fossi stanco di essere stanco. Era stato decisamente palloso e io, come al solito, mi sentivo una merda inutile. Mi era sufficiente guardarmi allo specchio per provare ribrezzo. La mia pelle aveva assunto un colorito innaturale: era giallastra come se stesse assorbendo la roba che mi calavo ed ero così sudicio che la sporcizia era addirittura visibile. Ero un prigioniero della droga e della fama e, per mia sfortuna, mi vedevo fin troppo bene su quello specchio.

Un’altra cosa che avevo fatto era pensare a Grace. La sua espressione terrorizzata dopo aver ricevuto una sberla da parte di Vanity era ancora vivida nella mia mente, e mi sembrava quasi di averla ancora di fronte pur sapendo che, probabilmente, questa era la volta buona che avrebbe deciso di non tornare mai più. Vanity l’aveva spaventata così tanto che, per paura di incontrarla ancora, Grace non si sarebbe mai più fatta viva. Io lo sapevo, eppure non avevo fatto niente per sistemare la situazione a parte offrirmi di riaccompagnare a casa Vanity. Quello che combinai dopo, però, fu ancora peggio, perché restai da lei a rintontirmi nel nostro paradiso artificiale dell’eroina, incurante del fatto che Grace fosse ancora nel nostro magazzino, sola e al freddo. Chissà se era uscita? Sicuramente no perché sapevo che non c’era nessuno che potesse andare a prenderla, e forse aveva avuto anche un paura a stare da sola in un posto così tetro e grande.

Che cosa mi era passato per la testa? Che cosa c’era di sbagliato in me che mi portava a comportarmi in quel modo?

Mi presi la testa tra le mani e mi lamentai sommessamente per scacciare i pensieri e anche un altro rumore continuo e acuto, che poco dopo identificai come il suono del campanello. Non volevo vedere nessuno e volevo che tutti mi lasciassero in pace. Se si fossero azzardati a infastidirmi ancora, mi sarei presentato fuori armato di fucile per spaventarli e convincerli a levarsi dai piedi. Un attimo dopo sentii il rumore di qualcuno che si arrampicava sul muro esterno e lo scalpiccio veloce di qualcuno che attraversava il giardino, allora saltai giù dal divano per rintanarmi dietro di esso, emergendo appena da sopra un bracciolo per tenere d’occhio la porta. Qualcuno bussò e io scivolai giù per non farmi vedere, convinto che la mia mente mi stesse nuovamente giocando un brutto tiro.

“Nikki?” chiamò una voce pacata e familiare. “Sono Grace. Aprimi se sei in casa.”

Grace? Non poteva essere! Era uno scherzo. Un fottuto scherzo del cazzo, o peggio, un’allucinazione.

“Apri per favore,” continuò quasi implorandomi.

Mi sentii così sollevato che mi sembrava che mi avessero tolto un enorme masso da sopra le spalle. Mi abbandonai contro la parete sorridendo, poi scoppiai in una vera e propria risata perché la mia Grace era tornata. Mi sistemai i capelli per quanto potei dal momento che erano così impiastricciati di lacca che sembravano un unico groviglio, mi spolverai i pantaloni e corsi verso la porta per aprirle, barcollando da una parte all’altra. Me la ritrovai davanti che mi fissava, poi un attimo dopo esultò e mi strinse, circondandomi il busto con le braccia. Ricambiai e le passai una mano tremante tra i morbidi capelli dorati.

“Che bello vederti,” esclamò senza lasciarmi andare. “Credevo che non volessi più avere a che fare con me.”

“Cosa te lo ha fatto pensare?” risposi con un filo di voce. “Dovresti essere tu quella che non vuole più vedere me.”

Per tutta risposta mi abbracciò più forte e io mi sentii coccolato da un calore affettuoso che non provavo da quando ero bambino. Mi sembrò di tornare ad avere otto anni, quando mi aggrappavo alla vita di Nona dopo essere tornato a casa da scuola e aver subìto le derisioni dei miei compagni di classe.

“Si sta così bene così abbracciati...” dissi. Grace si allontanò per guardarmi e controllare che stessi davvero bene, poi sorrise e prese un sacchetto dalla borsa.

“Questi sono per te,” esordì tendendomi una busta di carta bianca e unta sul fondo. La aprii e ci trovai dentro delle paste. Grace disse che quando le aveva viste nella vetrina di una pasticceria le ero venuto in mente perché sapeva che mi piacevano le cose dolci, così me le aveva comprate. Nessuno si era mai preso cura di me in quel modo. Di solito la gente si aspettava che fossi io a dare loro qualcosa, ma nessuno aveva mai dato niente a me – nessuno a parte Nona, il cui ricordo stava tornando a tormentarmi dopo più di un anno dalla sua scomparsa.

