Fanfic su artisti musicali > Michael Jackson
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Autore: Mrs_Snape    03/07/2014    1 recensioni
Una ragazza con un dono, un dono speciale, che le permette di vedere ciò che gli altri non vedono.
E se questo dono le consentisse di vedere il suo unico amore, Michael Jackson? Colui che "Era come un raggio di sole, che portava colore e vita nella mia grigia e monotona esistenza fatta di pillole colorate, per curare la mia presunta schizofrenia, e dottori dal viso sorridente."
Genere: Fantasy, Fluff, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Jackson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le settimane scivolarono via come olio, diventando mesi. Eravamo quasi ad ottobre e mi ero ormai convinta che era stato tutto un sogno. Avevo iniziato a frequentarmi con un ragazzo. Si chiamava Qemuel; ci eravamo conosciuti nella biblioteca e da allora ci vedevamo quasi tutti i giorni. Non sapevo come definire il nostro rapporto.. Tecnicamente eravamo amici ma sapevo, così come lo sapeva lui, che iniziavamo a provare qualcosa di diverso l’uno per l’altro.. Qualcosa che andava ben oltre la semplice amicizia. Quel giorno dovevamo vederci in biblioteca, era ormai diventata il nostro punto di incontro abituale. Mi aspettava seduto al “nostro” tavolino. Era vicino ad una finestra, tra il reparto fantasy e i romanzi rosa. I lunghi capelli biondo platino legati in una coda di cavallo, indossava una t-shirt nera che faceva risaltare ancora di più il suo colorito bianco, quasi etereo. Ma la cosa più strabiliante del suo aspetto erano gli occhi: non avevo mai visto occhi così… Erano come lapislazzuli, blu intenso con venature dorate.
Appena mi sentì arrivare alzò gli occhi verso di me e mi sorrise – Helena – disse con dolcezza. Amavamo passare i pomeriggi lì. Stare con lui mi faceva stare bene; ogni preoccupazione, brutto pensiero o timore svaniva. Parlavamo di tutto e di niente, mi raccontava della sua vita e di suo padre. Era un uomo veramente crudele; una sera litigarono e lui picchiò Qemuel e i fratelli, per poi cacciarli di casa. A volte parlavamo di cose banali, come film o musica. A volte restavamo semplicemente in silenzio a leggere, seduti per terra in un angolo dimenticato da tutti della New York Public Library. Quel pomeriggio non fu diverso. Prendemmo due libri a caso, come facevamo sempre. Con gli occhi chiusi facevamo scorrere le dita lungo i dorsi dei libri, pensando di sentirli sussurrare le loro storie.
In un libro del mio scrittore preferito, Carlos Zafon, avevo letto che “Ogni libro, ogni volume che vedi possiede un'anima, l'anima di chi l'ha scritto e di coloro che l'hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie ad esso. Ogni volta che un libro cambia proprietario, ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza.” Ci piaceva pensare che leggendoli, o anche solo sfogliandoli, le loro anime diventassero più forti grazie a noi. Presi uno libro dall’aspetto antico da uno scaffale, che scoprì essere quello dei testi religiosi e, sotto lo sguardo divertito di Qemuel, che invece aveva preso un libro di favole, mi sedetti per terra a leggere. Lui si mise vicino a me, e non so come, dopo un po’ mi ritrovai appoggiata a lui. Mi faceva sentire al sicuro, anche solo essere poggiata a lui. Era come se, ovunque fossi, bastava sfiorarlo per sentirmi a casa. Iniziai la lettura avvolta dal suo dolce odore… Odorava di mare, di gioia, di serenità… Sembra strano, ma era questo ciò che mi trasmetteva il suo odore. Non so come, ma ad un certo punto mi addormentai. Mi risvegliai ore dopo, appoggiata sulle ginocchia di Qemuel, quando ormai erano le sette e la biblioteca stava per chiudere. Lo guardai ancora assonnata e lui mi restituì un occhiata divertita.
- So che mi stavi sognando – disse lui malizioso – Spiega la bava.-
Appena capii dove mi trovassi, mi alzai imbarazzata e presi il libro.
– Non l’ho finito… Non l’ho nemmeno iniziato. – gli dissi arrabbiata con me stessa.Lui ridacchiò.
– Vorrà dire che dovrai fare i compiti a casa. - disse mentre posava il suo.
Per un istante sembrò sul punto di prendermi per mano, sentii le sue dita cercare le mie ma poi sembrò ripensarci. Segnai il libro sul registro e lo infilai nella borsa.
- Andiamo a prendere qualcosa al bar? – mi disse con un sorriso.
- Volentieri – risposi – ho proprio bisogno di un caffè.-
Prendemmo dei caffè da portare e delle ciambelle al cioccolato e poi andammo a sederci al parco. Parlammo di tante cose e quando tornai a casa ormai erano le 2 di notte passate. Andai nel bagno, accesi la doccia e lentamente mi spogliai. Prima di entrare nella doccia aspettai che si formasse una nube di vapore nel bagno, che appannò i vetri e gli specchi. Mi infilai sotto il getto dell’acqua calda, ripensando a quel pomeriggio con Qemuel… Non avevamo fatto niente di eccezionale eppure io mi sentivo.. Felice. È così che lui mi faceva sentire ed era una cosa nuova per me. Dopo un po’ chiusi il getto dell’acqua, mi avvolsi in un asciugamano e con i capelli ancora gocciolanti mi infilai sotto le coperte. Ma mi sentivo osservata, sapevo di non essere sola. E poi la sentii, quella ventata di profumo, del SUO profumo… Quella ventata di Black Orchid.
  
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