Ringrazio Suikotsu che ha
commentato e ha anche messo la storia tra i suoi preferiti.
E anche quelli che leggono
senza commentare.
Capitolo 3 - La spia
Era notte fonda. Nessuna luce
illuminava il castello di Duscar. Neanche sulle mura erano accese delle
fiaccole per garantire migliore visuale alle sentinelle.
Tutto era immerso nell’oscurità,
eccetto l’Ala Ovest del corridoio del quarto piano.
Lì la debole luce tremolante
di un candelabro rischiarava la via al suo portatore. Era un uomo sui
trent’anni alto, slanciato, ma muscoloso. Aveva dei lunghi capelli rossi
avvolti in una coda a cavallo dietro la testa per evitare che fossero
d’intralcio nella visuale. I suoi occhi erano scuri come la notte e rendevano
il suo sguardo sicuro e contemporaneamente astuto. Il suo viso, dalla pelle
molto chiara, non era brutto, ma di certo non si poteva dire che fosse
rassicurante. Portava solo una leggera giacca senza maniche e dei pantaloni e
delle scarpe che gli permettevano di muoversi molto liberamente. Aveva legata
alla cintura una guaina contenente un lungo coltello.
Si muoveva rapidamente,
sapeva di non avere molto tempo. Camminava con passi felpati sul tappeto
porpora guardando attentamente alla sua sinistra, dove si trovavano numerose
porte. Alla sua destra invece c’erano delle finestre e a metà del corridoio una
grandissima vetrata dalla quale si scorgevano in lontananza le Montagne Verdi.
Si fermò davanti all’ultima
porta, dopo la quale il corridoio svoltava verso l’Ala Sud. “Questa è la porta.
Speriamo che il nostro amico sia stato ai patti.” pensò l’uomo e la spinse. La
pesante porta si aprì lentamente verso l’interno. “Sì! È proprio vero che la
brama di denaro cancella ogni paura negli avidi!”
Entrò sorridendo e si ritrovò
in una grande stanza a forma quadrata. Sulle pareti si trovavano undici armadi
a muro, due per la parete con la porta e tre per ogni altra. L’uomo si diresse
veloce verso quello al centro della parete in fondo alla stanza. Spalancò le
ante e velocemente passò in rassegna con lo sguardo tutti i ripiani. Migliaia e
migliaia di boccette e alambicchi erano messi in perfetto ordine, ciascuno con
un foglietto che ne indicava il contenuto. L’uomo si chinò a terra per
osservare il secondo ripiano. Si fece luce con il candelabro che stringeva
nella mano destra e lesse mentalmente alcuni dei nomi.
“Pozione di Crescita, Pozione
di Crescita potenziata, Pozione di Rafforzamento muscolare, Pozione di
Indebolimento muscolare... No, non sono su questo ripiano!”
Neanche quello superiore si
rivelò quello giusto. Continuò a ispezionare l’armadio, finchè arrivò al
penultimo ripiano.
“Ecco! Sono queste!” Con
un’espressione di giubilio sul volto appoggiò il candelabro a terra e si aprì
la giacca. Poi allungò entrambe le mani e prese una boccetta contenente un
liquido cremisi dal ripiano. La pose con estrema delicatezza dentro una piccola
sacca che teneva appesa al collo tramite una cordicella sotto la giacca
all’altezza del petto. Tolse dal ripiano altre tre boccette e le mise insieme
alla prima.
“Meglio prendere anche
questa... Non credo che mi serva, ma è meglio essere prudente.” Afferrò un’altra
boccetta sottile dove si agitava un liquido nero e se la cacciò in una tasca
della giacca. “Ora posso andare.”
Fece per richiudere le ante,
ma si fermò. Aveva sentito un rumore alle sue spalle. Voltò piano la testa e
vide a poca distanza da lui un ragazzo al massimo di diciotto anni con i
capelli cortissimi avvolto in una tunica marrone. Era chiaramente un mago, sia
per l’abbigliamento sia perchè stava mormorando qualcosa in una strana lingua
muovendo lentamente le mani. Proprio nell’attimo in cui puntò il palmo destro
contro di lui, l’uomo si abbassò di scatto. Mentre l’armadio dietro di lui
veniva colpito da una magia che mandava in frantumi molte boccette, lui si
tuffò in avanti, afferrò il mago per le ginocchia e lo scaraventò a terra.
