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Autore: fourty_seven    03/08/2014    1 recensioni
Se vi state chiedendo chi io sia... beh lasciate perdere non ne vale la pena. Tuttavia per coloro che sono ugualmente interessati posso dire che sono un ragazzo con dei "problemi".
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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“Almeno sai guidare?” chiede ad un certo punto Jason.
“Chi è che ti ha scarrozzato per la città in questi giorni?”.
“Sai cosa voglio dire”.
“Sì, volevo solo sdrammatizzare! Comunque non sono un pilota professionista, ma da ragazzo ho giocato ad un sacco di video game di auto!”.
Jason scuote la testa, “Ti reputavo una persona seria, ma a quanto pare mi sbagliavo”.
“Le apparenze ingannano”.
Arriviamo sotto casa sua, così scende e io riparto.
 
Il mattino dopo, per le dieci, sono nuovamente sotto casa di Jason.
“Facciamo così, se dovessi vincere la prima corsa, ti regalo l’auto” dico appena sale, “Così non sei completamente dipendente da me”.
“Grazie per l’offerta, però quella non è una macchina con cui si può girare per le strade. Comunque non sarò appiedato ancora per molto”.
 
Dopo una quarantina di minuti arriviamo da Vince che ci accoglie tutto sorridente.
“Eccovi qui! Non vedo l’ora di mostrartela!” esclama e senza lasciarci il tempo di parlare o fare altro, comincia a camminare verso l’ingresso dell’officina.
Noi lo seguiamo.
“Hai già ricevuto qualche richiesta?” domanda Jason.
“Oh sì! Stiamo già lavorando a tre macchine e domani me ne porteranno altre due. Faremo un sacco di soldi!” esclama entusiasta.
“Basta poco per renderlo felice” commento a bassa voce.
“Sì, un paio di milioni sono più che sufficienti” risponde Jason.
“Cosa? Così tanto?”, non pensavo si trattasse di cifre simili.
“Nel complesso sì. In generale ogni auto frutta qualche centinaio di dollari; è per questo che ti ho sconsigliato di partecipare”.
“Immagino che sia tardi per tornare in dietro”.
“A questo punto sì”.
Vince ci porta nel retro dell’officina e vedo quale sarà l’auto che dovrò guidare.
“Non è ancora finita, come puoi vedere, mancano solo pochi ritocchi estetici; quindi che ne pensi?”.
“È... fantastica”.
“Sapevo che ti sarebbe piaciuta; mi hai dato l’impressione di uno che sa apprezzare le belle auto” commenta Vince più entusiasta di me.
In realtà non è vero; le auto mi interessano relativamente, però evito di dirlo per non deluderlo. Comunque quest’auto è veramente, veramente bella.
“È una Ford Mustang; beh ad essere sinceri è un po’ vecchiotta, ma ti assicuro che non ha nulla da invidiare alla auto di oggi, soprattutto rispetto alle macchine che mi hanno portato fino ad adesso. Però non dovrei parlarti dei tuoi possibili rivali, è antisportivo” mi sorride e io ricambio, “Tuttavia posso parlarti di questa superba auto! Anzi devo parlarti di lei!” esclama felice.
Io lo lascio parlare, anche se non capisco una parola di tutto il discorso.
Dopo una ventina di minuti smette e si appoggia all’auto, dandole un’affettuosa pacca sul cofano.
“Sono sicuro che ti troverai benissimo con lei” conclude.
“Non ne ho dubbi”.
Contempla ancora per qualche istante la macchina, poi si sposta e mi guarda.
“Un’ultima cosa poi ti lascio andare” si incammina e lo seguo, “Se sei veramente intenzionato a partecipare c’è ancora una cosa che dobbiamo sapere, è un’idiozia, però...”.
“Sentiamo”.
“Ci servirebbe sapere come vuoi farti chiamare”.
“In che senso?”.
“Ecco, dobbiamo, anzi devono, non è compito mio, cominciare ad organizzare le corse e devono sapere chi partecipa”.
“Sì, ma che centra il nome?”.
“Alcuni hanno voluto a tutti i costi un soprannome; è una cosa abbastanza stupida, però alcuni lo hanno preteso. Quindi tu come vuoi farti chiamare?”.
Come voglio farmi chiamare? Se proprio devo avere un nome, ne voglio solo uno.
“Kid” rispondo.
“Sul serio?”, annuisco, “Okay, perfetto; è tutto allora”, ci saluta e si avvia.
Io e Jason usciamo dall’auto officina e andiamo alla macchina.
“Mi dovresti spiegare cos’ha detto Vince; non ho capito una sola parola del suo discorso, e magari potrebbero essere informazioni utili” dico dopo qualche minuto.
“Okay, ma tu mi devi spiegare il motivo di quel soprannome”.
“Sì, certo” rispondo sorridendo, “Anche se non lo considero semplicemente un soprannome”.
 