“Devi mangiarli,” mi informò come se non fosse stato scontato. “Dopo ti sentirai un po’ meno senza forze.”

Non avevo tanta fame e forse quelle paste non le meritavo neanche, però ne addentai una e feci cenno a Grace di entrare. Si accomodò sul divano e mi sedetti accanto a lei, intento a divorare il mio cupcake ripieno di confettura di ciliegie.

“Mi dispiace per ieri sera,” biascicai con la bocca piena, sentendomi un perfetto animale. Dopo il primo morso mi era venuta così tanta fame che di quelle tortine avrei potuto divorarne a centinaia, incurante del mio stomaco indebolito.

Grace scrollò le spalle, ora seria. “Mi hai lasciata sola in quel posto enorme.”

Deglutii a fatica. “Non sai quanto mi dispiace.”

“E Vanity non doveva permettersi di picchiarmi,” aggiunse, colta da un brivido.

Le appoggiai una mano sulla spalla. “Non c’è niente da fare con lei. Pensa, è convinta di essere la mia fidanzata, ma io non vedo l’ora che esca dalla mia vita.”

“Spero tu riesca a mandarla via il prima possibile perché se continuerete per questa strada non farete altro che danneggiarvi a vicenda.”

“A proposito, come hai fatto a tornare a casa?”

Grace abbozzò un sorriso. “I miei amici erano tutti impegnati, così ho telefonato a Vince.”

Per un poco non rischiai di soffocarmi col boccone. “Vince chi, il nostro?”

“Conosco solo lui con questo nome,” rispose sarcastica. “Non sono riuscita a contattare nessun altro.”

“Con tutte le persone che potevano capitarti, hai trovato quella peggiore,” bofonchiai.

Grace si alzò dal divano in un attimo, come se si fosse ricordata solo ora di avere un impegno urgente, e si sistemò nervosamente una ciocca di capelli dietro l’orecchio. “È ora che torni a casa. Avevo detto che sarei rientrata subito ed è già troppo tempo che sono fuori. Mi piacerebbe restare, ma ora non posso proprio. Ci vediamo questa settimana non appena avrò un po’ di tempo libero, okay?”

Annuii mentre la seguivo verso l’uscita, poi la fermai per abbracciarla un’altra volta prima che varcasse la soglia. “Non vedo l’ora di rivederti.”

Grace sorrise e mi fece una carezza sulla guancia come se fossi stato un bambino. “Farò il possibile. Ciao, Nikki.”

La osservai mentre usciva dal cancelletto e girava a destra, dopodiché sentii il rumore di una portiera che veniva chiusa, e infine il rombo di un motore. Poi giuro di aver visto la macchina di Vince passare davanti al mio cancello. Scossi la testa e tornai dentro per telefonare a Tommy, sperando che fosse in casa. Volevo chiedergli di uscire a fare un giro dato che quel pomeriggio mi sentivo particolarmente euforico, ed era meglio approfittarne per mettere la testa fuori dal mio mausoleo. T-Bone arrivò poco dopo, baldanzoso come sempre e con un bandana blu legato intorno al capo e da sotto il quale partiva qualche ciocca ribelle che il vento aveva spostato mentre viaggiava in motocicletta.

“Ehi, Sixxter!” esclamò agitando un braccio magro in aria. “Dovrei essere da tutt’altra parte, ma credo proprio che questo pomeriggio mi dedicherò tutto al mio bro preferito.”

“Sarà meglio per te,” dissi con un ghigno mentre uscivo dal cortile con la moto, dopodiché ci lanciammo giù per il Valley Vista Boulevard. Ci fermammo in un locale lungo la strada che aveva una grande terrazza che si affacciava su Beverly Hills, prendemmo posto al tavolo più defilato e ordinammo un paio di birre.

“Poco fa Grace è venuta a trovarmi,” annunciai prima ancora di assaggiare la mia Guinness.

Tommy, invece, era già a metà pinta. “Immaginavo che sarebbe tornata.”

Feci un mezzo sorriso. “Tu pensi sempre positivo.”

T-Bone sogghignò e fece cenno alla cameriera di portargli un’altra birra, poi appoggiò i gomiti sul tavolo. “Che cosa ti ha detto?”

“Mi ha portato delle paste perché secondo lei ho bisogno di mangiare qualcosa che mi dia delle energie,” raccontai con tono piatto. “Era arrabbiata per lo schiaffo che si è presa da Vanity, però mi ha perdonato per averla lasciata da sola al magazzino. Ha anche detto che questa settimana tornerà a trovarmi anche se ha molto da fare.”

