[2]
Vick Hawthorne
Avrei voluto
per un po'
non avere il
mio carattere,
il mio
corpo, la mia faccia
avrei voluto
anche se
poi ho
capito che ogni mattina
io c'ero
sempre,
ero sempre
con me
Tutto ciò che ho. 883.
Vick mise la mano nel
secchio dell’acqua insaponata e la tirò fuori, creando un cerchio con il pollice e l’indice. Ci
soffiò attraverso; il sottile strato trasparente intrappolato fra le sue dita
incominciò a lievitare, formando una piccola sfera. Il ragazzino ripeté l’operazione
più volte, sotto lo sguardo affascinato della sorella minore. Posy si mise a
ridere, quando una bolla di sapone incominciò a volteggiare lentamente verso di
lei. Tese la mano per afferrarla, ma esplose prima che riuscisse a toccarla.
“Anche io!” esclamò a quel
punto la bambina, immergendo a sua volta le mani nel secchio. Cercò di imitare
i movimenti di Vick e si soffiò con insistenza sulle mani, mentre la schiuma le
scivolava lungo i polsi. Il fratello la aiutò a formare un cerchio con le dita,
incoraggiandola a soffiarci attraverso. Assieme riuscirono a formare una terza
bolla, ma il maggiore dei due la fece scoppiare con un colpo di tosse. Posy
trovò la cosa divertente e si mise a ridere. Hazelle,
che stava lavando delle lenzuola, rivolse un’occhiata preoccupata al figlio:
Vick stava ancora tossendo.
“Non tenere le mani troppo
a lungo nell’acqua, va bene?” si raccomandò, sfregando la saponetta contro la
stoffa. Il bambino annuì e si asciugò le dita con uno strofinaccio. Quello era
il quinto giorno che passava a casa con l’influenza e, nonostante la febbre
fosse ormai quasi completamente scomparsa, lo stesso non si poteva dire della
sua tosse. Non era la prima volta che gli capitava di ammalarsi, quel mese.
Durante il periodo invernale Vick era spesso costretto a saltare la scuola per
motivi di salute. I suoi fratelli più grandi, al contrario, sembravano
ammalarsi piuttosto di rado e spesso lo sostituivano nelle piccole faccende che
gli spettavano, come il dover ritirare la biancheria sporca dai clienti della
madre. Quando stava male, di solito, Vick si teneva occupato aiutando la madre
in casa o con la sorellina. Gli piaceva badare a Posy, ma lo rattristava dover
trascorrere tutto quel tempo senza poter uscire, infiacchito dalla febbre. Avrebbe voluto poter accompagnare più spesso
i suoi fratelli nelle commissioni che spettavano loro, ora che era abbastanza
grande per poterlo fare. Rivolse un’occhiata titubante alla madre, mentre Posy
continuava a giocare con l’acqua delle bolle, seduta sul pavimento vicino a
lui.
“Più tardi posso portare i
vestiti puliti agli Undersee?” chiese, guardando poi
fuori dalla finestra. Individuò subito Gale, che si stava avvicinando alla casa
con dei ceppi di legna fra le braccia. Pochi secondi più tardi la porta della
cucina si aprì e il maggiore dei fratelli Hawthorne
fece comparsa sulla soglia. Posy gli trotterellò subito incontro, mostrandogli
con entusiasmo le mani insaponate.
“Questa settimana toccava a
me” proseguì Vick.
“Preferirei che tu ti
riprendessi del tutto, prima di uscire” rispose Hazelle,
spiegando un nuovo lenzuolo. “In questi giorni fa veramente molto freddo.”
“Posso farci un salto io,
dagli Undersee” si introdusse nel discorso Gale,
appoggiando i ceppi per terra, vicino al camino. Posy si aggrappò con le mani
ai suoi pantaloni e tirò, infastidita dalla mancanza di attenzioni nei suoi
confronti. Il maggiore la prese in braccio, appoggiando a terra con la mano
libera la borsa con il ricavato degli scambi fatti quel pomeriggio al Forno.
“Con la legna ho finito.”