 
“Hey kid come here!” mi chiama Tom.
“Ancora con questa storia? Non è ora di finirla con questo soprannome?”.
“No; il nome lo devi guadagnare e finché ciò non accadrà continueremo a chiamarti con questo soprannome!” mi risponde Phil.
“È la prassi; sai quante ne ho dovute passare prima che mi chiamassero con il mio vero nome? E il mio soprannome non era molto peggio di kid, ritieniti fortunato!” aggiunge Will.
“Sarà, comunque non mi piace” ribatto mentre vado verso Tom..
 
 
“Kid era il soprannome che mi hanno dato appena arrivato; teoricamente con il tempo avrebbero dovuto smettere di chiamarmi così, ma non l’hanno fatto”, dopo un attimo di silenzio aggiungo: “È l’unica cosa che mi è rimasta”.
“Ho capito” commenta semplicemente Jason.
 
I giorni successivi sono relativamente tranquilli. Relativamente poiché con la storia delle corse vedo un po’ troppo spesso Lucas per i miei gusti, tuttavia il resto compensa questi momenti spiacevoli; merito soprattutto di Sarah, e anche di Jason.
Mi sembra strano, ma in loro compagnia sto bene, anche quando devo fare da autista da Jason.
In realtà ha comprata una nuova auto, solo che ne ha presa una usata, forse un po’ troppo usata; infatti lo ha lasciato a piedi il giorno dopo averla portata a casa.
Un’altra persona che apprezzo ogni giorno sempre di più è il prof di matematica, o meglio Mister T; non ho la minima idea da dove abbia tirato fuori questo nome, semplicemente una mattina è entrato in classe e ha fatto quest’annuncio, cioè che da quel giorno avremmo dovuto chiamarlo, ovviamente non di fronte ad estranei, Mister T. La mia idea sul fatto che non sia troppo sano di mente in quel momento ha trovato altre prove che potrebbero confermarla, ma siccome, come mi ha fatto notare gentilmente Sarah, sono io il primo a non essere normale, evito di fare commenti in proposito.
 
 
Ma, ovviamente, la tranquillità non poteva durare a lungo.
Circa tre minuti fa, Jason mi ha chiamato, questa sera ci sarà la prima corsa, a cui dovrò partecipare, purtroppo.
Davvero, non so che mi sia preso quel giorno. Perché mai avrò accettato a partecipare ad un’idiozia simile? Roba che finisce male e peggioro ancora di più la mia situazione. A volte sono veramente un’idiota.
Comunque ho accettato e ora ci devo andare.
 
Come sempre, ormai, passo prima a prendere Jason e poi andiamo al luogo dell’appuntamento.
“Non c’è la possibilità che polizia, FBI e altri enti simili vengano a sapere di quello che sta per succedere? Non mi sembra che Lucas sia stato molto discreto”.
“Probabile; comunque stai tranquillo, non c’è pericolo che ti arrestino”.
“Sarà”.
 