Prima che il ragazzo potesse tentare con un’altra fattura, l’uomo estrasse il
pugnale con la mano destra e glielo piantò in petto. Con un lieve gemito il
mago spirò. Lui estrasse il coltello insanguinato e lo rimise nel fodero.
Era stato scoperto, aveva
davvero poco tempo per darsela a gambe. Ringraziando mentalmente la sua
previdenza, prese la boccetta dalla tasca nella giacca e ne bevve il contenuto
tutta d’un fiato. Poi la gettò a terra con una smorfia di disgusto per il
saporaccio che aveva la pozione e sentì odore di bruciato. Guardò dietro di sè
e vide che il candelabro era caduto incendiando il tappeto.
“Magnifico! Ci mancava solo
questo... Almeno questi maledetti maghi avranno qualcos’altro a cui pensare!”
Corse fuori dalla stanza e si
ritrovò nel corridoio. Alla sua sinistra dei maghi si stavano avvicinando
rapidamente gridando che c’era un ladro nell’Ala Ovest. Allora lui andò verso
destra, ma, arrivato quasi alla fine del corridoio, sentì provenire anche da
quella parte rumori di passi affrettati e di urla di allarme. Corse di nuovo
indietro fino ad arrivare al centro del corridoio. Da entrambi i lati
arrivavano maghi e soldati. Alcuni provenienti da sinistra si fermarono a
spegnere l’incendio nella stanza delle pozioni, ma la maggior parte si
diressero verso il centro del corridoio per chiudere ogni via di fuga.
Contemporaneamente si accesero tutti i bracieri del corridoio, consentendo a
tutti di vedere il ladro.
Lui era perfettamente calmo.
Un acuto dolore lo colpì nella schiena, appena sotto le scapole. Una sorriso di
trionfo si segnò sul suo volto, malgrado la sofferenza.
-Fermo! Sei circondato!-
gridò un mago dalla tunica rossa mentre lui e gli altri si preparavano a
lanciare un incantesimo per fermarlo.
-Davvero? Non credo!- rispose
beffardo. Poi prese la rincorsa e si scagliò contro la vetrata, mandandola in
frantumi e precipitando fuori.
Tutti furono colti alla
sprovvista da quel gesto. Erano al quarto piano e ciò significava un salto di
almeno trenta metri. Nessuno si sarebbe aspettato che facesse una simile
pazzia.
-Adesso raccoglieremo solo i
cocci di quello che ha rubato! Bah, non importa.- disse il mago che aveva
parlato prima -Voi, andate al piano terra e prendete ciò che ne è rimasto.
Portatelo dentro, voglio cercare di capire chi era e chi può averlo mandato.-
Un gruppo di maghi si allontanò in direzione delle scale. -Voialtri invece
andate nella stanza delle pozioni e guardate cosa manca e...-
-Maestro Fertor, presto
venite a vedere! Non è morto!- gridò un mago che guardava oltre lo squarcio nella
vetrata. A quelle parole molti altri gli si fecero intorno per vedere.
-In nome di Jasdala, Gannon,
cosa stai farneticando? Come può non essere morto dopo essersi sfracellato a
terra dal quarto piano?- urlò Fertor facendosi largo tra la folla per ottenere
una buona visuale.
-Perchè non si è mai
sfracellato, Maestro.- disse Gannon con un filo di voce indicando un punto nel
cielo. Il Maestro riuscì ad arrivare davanti alla vetrata e guardò dove
indicava l’allievo. Alla debole luce della luna calante fu in grado di vedere
qualcosa che assomigliava ad un enorme uccello. Però poi si accorse che era
troppo grande e che non aveva solo due ali nere, ma anche due braccia e due
gambe. In un istante comprese l’astuzia del ladro.
-Maledizione! Ha bevuto il
secondo tipo della Pozione del Volo! Presto! Salite sugli spalti e dite a tutti
di cercare di abbatterlo! Muovetevi! Non fatelo fuggire!- sbraitò furibondo. I
maghi e i soldati corsero in direzione delle scale per salire sulla cima delle
mura. Fertor però sapeva che non sarebbero mai arrivati in tempo. Il ladro era
già troppo lontano per qualunque colpo magico o di freccia.