Vick sospirò, appoggiando
la schiena al muro. Immerse lo sguardo nel secchio e si concentrò sulle bolle
di schiuma che scalfivano la superficie dell’acqua. Cercò di individuare il suo
riflesso, ma c’era troppo sapone perché potesse scorgere anche solo qualche
dettaglio del suo volto. Ad ogni modo sapeva già cosa avrebbe trovato,
specchiandosi. I suoi capelli neri e gli occhi grigi rendevano innegabili le
somiglianze con i suoi fratelli, nonostante lui avesse una corporatura più
gracile e mingherlina, rispetto a loro. Eppure nel suo aspetto fisico c’era
qualcosa che non lo convinceva, dettagli che non riusciva a far combaciare con
i volti dei suoi familiari. Anzitutto c’erano le lentiggini. Ne aveva poche,
appena una spruzzata sul naso e, nonostante le avesse anche sua madre, non era
sicuro che gli piacessero sul proprio volto. Stonavano un po’ con l’aria forte
e determinata tipica dei maschi della famiglia Hawthorne.
E poi c’era il suo sguardo, spesso assorto o distratto, al contrario di quello
fiero e attento – da Giacimento - dei
suoi familiari. Quando si guardava allo specchio erano quelle le prime cose che
notava: i piccoli dettagli di sé che lo rendevano diverso da Gale, da Rory o da suo padre.
“Vick?”
La voce di Hazelle lo distolse da quei pensieri: il ragazzino intuì
dalla sua espressione preoccupata che lo stava chiamando già da un po’. Posy,
che era tornata a sedersi di fianco a lui, lo stava tirando per la manica,
mentre con la mano libera giocava con la schiuma nel secchio.
“C’è qualcosa che non va,
amore?” chiese la madre, riconoscendo il turbamento nello sguardo del figlio
minore. Vick esitò, prima di scuotere la
testa. Si voltò verso Gale, che stava ravvivando il fuoco nel camino, e infine
tornò a rivolgersi alla donna.
“È solo che non capisco
perché mi ammalo sempre” rivelò infine, stringendosi le ginocchia al petto. “I
miei fratelli non si ammalano quasi mai.”
“Posy ha avuto la febbre
alta, la settimana scorsa” gli ricordò Hazelle. La
bambina annuì solennemente, come a voler confermare le sue parole.
“Sì, ma Posy ha due anni, è
ancora piccola” rispose, voltandosi verso la sorellina. Ed è
anche una femmina, avrebbe voluto aggiungere. Tuttavia si trattenne: anche
sua madre era una femmina, in fondo, ma
nemmeno lei si ammalava tanto spesso quanto lui. E poi era forte, molto più in
gamba di tanti uomini che conosceva. “Io ne ho già otto.”
“Non tutti siamo fatti allo
stesso modo, Vick” replicò con dolcezza la donna, “I tuoi fratelli si
ammaleranno anche meno, ma hanno altri difetti, così come tutti.”
Il bambino soppesò le sue
parole in silenzio, osservando Posy giocare con l’acqua insaponata.
“Però perché sono così diverso da loro?” concluse infine, rivelando il motivo
di tutte quelle domande. Era un pensiero, quello, che aveva incominciato a
punzecchiarlo già da qualche tempo, specialmente quando gli capitava di
guardarsi allo specchio. Ben nascosto
dietro a quell’aspetto da Hawthorne, seppur con
qualche piccolo errore intenzionale, riusciva a scorgere senza fatica il vero
Vick. Un ragazzino mite, gentile e riflessivo. Lui non era ribelle, né
orgoglioso, come suo padre o i suoi fratelli. Era determinato senza essere impulsivo, spesso distratto e
immerso in fantasticherie tutte sue. “E da papà. Rory
e Gale gli assomigliano tanto, ma io no. Ho perfino le lentiggini!” aggiunse,
chinando il capo imbarazzato.
Gale distolse per un attimo
l’attenzione dal fuoco, per voltarsi verso di lui. Hazelle
si asciugò le mani nel grembiule e avvicinò la sedia ai due figli più piccoli.
“Quelle le hai prese da me”
rispose, indicandosi il volto con l’indice.
“Anch’io ne ho un po’ sul naso, vedi? A tuo padre piacevano molto”
ricordò, sorridendogli con una punta di nostalgia nello sguardo. “Si divertiva
a cercare di contarcele.”
“Davvero?” chiese il
ragazzino, con espressione d’un tratto più ravvivata. Anche Gale abbozzò un
sorriso, mentre incominciava a sistemare la legna avanzata di fianco al camino.
Hazelle annuì.
