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Autore: suni    18/10/2008    7 recensioni
“Cosa…ci fai qui, Sas’ke?” balbetta, incredulo.
L’altro si imbroncia lievemente, bizzoso.
“Sono tornato da Iwa. Non era previsto che ci restassi per sempre, sai, anche se sospetto che quando mi hanno proposto per l’incarico i consiglieri di Tsunade hime lo sperassero,” commenta ironico.
Naruto scrolla ancora la testa, senza riuscire a mettere insieme pensieri logici. Spalanca le braccia e inspira a vuoto.
“Sì, beh…cosa ci fai qui, davanti a casa mia?” riesce a chiedere, con un certo sforzo.

Raccolta di momenti della vita di Naruto e Sasuke in un ipotetico futuro post-Shippuuden. Tra dipendenze reciproche, problemi di vista e improbabili ANBU.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha
Note: Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Konoha, mattina' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Konoha, pomeriggio

Ahm.

Non fate quelle facce. Lo so che è seccante, ma sono ancora qua. Di nuovo.

Vi presento la seconda parte della mia raccolta su Naruto e Sasuke, che al momento conta quattro parti ma promette di allargarsi mostruosamente. Le scene in questione non sono propriamente collegate tra loro, salvo eccezioni (la tre e la quattro, ad esempio), ma sono compartimenti che fanno parte di un unico, ipotetico racconto che avrebbe luogo tempo dopo lo Shippuuden. La precedente, mattina, li vedeva intorno ai ventitre anni di età, questa direi un annetto dopo, ma non è importante.

Vorrei ringraziare in particolare krikka86, che mi ha suggerito di andare avanti a scrivere proprio mentre mi stavo domandando se farlo o meno, e mi ha spronata.

Se vi va, se non vi è troppo disturbo, vorrei sapere cosa ne pensate. Soprattutto le critiche, i suggerimenti per la resa dei personaggi e anche le stangate, se ritenete di doverne fare.

Le accoglierò come se fossero mazzi di rose.

Buona lettura

suni

 

 

Konoha, pomeriggio

 

 

 

A volte le ore dei tanti pomeriggi liberi sono lunghe da far trascorrere. Quando il sole è l’alto nel cielo e l’aria, pigra, risuona di voci indolenti e passi provenienti dalla strada, per un tempo che sembra immensamente lungo, l’apatia la fa da padrona.

Sasuke va sotto il porticato, allora. Nella quiete del cortile interno di casa Uchiha, dove i suoni giungono lontani e ovattati, si lascia scivolare addosso le ore studiando i volumi sui jutsu, finché la testa non comincia a fargli male e lo sguardo gli si offusca, stanco. Allora si allunga sulla panchina che ha sistemato accanto al ciliegio e sonnecchia, riposando gli occhi, quegli occhi annebbiati da un offuscamento che non è malattia, non ha cure né rimedi ma soltanto argini per arrestare la degenerazione.

Sono quegli occhi a portarlo a trascorrere troppe delle sue giornate lì, lontano dal quartier generale. Perché non può quasi combattere, Sasuke, non può usare lo sharingan: potrebbe perdere definitivamente la vista per un qualunque sforzo. È un jonin senza incarichi, se non quelli più semplici e pacifici di incontri tra delegazioni alleate.

Potrebbe essere lo shinobi più forte di Konoha, magari potrebbe persino tornare a battere Naruto; potrebbe, forse, se le pupille non lo tradissero. Ma ha dovuto dire addio a quelle ambizioni quando il combattimento con Kyuubi gli ha quasi distrutto gli occhi, a monito dell’errore di spingersi troppo oltre i limiti.

Se n’è fatto una ragione con insolita pacatezza: del resto tra i suoi è stato pur sempre il più fortunato, è l’unico ancora vivo. Comunque non aveva più bisogno di proiettarsi oltre: aveva già combattuto la sua guerra personale per la vendetta, aveva portato a termine i piani dell’infanzia. Per il resto, nelle ore in cui gli occhi lo reggono – quelle centrali della giornata, quando la luce naturale è più forte - studia i jutsu, avendo inaspettatamente ereditato da Orochimaru quella spiccata passione per l’apprendimento del maggior numero possibile di tecniche.

