Capitolo
II – Per chi combatti la battaglia?
Il Sole stava
tramontando sulla città, tingendo di arancione ogni cosa.
Pamila, in terrazza, si stava godendo quegli
ultimi raggi che le riscaldavano appena la pelle pallida e lentigginosa del
volto. Le mancava poter vivere alla luce del giorno, camminare per le vie
illuminate e guardare le vetrine dei negozi, andare sulla spiaggia e camminare
sul bagnasciuga, raccogliendo conchiglie. Amava l’oceano e, quando era piccola,
andava spesso sul pontile a osservare l’enorme distesa d’acqua che andava
fondendosi con il cielo, all’orizzonte, facendola sentire tanto insignificante
davanti a quella vastità. Ora che aveva vent’anni anni, non poteva più
allontanarsi dalla residenza della Lega, non di giorno perlomeno. Da quando era
diventata ufficialmente una cacciatrice, la sua vita era la notte. Ridicolo,
pensava, votare la propria esistenza allo sterminio dei vampiri e
ritrovarsi a vivere come loro.
Fortunatamente non
aveva amici o parenti al di fuori dalla Lega, poiché discendeva da una famiglia
di cacciatori che appartenevano a quel posto da tre generazioni. I suoi
genitori e suo fratello, però, si trovavano in un altro edificio, a un’ora e
mezza di metropolitana da lì. Se solo avesse avuto una vita normale, avrebbe
potuto andare a trovarli, qualche volta. Eppure, da quando era stata trasferita
in Silver Lake, cinque anni prima, non era più tornata da loro. Li sentiva al
telefono, di tanto in tanto, solo per ricordare loro della propria esistenza. D’altronde
la sua famiglia, ormai, erano Ben, Andrew e Philip.
Sospirando, Pamila si alzò dal dondolo su cui era seduta e si avvicinò
alla balaustra in ferro, guardando verso il lago. Si chiese se, prima o poi,
avesse potuto vivere nuovamente alla luce del giorno, come quando era bambina.
Si immaginava spesso, in romantiche visioni, come sarebbe stata la sua
esistenza se i vampiri fossero stati cancellati dalla faccia della Terra o,
perlomeno, dalla Città degli Angeli. Avrebbe avuto una vita normale, forse si
sarebbe laureata in psicologia e, come tutte le persone normali, avrebbe
lavorato come cameriera per pagarsi gli studi. Magari avrebbe avuto un ragazzo
e, insieme, la sera sarebbero usciti per andare al cinema o per ballare a una
festa a Santa Monica. Purtroppo, per come erano messe le cose, non avrebbe mai
potuto essere come tutte le altre ragazze della sua età. La scomparsa dei
vampiri era solo un’Utopia in cui i cacciatori osavano ancora sperare.
«…la notte sta
arrivando.» Mormorò, sporgendosi dalla ringhiera. «Che le nostre anime si
possano salvare.»
Mentre la sua
preghiera si alzava verso il crepuscolo, la ragazza notò un’oscura figura
davanti al cancello. Portava una tonaca nera come il petrolio e un cappello
largo che gli copriva il volto. Ben visibile, invece, era l’enorme crocefisso
che gli dondolava sul petto, come la stella sulla giacca di uno sceriffo dei
vecchi film western. Pamila si portò i lunghi capelli
ramati dietro l’orecchio, prima di alzare il braccio in un saluto amichevole,
piegando le labbra in un sorriso.
«Reverendo!»
Esclamò, attirando l’attenzione dell’uomo su di sé. «Entri pure! La stavo
aspettando!»
Il religioso
-conosciuto semplicemente come “Reverendo Isaiah”- la
guardò e ricambiò il sorriso, attraversando la soglia del cancello, che durante
le ore di luce rimaneva aperto. Il reverendo era un uomo alto, di trentasette
anni, con dei piccoli occhi castani e capelli lisci e corti, del colore del
cioccolato. Non si sapeva molto di lui, se non che si era votato alla Chiesa da
quando era un ragazzino e che, da allora, si prodigava nella battaglia contro i
vampiri, affiancando la Lega pur non facendone parte. Era lui a procurare acqua
santa e crocefissi ai cacciatori e, spesso, rivelava loro qualche consiglio o
qualche nuova scoperta riguardo al popolo della notte.
