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Autore: Dreaming you    07/04/2014    2 recensioni
Victoria è sempre stata una ragazza tremendamente testarda e curiosa, doti che le hanno costantemente permesso di ottenere ciò che desiderava.
È nata, da ciò che ricorda (e dai diari del padre, lasciati ad ammuffire nella biblioteca del palazzo in cui la ragazza vive) da una famiglia aristocratica di cui nessuno rimembra nulla o la cui sola domanda rende le persone taciturne.
Il suo aver ereditato ricchezza e bellezza non colma, però, il vuoto che prova dentro di sè e la mancanza di una famiglia stabile, rende Victoria, una ragazza irrequieta e sempre desiderosa di affetto e persone che non la abbandonino così, su due piedi.
Un giorno riuscirà tramite un'anonima lettera e per una brillante deduzione a rivelare un piccolo frammento del suo passato.
La aspetteranno tantissime avventure che porteranno un cambiamento e che rivoluzioneranno per sempre la sua vita.
Genere: Avventura, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’uomo dagli occhi di ghiaccio

Cercava di non pensarci, di non cadere di nuovo in quel tunnel buio che lo aveva caratterizzato in giovane età.
Dormiva ora, Alexander, stringendo forte il suo cuscino di piume d’oca, immaginando che fosse lei, che potesse per sempre tenerla stretta al suo petto e mai più lasciarla andare.
Poi cedette alla stanchezza e ai tanti ricordi che gli balenavano e gli correvano nell’atrio della sua testa, piombandosi in un sonno mite e sfrenato al contempo.
Aprì gli occhi, alzando un palmo in aria per rendersi conto se fosse effettivamente cosciente o ancora tormentato dal suo passato.
Una luce stranissima e grigiastra gli attraversava le dita e lo colpiva direttamente in faccia, senza una minima pietà per i suoi occhi, socchiusi e straziati, grigi come quel cielo triste e spento.
E si accorse che stava sognando, che era perso tra le meraviglie di quel mondo che non esisteva più.
Tutto intorno a lui iniziò a trasmutarsi e ciò che stava rivivendo si era automaticamente alterato e avvinghiato intorno alle spire del suo cuore.
Gli faceva male ripercorrere la strada che aveva già calpestato, ma non aveva scelta.
Non riusciva a svegliarsi, come se fosse costretto da una qualche identità superiore a ricordare di nuovo la sua vita passata.
Era nato il due luglio del 1925, da ciò che si ricordava, precisamente a Stoccarda, una bellissima città a sud della Germania.
Una donna davanti a sé teneva strettamente e gelosamente , un pargoletto dai capelli color del limone, tra le braccia.
Le guance della giovine erano rosse e rigate da lacrime che incorniciavano il suo bel viso apparentemente severo e dolce allo stesso tempo.
Un bellissimo sorriso spuntò improvviso, mentre la tenera creatura emise uno stridulo grido e incominciò a piangere e far riecheggiare di musicalità l’aria.
Era la vita, tremendamente ingiusta.
Alexander era cosciente per tutto il tragitto dei suoi natii passati, che quel bambino era lui e quella donna era la sua giovane madre, che tanto aveva amato, ma che più non ricordava del tutto.
I ricordi cambiarono e si spostarono, balzando con fragilità e tremanti in altri frammenti.
Dinnanzi a sé, un bambino di circa dieci anni, dai capelli evoluti ormai in oro, era spinto su un’enorme altalena  da un uomo che, assai terribilmente, gli somigliava.
Le risate mute dei due penetrarono nei timpani del giovane maggiordomo, che lottava disperatamente per non assistere a ciò che sarebbe successo dopo.
Il piccolo e bel bambino cadde dall’altalena e tra i pianti, il ricordo si ruppe e andò in frantumi, in dolorosi frantumi, migliaia di pezzi.
Il racconto si proiettò al primo settembre del 1939, al rimbombo dei cannoni e all’inizio di uno dei più terribili incubi di tutta l’umanità, la seconda guerra mondiale.
Fu plasmato nel momento più fatale della sua esistenza, il momento più terribile che si potesse ricordare, la separazione.
Hitler aveva diffuso la sua macabra psicologia in tutta la Germania, diventata ormai nazista, oscura, solenne, malvagia, schiava e protagonista di terribili vicende.
I genitori di Alexander erano stati famosi ricercatori ed archeologi di quei tempi, famosi in tutta la Germania per l’essersi opposti al Fuhrer, andando incontro a un terribile avvicendamento.
Quell’attimo sembrava infinito, doloroso e lacerante per l’anima del più coraggioso degli uomini.
Si ricordava perfettamente gli ultimi istanti che baciò sua madre e disse addio a suo padre, l’uomo che più stimava e che forse mai, nessuno avrebbe guadagnato tale titolo.
Ricordava benissimo le sirene delle SS naziste che si avvicinavano minacciose alla grande casa di quella famiglia, tristemente segnata e ormai rotta.
