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Autore: Valvonauta_    07/07/2014    0 recensioni
Il Dottor John Watson è a pochi giorni dal suo matrimonio che lo legherà per sempre a Mary Morstan ma Sherlock, con la sua presenza, inconsapevolmente, insinuerà dei dubbi nella mente dell'amico, che, dopo due anni di assenza, inizierà a vederlo in un modo diverso e del tutto inaspettato...
Dal 1° capitolo:
«Watson osservò la figura slanciata e longilinea del suo compagno di avventura. Ancora non riusciva a credere che fosse vivo. A volte osservandolo accanto a sé, mentre lui era distratto e neanche lo considerava, gli pizzicavano stranamente gli occhi, in una maniera del tutto inedita, quasi si commuovesse della sua vicinanza.
Rivederlo di nuovo li, aveva dovuto ammettere, su quella poltroncina consumata dell’appartamento, certe volte gli dava euforia, gli veniva voglia di mettersi ad urlare dalla gioia ed abbracciarlo.
Focalizzò la sua attenzione al viso dell’uomo e notò quanto fosse… bello. Si, era bello.»
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes, Sig.ra Hudson
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Una scelta difficile
Capitolo 7 - E' quella definitiva, l'accendiamo?



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A differenza di come lui aveva immaginato la serata, si ritrovò in cucina ad osservare Mary affaccendarsi tra i fornelli, tra i vapori rilassanti delle pentole. E pensò a quanto fosse affascinante poter guardare il volto leggermente accaldato di lei, mentre era presa dalle sue occupazioni casalinghe.
Lei, mentre tagliava zucchine, mondava cipolle, e maneggiava mestoli, parlava animatamente: “John, ho preso per te le ferie, e ti ho fatto sostituire dal dottor Smith, ma tra due giorni dovrai tornare allo studio altrimenti sai come reagiranno i vertici della clinica.” Un attimo di esitazione.  “Non volevo dirti niente, fino all’ultimo… ma dato che sei qua…” e la sua voce si spense e alzò lo sguardo su di lui, con evidente senso di colpa dipinto sul viso.
Licenziandomi, pensò tra sé esplicando il sottinteso con l’amaro in bocca.
Riabbassato lo sguardo, la donna prese a parlare con più calma, ma con difficoltà, quasi ogni parola le costasse una fitta alle costole: “Io sono riuscita a coprirti per una settimana, ma credimi di più…”
Possibile che sia così legata a me da sentirsi responsabile per non riuscire a permettermi di non andare a lavoro? Possibile che sia così… unica, così diversa da lui?
“Non ti preoccupare. Da domani torno a lavoro.”
La vide alzare la testa dal tagliere, coltello sollevato a mezz’aria, sorpresa come lo era stata tante volte quella serata, e rivolgergli infine un sorriso timido.
“Davvero?” chiese, ancora troppo incredula.
“Si, Mary, basta stare dietro agli psicopatici” e osservò lo sguardo di lei intristirsi, immagine speculare del proprio, con infinita certezza.
Un silenzio imbarazzato aleggiò tra loro.
Sherlock aveva questa capacità di rovinare i momenti belli, anche solo accennandovi, senza bisogno di nominarlo; strinse i pugni sul tavolo a quel pensiero.
Poi un odore pungente: “Cos'è questa puzza?”
E la vide sgranare gli occhi e urlare: “Oddio, il pollo! Il pollo!”
La vide abbandonare il coltello sul tagliere e correre verso il forno e una vampata nera ne uscì prepotentemente una volta che lo ebbe aperto frettolosamente.
La vide agitare la presina che teneva in mano per proteggersi.