“Non ti ha raccontato altro?” chiese Tommy mentre cercava di tenere indietro i capelli che il vento gli faceva svolazzare davanti al viso.

Feci una smorfia. “Ha detto che si è fatta accompagnare a casa da Vince. Immagino che lui sia corso al magazzino come un razzo.”

Tommy inarcò un sopracciglio con fare sospettoso. “Ti ha raccontato solo questo?”

Avevo l’impressione che mi stesse nascondendo qualcosa e, siccome le sue domande mi sembravano un interrogatorio, sbottai e diedi una manata sul tavolo di metallo facendo tintinnare i bicchieri e il posacenere di vetro. “Cos’altro avrebbe dovuto raccontarmi di così importante, T-Bone? Avrebbe dovuto informarmi dell’ora a cui è arrivata a casa e della strada che ha percorso?”

Tommy si nascose dietro un paio di boccali vuoti come se così facendo si sentisse più sicuro. “È arrivata a casa stamattina, se ti interessa. È rimasta da Vince.”

A quelle parole smisi di agitare il mio boccale per osservare le ultime due dita di birra rigirare contro le pareti di vetro e lo guardai con gli occhi spalancati, incredulo. Tommy alzò le spalle come per dirmi “mica possiamo farci qualcosa!”.

“Poi lo sai com’è Vinnie,” riprese dopo aver appoggiato un piede su un vaso di cemento di fianco al tavolo. “Se non ci prova con tutte non è contento, e questa era già la seconda volta in cui Grace andava a casa sua.”

Scossi la testa come se avessi voluto scacciare le sue parole dalla mia memoria. “Com’è che tu lo sai e io no?”

“Oggi ho telefonato a Vince per chiedergli un paio di cose sul tour e ne ha approfittato per raccontarmi tutto, e sono sicuro che Elisabeth confermerà. Come vedi, i pettegolezzi volano a velocità supersonica. E comunque, bello, non te la prendere, ma Grace non deve per forza riferirti ogni particolare della sua vita privata!” esclamò.

Presi ad agitare il capo, sempre più sconvolto. “Che altro sai su questa storia?”

“Ieri quei due si sono dati parecchio da fare,” continuò Tommy senza togliersi dalla faccia quel suo sorrisetto astuto. “Stamattina Vince mi ha fatto perdere un quarto d’ora per raccontarmi tutti i particolari. Avresti dovuto sentirlo, bro! Credevo che avrebbe cominciato a darsi delle arie e basta, invece era la persona più felice del mondo! Grace di qua, Grace di là... cazzo, bello, quello è fusissimo!”

Mi scansai prima che Tommy potesse darmi una pacca sulla spalla e scattai in piedi, continuando a fissarlo quasi tremando. “Come ha potuto farlo, quello stronzo?”

Tommy mi guardò di sbieco. “Ci avrà anche provato, però Grace ci è stata. Direi che la cosa non ci riguarda, no?”

“No, no, no,” dissi tutto d’un fiato mentre mi passavo una mano tra i capelli. “Deve averla obbligata. Lei non lo avrebbe mai fatto, almeno non con Vince.”

T-Bone cercò di calmarmi, ma io non riuscivo a togliermi dalla mente l’immagine di Vince che metteva le mani addosso a Grace. Li vedevo seduti su quel divano di merda nel suo salotto, lei rannicchiata in un angolo e Neil che le si spalmava addosso infilandole le mani sotto i vestiti. Era inaccettabile. Lasciai una banconota da venti dollari sul tavolo, incurante che più della metà erano di resto, e corsi nel parcheggio del locale per prendere la motocicletta, con dietro Tommy che mi ordinava di fermarmi, sbracciando e sbraitando. Saltai in sella fregandomene delle urla del mio amico e un attimo dopo ero già per strada, diretto verso la nostra sala prove, dove sapevo che avrei trovato Vince. L’immagine di loro due insieme non spariva dal mio cervello. L’avevo visto all’opera parecchie volte, ma la sola idea di Grace al posto di una di quelle groupie mi mandava su tutte le furie. Se la stampa li avesse beccati insieme, le sue fotografie sarebbero finite su tutte quelle insulse riviste di gossip e lei, pur di essere lasciata in pace, avrebbe tagliato i contatti con Vince e sicuramente anche con me. E io l’avrei persa. Per colpa di chi, poi? Di uno che non sapeva tenere le mani in tasca.