Isaiah, continuando a sorridere al pensiero della
gentilezza di Pamila, attraversò il giardino, in cui
l’erba era appena stata tosata da un giardiniere, lanciando occhiate veloci
alle statue vecchie di due secoli che affiancavano il viale. Davanti a lui si alzava una delle più belle
residenze della Lega, la Villa del Glicine, chiamata così per via dei fiori che
nascondevano la facciata dell’edificio. La veranda era sostenuta da bianche
colonne prive di scanalatura, con capitelli semplici, su cui si arrampicavano
le piante dai fiori lilla e bianchi. Il loro profumo arrivò alle narici
dell’ospite, che varcò la porta di casa, su cui la ragazza dai capelli rossi lo
stava attendendo.
«Buona sera, mia
cara.» Disse, appoggiandole la mano sulla spalla. «Ho ricevuto il messaggio di
Ben. Sono davvero dispiaciuto…»
«...è un bel
problema.»
«Direi, più che
altro, che è una tragedia essere contagiato da quegli immondi esseri!»
La ragazza annuì
tristemente e lo seguì verso il Gran Salotto, dove si erano riuniti anche gli
altri. Non erano in molti, lì alla Villa del Glicine, anzi. Oltre alla sua
squadra, c’erano solamente altri quattro cacciatori. In quel momento erano lì
con loro, ma vivevano in appartamenti diversi, nei due diversi piani della casa.
Si trattava di Steven Nield, Aaron Lamb, Eliza Garrett e, infine, il
giovanissimo Russ Turner, di soli sedici anni. Anche
loro, per così dire, facevano parte della grande famiglia di cui lei faceva
parte, quindi dovevano presenziare a quell’incontro con il reverendo.
«Dov’è il corpo?
L’avete bruciato?»
«Il corpo…?»
Domandarono in coro
Andrew, Pamila, Eliza e Russ, con il volto in preda allo stupore. A dirla tutta, a
nessuno di loro era mai venuto in mente di uccidere Phil e, tantomeno, di dare
fuoco al suo corpo. Isaiah passò lo sguardo sui volti
di ciascuno dei ragazzi, soffermandosi specialmente su quello di Ben, che lì in
mezzo era il più grande, con i suoi trent’anni.
«Non l’avete
ucciso, vero?»
«No.» Fu proprio
Ben a rispondere, incrociando le braccia sul petto. «Per ora è vivo. Sta
dormendo…»
«Sa controllarsi,
almeno?» Chiese allora il religioso, sospirando e passandosi una mano sulla
fronte. «Non ha tentato di mordere qualcuno di voi?»
«Gli abbiamo dato
del sangue da bere… L’abbiamo avuto da un infermiere, in segreto. Possediamo
ancora qualche sacca, ma non credo possa bastare.»
Isaiah si grattò la barbetta incolta sul mento,
pensando che Ben avesse ragione: il sangue freddo non gli sarebbe mai bastato.
La sete avrebbe sopraffatto la ragione e, presto, Wynn avrebbe potuto attaccare
uno dei propri amici, senza rendersene nemmeno conto. Non sapeva che cosa dire
a quei ragazzi, che erano troppo affezionati a Philip e non avrebbero mai avuto
il coraggio di ucciderlo come avevano fatto come ogni altro Immortale.
D’altronde, nessuno li aveva addestrati ad affrontare una situazione simile.
Mai era accaduto, infatti, che un cacciatore venisse tramutato in un essere
immondo, dal momento che a nessun vampiro era mai venuta questa folle idea.
«Dobbiamo trovare
un’alternativa a quel sangue.» Esclamò, alla fine, abbassando le palpebre. «Forse
potrei informarmi…»
«Non vorrà che si
cibino di animali, vero?» Chiese Eliza, nauseata al
solo pensiero di un povero cucciolo ucciso con brutalità. «Che ha che non va il
sangue per le trasfusioni?»
«Quel sangue è
freddo…» Spiegò il reverendo, facendo rabbrividire la ragazza. «Non proviene da
un corpo caldo, con un cuore pulsante.»
«Beh, possiamo
sempre scaldarlo al microonde.» Ridacchiò Aaron, beccandosi un’occhiataccia da
Steven. «Okay! Scherzavo… Come ce lo procuriamo il sangue di un vivo? Io non ho
problemi a portargli dei conglietti!»
«Non ci sono
soluzioni. Persino il sangue animale potrebbe non essere abbastanza: i vampiri bramano
sangue umano. È il loro istinto e non possono placarlo, se non cibandosene.»
C’era un lieve tremolio nella voce del religioso e non era affatto un buon
segno. «Se non fosse più in grado di controllarsi, tenerlo con voi diventerebbe
pericoloso.»
«Io so
controllarmi.»