Spesso Sakura lo aiuta. E’ sempre stata una studentessa appassionata e una teorica sapiente e a volte arriva, nel dopopranzo, con qualche volume raro da sottoporgli. Hanno trovato lì un vero punto d’incontro, quello che non avevano da bambini. Ma i loro non sono colloqui molto frequenti perché Sasuke sa che Sakura, nonostante sia pienamente a conoscenza, da tempo, della vera natura del rapporto tra lui e Naruto, non ha mai cessato di guardarlo come lo guardava dieci anni fa, nonostante i tanti tentativi di spegnere in lei una passione che non sarà mai ricambiata.

Altre volte, invece, è proprio Naruto a passare di lì: arriva come un uragano annunciando di avere una mezz’ora libera e comincia a far chiasso, nella sua tipica maniera. Si porta dietro luci e colori, risate irrefrenabili e spumeggianti. La sua testa bionda e i suoi incredibili occhi azzurri – quelli, soprattutto, essendo diversi da tutti gli altri – sono la cosa che Sasuke vede meglio. Non ha senso, forse, ma non è che possa farci molto.

Può giusto mantenere un certo distacco nel rapportarsi col compagno, senza rinunciare al contegno. Perché non è facile, per un uomo con il suo carattere, ammettere di dipendere così chiaramente da qualcuno. Anche lì, sdraiato sulla panca nel silenzio del cortile, con gli occhi chiusi e le gambe allungate, Sasuke sa di stare soltanto aspettando Naruto; e forse è la giusta punizione per essersi fatto aspettare per anni, a sua volta, mentre inseguiva una vendetta confusa e senza senso.

Aggrotta la fronte, abbandonando i suoi pensieri a se stessi. Come se ci fosse stato un ritmo concordato, in quel momento sente la serratura scattare e socchiude gli occhi, come un gatto. Poi ci sono passi saltellanti, energici, e la cascata della voce squillante di Naruto.

“Teme! Dove sei?”

Non ha nemmeno finito di parlare che già spunta dall’accesso al cortile, ingabbiato nella sua divisa da ANBU e sorridente, individuandolo a colpo sicuro nel suo pigro sonnecchiare.

“Non ci credo! Sas’ke, stai di nuovo ronfando,” commenta sgranando gli occhi, prima di fare una smorfia di scherno. “Di questo passo diventerai grasso come un porcello,” aggiunge sogghignando.

Lui alza appena un palpebra, scoccandogli un’occhiata altera mentre lui si libera della corazza leggera, che getta in un angolo.

“Almeno io non mi sfondo di ramen ogni santo giorno, idiota,” commenta Sasuke laconico, arricciando le labbra. Sbuffa, condiscendente, e si volta dandogli la schiena. Deve aspettare solo una manciata di secondi prima di sentire il respiro del jinchuuriki contro il proprio collo e poi la sua bocca sfiorargli un orecchio. Trattiene un sorriso, piegando leggermente il collo verso di lui.

“Ho un po’ di tempo per fare pranzo,” sussurra Naruto, “e ho una fame enorme! Tu hai già mangiato?” chiede supplice.

No, non ha mangiato, come sempre, anche se è già pomeriggio inoltrato. Lo ha aspettato, lo fa quasi tutti i giorni.

“Sì, ho mangiato,” risponde freddamente, senza ancora aprire gli occhi. “Ma magari mangio di nuovo.”

“…Come un porcello…” canticchia Naruto tra sé, raddrizzandosi. “Faccio una corsa al chiosco a prendere del ramen.”

Sparisce rapido com’è arrivato, lasciandosi alle spalle un silenzio che non è più quiete ma vuoto. Sasuke si alza, entra in casa e mette in tavola due bicchieri e una brocca dell’acqua; lo fa ogni volta. Si siede a tavola e aspetta per qualche altro minuto, rilassato, in un iter che si ripete giorno per giorno.