Il luogo dell’incontro si trova quasi fuori città, almeno hanno avuto l’intelligenza di non farci gareggiare in mezzo alle case, e siamo praticamente gli ultimi ad arrivare.
Sul posto troviamo Lucas e tutta la sua combriccola, oltre a molta altra gente mai vista; in più già allineate davanti a quella che penso sia la linea di partenza, vi sono le auto che gareggeranno questa sera e non riesco a non fermarmi per contemplare la mia.
L’ho già vista parecchie volte, Vince è abbastanza pignolo e ha voluto che guardassi e giudicassi ogni singolo dettaglio dell’auto, sia dal punto di vista meccanico che da quello estetico. Tuttavia ogni volta che la vedo non posso non rimanerne affascinato; so che è solo un’auto, un pezzo di lamiera con ruote, ma mi piace parecchio.
“Allora, sei pronto?” chiede Lucas che si è avvicinato a me e Jason.
“Penso di sì”.
“Perfetto, si può iniziare” quindi mi sorride e poi si va a posizionare vicino alle auto.
“Eccoci finalmente!” esclama al pubblico che risponde con grida di entusiasmo.
“Gli piace proprio essere al centro dei riflettori” commento a bassa voce per farmi sentire solo da Jason che ridacchia divertito.
Per qualche minuto intrattiene il pubblico, sempre più impaziente, poi finalmente arriva alle informazioni che mi interessano: il percorso è semplice, circa tre miglia, la partenza e l’arrivo si trovano nello stesso punto, cioè qui.
Non sarà poi così difficile.
Finisce di parlare e si allontana dalle auto, mentre chi deve gareggiare comincia ad andare verso di queste, quindi io mi dirigo verso la mia.
“Un consiglio: l’ultima curva è larga, anche se c’è poca visibilità non aver paura” mi sussurra Lucas mentre mi passa affianco.
Salgo in macchina, metto in moto e aspetto, poi ad un segnale partiamo.
 
Aveva ragione Vince, anche se quest’auto ha una ventina d’anni alle spalle, è eccezionale; tranne uno, ho distanziato tutti gli altri facilmente ritrovandomi secondo, non molto distante dal primo.
Però la prima delle quattro curve la prendo troppo piano e il distacco dal primo aumenta ancora di più.
Quando esco dalla curva e affondo completamente l’acceleratore per cercare di recuperare la distanza persa, mi accorgo che sto sorridendo.
Effettivamente è alquanto eccitante tutto ciò; non credevo, ma guidare a questa velocità, con il ruggito del motore nelle orecchie, i fanali come unica fonte di luce nel buio della notte è estremamente divertente ed esaltante.
 
Alla curva successiva la distanza fra me e il primo si dimezza; prima ancora di essere uscito dalla curva accelero, “Coraggio piccola, dai che lo prendiamo!” incito la mia macchina mentre concentro completamente l’attenzione sulle luci dei fanali posteriori dell’auto davanti a me.
La terza curva compare dopo neanche due minuti, questo era il rettilineo più corto e quella che sto per affrontare la curva più stretta.
Quello davanti a me di colpo e il distacco fra noi si annulla quasi del tutto; giusto per un secondo mi passa per la testa l’idea di non frenare e superarlo, ma il buon senso ha la meglio, la curva è veramente troppo stretta.
Freno e scalo fino in seconda, esco dalla curva e abbasso completamente il pedale dell’acceleratore, ma è inutile, a quanto pare la sua auto è più scattante di questa e mi distanzia facilmente.
Digrigno i denti mentre lo vedo allontanarsi sempre di più.
Continuo ad accelerare fino a sfiorare le centocinquanta miglia all’ora, Vince si è raccomandato di non spingerla oltre, ma la distanza fra me e lui non diminuisce.
Non voglio arrivare secondo; devo vincere, non per Lucas o per altro, ma per me. Voglio assolutamente vincere questa gara.
 
Improvvisamente ai lati della strada compaiono degli alberi, non ne sono completamente sicuro, ma penso si tratti di un bosco.
Apparentemente senza motivo il primo frena.
Immediatamente il distacco si riduce e mi ritrovo a meno di una decina di metri da lui e capisco il perché ha frenato: di fronte a noi c’è l’ultima curva. Tra il buio e gli alberi si vedono praticamente solo i primi metri di strada, poi questa sparisce dalla vista, quindi potrebbe esserci qualsiasi cosa e noi non possiamo saperlo.
Per istinto schiaccio anch’io il pedale del freno, ma ritiro il piede dopo qualche secondo.
Questa è la mia ultima occasione per sorpassarlo e penso di potermi fidare del consiglio di Lucas.
Così tolgo i piedi dai pedali, mi sposto nella corsia opposta e lascio andare la macchina.
Scopro che effettivamente la curva è larga, tuttavia sto andando veramente troppo veloce e l’ho troppo larga, e mi ritrovo a pochi centimetri dal ciglio.
Per qualche secondo non riesco a fere nulla se non guardare i tronchi degli alberi avvicinarsi sempre di più, poi mi riprendo e reagisco.
Sterzo ancora di più; le gomme stridono mentre cerco di stringere la curva e per qualche istante temo che le ruote posteriori stiano per sbandare; ma non succede e la curva finisce. E io accelero.
 