Una voce si
aggiunse al discorso e tutti si voltarono per vedere Philip, in piedi sulla
soglia. Il suo volto pallido spuntava dal buio del corridoio, illuminato dalla
lampada del salotto e, sotto le sue labbra curvate in una smorfia disgustata,
si intravedevano i canini appuntiti. Il reverendo si alzò di scatto e il
crocefisso appeso al suo collo iniziò a dondolare, facendo drizzare ogni singolo
pelo sulla pelle morta del redivivo. Quest’ultimo ringhiò spaventato, infilando
gli artigli nello stipite della porta e graffiandolo. Dei spaventosi suoni
gutturali riempirono la stanza e Russ rabbrividì
davanti alla visione dell’amico ormai cambiato.
«Stai lontano… Stai
lontano da me con quello.» Si ritrovò a ruggire Wynn, senza ben capire
perché quella croce lo terrorizzasse tanto. «Isaiah,
se ti avvicini di un solo passo, io-»
«Tu? Vuoi uccidermi,
Phil? Vuoi bere il mio sangue?»
Il religioso giunse
a un paio di metri da lui, tenendo il crocefisso ben alzato, spingendo il
vampiro nel corridoio. Pamila lo seguì
immediatamente, con Ben e Steven alle calcagna, tutti e tre con la mano sul
coltello d’argento che tenevano nella fondina.
«State lontani da
me!!!» Gridò l’Immortale, schiacciandosi contro la parete, da cui cadde un
quadretto. «Metti via la croce!!»
«Phil, stai
tranquillo…» La rossa gli arrivò vicino e lui poté avvertire l’odore del suo
sangue. «Il reverendo è qui per aiutarti.»
Nemmeno il terrore
provocatogli dal crocefisso riusciva a spegnere la sete che Philip aveva in
quel momento. Il simbolo cristiano gli faceva venire la nausea e, se solo il
suo stomaco fosse stato in grado di funzionare, avrebbe vomitato. Eppure, la
giugulare esterna di Pam pulsava, lo chiamava,
e lui non desiderava nient’altro che conficcarci i denti e succhiare quel
liquido vermiglio che vi fluiva. Aveva ragione Isaiah:
non poteva controllarsi. Fece per avvicinarsi all’amica, attratto, prima
che anche lei le mostrasse il rosario dalle palline bianche che lui stesso le
aveva regalato, anni prima.
«In che modo
potrebbe aiutarmi?!» Sbraitò, portandosi le braccia davanti al volto. «Sono un
mostro, cazzo! Un mostro!!!»
«Phil, ti prego…»
Andrew si avvicinò
per poterlo calmare, ma lui balzò indietro, ritrovandosi, senza sapere come,
attaccato al soffitto. Emise un basso ringhio continuo, conficcando gli artigli
nelle assi in legno, in cui poteva sentire dei tarli muoversi. Sotto di lui, i
suoi amici lo pregavano di scendere, ma non aveva intenzione di essere trattato
alla stregua di uno dei propri nemici, come se fosse un assassino senza
scrupoli. Eppure, oramai, come altro poteva definirsi? Aveva sete del sangue
di tutti i presenti. Ognuno di loro, per lui, era solo una fonte di cibo.
«Wynn, vieni giù!»
A parlare fu Ben, che gli puntò contro un fucile a pompa, sotto lo sguardo
contrariato di Andrew. «Parliamone con calma! Se vogliamo aiutarti, dobbiamo
capire quello di cui hai bisogno!»
«Ed è così che mi
aiuteresti?! Sparandomi?!»
«C’è solo
dell’acqua santa per sedarti, qui dentro. Non voglio ucciderti!»
Il vampiro
indietreggiò, come un ragno, fino a tornare a terra quando era ormai in fondo
al corridoio. Si inclinò appena, in posizione d’attacco, con artigli e canini
in mostra come avrebbe fatto una belva. Sia la rossa che il reverendo nascosero
i propri crocefissi sotto i vestiti e il secondo rivolse a Philip un sorriso
cordiale.
«Non ti uccideremo,
Phil… Abbiamo ancora bisogno di te.» Gli disse, allargando le braccia
amichevolmente. «Ora che sei un Immortale, potrai essere ancora più utile nella
battaglia. Non tutto il male viene per nuocere…»
«Che cosa stai
dicendo?»
«Ci aiuterai a
capire i loro punti deboli… E noi ti aiuteremo a rimanere te stesso.»