“Aveva spesso la testa fra le nuvole, un po’ come te”
aggiunse poi con dolcezza, accarezzandogli i capelli. “Assomigli a lui e ai
tuoi fratelli molto più di quanto immagini.”
Vick le sorrise, rivolgendo
poi un’occhiata insospettita alla sorellina: Posy stava analizzando il
contenuto del secchio con espressione insolitamente seria. Improvvisamente
colpì l’acqua con entrambe le mani, per farla schizzare fuori dal secchio. Gli
spruzzi che si riversarono sul pavimento la fecero ridere divertita.
“Posy!” la ammonì Hazelle, allontanando il secchio dai due ragazzini. “Sei
una monella!”
Posy rise di nuovo,
nascondendo le mani dietro la schiena con espressione furbetta. Vick raccolse
la bambola della sorella da terra e la spostò di lato, per evitare che si
bagnasse.
“Solo che ogni tanto non
sembra” proseguì nel suo discorso il ragazzino, mentre Posy si riappropriava
del giocattolo. “Negli altri si vede di più. Gale è forte come papà. E Rory fa sempre ridere tutti come faceva lui. Perfino Posy…”
aggiunse, tornando a guardare la bambina. “…lei non sta ferma un attimo.
Proprio come papà.”
“Come papà!”
ripeté Posy con orgoglio, indicando con l’indice Gale, che stava ancora
trafficando con la legna per il fuoco. Era girato di spalle e non se ne
accorse, così Hazelle riuscì a correggerla senza che
il ragazzo lo notasse.
“Sì, il papà era
un po’ discolo come te” rispose alla piccola, incastrandole una ciocca di
capelli neri dietro l’orecchio. “E anche tuo fratello Gale non scherza!”
Gale abbozzò un sorrisetto divertito e si voltò nuovamente verso di loro. Allungò un
braccio per fare il solletico alla sorellina e Posy ridacchiò, rannicchiandosi
su se stessa per proteggersi dall’attacco.
“Monello!” esclamò
poi imitando il tono di voce fermo della madre, indicando di nuovo il fratello
con l’indice. Gale e Vick si misero a
ridere. Il maggiore la stuzzicò ancora
un po’ e poi tornò a controllare il fuoco.
“Anche
tu hai tanto di papà, Vick” aggiunse poi, rivolto al ragazzino.
“Tuo fratello ha ragione” aggiunse Hazelle,
sorridendogli con dolcezza. “Hai il suo buon cuore. Sei premuroso e faresti di
tutto pur di vedere felice la tua famiglia. Ti prendi cura di Posy e tu e Rory vi guardate le spalle a vicenda. Tuo padre, poi, era
un sognatore come te. E questa è una cosa che non si può dire di molte persone,
specie per chi vive al Giacimento.”
“Papà era anche un distrattone come te” lo prese in giro
suo fratello, arruffandogli giocosamente i capelli. “Quando sei concentrato su
qualcosa e non ci rispondi mentre ti parliamo, sembri proprio lui.”
Vick sorrise con
orgoglio.
“Non mi ricordavo che anche papà fosse così” mormorò
infine, guardando prima Gale e poi sua madre. “Ricordo solo che era forte e che
mi faceva sempre ridere. E che non era mai stanco, anche quando tornava a casa
dal lavoro. Ogni tanto, di sera, facevamo a braccio di ferro e mi lasciava
sempre vincere.”
“Papà era molto fiero di te” rivelò con dolcezza Hazelle, chinandosi per dare al figlio un bacio sui
capelli. Sollevò poi un lenzuolo dalla cesta dei panni sporchi e tornò a
lavorare. “Forse non te l’abbiamo mai raccontato, ma quando ero incinta di te
ci sono stati un po’ di problemi. Non stavo molto bene e, durante la
gravidanza, abbiamo rischiato grosso tutti e due. Ma alla fine l’abbiamo spuntata” aggiunse,
sorridendo complice al terzogenito. Vick le rivolse un’occhiata sorpresa.
Un’insolita fitta di orgoglio gli punzecchiò lo stomaco.
“Pensi di essere
da meno rispetto ai tuoi fratelli perché sei spesso malato. In realtà, forse, è
proprio per questo che sei così forte. Tu non ti arrendi mai, Vick. Sei un osso
duro, proprio come lo era vostro padre.
E come lo sono i tuoi fratelli.”
“Anche io!” si introdusse nel discorso Posy, alzando le
braccia. Hazelle si mise a ridere.