Oltrepasso il traguardo quasi senza accorgermene.
Freno lentamente senza essere veramente consapevole di ciò che sto facendo e mi fermo un centinaio di metri più avanti.
Mi fermo e rimango così, immobile, entrambe le mani sul volante, che lo stringono convulsamente, il cuore che batte violentemente nel petto, il respiro accelerato, gli occhi spalancati senza riuscire a vedere nulla.
Ci sono andato vicino, molto vicino. Un errore, uno sbaglio e sarei finito contro un albero a cento miglia allora e tutto questo... tutto questo è stato fantastico.
Veramente, veramente fantastico!
Riesco a fare una sola cosa: mi afferro la testa fra le mani e urlo, urlo inebriato da tutte le sensazioni che ho provato in questi pochi minuti.
Spalanco la portiera e mi lancio fuori ancora urlante, proprio nell’esatto istante in cui tutta la folla, che ha assistito alla corsa, mi raggiunge.
Immediatamente mi zittisco e per una frazione di secondo mi sento un completo idiota, poi anche tutte le persone che ho di fronte si mettono ad urlare entusiaste e io mi unisco a loro.
Mi ritrovo circondato da persone urlanti, che riempiono di pacche sulle spalle, grida nelle orecchie e altro, finché qualcuno non mi afferra per le spalle, mi fa voltare e mi bacia.
Per lo shock rimango immobile per qualche secondo; poi reagisco, scosto questa persona e mi ritrovo a pochi centimetri da una bellissima ragazza che mi sorride. Le sorrido a mia volta, poi le passo un braccio attorno alle spalle, l’attiro a me e la bacio nuovamente.
Purtroppo veniamo interrotti quasi subito.
“Va bene, va bene” sento dire da una voce, la voce di Lucas, che si è fatto largo fra la gente fino a me; riesce a far zittire le persone e, sempre con il suo fare teatrale, inizia a parlare.
“Ecco il nostro vincitore!” esclama, dalla folla arrivano altre ovazioni, “Ed ecco la sua vincita!” esclama ancora passandomi una mazzetta di banconote alquanto spessa.
“La parte dell’accordo?” chiedo a bassa voce.
“L’ho già presa” mi risponde sempre a bassa voce sorridendo.
“Però ho un problema, non mi posso presentare a casa con tutti questi soldi” continuo.
Mi sorride con una strana luce negli occhi: “Io avrei una soluzione”.
“Penso di saperla. Tieni” dico porgendogli i soldi.
“Oh, non li posso prendere qui davanti a tutti; per questo verrà il momento. Tuttavia ti posso consigliare di fare una cosa”.
“Sentiamo”, ma invece di rispondermi si volta verso gli altri, che per qualche motivo si sono disposti a cerchio a qualche passo di distanza da noi.
“Ho appena scoperto che ci aspetta un’incredibile festa per festeggiare questa vittoria!” esclama, al che la folla esplode in grida ancora più forti.
In realtà penso che l’evento più atteso di tutta la serata fosse questo.
Lucas si avvia e la folla lo segue allontanandosi da me.
“Non vai alla festa in tuo onore?”.
“Sì, certo”.
“Allora andiamo” seguo la ragazza fino alla macchina e saliamo.
“Comunque io sono Tamara” si presenta.
“Tamara. Sono molto lieto di fare la tua conoscenza” rispondo sorridendole, poi partiamo.
Seguo gli altri fino ad una villetta in mezzo al nulla, illuminata quasi a giorno, con un paio di piscine nel giardino; piscine in cui, per mia sorpresa, ci sta nuotando gente.
Lascio la macchina assieme alle altre che hanno corso questa sera, e per prima cosa decido di cercare Jason.
“Scusami un attimo, devo cercare un mio amico” dico a Tamara.
“Sì, certo; intanto prendo da bere”.
Si allontana e io mi inoltro tra la gente.
Teoricamente non dovrebbe essere difficile trovarlo, dal momento che è molto più alto della maggior parte dei presenti, ma non lo vedo da nessuna parte. Però incontro un’altra persona.
“Stavo cercando proprio te” esordisce Lucas appena ci incontriamo.
“Io no; comunque che c’è?”.
“Sei veramente sicuro di voler darmi tutti i soldi?” chiede, fingendosi sorpreso.
Che bisogno ha di fare tutta questa commedia, dovrebbe seriamente prendere in considerazione l’idea di dedicarsi al cinema.
“Ti ho già detto che non saprei che farmene. Mi interessa solo l’auto, il resto lo puoi tenere te”.
Mi sorride: “Ero sicuro che ti saresti rivelato un ottimo affare!”.
“Mi fa piacere non avere deluso le tue aspettative; comunque ora dovrei trovare Jason, lo hai visto?”.
“No, ma se è qui, è sicuramente dentro a parlare con mio padre” risponde indicando la villetta alle sue spalle.
“Okay”.
Quindi mi faccio strada fino a raggiungere l’abitazione, sperando che vi sia meno confusione che all’esterno, altrimenti sarà ancora più difficile trovare Jason.
Oltrepasso la soglia e mi trovo di fronte un muro di persone ancora più compatto di quello che c’è fuori.
Mi incuneo tra i presenti sgomitando per farmi spazio e raggiungo il tavolo delle bevande, dove non trovo Jason.
“Mi stavi cercando?” chiede sorridendo Tamara, contro cui sono appena andato a sbattere.
“In realtà no, però sinceramente non mi dispiace di averti trovata”.
Il fatto è che prima indossava una giacca di pelle, ora l’ha tolta e... beh non è una vista che lascia indifferenti.
“Quindi hai ancora intenzione di cercare il tuo amico oppure vieni con me?”.
“Dipende dalla meta”.
“Fidati di me” mi sussurra all’orecchio.
“Mi hai convinto”.
Sorride, poi mi prende per mano e mi trascina attraverso la casa fino a delle scale che saliamo.
“Eccoci qui” dice di fronte ad una porta che viene aperta rivelando una stanza da letto.
“Uhm, uhm. Penso di aver capito le tue intenzioni”.
In risposta mi spinge dentro e si butta addosso a me baciandomi.
Arretro fino al letto, su cui cado spinto da lei; dopodiché si sdraia sopra di me e mi bacia ancora.
Si allontana di poco e mi sorride divertita: “ Noto che anche qualcun altro è felice di avermi incontrata”.
“Mi hai beccato” rispondo, un pochino imbarazzato.
“Da quanto non lo fai?” chiede improvvisamente seria.
Rimango un po’ spiazzato dalla domanda e rispondo titubante: “In tutta sincerità non ricordo”.
Si solleva e si mette seduta cavalcioni su di me. “Allora dobbiamo rimediare il prima possibile” dice mentre si sfila la maglietta.
“Uhm, concordo” rispondo.
 