Il redivivo fece
per ribattere, ma la sua attenzione venne attirata dall’odore di sangue che
proveniva dalla cucina. Sgranò gli occhi e notò che Russ
stava uscendo in quel momento dalla stanza con in mano un’enorme brocca di
sangue. Doveva bere. Subito. Con una velocità inconcepibile per un
umano, arrivò davanti al sedicenne e gli prese di mano il recipiente, sibilando
affamato. Si sfamò, avidamente, mentre i compagni lo osservavano attenti e Ben
continuava a tenere l’arma puntata verso di lui. Fu quando il cocktail finì,
che lasciò cadere il contenitore a terra, così che si frantumò, spargendo vetro
ai suoi piedi.
«Io non farò da
spia, sia chiaro. Non mi intrufolerò in mezzo a quei dannati vampiri.» Chiarì,
stringendo i pugni, colmo di una rabbia che non aveva mai provato. «Troverò chi
mi ha fatto questo e voi… Beh, voi mi darete una mano a cercarlo senza puntarmi
addosso tutti i vostri aggeggi, se volete che stia qui ad aiutarvi.»
C’era della
cattiveria nelle sue parole, una totale assenza di sentimenti umani. Era il
mostro dentro di lui che parlava e prendeva il sopravvento… Eppure, aveva come
l’impressione di aver provato qualcosa per le persone in quella casa. Era solo
un leggero sentore, come quando puoi avvertire l’odore del caffè nonostante
ormai la tazza sia vuota. Era così che si sentiva, ma non aveva nient’altro
che una stupida metafora per spiegarlo. Sapeva che la sola presenza di Pamila era in grado di tranquillizzarlo e il suo profumo lo
inebriava, ma ciò non bastava a farlo tornare in sé. Il suo cuore ormai
immobile non si ricordava quel che solo fino a pochi giorni prima amava
sinceramente. Non era più in grado di voler bene a nessuno, ora.
«Ho una cosa da
chiederti però.» Esclamò, voltandosi verso il religioso. «Voglio che lui
sappia quel che mi è successo. Quando riceverò i suoi ordini, allora vi
aiuterò.»
«Va bene, Philip.
Ora, però, lascia che io…»
Wynn non ascoltò le
parole del reverendo, balzò verso la finestra dall’altra parte del corridoio e
la spalancò, facendo entrare l’aria fredda della notte. Doveva uscire e cercare
colui che l’aveva condannato a quella vita, che vita, poi, non era. Aveva
bisogno di ricordarsi ciò che era successo e stare insieme a tutti quegli umani
dai cuori pulsanti e dagli odori invitanti, non era certamente utile.
Desiderava trovare il suo creatore e vendicarsi con le proprie mani.
Tutto ciò che aveva chiesto era una vita dedita alla caccia, degli amici con
cui divertirsi nel tempo libero e un buon bicchiere di vodka con cui
dimenticare i doveri, almeno per qualche ora. È vero, appartenere alla Lega non
gli aveva mai permesso di avere un’esistenza normale, ma non gli aveva mai
impedito di provare degli affetti, di avere una ragazza, di baciarla e amarla.
Con la trasformazione, ora, non gli era rimasto alcunché.
Mentre correva,
veloce, come mai era stato in grado di fare, la rabbia gli stringeva il petto e
il suo ruggito risuonava nella notte affollata di Los Angeles.
* * *
C’era del sangue sparso a terra. Una pozza scura che si espandeva sul
cemento di un vicolo, fuoriuscendo dalla ferita sulla resta di una donna.
Lì vicino, ad annusarne l’odore, c’era una ragazza dal volto cereo che
non dimostrava più di sedici anni, con lunghi capelli corvini stretti in una
treccia. I suoi grandi occhi neri osservavano attenti il macabro spettacolo,
mentre si abbassava per toccare quel liquido ormai freddo, in procinto di
seccare. Sapeva bene di non poter bere il sangue di un morto, quindi si limitò
a sospirare e a osservare il bel volto dell’umana. Si trattava di una trentenne
in carriera, con una vita piena di impegni, forse, vista la ventiquattrore poco
lontana dal cadavere, da cui erano fuoriusciti documenti pieni di parole e
firme. I capelli biondi dalla messa in piega impeccabile, profumavano di
balsamo al miele e la ragazza immortale inspirò profondamente, godendosi la
sensazione di benessere e nostalgia. Gli ricordava qualcosa della sua vita
passata, forse era lo stesso prodotto che anche sua sorella maggiore usava.
Chissà… Magari sua madre, addirittura. Sua madre? Pensò, trovando quella
parola alquanto bizzarra e priva di significato. Quale era il volto di sua
madre?
A volte faticava a
rammentare, ma il suo signore gli aveva spiegato che alcuni ricordi andavano
perduti, ma poi, con il passare degli anni, era possibile che ritornassero,
anche se non avrebbero più avuto lo stesso valore di quello mortale. Alcune,
invece, venivano irrimediabilmente dimenticate, per sempre.