“Anche tu, sì” confermò, scoccandole un’occhiata
intenerita. Vick sorrise a sua volta e si chinò in avanti per dare un bacio
alla sorellina. Gale finì di sistemare la legna di fianco al camino e li
raggiunse.
“Stavo pensando che Vick potrebbe venire con me a caccia,
questo fine settimana” propose, arruffando i capelli del ragazzino. “Ho bisogno
di qualcuno in gamba che mi dia una mano con le trappole e tu, ormai, sei
abbastanza grande per farlo” aggiunse, rivolto al fratello. Il volto di Vick si
illuminò. Hazelle gli rivolse un’occhiata apprensiva.
“Ha ancora molta tosse…” osservò, titubante.
“Starà meglio per sabato” la rassicurò il figlio
maggiore. “La madre di Catnip mi ha dato un po’ di erbe che dovrebbero aiutare. E
poi gli farà bene uscire un po’: lo imbacuccheremo per bene, non preoccuparti”
aggiunse, sotto lo sguardo ancora dubbioso della madre. Vick era raggiante:
l’idea di cacciare con arco e frecce non lo attirava più di tanto – lo
intristiva il pensiero di uccidere degli animali, anche se sapeva che non
potevano evitarlo – ma gli piaceva aiutare e stava diventando piuttosto bravo a
fabbricare trappole.
“Non lo chiedi a Rory?” domandò
poi, sollevando il capo per incontrare lo sguardo di Gale. Il pensiero di
accompagnare lui e Katniss nei boschi lo faceva sentire orgoglioso, ma aveva
sempre pensato che quel compito spettasse più al secondogenito di casa Hawthorne che non a lui. Il maggiore dei due scosse il
capo.
“Rory ci ha accompagnato il
mese scorso, questa volta tocca a te. Te la caverai benissimo; sei più
silenzioso di lui e questo è un gran bel pregio, per un cacciatore” concluse,
dandogli una pacca sulla spalla. Uscì poi nuovamente dall’abitazione, per
andare a prendere altra legna.
Vick si alzò per svuotare il secchio dell’acqua con cui
avevano giocato lui e Posy. Quando tornò indietro per piegare la biancheria
lasciata asciugare vicino al camino stava ancora sorridendo.
“Davvero papà mi contava le lentiggini?” chiese poi alla
madre, tornando a sedersi di fianco a lei. Hazelle
rise.
“Oh,
sì. Ci provava, per lo meno” aggiunse, scuotendo poi il capo con espressione
divertita. “Di solito non andava mai oltre le prime dieci, perché si distraeva
prima.”
“Era
proprio come me!” esclamò il bambino, con un sorriso. Quello lo poteva capire
bene, si disse. Anche a lui capitava spesso di incominciare qualcosa, ma di
perdersi in qualche pensiero a punto tale da dimenticarsi di proseguire con ciò
che stava facendo. Hazelle annuì, serbandogli
un’occhiata intenerita.
“E
quando capiva di aver perso il conto, alzava le spalle, ti faceva il solletico
e diceva: sei troppo bello, mi fregherai
tutte le fidanzate, fra qualche annetto!
E tu ridevi.”
Vick intrecciò le dita dietro la nuca e sorrise, cercando
di ricordare il tono di voce bonario del padre. La sua mente evocò il sorriso
un po’ storto di Joel Hawthorne e la sicurezza che
emanava la sua presa quando sollevava il figlio per i fianchi, per sistemarselo
sulle spalle. Il ragazzino chiuse gli
occhi per un istante, concentrandosi solo su quell’immagine.
“Adesso
sì” mormorò infine, riaprendoli e sorridendo sereno alla madre. “Adesso me lo ricordo.”
*
Il sabato mattina Vick si svegliò molto prima rispetto al
resto della famiglia e si vestì in silenzio. Aveva ancora la tosse e si sentiva
un po’ fiacco, ma era già più in forze
rispetto ai giorni precedenti. Si mise il giubbotto, i guanti e la sciarpa, per
evitare di prendere troppo freddo. Qualche minuto più tardi, mentre anche Gale
si alzava per vestirsi, si diede un’occhiata allo specchio, lo stesso che un
tempo usava suo padre per farsi la barba la mattina presto. Esaminò con
attenzione il suo riflesso / e, per la prima volta da giorni, ignorò le guance
pallide e le labbra screpolate, concentrandosi sul resto. Quel mattino riuscì a
scorgere per la prima volta suo padre, nel proprio sguardo un po’ assorto. Si
soffermò anche sui piccoli dettagli del suo aspetto che appartenevano a lui e a
lui soltanto, ma si accorse di non trovarli poi così fastidiosi, come aveva
pensato qualche giorno prima.