Parcheggiai nel cortile del magazzino e balzai giù con un diavolo per capello e i pugni che fremevano dalla voglia di colpire quel cretino. Mi diressi a grandi passi verso la porta, che trovai chiusa, allora cominciai a percuoterla con entrambe le mani finché qualcuno non si degnò di aprirmi. Mi trovai davanti Mick che, a giudicare dal modo in cui mi guardava, doveva aver già capito che qualcosa era andato storto.

“Eccoti, finalmente,” disse a bassa voce e senza spostarsi dalla soglia. “Mi chiedevo se saresti venuto per davvero.”

“Dov’è Neil?” tuonai. Mick sollevò appena le sopracciglia e si grattò la testa, confuso, poi indicò l’interno del magazzino per informarmi che era con lui. Mi fiondai dentro, scesi le scale rischiando di inciampare e intanto cercavo quel disgraziato in tutti i cantoni dell’edificio. Poco dopo lo vidi in piedi mentre accordava una chitarra e a quel punto persi il controllo.

“Tu!” urlai, ma Vince mi salutò come se niente fosse e ripose la chitarra sul piedistallo. “Pezzo di merda, come hai potuto farlo?”

Vince si morse l’interno della guancia senza capire, rimanendo immobile. “Non so di cosa stai parlando, Nikki.”

Non appena gli fui vicino, lo afferrai per i lembi del giubbotto di jeans e lo costrinsi a guardarmi dritto negli occhi. “Razza di canaglia, come hai potuto farle del male?”

Vince iniziò a dimenarsi per sfuggire dalla mia presa, ma io ero abbastanza forte e arrabbiato da riuscire a tenerlo fermo. “Che razza di storia è questa, eh? Ti sei di nuovo fatto pesante, non è vero?”

Il riferimento alle mie abitudini tossiche mi fece infervorare ancora di più e lo scossi di nuovo come un panno impolverato. “Sono così lucido che riesco a vedere alla perfezione la faccia da stronzo che ti ritrovi. Che cos’hai fatto a Grace ieri notte? Come hai potuto?”

Nel frattempo Mick si era avvicinato in silenzio come un fantasma e si era relegato in un angolino a guardare la scena senza capire cosa stesse succedendo. Non provò nemmeno ad intervenire perché ci conosceva abbastanza da sapere che sarebbe stato inutile. Intanto Vince aveva smesso di dimenarsi e sul suo viso era spuntato un sorriso sardonico. “Ti sfugge un particolare molto importante, Sixx: lei era più che consenziente.”

“Non dire cazzate,” sibilai.

“Non ti sto dicendo una cazzata,” ribatté. “Se non mi vuoi credere sono fatti tuoi. Chiedilo a Grace, te lo confermerà.”

“Perché lo hai fatto? Cosa ti ha fatto di male quella ragazza per essere trattata come una delle tue puttane? Se avevi voglia di divertirti, perché non sei andato a cercare una di loro?”

Prima che Vince potesse rispondere, la porta si aprì andando a sbattere contro il muro e Tommy fece irruzione con un paio di falcate enormi, chiamandomi per nome.

“Che cazzo state facendo?” gridò non appena mi vide mentre tenevo Vince stretto per il collo della giacca.

Mick si accese una sigaretta e si spostò di poco dal suo angolino. “A quanto pare Vinnie non mi ha ascoltato e se l’è fatta con la nuova amica di Nikki.”

“Davvero credevi che ti desse retta?” domandò Tommy, poi si rivolse a noi con uno sguardo tagliente. “Nikki, mollalo immediatamente, cazzo. Non ha senso preoccuparsi così tanto per una tipa.”

Tommy non capiva: quella per me non era una ragazza qualsiasi, ma una delle poche persone che si erano preoccupate per me e che aveva fatto il possibile per starmi vicino e trasmettermi un po’ di affetto, e non riuscivo ad accettare il fatto che potesse allontanarsi da me.

Strattonai Vince un’altra volta. “Dimmi perché. Deve esserci un motivo per quello che hai fatto che non sia semplicemente puro egoismo.”

“Questa volta è diverso, e sono pronto a giurarlo,” sussurrò Vince tutto d’un fiato. Mick smise di borbottare, Tommy si pietrificò con gli occhi fuori dal cranio e io, per la prima volta in tutta la mia vita, lessi dei sentimenti profondi negli occhi di Vince. Il suo sguardo era pieno di vita come non mai, ed era proprio ciò che io sognavo di avere ma che non riuscivo mai a raggiungere. All’improvviso mille pensieri si affollarono nella mia mente: lui era innamorato di Grace, me l’avrebbe portata via, lei non sarebbe più venuta a trovarmi perché lui sarebbe stato geloso, però lui non era capace di amare per davvero, l’avrebbe trattata come il suo giocattolo, non appena si fosse stancato l’avrebbe cacciata fuori di casa, Grace avrebbe sofferto e–

“Stronzate!” urlai con tutto il fiato che avevo, sovrastando le voci fastidiose che avevano cominciato ad ammassarsi nella mia testa. “Sei un fottuto bugiardo approfittatore che pensa solo a se stesso.”