Lui quasi corse verso di lei e accucciandolesi accanto cercò di scovare il pollo, che, poretto, era completamente, irrimediabilmente bruciato.
La vide agitare le mani e il volto di lei contorcersi in un espressione di esasperazione: “Sono un disastro! Un totale disastro! Oh, John, perdonami. Volevo fare… una cena romantica e tutto quello che sono riuscita a fare è far bruciare il pollo.”
Lui non poté che sorriderle, cercando di reprimere la voglia di ridere: “Beh, abbiamo ancora il soffritto di zucchine.”
“John, come fai a trovare la battuta in certi momenti?” e la vide mentre per poco si metteva a piangere.
“Sai che ti dico? Hai fatto bene ad avere dei dubbi sullo sposarmi. In fondo non sono fatta per essere una moglie, mannaggia.”
Il dolore che provò a quella dichiarazione fu inaspettatamente forte.“Hai fatto bene ad avere dei dubbi sullo sposarmi.”
Prova inconfutabile del male che le aveva procurato con la propria fuga.
“Non dire così” rispose semplicemente.
“E’ la verità, John. E non so che accidenti ti abbia fatto tornare indietro, da me.”
Si guardarono e capì dagli occhi di lei che lo sapeva perfettamente, ma il solito tatto di lei le aveva impedito di palesare una verità tanto sconcertante.
Diede vita ai propri pensieri: “Sei così dolce, Mary, così… così carina…”
Poi un soffriggere troppo sfrigolante attirò la sua attenzione questa volta. E John vide le zucchine oltre la spalla di Mary.
“Cosa stai guard…”
Si girò di scatto e anche lei vide il disastro, il secondo.
“No, no, no, no! Non è possibile!” urlò nuovamente.
Con una falcata fu dal fornello, e il fuoco in un attimo fu spento, ma un’altra impresa fu compiuta quella sera.
Prese il cucchiaio, guardò un attimo la padella crucciata, poi smosse le rondelle, ma era una cosa carbonizzata ed indefinibile, e anche quello era un processo irreversibile.
“Come sono venute le zucchine carbonizzate?” chiese John per sdrammatizzare, in uno dei suo blandi tentativi di risultare simpatico. Quello che gli mancava era l’intonazione, la maggior parte delle volte: si vedeva che non era sincero.
Lei sbuffò e lanciò il cucchiaio sul piano di cottura a casaccio, e la vide battere un piede a terra.
“Tesoro, non te la prendere a questa maniera” le raccomandò.
Si avvicinò a lei da dietro. Con due passi fu alle sue spalle; poté sentire il suo odore, un po’ troppo pungente per i suoi gusti, così diverso da quello di...
Fu un pensiero di un attimo che scomparve come fu arrivato.
Ora ho lei davanti, e il resto non importa, non deve importare, si dice.
Esitò un attimo, guardandole la linea delle spalle.
Era da tanto che non la abbracciava da dietro, che non le regalava il proprio calore… era passata una settimana, ma sembrano anni.
Le cinge i fianchi, dolcemente, con una lentezza esagerata, facendoglielo capire, dandole il modo di scappare, di evitare quel contatto in caso le fosse risultato indesiderato, ma per la gioia di John ciò non avvenne. Si lasciò abbracciare, e la sentì sciogliersi sotto il suo contatto.
Lei non era mai stata brava in cucina, ma allo stesso tempo mai sbadata.
Ma ci voleva poco per capire il perché: c’erano troppe cose da dire, troppi interrogativi in sospeso che aleggiavano per quei locali, tra di loro, c’era bisogno di parlare, di capire, di recuperare il tempo perso.
Insomma, il mangiare era l’ultimo dei pensieri.
E ora che lo avevano realizzato, non restava che focalizzarsi su di loro… forse a stomaco vuoto sarebbe riuscito ancora più facile.
 