«Che spreco…»
Mormorò qualcuno
alle spalle della mora, che si voltò velocemente per vedere chi fosse arrivato.
Aveva faticato ad avvertire la sua presenza, prima che si autoproclamasse, ma
succedeva spesso con chi gli era superiore. Brian era molto antico, anche se
non sapeva quanto di preciso. L’età dei vampiri appartenenti alla Élite Oscura
rimaneva per lei un mistero, però sapeva di essere la più giovane del gruppo.
«I cacciatori
vogliono farci sparire perché credono che siamo pericolosi per il genere umano.»
Continuò l’altro, guardandola dall’alto. «Non comprendono che, invece, l’uomo
stesso è l’essere più crudele e dannoso. Uccide per il piacere di farlo o per
motivi futili, come la gelosia, la passione o i soldi. Perlomeno noi lo
facciamo per nutrirci…»
«Non tutti gli
uomini sono degli assassini, però!» Esclamò lei, allontanandosi di un passo dal
cadavere. «Comunque Michael mi ha raccontato che uno di quelli degli
Underground ha ucciso un proprio compagno! Senza motivo, poi.»
«Oh, mia giovane Ellie... Sai ancora così poco!» Le rispose lui, sorridendo
come un genitore. «Quegli inetti non sono come noi. Sono deboli, preda
degli istinti… Non hanno nemmeno un leader antico che possa guidarli. Se si
uccidono tra loro, non ci fanno altro che un piacere.»
La ragazza sgranò i
grandi occhi neri, curiosa, senza comprendere perché ci fosse tanta differenza
tra quelli dell’Élite e tutti gli altri redivivi. Alla fine anche lei era
giovane, visto che era diventata un vampiro solo qualche mese prima. Quindi, se
proprio la differenza stava nell’età, lei era più simile alla classe inferiore
che a quella a cui apparteneva veramente.
«Non è così… Ti
stai sbagliando.» Gli spiegò Brian, che le era entrato nella testa e aveva
ascoltato i sui dubbi. «Sei stata tramutata da Raphael in persona… Il suo
potere, ora, scorre anche in te.»
«Il potere di
Raphael è grande, vero?»
«Non immagini
quanto…»
Dicendolo, il
vampiro più antico sogghignò, poi afferrò la compagna per le spalle e nel giro
di qualche millesimo di secondo entrambi si ritrovarono in cima al palazzo. Da
lì si vedeva la 405, su cui il traffico scorreva veloce, in un gioco di luci
che per gli Immortali risultava fastidioso. Nel vicolo, in quel momento, arrivò
un uomo a piedi che, non appena visto il corpo priva di vita, iniziò a gridare
e a chiamare i soccorsi. Probabilmente, Brian sapeva che sarebbe giunto sulla
scena dell’omicidio e, per questo, aveva trascinata lì sopra, lontano dagli
umani.
«Ci penserà la
polizia… Noi dobbiamo pensare a cenare.» Concluse lui, lasciandola e camminando
elegantemente verso l’altro lato del tetto. «Anche se, prima, credo che
riceveremo una visita.»
«Cosa?»
Mentre si chiedeva
che cosa intendesse l’altro, la ragazzina notò che dall’altro lato
dell’autostrada, in cima all’edificio degli uffici postali, si trovava il loro
signore. Indossava un cappotto marrone con i risvolti coperti da pelliccia e,
sopra i guanti, degli anelli con pietre preziose. Mostrò i canini affilati in
un tenero sorriso e, per salutarli, si tolse il cilindro, inchinandosi.
«Philip Wynn è
uscito dalla tenuta…»
Mormorò appena e,
nonostante il traffico e i rumori cittadini, Brian ed Ellie
lo sentirono benissimo. La più giovane non poteva saperlo, ma l’altro notò
immediatamente che il loro leader fosse terribilmente annoiato anche quella
notte. D’altronde, se Raphael avesse voluto, avrebbe potuto trovare il
cacciatore da solo, in qualsiasi momento, e ottenere ciò che voleva. Non aveva
bisogno di giochi vili come quelli con cui si stava trastullando negli ultimi
tempi, per raggiungere i propri scopi. Eppure, lui riusciva a comprenderlo… Esatto:
comprendeva il tedio che l’immortalità portava con sé.
«Vuoi che vada a
prenderlo?»