Quest’esistenza serena, fatta di piccole consuetudini, è una pace che non si aspettava di poter ottenere e che ha trovato in Naruto. Nel vuoto succeduto alla guerra dell’Akatsuki, quando la sua vita si è trovata d’improvviso senza un senso come un macabro relitto, il jinchuuriki è stato il suo solo contatto con la realtà e quel legame profondo e incancellabile, che tanto a lungo lui aveva disprezzato e negato, si è rivelato l’appiglio indispensabile a rialzarsi e l’unico significato individuabile nel proprio esistere.

“Ne ho prese tre porzioni,” urla Naruto dall’ingresso, “perché ho un po’ fame.”

“Chi sarebbe il porcello, dobe?” risponde lui con scherno, mentre l’altro compare sorridendo.

“Bada a quel che dici, teme,” ribatte solenne, raddrizzando il busto. “E’ con il futuro Rokudaime Hokage di Konoha che parli,” fa, pomposo, prima di sedersi di schianto e gettarsi sul suo spuntino.

Sasuke sbuffa piano, imitandolo in silenzio. È così che mangiano, lanciandosi di tanto in tanto qualche sguardo che forse non ha un preciso contenuto, è solo un bisogno di guardarsi spontaneo, persistente. In questi momenti più che mai Sasuke vorrebbe che i suoi occhi captassero ancora ogni sfumatura e ogni infinitesimale dettaglio, per poter cogliere tutte le microscopiche caratteristiche del viso che ha davanti, anche più del normale.

“Oggi Sakura mi ha picchiato di nuovo,” annuncia Naruto, ridacchiando.

“Ha sicuramente fatto bene,” commenta Sasuke con disinteresse.

“Non sai nemmeno com’è andata!” protesta Naruto inalberando un’aria offesa.

“Non ne ho bisogno, idiota,” lo riprende Sasuke con fare superiore. “Comunque si siano svolti i fatti, aveva ragione a dartele.”

Naruto si infila nelle fauci un altro sproporzionato boccone, scrutandolo torvo.

“Adesso ti rompo la testa,” minaccia aggressivo.

“Provaci, dobe” replica Sasuke con sfida, sorridendo dentro di sé.

Naruto assottiglia gli occhi, scrutandolo minaccioso con una smorfia malevola. Allunga di scatto il braccio sopra il tavolo e lo afferra per il bavero della casacca, tirandolo verso di sé. Sasuke non fa nemmeno in tempo a prendere fiato prima che le labbra dell’altro si incollino alle sue, con urgenza. Protende la testa in avanti e allunga la mano a sfiorare il contorno del viso di Naruto.

“Sei odioso, teme,” mormora poi il jinchuuriki, allontanandosi d’un soffio.

Sasuke storce il naso, scettico, facendosi sfuggire un sorriso canzonatorio.

“Potevi fare a meno di inseguirmi per anni, allora,” osserva sostenuto.

Naruto lo fissa ostile, solleva la testa e la volta, offeso.

“L’ho fatto solo perché avevo promesso a Sakura che ti avrei riportato indietro,” illustra con stizza.

Sasuke lo guarda con indulgenza, sospira tra sé.

“Come no…”

Naruto svuota la ciotola con un’ultima zappata decisa, ignorandolo volutamente.

“Domani vado in missione a Suna,” annuncia allegro, presumibilmente per l’idea di vedere Gaara. “Starò via tutta la settimana.”

“Oh, grazie,” bofonchia Sasuke, ingoiando un sorso d’acqua. “Qualche giorno di pace, finalmente.”

Non lo pensa affatto, anzi. E anche Naruto lo sa: lui ci ha anche provato, a convincerlo che di lui non gliene frega un accidente, ma non deve essere stato abbastanza convincente. O, più che altro, Naruto ha la testa dura come il marmo, e per fortuna.

Il jinchuuriki lo guarda imbronciato, mimando un ringhio con i denti.

“Stai dicendo che ti do fastidio, teme?” domanda bellicoso.

Sasuke distende la fronte in un’espressione di sublime indifferenza.