Sopraffatto dalla rabbia per
il senso di frustrazione che sentiva puntò entrambe le mani contro la figura
volante e gridò:-Weston Axos!- Un fulmine partì dalla punta delle sue dita e
illuminò la notte, ma non andò neppure vicino all’uomo alato, che si
allontanava velocemente in direzione delle Montagne Verdi.
Era una sensazione
bellissima. Il mondo sotto di lui sembrava tanto piccolo, mentre la luna e le
nuvole erano così vicine. Nonostante il suo pragmatismo, l’uomo si sentiva
incredibilmente felice. Si era anche sciolto i capelli con le mani libere, per
poter sentire il vento che li scompigliava. Volare era qualcosa di fantastico.
Certo, all’inizio aveva fatto
un po’ male. Aveva sentito come se dentro di sè si formasse qualcosa di
estraneo che desiderava uscire e premeva. Poi le grandi ali di penne nere gli
erano spuntate sulla schiena proprio mentre precipitava e gli avevano
squarciato la pelle, oltre che la giacca. Erano lunghe almeno due metri
ciascuna per potere sorreggere bene il suo peso. Aveva perso sangue, ma non
aveva sentito il dolore, dato che le due ferite si erano rimarginate quasi
subito e soprattuto perchè era inebriato dal potere che sapeva di possedere.
Come se avessero sempre fatto parte del suo corpo, le ali avevano cominciato a
muoversi su e giù fermando la caduta e portandolo sempre più in alto.
Aveva gioito sentendo le urla
dei maghi e si era beffato dei loro incantesimi e delle loro armi, di gittata
troppo corta per raggiungerlo. Volava sbattendo leggermente le ali, sfruttando
soprattutto le correnti del vento, che sapeva trovare facilmente, neanche fosse
un uccello. Era un altro effetto della pozione, ovviamente.
Scacciò dalla mente i
pensieri riguardanti la bellezza del volo. Che cose stupide! Quasi si
rimproverò di essersi lasciato prendere dall’ebbrezza di quella nuova
sensazione.
“Ho completato la mia missione.”
Con una mano toccò la piccola sacca appesa al collo. “Ora devo solo trovare
Jidak e otterrò la mia ricompensa.”
Dopo quasi un’ora di volo
arrivò alle Montagne Verdi. Le cime dei monti erano verdi e prive di neve sia
perchè erano molto basse sia perchè era estate. L’uomo cominciò a planare
dolcemente, aguzzando la vista nel tentativo di scorgere la presenza di Jidak.
Finalmente vide una forte
luce gialla e scese nel piccolo anfratto roccioso da cui proveniva. Quando
toccò terra, fece alcuni passi in direzione di un uomo vicino a un fuoco, poi
si fermò.
Un lancinate dolore gli
attraversò la schiena. L’uomo ne fu quasi sbattuto a terra. Agitò
disperatamente braccia e ali, ma era tutto inutile. Si sentì un rumore secco,
come di un osso che si spezza, e le ali si staccarono dalla schiena dell’uomo
cadendo a terra. Lui finì bocconi e sentì il sangue sgorgare dalle due ferite.
Poi udì delle parole in una lingua che non comprendeva. Alzò gli occhi e vide
un ragazzo dai capelli biondi tagliati molto corti avvolto in una tunica grigia
che muoveva le mani mormorando una lenta nenia. Quando finì, le ferite sulla
schiena dell’uomo si erano completamente rimarginate.
-Grazie per l’aiuto, Jidak.-
disse rialzandosi.
-Di nulla, Dralos, non è
stato difficile.- rispose Jidak e un sorriso compiaciuto comparve sul suo viso
pallido e magro. Dralos si voltò un attimo a guardare quelle che erano state le
sue ali. Adesso si erano tutte rattrappite e molto penne giacevano intorno
sparse.
-Peccato che la pozione non
duri per sempre. Un vero peccato, già.- disse il giovane mago. Dralos lo guardò
fisso nei suoi occhi azzurri senza rispondere. A volte pensava che riuscisse a
leggergli nel pensiero. E questa eventualità non gli piaceva affatto.
-Hai avuto dei problemi,
vedo.- continuò Jidak mentre si avvicinavano al fuoco indicando la mano destra
di Dralos, sporca di sangue fino al polso.