 
 
Vengo svegliato da un rumore martellante.
Riapro gli occhi e scopro di essere in camera mia, al che sorge spontanea una domanda: come diavolo ci sono arrivato?
Mi metto seduto stropicciandomi gli occhi, mentre comincio a sentire i primi sintomi di un’emicrania che sicuramente si rivelerà essere terrificante.
Mi guardo attorno leggermente spaesato; di ieri sera non ho molti ricordi, prevalentemente riguardano la prima parte della serata e devo dire che sono ricordi alquanto piacevoli, ma per il resto è buio completo.
Mi metto in piedi a fatica.
Non sono più quello di una volta, e pensare che ai miei tempi d’oro riuscivo a sopportare di peggio.
Barcollante arrivo fino alla porta della camera e la apro.
Faccio qualche passo e sbatto contro mia madre.
“Oh, buon giorno!” esclama vedendomi.
“Giorno”.
“La prossima volta che decidi di fare così tanto tardi, avvisa prima”.
Penso che l’abitudine di fare baldoria alla sera sia l’unica cosa della vecchia vita di cui non sentono la mancanza.
“Per fortuna che c’è quel tuo amico” aggiunge.
“Jason?”.
“Sì, ti ha riportato a casa in macchina lui ieri, anzi questa mattina”.
Almeno ho scoperto chi mi ha riportato a casa.
“Per che ora sono tornato?”.
“Verso le cinque di mattina”.
“Scusa, non era previsto ciò; mi sono lasciato prendere la mano”.
“Fa niente. Se ti interessa ti abbiamo lasciato qualcosa da mangiare nel forno”.
“Okay, ma prima mi devo fare una doccia e cercare di rimettermi in sesto”.
Ritorno in camera e poso gli occhi sul telefono; scopro che ho ricevuto due messaggi, uno è di Sarah, l’altro proviene da un numero sconosciuto; ignoro quello di Sarah e apro l’altro.
È di Tamara; sorridendo le rispondo, dopodiché vado a farmi una doccia.
  
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