Domandandolo, il
sottoposto cercò nell’aria l’odore del cacciatore, riconoscendolo in mezzo alla
moltitudine di profumi e olezzi di Los Angeles. Si trovava nei pressi di
Pico-Union, diretto verso Rosedale. Laggiù c’era una comunità
dei vampiri dell’Underground alquanto considerevole e, se solo questi avessero
avvistato Wynn, lui non l’avrebbe affatto passata liscia. Aveva ucciso troppi
di loro perché lo lasciassero in pace.
Raphael, dal canto
suo, si mise a ridacchiare e allargò le braccia, come se fosse rassegnato. Alle
sue spalle apparve Michael, che gli porse un nero e lucido bastone da
passeggio. Il suo sguardo, però, era ancora fisso sul volto di Brian,
nonostante un comune umano, da quella distanza, non avrebbe nemmeno potuto
riconoscerne la sagoma.
«Vediamo cosa
combinano quegli stolti! Poi, decideremo se intervenire.» La risata cristallina
del leader venne coperta dal clacson di un camion. «Sono sicuro che Wynn se la caverà benissimo… D’altronde, sono io
che l’ho creato.»
Il castano scomparve
con Michael al seguito, lasciando solo un ultimo monito a Brian: accudire Ellie.
* * *
Wynn stava correndo per Constance Street,
superando le auto parcheggiate e i pochi umani che non erano ancora rientrati
in casa. Tutto attorno a lui era lento e insignificante, quasi
impalpabile. Era come se ciò che lo circondava fosse solo una proiezione, così
distante e irreale. Ciò che trovava tangibile erano gli odori, i battiti dei
cuori della gente che viveva nella metropoli, il loro sangue, i brividi della
sua pelle. Ogni altra cosa era come se non esistesse affatto, come se non fosse
abbastanza importante da dovergli prestare attenzione.
Fu improvvisamente costretto a fermarsi in mezzo alla via, quando un
profumo attirò la sua attenzione, impedendogli di avanzare oltre. Era del
sangue, caldo, che fuoriusciva dalla gola di una ragazza. Si voltò per cercarla
e incontrò il suo sguardo terrorizzato, mentre correva sul marciapiede cercando
aiuto.
«Mi aiuti! Per
favore!! Mi aiuti!»
Stava urlando,
mentre barcollava attraverso le macchine parcheggiare per raggiungere il
cacciatore. Lui strinse i denti, mentre la gola gli si seccava e, là dove c’era
lo stomaco, avvertiva una morsa. Doveva bere del sangue umano.
«Aiuto…»
Lei gli arrivò fra
le braccia, gli si strinse al petto, tremando come una foglia. Allora Philip
non sentiva nient’altro che la propria sete e le affondò gli artigli nelle spalle,
facendola gemere. Si abbassò appena, appoggiando nell’incavo della clavicola,
annusando profondamente quell’invitante odore.
«Ma guardate! C’è
il cacciatore!» Fece poi una voce alle sue spalle. «Ora è diventato un “mostro”
proprio come noi!!»
Philip si voltò
immediatamente, lasciando che la ragazza cadesse sull’asfalto. Uno dei vampiri
che fino a poco prima stavano giocando con lei, le giunse accanto in un batter
d’occhio e l’afferrò, facendola urlare. Altri due, invece, presero il
cacciatore alle spalle e lo immobilizzarono, così che lui iniziò a ringhiare,
mostrando i denti.
«Com’è essere un “succhiasangue bastardo”, eh, Wynn?» Gli
domandò uno dei redivivi, con gli unti capelli neri appiccicati al volto. «Ti
facciamo ancora schifo? O ora hai dimenticato i nostri compagni che hai ucciso?
Ti piacciamo adesso?»
«Statemi lontani…»
Sibilò, con una voce che non era nemmeno lontanamente umana. «Lasciatemi
stare!!!»
Si liberò con un
balzo e si ritrovò sul tettuccio di un’auto, dove si abbassò in posizione di
difesa, scrutando i nemici. Anche se era stato trasformato in un vampiro,
non poteva smettere di odiarli. Pensò, continuando a ringhiare. Adesso che
era morto e costretto a quell’esistenza da rinnegato, non poteva far altro che
detestarli ancora di più. Il fatto di poter fiutare la paura della loro
vittima e di provare piacere lo fece arrabbiare ulteriormente. Il
terrore di lei, infatti, non lo infastidiva per niente, anzi: era un invito
a cena.
«Che c’è, Wynn? La
vuoi?» Chiese il vampiro dai vestiti sfatti che teneva l’umana. «Forza… Vieni
qui e prenditi il suo sangue. È delizioso…»
Dicendolo mise in
mostra la candida gola di lei, alzandole il mento. La giugulare pulsava e
Philip si avvicinò, attratto come una zanzara davanti a una luce abbagliante.