 
9 giorni prima del matrimonio…
 
“John!”
La vide uscire dal bagno, sorridente, fasciata nell’asciugamano striminzito che le copriva a malapena le ‘zone rosse’, come le chiamava lui.
Aveva la pelle ancora imperlata di gocce d’acqua.
“Si?” disse, alzando gli occhi dal giornale.
“Allora, ti và di andare a ritirare l’abito?” chiese.
Si, già, l’abito da sposo.
Hanno fatto l’amore ieri notte, hanno parlato forsennatamente prima di darsi i sessi, come non facevano più da quando Sherlock era… una piccola fitta allo stomaco.
“Certo, amore” si affrettò a rispondere.
E’ inutile ripensare, rimuginare, rimischiare… la decisione è stata presa. E ho scelto lei.
Ho scelto la sua dolcezza, la sua tenerezza, il suo affetto incondizionato, ho scelto la sua voglia di vivere.
Mary è una donna stupenda, di una intelligenza sopra la media, perspicace, dolce, premurosa.
Perché non scegliere di amarla, perché non prometterle amore eterno, perché non passare la vita con lei, perché non abbandonarsi alla tranquillità di un matrimonio ordinario?
Ha tutto ciò che si cerca in una donna: sincerità, discrezione, schiettezza, allegria, perspicacia e tanto altro.
Lei stamane è spensierata, quasi che i demoni che la tormentavano la sera prima, i dubbi, che aveva così tanto covato – legittimi tra l’altro – e a cui aveva dato chiaramente voce, fossero svaniti con la notte, tra le pieghe del loro letto matrimoniale, mentre i loro sessi si scontravano, in modo placido e ritmico.
“Bene. Le bomboniere le avevamo già ordinate, e anche il catering e la location. Ormai è da tre mesi.” Gli saltò addosso, l’euforia in persona. “Meno male che non ho avvisato per disdire! Altrimenti sai che paciugo.”
“Già” si limitò a rispondere prima che lei lo baciasse.
“Tesoro, sbrigati, che tra mezz’ora dobbiamo essere in clinica” gli ricordò.
“Accidenti!” fece lui guardando la sveglia alla sua sinistra e saltò giù dal letto, rinchiudendosi velocemente in bagno.
Sentì l’aria vaporosa entrargli nei polmoni, e non fu una sensazione piacevole. Perché non c’erano di finestre in quel luogo asfissiante?
Respirò forte e aprì il getto d’acqua.
Si spogliò e vi si buttò velocemente sotto.
Poi d'improvviso, a disturbarlo la voce attutita di Mary dalla porta chiusa e dal getto d’acqua, quasi venisse da una dimensione parallela.
Chiuse il rubinetto: “Hai detto qualcosa?”
“John, Sherlock ti sta chiamando, che faccio?”
Sentì la voce di lei titubante, in difficoltà, perché sapeva che lo stava mettendo lui in difficoltà e non poteva fare a meno di sentirsi in colpa anche per quella comunicazione di servizio, che non poteva evitare di comunicargli con quel tono per il suo carattere così gentile ed attento al suo futuro marito.
Si sentì per un attimo mancare, al nome di lui.
Ho preso una decisione, pensò. Non posso tornare indietro.
“Rifiuta!” urlò, con la massima convinzione che poté tirare fuori dal tono di voce. Mary non rispose, ma - come al solito – fu sicuro che avesse sentito, e che avrebbe fatto quanto diceva.
Riaprì il rubinetto, questa volta al massimo, settandolo solo sull’acqua bollente.
Si rigettò sotto l'acqua, furioso. Sentì pizzicare dolosamente la carne, ma non si spostò, restò lì sotto quel getto fumante.
Cosa vuole da me, quel pazzo? Ho chiuso con lui, me lo sono ripromesso. Basta. Per me è morto e sepolto. Voleva che lo credessi morto? Beh, ora lo sto facendo. Sarà contento ora. E’ lui che mi ha cacciato, è lui che mi ha respinto.
Era così fuori di sé che - non seppe né perché né per come - prese il membro in mano ed iniziò a dimenarlo forte, quasi volesse staccarselo.
In poco tempo, con le lacrime agli occhi, venne.
Finalmente l’orgasmo che ieri sera non era riuscito a raggiungere arrivò prepotentemente, come una benedizione, a liberarlo – temporaneamente – dalle proprie angosce.


Salve, lettori affezionati. Scusate ancora una volta per il ritardo con cui mi presento sempre. Sono imperdonabile. Ma sono fatta così: giornate in cui guardo la tastiera del pc con desolazione e poi arriva la nottata in cui sono talmente ispirata che mi alzo apposta per scrivere. E questo capitolo è proprio nato così, in questo modo un po' rocambolesco, ma devo dire di esserne pienamente soddisfatta.
Comunque sia, ho voluto dare una piega particolare al nostro John, mostrandolo nelle sue debolezze - anche quelle più intime -, introducendo per la prima volta elementi legati alla sessualità esplicita (se così si possono definire). Soft porn is the way.
Mi piace questo John "smanecchiatore", sapete? ;D
Scherzi a parte, mi rendo perfettamente conto che questa scena, come già altre, rendono il mio John ben diverso dall'immagine data dal telefilm.
Che ne pensate voi?
Sono sinceramente curiosa di sentire il vostro parere in merito (soprattutto se negativo!).
In attesa di vostri feedback,
ringrazio tutti coloro che seguono/ricordano/mettono tra i preferiti questa ff o anche coloro che hanno fatto lo sforzo titanico di arrivare a leggere fino a questo capitolo,
siete stupendi, grazie,
Valvo
   
 
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