Sentii le mani di Tommy appoggiarsi sulle mie spalle e fare pressione per convincermi a mollare la presa, ma Vince continuava a guardarmi inebetito e senza fare nulla per difendersi. Perché non reagiva? Non vedevo l’ora che mi attaccasse perché avevo bisogno di una scusa per poterlo prendere a schiaffi. Non ne potevo più di vedere la sua faccia e nella mia testa continuava a girare l’immagine sua e di Grace.

“Tu, innamorato? È assurdo.” dissi.

Vince annuì. “Lo so, Sixx, ma è così.”

Odiavo quel suo modo di parlare pacato e rassegnato. “Lo hai fatto solo perché vuoi portarmela via. Non riesci ad accettare fatto che io abbia un’amica sincera che mi sta vicino perché mi vuole bene, mentre tu non hai nessuno. Ma lei non sa chi sei per davvero, e non appena vedrà come ti riduci dopo ogni concerto e dopo ogni festa e quanto sai essere egoista, allora se ne andrà.”

“Riuscirò a smettere, e voglio farlo perché non riesco più a sopportare questa situazione,” il suo tono stava cominciando ad alterarsi. “E ricordati che sei tu quello che non si rassegna al fatto che io abbia trovato qualcuno mentre tu sei convinto che non ci riuscirai mai.”

Lo fissai negli occhi con astio e fu questione di qualche attimo: aveva toccato il mio punto debole e, soprattutto, mi aveva spiattellato in faccia la verità. Un pugno gli arrivò dritto sulla faccia abbronzata e provai un’insana soddisfazione.

Mick accorse e, in un impeto di coraggio, si piazzò tra noi due. “Adesso piantatela con questa scenata del cazzo. Per la miseria, Nikki, non puoi decidere tu quello che Grace deve o non deve fare. La testa non le manca, spero solo che la userà con giudizio.”

Mi divincolai dalla morsa di Tommy, che nel frattempo mi aveva afferrato e mi aveva stretto a sé per tenermi fermo. Mandai tutti a ‘fanculo e mi diressi verso l’uscita con il sangue che mi ribolliva nelle vene.

Volevano portarmi via Grace, e Vince aveva tremendamente ragione. Non sopportavo di essere dalla parte del torto né tantomeno che le mie debolezze fossero mi fossero sbattute in faccia. L’idea che Grace si sarebbe allontanata, poi, mi faceva arrabbiare più di quanto non fossi già, e l’unica cosa che volevo in quel momento era placare le voci e le immagini che si alternavano nella mia mente in maniera assillante. Il modo c’era e mi aspettava a casa mia, nella mia cabina armadio. Sikki stava venendo fuori alla velocità della luce, più furioso del solito. I suoi occhi iniettati d’ira bramavano una dose, le sue mani tremavano sul manubrio della motocicletta in attesa di toccare i cristalli d’oro. Abbandonai la mia Harley in cortile senza nemmeno parcheggiarla in garage, chiusi tutte le porte a chiave, arraffai il mio diario e una penna dal comodino, e mi segregai nel mio angolo, nascosto sotto un cappotto appeso e con il fucile a doppia canna di mio nonno a portata di mano.

Adesso basta. Non volevo più pensare a niente, volevo solo estraniarmi completamente dal resto del mondo per non pensare a Grace, per la quale ora valeva il mio detto chicks=trouble. Avevo sperato di non dover mai arrivare fino a questo punto con lei, invece era successo. Perché tutte a me?



N. d’A.: Salve!
Ebbene, l’ira di Sixx si sta cominciando a manifestare in tutta la sua magnificenza – e follia, oserei aggiungere... ma non è finita qui, per cui stringete bene le cinture e preparatevi alle turbolenze, perché il prossimo capitolo ne vedrà parecchie.
Come avrete notato, questi ultimi capitoli sono un po’ più lunghi degli altri, e spero che non siano troppo pesanti.
Poi, cavolo! Ho notato, con mia grande gioia, che le persone che inseriscono la storia tra le seguite sono aumentate. ♥♥♥ Grazie! A voi e a tutti gli altri santi che leggono, seguono e recensiscono. :*
Ciò detto... a mercoledì prossimo.
Un abbraccio,

Angie

   
 
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