“Credevo di avertene parlato, quella notte alla cascata. E quando sei venuto a cercarmi nel covo di Orochimaru. E quando…”

“Vai a cagare, Sas’ke,” lo zittisce Naruto, con scintille di rabbia negli occhi aggrottati. Ma non ce la fa a mantenere la mascherata, gli sfugge una risata come un rantolo e poi sghignazza.

Sasuke dovrebbe per lo meno irritarsi per quel suo palese e sfacciato ridergli in faccia. Dovrebbe, se non fosse un’immagine tanto piacevole da guardare. Perché alla fine una cosa che ha capito – se mai ha capito qualcosa, eventualità sulla quale, con il passare del tempo e l’allungarsi dell’elenco di errori di valutazione che ha commesso, comincia a nutrire qualche dubbio – è che ci sono poche cose che contano davvero nella vita. Quasi nessuna è una questione di principio; sono le piccole cose a fare la differenza. La risata di Naruto, che piega la testa e gonfia le guance come palloncini, è la prima della lista.

“Hai finito di fare l’idiota, sì?” lo apostrofa acrimonioso.

Il jinchuuriki gli lancia contro una bacchetta, ancora ridacchiando.

“Sei tu l’idiota,” replica con una specie di pernacchia.

Sasuke resta impassibile, poggiando i gomiti sul tavolo e portando le mani incrociate davanti al mento.

“Teoria interessante,” commenta truce. Naruto sogghigna, stringendosi nelle spalle.

“Comunque, sarò a Suna per almeno sette o otto giorni, tra viaggio e permanenza. Con Shikamaru, Neji e Lee,” continua imperturbabile.

“Ti ho chiesto precisazioni?” ribatte Sasuke annoiato.

Naruto sbuffa rumorosamente, spostando la sedia per alzarsi.

“Che musone insopportabile,” strepita indignato. “Me ne vado.”

Non fa nemmeno un passo: Sasuke sta al gioco, gli è addosso in un secondo e lo blocca, circondandolo in un abbraccio deciso. E lo scemo ghigna soddisfatto, piegando la testa perché lui possa affondare il viso nel suo collo. Sasuke gli strofina contro le labbra, con la gentilezza che riserva unicamente a Naruto.

“Stasera dormi qui?” sussurra contro il suo orecchio.

“Ci penserò su,” borbotta Naruto, beato. “Adesso però devo andare davvero, non solo perché sei antipatico,” puntualizza, poggiando le mani sulle sue, che lo stanno ancora intrappolando. Non le sposta, anzi le stringe leggermente e storce indietro la testa, fino a riuscire a raggiungere le sue labbra con impeto. È forse è tutto quel trasporto che mette in quel che fa, e nel loro rapporto in particolare, che l’ha contagiato come una malattia. Sasuke non ne ha idea, ha anche smesso di chiederselo. Perciò si limita a accoglierlo, socchiude le labbra e fa scorrere la mano intorno al suo fianco, per invitarlo a voltarsi. E quando Naruto lo fa e gli si spinge contro, afferrandosi alla sua schiena, lui gli cinge il volto con entrambe le mani e lo allontana leggermente, guardandolo con un mezzo sorriso.

“Allora devi andare subito?” mormora serio.

“Tra…poco,” esala Naruto con malizia, poi lo spintona verso la panchina.

Che, anche se non è particolarmente comoda, è ormai abituata a momenti del genere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

nemesi06: grazie. Non so se quest’altra e le prossime ti possano piacere altrettanto, ma me lo auguro. Bye

ryanforever: …in effetti è melassosa questa venerazione da parte di Naruto, ma che vuoi farci…è canon.^__^

krikka86: wow! Stavo appunto pensando all’idea di continuare con i momenti della giornata, e quando ho visto che lo suggerivi anche tu mi sono detta che è un segno del destino. Speriamo bene ^__^. Per i titoli ho fatto esattamente come dicevi, mo’ vediamo che ne esce. Grazie.

retsu89:  ahm, non esagerare… hehe. Grazie. Dubito che il manga possa davvero finire così, ma noi sappiamo che è la verità. Sìsì.

   
 
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