Tuttavia, mentre s’incamminava, uno dei redivivi dell’Underground lo attaccò e
lo fece cozzare a terra, mandandolo a sbattere contro i pneumatici di una
macchina. Lui si alzò immediatamente e con un balzo felino gli si ritrovò
addosso e iniziò a prenderlo a pugni in volto, sentendo le risate divertite dei
compagni. Strappò un lembo di carne dalla spalla del nemico, ruggendo, per poi
spezzargli l’osso del collo e voltargli completamente la testa.
La ragazza urlò
terrorizzata, ma colui che la immobilizzava le tappò la bocca, mentre il terzo
vampiro si avventò addosso al cacciatore. Lo alzò da terra e lo lanciò contro
la saracinesca di un negozio, che si incrinò, talmente l’urto era stato forte. Tuttavia
Wynn non avvertiva dolore: era come se ne fosse immune. L’osso del braccio che
gli si era spezzato si saldò subito e poté muoversi normalmente. Il suo
assalitore, però, gli arrivò di fronte in men che non si dica e lui fu subito
costretto a difendersi. Si accorse allora che, anche senza toccarlo, riuscì a
respingerlo e a farlo ruzzolare lontano da lì. Era dunque questo il potere
che gli era stato donato durante la trasformazione? Si domandò, guardandosi
sconvolto le mani. Un redivivo poteva fare tutto ciò senza un minimo sforzo?
Senza neanche un minimo di pratica?
«Da che parte stai,
cacciatore?!»
«Dalla mia!!!»
«No… No! Tu stai
con quelli dell’Élite! Il tuo potere è troppo-»
Il discorso fra i
due, venne interrotto dall’immortale a cui aveva rotto l’osso del collo che, a
quanto pare, era già guarito dal danno. Fu però tempestivo nella reazione e lo
alzò tenendolo per il collo, puntando gli occhi neri in quelli rossi di lui.
«Fanculo, cazzo!»
Sbraitò, lanciandolo via come un pezzetto di carta. «Andatevene tutti a
fanculo!!»
«Che linguaggio
scurrile…»
Una voce diversa da
qualunque avesse mai sentito prima, costrinse Philip a puntare lo sguardo verso
le scale anti-incendio della palazzina di fronte. Lassù, stretti in mantelli
neri, c’erano due vampiri che non aveva mai visto prima di allora. Quelli della
Élite Oscura, infatti, intervenivano raramente negli scontri cittadini. Uno dei
due, che Philip notò essere solo una ragazzina immatura, si fece avanti e
rivolse un’occhiata terrificante ai redivivi più deboli.
«Quello non sta con
noi…»
«Io non sto con
nessuno di voi, razza di schifosi esseri senz’anima!!»
Sibilò il
cacciatore, indietreggiando appena, tenendo d’occhio ogni non-morto presente e
persino l’umana. Fu quando l’altro vampiro incappucciato apparve in strada, che
quelli dell’Underground si volatilizzarono in un baleno, con dei sibili
contrariati. Si avvicinò lentamente all’umana e, con un gesto della mano,
questa cadde a terra, tramortita.
«Rimani con la
Lega? Ti giochi l’esistenza al fianco di alcuni miseri e deboli umani?»
Domandò Brian,
mentre la sua compagna lo raggiungeva e osservava curiosa il cacciatore.
Philip, all’improvviso, avvertì un’energia sconosciuta invadergli il cranio. Sentiva
una voce lontana nella testa e una forza sembrava trascinarlo in avanti, verso
di lei, come se lo stesse stregando. Alzò a fatica lo sguardo per ritrovarsi
infangato nei grandi e profondi occhi neri di lei, che parevano inghiottirlo.
«Che diavolo…?»
Bisbigliò, non capendo cosa stesse succedendo. «Cosa mi stai facendo?»
«Philip!!!»
A gridare il suo
nome fu il reverendo Isaiah, che era appena spuntato
in fondo al vicolo, scendendo da una macchina nera. I due vampiri, vedendolo,
sibilarono appena e il potere di Ellie svanì,
permettendo al moro di riprendersi e correre dall’amico. Tuttavia, anche Brian
apparì davanti al religioso, sorridendo e sistemandosi la giacca elegante che
nascondeva sotto al pesante mantello.
«Salve, padre…
Vedervi è sempre un piacere.» Sogghignò, abbassando il cappuccio. «Il mio
signore si chiedeva che fine aveste fatto. Siete tornato perché Wynn è
cambiato? Lo volete guarire?»