“Sei pronto?” gli chiese Gale, avvicinandosi. Vick annuì;
scoccò al suo riflesso un’ultima occhiata impensierita e alzò la testa, per
poter guardare il fratello negli occhi.
“Mi piacciono le mie lentiggini” annunciò infine con
convinzione, abbozzando un sorriso. Gale ricambiò, osservandolo divertito.
“Non sono male, in effetti” rispose, recuperando la borsa
per la selvaggina. “Secondo me piaceranno anche alle ragazze” scherzò poi,
spettinandogli giocosamente i capelli. Vick arrossì sorridendo al suo riflesso
un’ultima volta, prima di seguire il fratello maggiore.
“Lo diceva anche
papà” ammise infine con espressione serena, concentrandosi sul ricordo di quei
momenti. E per un istante fu quasi convinto che, se solo avesse alzato lo
sguardo, avrebbe incrociato quello del
padre, intento a strizzargli l’occhio con orgoglio.
Nota dell’autrice.
Ed ecco qui la seconda storia di questa
raccolta! Questa volta il protagonista del racconto è Vick, anche se Gale
spunta sempre fuori come il prezzemolo, perché proprio non riesco a trattenermi
dall’inserirlo ovunque! Vick è probabilmente il membro della famiglia Hawthorne di cui sappiamo meno (a parte probabilmente il
babbo) però, per qualche strana ragione, ci sono particolarmente affezionata.
L’ho sempre immaginato come il più tranquillo della famiglia, dolce e un po’
sognatore, specialmente da piccolo. In questa storia ha più o meno otto anni,
mentre nella prossima su Rory, che sarà ambientata
circa tre anni dopo, lo vedremo leggermente cambiato, più maturo e decisamente
meno insicuro. L’ho anche sempre immaginato come il più cagionevole dei
quattro, non so nemmeno perché. Nei libri viene accennato alla sua tosse solo
una volta, ma nel mio head-canon personale è fragile
e si ammala spesso, come viene accennato anche in The Miner Saw a Comet
e in altre mie storie sulla famiglia Hawthorne.
Sempre nel mio head-canon alla sua nascita ci sono state alcune
complicazioni, e lui è nato prematuro di un mese, ma questa è una cosa che
verrà poi approfondita nell’ultimo capitolo della raccolta. Nella storia ci
sono, tra l’altro, un paio di riferimenti a The winner
loses it all, l’altra storia Vick!centric
che ho scritto, come il fatto che Vick e Joel giocassero spesso a braccio di
ferro, quando lui rincasava dal lavoro. Passando poi a Posy, devo dire che
immaginarla così nanerottola, appena duenne, è stato particolarmente
divertente xD
Ho sempre immaginato che vedesse in Gale una figura paterna, non avendo
conosciuto il suo vero padre, e questo si riflette nel suo comportamento. È per
questo che, come menziona Gale in Torna a Casa
e come si vede qui, ma anche in How to Catch a Comet, è capitato che chiamasse suo fratello papà. Gale, tra l’altro, era
particolarmente rilassato in questa storia, ma l’ho sempre immaginato
abbastanza giocoso con i suoi fratellini, specialmente nel periodo pre-Hunger Games. Bene, mi sa che ho detto tutto. La
prossima storia sarà su Rory e faranno comparsa anche
Posy e Vick. Spero davvero che questa
storia possa esservi piaciuta! So che Vick è un personaggio abbastanza
bistrattato e forse è proprio per questo che ci tenevo a scrivere qualcosa
incentrata sul suo punto di vista.
Grazie infinite alle persone che hanno lasciato una
recensione alla one-shot precedente, cercherò di
rispondere il prima possibile! Un abbraccio e a presto!
Laura
P. S. Se amate scrivere/leggere storie nel fandom Hunger Games, venite a
fare un giro nel gruppo The Capitol!
Vi attendono persone pazzerelle, iniziative per chi scrive, giochini ad
eliminazione e un Gale e un Finnick già li pronti a
darvi il benvenuto u.u