-Uno dei maghi della Gilda ha
cercato di fermarmi da solo.- spiegò brevemente l’uomo dai capelli rossi.
-Bene! Presto lo seguiranno
anche gli altri suoi fratelli traditori! Quindi ti hanno scoperto e sei dovuto
fuggire con la Pozione del Volo, giusto?-
Dralos annuì.
-Hai preso le pozioni?-
-Certo, eccole qui.- Dralos
si sfilò la piccola borsa dal collo e la diede a Jidak, che la aprì e ne guardò
il contenuto.
-Sì, benissimo! Le boccette
non si sono neanche scheggiate, dentro questa sacca incantata.
L’Eccellentissimo Saggio fra i Saggi ne sarà molto felice.- Jidak frugò dentro
la tunica, tirò fuori un sacchetto e lo lanciò a Dralos. -Ecco la tua ricompensa,
mille Fobian d’oro. Contali pure.-
-Non ce n’è bisogno, voi
maghi della Confraternita siete gente seria.- disse l’uomo mettendosi il
sacchetto in una tasca della giacca. Jidak sorrise e si mise la sacca al collo,
nascondendola sotto la tunica.
-Sarà meglio andare, non
credo che ti abbiano seguito, ma non si sa mai.- Con un gesto spense il fuoco.
Poi afferrò Dralos per un braccio e mormorò alcune parole. Il paesaggio intorno
ai due divenne sfuocato e cominciò a cambiare. Le montagne divennero colline,
poi pianure. Infine si ritrovarono in una via di una città. Era buia e
silenziosa. Le porte e le finestre delle case erano tutte chiuse e non si
vedeva anima viva.
-Eccoci a casa.- disse Jidak
lasciando il braccio di Dralos. Il mago alzò gli occhi sopra di sè per ammirare un’immensa torre
color bianco avorio che sovrastava la città. “E presto sovrasterà il mondo
intero!”
-Io ora vado a spassarmela.
Vieni con me, Jidak?- chiese Dralos al mago, che si riscosse dai suoi pensieri.
-No, grazie. Anch’io devo
porgerti un invito, comunque.-
-E dove?-
-Tra una settimana si terrà
l’assemblea generale della Confraternita della Conoscenza. L’Eccellentissimo
Saggio fra i Saggi vuole che tu venga.-
-Quale onore! Perchè mai
dovrebbe rivolgere un simile invito a un comune mortale?-
-Desidera conoscere la nostra
abile spia e ringraziarti personalmente per i tuoi servigi resi alla nostra
patria e al nostro re.- disse Jidak e aggiunse -E poi ci sarebbe un’importante
missione segreta da affidarti. È una faccenda molto delicata. Perciò
l’Eccellentissimo Saggio fra i Saggi vuole sentire il parere dei Maestri e
degli Eccelsi riguardo quale dei nostri agenti sia meglio usare e il mio
Maestro ed io siamo sicuri che tu sia il migliore.-
Dralos ci pensò un attimo.
Questa era l’occasione per diventare ricco e potente. Però non si fidava
affatto dei maghi e del loro agire nascosto. Ma certamente neanche loro si
fidavano completamente di lui. Nemmeno Jidak gli avrebbe dato le spalle se
avesse anche lontanamente sospettato che lui avrebbe potuto ottenere un qualche
guadagno dalla sua morte.
-Verrò volentieri e spero di
essere scelto per l’incarico.- rispose infine.
-Anche il Maestro Saedor e io
lo speriamo.- disse il giovane mago e fece per allontanarsi in direzione della
torre.
-Toglimi una curiosità,-
cominciò Dralos fermando Jidak -perchè non vuoi venire con me a divertirti con
qualche bella donna? Voi maghi disprezzate tanto i piaceri del corpo? Oppure è
perchè hai paura dell’editto reale o del divieto degli dei?-
Jidak rise. -Ho paura solo
degli dei che esistono. L’Eccellentissimo Saggio fra i Saggi ci ha sconsigliato
di distogliere la concetrazione dalla ricerca della conoscenza totale. Credo
che sia più giusto dire che seguo il suo consiglio, piuttosto che pensare che
io tema il divieto di un’autorità nulla o di divinità inesistenti.-
Anche Dralos rise e i due si
allontanarono in direzioni opposte.
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