«Stai lontano,
diabolica bestia!!» Esclamò il reverendo, puntando il crocefisso contro il
vampiro. «Non provocare i servi di Dio.»
«“Dio”? Lo chiamate
così, ora?»
L’antico immortale
rise, nonostante il suo volto apparisse turbato. Non era infatti del tutto immune
a quel simbolo religioso come voleva far credere. Tuttavia, sia Philip che Ellie sembravano subirne l’effetto e si contorsero
doloranti.
«Sappiamo tutti che
non è Dio, colui che servite…» Continuò il castano, parlando direttamente nella
testa di Isaiah. «Dov’è lui? È stato lui
a mandarvi da Wynn ora che è uno di noi? Ha forse paura, adesso?»
«Lui non ha
paura di voi!»
Mormorò il prete,
facendo cadere a terra la croce, vittima del potere del redivivo. Quest’ultimo
tirò un calcio all’oggetto, mandandolo lontano da lì in modo che non
esercitasse più nessun potere su di lui. Anche la ragazza dalla lunga trecca si
aggiunse al gruppo e piegò appena il capo di lato, così che, nuovamente, la sua
energia strisciò nelle vene di Philip e del reverendo.
«Se non ha paura,
allora perché non è con voi?» Chiese ancora, attraverso il pensiero, Brian. «Dove
si è nascosto quel codardo di Jamey Wynn?!»
Le tempie dei due
soggiogati sembravano scoppiare e per il male entrambi si inginocchiarono a
terra, tenendosi la testa fra le mani. Il religioso, allora, si ritrovò a
sussurrare, sapendo che le sue parole sarebbero state comunque captate dal
portentoso udito di chi lo circondava.
«Ja-Jamey… Lui… Io
non so dove sia.» Ammise, cadendo del tutto a terra. «Non è lui a d-d-darmi
ordini diretti.»
Un ringhio rabbioso
dell’immortale gli squarciò la testa, facendolo urlare. Sentì il suo potere
invadergli la mente, violandola alla ricerca di un’informazione qualsiasi.
Eppure non sa veramente dove sia nascosto Jamey Wynn.
Nello scoprire quest’informazione, Philip sembrò stupirsene, ma non riuscì a
muoversi di un millimetro.
«Ditegli che non
vincerà questa battaglia nascondendosi e usandovi come marionette per i propri
comodi.» Concluse Brian, coprendosi con il mantello. «Deve uscire allo scoperto
il prima possibile, se non vuole perdervi tutti quanti. O forse non gli importa
nulla, di voi?»
I vampiri
scomparvero, liberando i cacciatori dai loro poteri e portando con loro il
corpo privo di sensi dell’umana. Allora Wynn si alzò, digrignando i denti
rabbioso, afferrando il reverendo per la giacca. Rimase in silenzio per qualche
istante, guardandolo dritto negli occhi e provando il desiderio di ucciderlo.
«Che cazzo è questa
storia?!» Domandò allora, scuotendo Isaiah con
prepotenza. «Dov’è Jamey?! Dov’è mio fratello?!»
«Non lo so, Philip.
Non ne ho idea.» Ammise l’altro, abbassando le palpebre. «Non lo vedo da dieci
anni.»
Philip lasciò
andare il compagno e fece un passo indietro, lanciando sguardi preoccupati
attorno a sé. Da quando era stato trasformato, per la prima volta, gli pareva
di provare un sentimento diverso dall’odio e dall’ira. Non riuscì a capire di
che cosa si trattasse, ma si rese conto che ciò gli provocava uno strano
formicolio allo stomaco. Eppure era morto, non poteva avvertire quell’ansia.
Strinse i pugni, bucandosi con i propri artigli, rivolgendo di nuovo l’attenzione
al reverendo.
«Allora per chi
stiamo combattendo?»
Ri-ciao a tutti quanti!!!
Bene ecco
il nuovo capitolo di questa strana storia sui vampiri!!
Qui si sono
conosciuti dei nuovi personaggi, tra cui il reverendo Isaiah e il giovane
vampiro femmina Ellie! Entrambi saranno fondamentali nella trama, quindi non dimenticateli!
:D
Inoltre ci
è stato rivelato che Jamey è il fratello di Philip,
ma ancora non si conosce molto di loro due e del ruolo di Jamey
in tutto questo!
Chissà perché Raphael lo sta cercando?
Lo
scopriremo presto! J
Grazie a
tutti quelli che stanno leggendo!
Mi trovate
su wordpress all’indirizzo http://michellemorrison42.wordpress.com/
E su facebook, alla mia pagina,
https://www.facebook.com/pages/Michelle-Morrison/390257021129034
A presto!
M.M.