SI udivano spari di fucile provenire e le finestre crollare, il vetro frantumarsi in pezzettini  insignificanti, e terribili urla, corrergli per la testa.
Si ricordava la macchina del loro più fidato amico sgommare tra la ghiaia e le più distese praterie, con a bordo il giovane uomo biondo di quattordici anni, piangente come non mai e psicologicamente scossato e tremante.
Non aveva mangiato per giorni.
Aveva vissuto come un profugo, come un miserabile, una carogna, scappata al suo destino e salvata dalla decisione dei suoi amati.
Aveva odiato il mondo intero, gli innocenti, i colpevoli.
Poi all’età di sedici anni era scappato in Francia, finendo a vandalizzare nella cittadina di Caen, in cerca di pace, finendo col diventare un ladruncolo per sopravvivere in quel mondo terribile che gli aveva strappato crudelmente ciò che più amava.
Stava vivendo quegli ultimi anni, in non meno di pochi minuti, a ritmo costante.
Viveva quegli attimi in bianco e nero, come se ogni colore fosse stato risucchiato e tutta l’energia vitale fosse stata prosciugata.
Ora stava per arrivare il momento forse più bello della sua vita, il momento di una meritata e attesa tregua con sé stesso.
Un giorno era finito col pianificare con dei suoi amici di derubare la vecchia villetta Beyard, dove a quanto pare viveva una giovane ragazza di non più di sedici anni.
La sua banda era composta per lo più da giovani e inesperti ragazzini di diciassette anni, lui era il più anziano, di ventitré.
Quella notte erano stati sfortunati, terribilmente si può aggiungere.
Era una di quelle notti burrascose, col vento che soffiava e spazzava via ogni cosa.
Dal cielo scendeva una pioggia trepidante e inesauribile.
Arrivarono al cancello principale, cercando goffamente di scavalcare il muro più alto e di resistere alle intemperie.
Una volta dentro, sicuri che il colpo fosse fatto, si avventurarono per il giardino, ignari di un pericolo permanente, il cane che stava a guardia di quel mistico palazzo.
Quando si accorsero , fu troppo tardi e quindi se la dettero a gambe in una direzione sparpagliata, confusionaria, senza una meta precisa.
L’unico che rimase fu Alexander, salito su un’enorme quercia, rimatosi appollaiato.
Un enorme tuono rimbombò nella tormentata notte e accidentalmente, il giovane ragazzo, cadde dall’albero e svenne.
Si ricordava di abbai lontani, di imminenti grida di voce femminile e di trascinamento di corpo verso una stanza sconosciuta.
Quando aveva riaperto gli occhi, la creatura più deliziosa che avesse mai visto sovrastava su di lui, a pochi millimetri del suo viso.
I suoi grandi occhi blu inchiodavano rispettivamente quelli dell'uomo, colpevoli e terribilmente spenti e flebili.
Si ricordò l’improvviso acceleramento del battito di cuore e della paura che colei che avesse davanti potesse denunciare ciò che quella notte era successo, alle autorità, finendo per sbattere quel ragazzo trasandato in galera.
Ciò non successe.
Ora il suo sogno aveva ripreso i colori, i più sgargianti che potesse mai ricordare e il sole era salito in cielo.
Di sottofondo regnava una delle più belle composizioni di Beethoven, Für Elise.
Finalmente era finito tutto, e poteva risvegliarsi, dopo una nottata delle più terribili che avesse mai avuto.
La scena si stava ripetendo di nuovo.
Il sole era alto in cielo e Victoria era seduta accanto al maggiordomo, ora completamente cosciente ,mentre un dito della donzella, toccava delicatamente la guancia di quell’uomo, ora trasandato per ciò che aveva vissuto nella sua psiche.
«Uomo dagli occhi di ghiaccio? Ma guarda che dormiglione che abbiamo qui! Suppongo che ti ho ingaggiato per farmi da maggiordomo, ma dormi più di me a quanto pare, sveglia…hey? Sveglia, Alex! Ho una terribile fam…».
Non fece in tempo a finire la frase che il ragazzo la prese tra le sue braccia e iniziò a stringerla fortemente.
Desiderava che il tempo si fermasse e che lei non si allontanasse più.
« Hey?...che succede? Così mi preoccupi, un altro dei tuoi incubi? Lo sapevo, avevo sentito delle urla questa notte, ma non ero riuscita svegliarmi, sonno troppo profondo a quanto pare, ma voglio rammendarti una cosa.
Due anni fa, ti ho trovato svenuto nel mio giardino, in pieno inverno, Dio solo sa, per quale motivo eri qui, e io posso immaginarmelo, ma sappi che non ti lascerò mai.
Per qualunque cosa, per ogni tuo desiderio, per ogni sentimento mancato, io sarò qui vicino a te.
Conosco la tua storia, me l’hai raccontata in fin di lacrime.
Ora…andiamo a mangiare qualcosina? Ti prego, sto morendo di fame…e, ho da raccontarti ciò che ho scoperto la scorsa notte in biblioteca».
 
  
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